ZORZI, Marsilio
Nacque in località ignota (probabilmente Venezia) negli ultimi anni del XII secolo o ai primi del XIII, da Cardinale Zorzi e dalla moglie Maria, il cui casato non è noto; apparteneva al ramo denominato ‘da S. Trovaso’ e, in precedenza, ‘da S. Maria Nova’ (le due parrocchie nelle quali, come risulta anche dal suo testamento di Marsilio, erano concentrate le proprietà di famiglia). Cardinale, padre di Marsilio, ebbe incarichi di qualche rilievo: camerlengo di Comun (1212), nunzio inviato a sottoscrivere la pace con Padova (1216, a conclusione della guerra del ‘Castello d’Amore’), elettore dogale (1249, se – come è probabile, nonostante i tre decenni trascorsi – si tratta ancora dello stesso personaggio).
Marsilio ebbe almeno un fratello, Marino, che risulta già morto alla data del 27 agosto 1261, quando la madre Maria testò; probabilmente ebbe anche delle sorelle, delle quali una dovrebbe essere stata la madre di Giacomo Dondulo (si veda la voce in questo dizionario, vol. 41) dai Ss. Apostoli, il ‘dilectus nepos’ che Marsilio designò per testamento fra i propri commissari. In epoca imprecisata, Marsilio sposò una certa Marchesina, di cui pure non è noto il casato.
Gli Zorzi non potevano essere annoverati tra i più antichi casati veneziani: personaggi con tale cognome compaiono saltuariamente nei documenti ducali dalla prima metà del XII secolo e cominciano a ricoprire cariche di rilievo all’inizio del successivo, cioè al tempo della giovinezza di Marsilio; solo nelle liste compilate nel XIV secolo la famiglia sarebbe stata inserita stabilmente fra i 24 casati più importanti. La parentela di Marsilio – che non ebbe una discendenza, e non sembra aver lasciato parenti stretti – con gli altri rami Zorzi rimane poco chiara; ma due più fra i più rilevanti esponenti del casato alla metà del XIII secolo paiono essergli stati legati in modo abbastanza significativo: Giacomo Zorzi da S. Giustina (elettore dogale nel 1268), che egli nominò fra i suoi commissari, e Ruggero Zorzi da S. Angelo (capo della Quarantia nello stesso anno), suo successore come conte di Curzola.
Marsilio iniziò a ricoprire incarichi diplomatici di alto livello nei primi anni del dogado di Giacomo Tiepolo, a nome del quale, nel 1234, fu inviato come legato nell’Egeo, per concludere un trattato di alleanza con Leone Gavalas, un ex governatore imperiale bizantino che, approfittando del vuoto di potere seguito alla conquista latina di Costantinopoli, era riuscito a rendersi indipendente come signore di Rodi e delle Cicladi. Zorzi ottenne da Leone l’impegno ad assistere Venezia (soprattutto nello scacchiere cretese) contro l’imperatore greco di Nicea Giovanni Vatatzes (da cui peraltro Gavalas aveva ricevuto il titolo di cesare), e una forma di riconoscimento della superiorità territoriale veneziana. Il patto, siglato in aprile, fu ratificato dal Tiepolo in agosto, ma l’alleanza non durò a lungo perché già l’anno seguente Gavalas ritornò nel campo di Vatatzes.
Nel frattempo, a Zorzi era stata affidata un’altra importante missione: dopo il giuramento di una concordia (di durata inizialmente quinquennale) fra Ravenna e Venezia, fatto nelle mani di Tiepolo da Guido Micheli, sindico del comune romagnolo (3 dicembre), proprio Marsilio venne inviato come nunzio e sindico a Ravenna per ricevere a sua volta, da parte del podestà e del Comune, il solenne giuramento di rispettare l’accordo che concerneva principalmente la questione – fondamentale per la Venezia dell’epoca – del commercio del sale.
Dopo un silenzio di alcuni anni, Marsilio Zorzi ricompare nella documentazione a noi pervenuta all’inizio degli anni ’40 come rappresentante del Commune Veneciarum ad Acri e capo della comunità dei veneziani ivi residenti (baiulus Venetorum in Syria). Qualche autore ha attribuito questa carica ad un altro personaggio, di nome Basilio Zorzi, ma l’esame delle fonti non lascia dubbi.
