ROSSI, Marsilio
– Nacque a Parma nel 1287 da Guglielmo e da Donella da Carrara.
Nel settembre del 1314 militava con l’esercito padovano, a fianco dello zio Marsilio da Carrara, per contrastare l’avanzata di Cangrande della Scala nel Veneto. Nel 1320 partecipò alla difesa di Padova (A. Mussato, De gestis..., 1727, col. 651; Albertini Muxati De obsidione..., a cura di G.M. Gianda, 1999, p. 62). Tornò a Parma e nel 1322 assistette alla cacciata dei Sanvitale dalla città. In seguito capitanò le milizie comunali nella spedizione in soccorso ad Azzone Visconti a Piacenza. Negli anni della dedizione di Parma alla Chiesa fu attivo nel rintuzzare gli attacchi portati dagli estrinseci nel contado (Chronicon parmense, a cura di G. Bonazzi, 1902-1904, pp. 168, 174 s.).
Il passaggio di Parma nell’orbita guelfa gli fruttò vari riconoscimenti: il 1° luglio 1326 il papa ordinò a Bertrando del Poggetto di conferire «singulis personis a Marsilio de Rubeis de Parma nominandis» alcuni benefici vacanti in diocesi di Padova (G. Mollat, Jean XXII, 1904-1947, n. 25817). Nel 1327, assieme ai fratelli Pietro e Rolando, impetrò a Giovanni XXII richiesta di ottenere pedaggi sul Po e vari diritti in terra di Busseto (n. 28211). Nello stesso anno ottenne la nomina a rettore di Bologna (Gamberini, 2010, p. 178).
La stringente tutela esercitata dal legato su Parma portò nel 1328 all’espulsione dei rappresentanti della Chiesa. Per consolidare la propria posizione i Rossi si avvicinarono a Cangrande I della Scala. Occasione per cementare la nuova amicizia fu la conquista scaligera di Padova nel 1328: alle trattative fra Marsilio da Carrara e Cangrande prese parte anche Marsilio, «et sic dictus dominus Canis et predicti de Rubeis [...] facti sunt amici» (Chronicon parmense, cit., pp. 187 s.). Per qualche tempo gli fu affidata la podesteria della città veneta (Gloria, 1888, p. 9).
La morte di Cangrande aprì margini per nuove trattative con la Chiesa. Nell’agosto del 1329, tuttavia, Rolando fu messo agli arresti per volontà del legato: questo significò per Marsilio, che fino a quel momento aveva ricoperto un ruolo di secondo piano, una decisa proiezione ai vertici della politica parmense e non solo (Chronicon parmense, cit., pp. 195-197).
Marsilio Rossi accelerò in direzione dell’alleanza con Ludovico il Bavaro, di cui si vociferava da tempo, che venne formalizzata in settembre (p. 199). A Parma diede un’ulteriore spinta al processo di esautorazione delle istituzioni comunali avviato da Rolando: in ottobre fu pubblicato il nuovo estimo, redatto «secrete ad domum Marsilii Rubei» (p. 200). Il 17 novembre, dopo un’accurata operazione di cancellazione delle insegne guelfe e popolari dai luoghi pubblici, il Bavaro entrò a Parma. Il 25 dello stesso mese Marsilio, prestando giuramento nel Palazzo episcopale, ottenne il vicariato sulla città (pp. 201-203). A questa carica assommò, dal marzo del 1330, quella di vicario imperiale in Lombardia. Da questa posizione esercitò un ruolo di intermediazione fra i signori lombardi e il Bavaro, attestato nella corrispondenza tra Michele da Cesena e Luigi Gonzaga (Acta regni, a cura di P. Kehr, 1914-1927, n. 743).
I contemporanei successi contro le forze estrinseche indussero Marsilio a compiere un altro passo verso l’insignorimento, effettuando lo strappo decisivo nei confronti delle istituzioni popolari. Il 26 luglio impose che gli anziani delle Arti e gli Otto del Popolo non dovessero più essere eletti. In agosto la scoperta di una congiura organizzata dai podestà di alcune Arti fornì provvidenziale giustificazione politica alle riforme appena introdotte. Tagliati i ponti con il Popolo, i Rossi si avvicinarono ad alcune famiglie ghibelline: in ottobre Caterina, figlia di Marsilio, sposò Oberto Pallavicino (Chronicon parmense, cit., p. 208).
Dopo la morte del Bavaro, nuove opportunità di consolidamento del loro potere vennero dalla spedizione di Giovanni di Lussemburgo. A gennaio del 1331 Pietro e Marsilio incontrarono il re a Brescia; nel frattempo, uno scambio di prigionieri consentì la liberazione di Rolando (Dumontel, 1952, pp. 40 s.).
Il 2 marzo Giovanni entrò a Parma in un clima di tiepido consenso: i Rossi avevano proibito qualsiasi acclamazione poiché non erano chiare le intenzioni del re, specialmente riguardo al figlio Carlo, che avrebbe dovuto installarsi stabilmente in città. Le trattative intercorse diedero i frutti sperati: i Rossi si allontanarono dalla politica del Bavaro e rimisero nelle mani di Giovanni il vicariato (Chronicon parmense, cit., p. 212; Gamberini, 2010, pp. 181 s.). Già il 5 marzo il re conferì ai tre fratelli il titolo comitale e riconobbe terre e giurisdizioni a Berceto (dove i Rossi si affrettarono a raccogliere i giuramenti di fedeltà: Gentile, 2007, p. 26), Borgo San Donnino, Pontremoli, oltre a una serie di giurisdizioni spettanti al Comune di Parma come il pedaggio di Brescello, i diritti di pascolo nelle Valli dei Cavalieri (Affò, 1795, p. 371