Sebbene in passato si sia sostenuto che Marsilio avesse assunto il suo incarico già a partire dal 1240, D. Jacoby (The Kingdom of Jerusalem and the Collapse of Hohenstaufen Power in the Levant , in Dumbarton Oaks Papers, XL(1986), p. 86) ritiene che egli sia giunto ad Acri solo nell’aprile-maggio del 1242, a bordo del convoglio commerciale veneziano di primavera. Zorzi si trovò di fronte ad una situazione delicata, che finì poi per causare il crollo del potere degli Hohenstaufen in quello che restava del regno crociato di Gerusalemme. Al momento, comunque, come rappresaglia per la militanza di Venezia «cum omnibus qui cum ecclesia romana sequentur», ossia nel campo papale, l’ ‘imperialis aulae marascalcus’ Riccardo Filangieri, bailo di Siria per Federico II, aveva permesso ai «pessimi Longobardi» che dominavano Tiro di sequestrare ai Veneziani tutti i loro beni e redditi, tanto nella città che nella campagna circostante; il rappresentante dell'imperatore stava inoltre tentando di impadronirsi anche di Acri.
Dopo aver cercato senza alcun risultato di ottenere ragione da Filangieri, Zorzi iniziò una serie di trattative con Filippo di Montfort ed altri baroni per assicurarsi il loro appoggio per la difesa di Acri ed il recupero di Tiro dalle forze imperiali. I baroni, con il supporto del giureconsulto (e cronista) Filippo da Novara, convinsero la regina di Cipro, Alice di Champagne, moglie del nobile trovatore Raoul di Soissons, a reclamare (5 giugno 1243) l’amministrazione del regno di Gerusalemme come più stretta congiunta residente in Terrasanta dell’erede Corrado di Hohenstaufen, che aveva raggiunto la maggiore età e – argomentava il giurista – non era più automaticamente sotto la tutela del padre Federico. L'imperatore rifiutò comunque di inviare ad Acri il figlio.
La regina chiese a Marsilio appoggio navale a pagamento (una galea) per imbarcarsi alla volta di Tiro; il veneziano si offrì di farlo senza compenso «quare dominus dux et Comune Veneciarum non est consuetum facere aliquod servitium alicui suo amico eorum expensis sed tamen suis propriis»(Venezia, Biblioteca Querini Stampalia, ms. IV.3, c.15v), e assicurò un contingente di terra di trenta cavalieri (da lui personalmente guidato) ma richiese in cambio ad Alice, al marito e ai baroni la promessa della restituzione integrale dei beni sottratti ai veneziani, una volta ottenuto il potere.
La conquista di Tiro, facilitata dall’appoggio dei veneziani residenti in città, fu rapida (solo 3 giorni), e anche la ‘cittadella’ (‘castrum civitatis’) fu presa dopo 28 giorni di assedio. Ma Alice non mantenne le promesse fatte: tergiversò e poi oppose il silenzio alle richieste di Marsilio, sicché questi non ottenne nulla fino al termine del suo mandato.
Zorzi attribuì l’atteggiamento della regina anche all’impressione suscitata da un gesto eclatante dei baroni alleati dei Veneziani, i quali, per spaventare gli imperiali, avevano preparato un’altissima forca per impiccare Filangieri, esonerato da Federico e caduto nelle mani degli avversari dopo che un naufragio gli aveva impedito di rientrare in Puglia. Alla fine del suo mandato (nel 1244) Zorzi stese un accurato resoconto, ufficialmente destinato ai successori per una più precisa conoscenza della situazione pregressa; in esso, comunque, traspare chiaramente anche la preoccupazione di giustificare le scelte compiute, che di fatto non avevano portato a nulla. La relazione di Marsilio costituisce il primo esempio di una pratica che diverrà usuale per rettori e ambasciatori veneziani e contiene fra l’altro, di seguito alla narrazione delle vicende del 1242-44, l’inventario completo dei beni e diritti dei concittadini a Tiro e nel regno di Gerusalemme, compilato sulla base delle testimonianze dei più anziani fra i residenti. La relazione fu trascritta nel XIV secolo in uno dei più antichi cartulari della cancelleria veneziana, il Liber albus, ma è pervenuta integralmente anche nel duecentesco ms. IV.3 della Biblioteca Querini-Stampalia di Venezia, e costituisce una fonte assai preziosa per lo studio delle relazioni politiche ed economiche nell’area siriana all’epoca dei regni crociati.
Dopo il 1244, Zorzi scompare dalla documentazione per circa otto anni: si tratta del periodo corrispondente al tramonto del dogado di Giacomo Tiepolo e della sua politica antimperiale (sostenuta anche da Marsilio durante il suo mandato in Siria), e agli anni in cui fu doge Marino Morosini.
Solo nel maggio del 1252, a quanto pare, l’ex bailo ottenne un secondo importante incarico oltremare, questa volta nello scacchiere adriatico, come conte di Ragusa (Dubrovnik) «de mandato domini ducis et communis Venetiarum»; la città aveva appena rinnovato l’atto di sottomissione a Venezia. L’incarico fu preparato da un prestito, concesso ad alcuni abitanti a nome del comune (25 maggio 1252); nel corso del mandato (che si concluse nel luglio del 1254) Zorzi partecipò anche alla stipula dell’alleanza fra Ragusa e lo zar bulgaro Asen in funzione antiserba.
Secondo la narrazione ufficiale contenuta nel proemio degli Statuta Curzolae, era stata proprio la reputazione acquisita a Ragusa, ove egli «vindex et prudens iura dabat» (Statuta et leges civitatis…, p. 1), a far sì che (10 aprile 1254) gli abitanti di Curzola, «absque regimine fluctuantes», gli inviassero dei nunzi per offrire a lui e ai suoi eredi la sovranità perpetua sulla loro isola in cambio della promessa di rispettare una serie di pattuizioni. È da osservare comunque che, per il doge e cronista trecentesco Andrea Dandolo, il tutto avvenne «non tamen sine ducalis honoris dispendio» (Dandulo, 1958, p. 305).
Zorzi accettò l’offerta e si insediò come comes perpetuus di Curzola, ma la sua condotta non dovette inizialmente corrispondere alle aspettative perché dopo due anni, sempre secondo la Chronica di Dandolo, fu cacciato dall’isola.
Armando personalmente una galera, egli riuscì però in breve a riprendere possesso della contea e il 30 luglio 1256 – sempre secondo il proemio degli statuti – ricevette il solenne giuramento di fedeltà da parte degli abitanti.
Per la conduzione militare dell’impresa di recupero e la gestione della sua signoria, Marsilio costituì un consorzio di cittadini veneziani cointeressati anche economicamente alla ‘impresa’ (societas porcionabilium). Anche con costoro non mancarono contrasti, e alcuni di questi socii «opponere voluerint contra eum» (Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi, ASVe), Procuratori di S. Marco de Ultra, b. 325, perg. 1272 agosto 7), non senza qualche ragione; Marsilio in effetti aveva sequestrato armi, vino e cereali a un cittadino veneziano, Pietro Rapani, che poi cacciò dall’isola. La controversia fu portata davanti agli organi del Commune Veneciarum e il doge Ranieri Zeno, assieme ai consigli maggiore e minore, delegò la decisione a un collegio di tre patrizi, i quali condannarono Zorzi a rifondere Rapani.
Nonostante i manoscritti genealogici di M. Barbaro lo dipingano nell’atto di far «fuggire li suoi nemici, sanguinando la sua spada nel sangue loro» (qui dalla rielaborazione di A. M. Tasca, ASVe, Misc. Codici, Storia Veneta, b. 23, p. 397); pare che, nel biennio in cui rese effettiva la sua signoria sull’isola, Marsilio non vi abbia risieduto stabilmente; in prevalenza, anzi, egli dovrebbe aver diretto le operazioni dei suoi uomini da Venezia. Sicuramente non fu in grado di muoversi nei mesi in cui fu Giudice dell’Esaminador (1255), una magistratura con importanti competenze in materia civile, soprattutto per quanto riguarda i trasferimenti di proprietà (compravendite, donazioni, testamenti e pegni).
Secondo la tradizione familiare, proprio attorno al 1256, per ricordare ai posteri il riacquisto di Curzola, Zorzi modificò il proprio stemma adottando una fascia di rosso su campo d’argento al posto dello scaccato d’azzurro e argento caratteristico di tutti i rami del casato.
Il nuovo emblema avrebbe dovuto ricordare la traccia rossa lasciata da Marsilio su una bandiera bianca pulendo su di essa la propria spada insanguinata. La stessa tradizione familiare sostiene pure che nella riconquista dell’isola ebbe un ruolo determinante quel Ruggero Zorzi, parente di Marsilio, che sarebbe poi stato il suo successore nella contea.
Il rapporto del conte Marsilio Zorzi con Curzola avrebbe conosciuto il momento culminante, dal punto di vista giuridico-simbolico, nel 1265, quando furono rinnovati gli statuti locali, redatti nel 1214.
Al testo fu premesso un Proemio in versi, opera del prete Antonio Galoppa, in cui fra l’altro si rievocavano le vicende che avevano portato all’acquisizione del dominio sull’isola da parte di Marsilio. Gli statuti stabilivano fra l’altro che tutti i terreni della contea fossero nella piena disponibilità del conte, salvo quelli che gli isolani avessero lavorato senza contestazione per almeno un anno prima del 30 luglio 1256. Negli statuti venivano inoltre disciplinate le regole per la successione nella contea.
Dopo il 1256 Zorzi (ormai vicino alla sessantina) non ebbe più incarichi oltremare, pur mantenendo la signoria su Curzola e Mèleda, che governò tramite dei rappresentanti: nel 1261 fu inviato a reggere il comitatus in sua vece Giacomo Grimani, mentre nel 1271 era vicecomes il nobile zaratino Lumpridio Cevalelli. Abitando ormai stabilmente a Venezia, il conte Marsilio ricoprì negli anni ’60 del XIII secolo diverse cariche all’interno delle magistrature cittadine.
Dopo essere stato testimone – nel giugno del 1260 – alla stipula di un patto di alleanza fra Venezia e Rimini, diretto anche a evitare la coalizione fra questa città e Ravenna (in cui era stato inviato nel 1234), nel primo semestre del 1261 fu consigliere ducale e in questa veste partecipò a fianco del doge Ranieri Zeno alla stipula di un nuovo patto di concordia proprio con Ravenna, che segnava un ulteriore passo avanti nel processo di subordinazione della città romagnola alla Signoria. Un mese dopo affiancò il doge anche in un atto di un certo rilievo per quell’area dalmata che era al centro dei suoi interessi, ossia nella nuova investitura dell’isola di Veglia ai Frangipane (Frankopan), che in precedenza ne erano stati privati perché avevano anteposto il rapporto di fedeltà intrattenuto con il re di Ungheria a quello con il Commune Veneciarum.
Terminato il suo mandato di consigliere, fu uno degli electores medii anni per l’elezione del Maggior Consiglio, in cui entrò egli stesso (così come nel 1264-65 e nel 1267-68). Nel 1263, invece, ricoprì la carica di Giudice del Procurator, con competenza sulle vertenze civili che coinvolgevano i Procuratori di S. Marco, ma anche sulla tutela dei diritti di certi soggetti deboli, come le donne ‘malmaritate’.
Il 30 gennaio 1270 Marsilio Zorzi da S. Trovaso, conte di Curzola e Mèleda, ormai anziano e forse malandato di salute, dettò due testamenti.
Il primo riguardava i beni in Venezia, per i quali furono nominati commissari la moglie Marchesina, Giacomo Zorzi da S. Giustina, il nipote Giacomo Dondulo dai Ss. Apostoli e il priore di S. Giorgio in Alga. Gli immobili dovevano essere in parte venduti (e il ricavato dato a Marchesina insieme alle suppellettili e agli ‘imprestiti’), in parte utilizzati in suffragio delle anime del testatore e dei suoi familiari, una disposizione, questa, che andava ad aggiungersi ai numerosissimi legati a favore di monasteri ed ospedali, a soccorso di poveri e carcerati ed a risarcimento delle persone da lui defraudate.
Nel secondo testamento Marsilio, oltre a costituire molti legati a favore delle chiese di Curzola e per opere di pubblica utilità, provvide alla propria successione nella contea. Non avendo eredi legittimi né maschi né femmine, costituì suo erede il nobile della sua parentela che avesse chiesto l’investitura ai Procuratori di S. Marco entro un mese dalla sua morte, obbligandosi a pagare, in più rate, duemila lire di denari veneziani.
Marsilio fece anche cingere la città di Curzola di mura e, ancora nel 1271, promulgò alcune aggiunte agli statuti della sua contea, con una altisonante intitulatio che riprendeva quella dei documenti ducali: «Nos Marsilius Georgius Dei gracia comes Curzole et Melete, una cum iudicibus et consiliariiis et cum laudacione tocius populi insule Curzole in rengo publico» (Statuta et leges civitatis…, p. 20).
Morì pochi mesi più tardi, fra la metà di ottobre e l’inizio di novembre. Il 14 di questo mese infatti Ruggero Zorzi si presentò ai Procuratori de Ultra per chiedere l’investitura di Curzola e Mèleda: a quella data, non doveva ancora essere trascorso il termine prescritto di un mese dalla morte di Marsilio.
Non essendosi presentati altri pretendenti, Ruggero ottenne l’investitura. La signoria degli Zorzi sull’isola di Mèleda fu però da subito contestata – sulla base di antichi privilegi – dal monastero benedettino di S. Maria del Lago, che alla fine del 1338 ottenne dal Senato una sentenza favorevole. Il dominio della famiglia su Curzola, invece, terminò nel 1358 quando Luigi d’Ungheria sottrasse a Venezia l’intera Dalmazia. Anche dopo la riconquista veneziana della regione nel 1420 (il giuramento di fedeltà dei Curzolani è del 25 aprile), la famiglia non riebbe la contea. Secondo una tradizione antica (ma priva di basi documentarie) la concessione agli Zorzi (1422) della giurisdizione prealpina di Zumelle – situata nella Valbelluna ma legata in Antico Regime al Trevigiano – con prerogative amplissime rispetto al controllo della Dominante, sarebbe stata il compenso per la mancata restituzione dell’isola adriatica.
Marchesina Zorzi, che era probabilmente alquanto più giovane del marito, non rimase a lungo in stato vedovile: da una quietanza del 15 giugno 1273, in cui dichiara di essere stata pienamente soddisfatta nei suoi diritti dai procuratori de Ultra, commissari di Marsilio, si apprende che si era risposata con un altro esponente dei vertici del Commune, il procuratore di S. Marco Leonardo Venier (che alcune fonti, tra cui M. Barbaro e i suoi continuatori, danno erroneamente per morto già nel 1269).
Nonostante la sua carriera sia oggi solo in parte ricostruibile, Marsilio Zorzi emerge chiaramente come una figura di rilievo.
Ricoprìrà incarichi importanti e delicati, pur non essendo arrivato al dogado neé ad essere procuratore di S. Marco. Ebbe capacitaà organizzative in campo economico e militare, e fu in grado di concepire piani complessi e perseguire con determinazione la loro realizzazione, sebbene talvolta abbia dovuto arrendersi di fronte a circostanze particolarmente sfavorevoli, come accadde ad Acri nel 1242-44. La sua attivitaà a parte la partecipazione a consilia e curiae cittadini, fu tutta proiettata oltremare, verso l’ambito Adriatico (costiera romagnola inclusa) e Mediterraneo. Cioà marca un discrimine fra il cursus honorum di Zorzi e quelli dei contemporanei di maggiore caratura politica, che ebbero anche incarichi in Terraferma come podestaà forestieri di cittaà venete e lombarde o come inviati presso le potenze ‘continentali’. Cioà vale, ad esempio, sia per il maggior esponente della generazione precedente, il doge Giacomo Tiepolo, sia per i piuà illustri coetanei di Marsilio, come Pietro e Lorenzo Tiepolo, Marino Morosini e Ranieri Zeno (gli ultimi tre saliti tutti al dogado).
Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, 5, c. 54r; Miscellanea atti diplomatici e privati, n. 187; Misc. Codici, Storia Veneta, b. 23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, pp. 396-414; Pacta e aggregati, I, c. 189v; II, c. 42rv; III, cc. 51(50)r-54(53)v, 84(83)r-88(87)r; Liber albus, cc. 175(172)r - 201(198)r; Liber blancus, cc. 246(241)v - 248(243)v; Procuratori di S. Marco de Ultra, bb. 325 (commissaria Zorzi Maria, S. Trovaso; commissaria Zorzi Marsilio, S. Trovaso); 326 (commissaria Zorzi Marsilio, S. Trovaso: quaderno antico, Venezia; Idem, Curzola); Treviso, Biblioteca comunale, ms. 777: Genealogie Barbaro, cc. 482v-484r; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Lat. X, 36a (3326) Chronicon Iustiniani-Proles nobilium venetorum, cc. 99(97)r, 155(180)v,167(191)r; ms. It. VII, 15 (8304): ms. It. VII, 16 (8305): Campidoglio Veneto, II, cc. 20r, 122v-123r; Biblioteca Querini Stampalia, IV, 3; Iohannis Lucii De regno Dalmatiae et Croatiae, Amstelaedami 1666, p. 174; Urkunden zur älteren Handels- und Staatsgeschichte der Republik Venedig, II, a cura di G. L. F. Tafel - G. M. Thomas, in Fontes rerum Austriacarum, XIII, Vienna 1856, pp. 319-322, 351-398; Listine o odnošajih između južnoga Slavenstva i mletačke republike, a cura di Š. Ljubić, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, I (960-1335), Zagabria 1868, p. 98; III (1347-58), Zagabria 1872, p. 407; P. D. Pasolini, Delle antiche relazioni fra Venezia e Ravenna, Firenze 1874; Statuta et leges civitatis et insulae Curzulae, a cura di J.J. Hanel, in Monumenta historico-juridica Slavorum meridionalium, I, I, Zagabria 1877, pp. 1-73 (in partic. pp. 1-5, 20-21); P. D. Pasolini, Documenti riguardanti antiche relazioni fra Venezia e Ravenna, Imola 1881, pp. 6, 15; T. Smičiklas, Codex diplomaticus regni Croatiae, Dalmatiae et Slavoniae, IV, Zagabria 1906, pp. 495, 501, 508, 528, 532, 534, 542, 545, 547, 554, 555, 567; V (Diplomata 1256-1272), Zagabria 1907, pp. 236, 621; V. Franchini, Patti commerciali di Venezia con Bologna e alcune città della Romagna, in L’Archiginnasio, XXIX (1934), 4-5, p. 313; V. Lazzarini, M. Z. conte di Curzola e Meleda, in Archivio veneto, s. 5, LXXII (1942), 59-62, pp. 85-103; Deliberazioni del Maggior Consiglio di Venezia, I, a cura di R. Cessi, Bologna 1950, pp. 269, 271, 273, 285; A. Dandulo, Chronica per extensum descripta: aa. 46-1280 d.C., a cura di E. Pastorello, in RIS, XII, 1, Bologna 1958, pp. 295, 305; D. Jacoby, The kingdom of Jerusalem and the collapse of Hohenstaufen power in the Levant, in Dumbarton Oaks Papers, XL (1986), pp. 83-101; G. Rösch, Der venezianische Adel bis zur Schliessung des Grossen Rats; zur Genese einer Führungsschicht, Sigmaringen 1989, pp. 68 s.; 209-233 (in partic. pp. 219, 226, 233, 220); O. Berggötz, Der Bericht des M. Z.: Codex Querini-Stampalia IV.3 (1064), Frankfurt a. M.-Bern-New York-Paris 1991; D. Jacoby, Three notes on Crusader Acre, in Zeitschrift des Deutschen Palästina-Vereins, CIX (1993), 1, pp. 83-96 (in partic. p. 92).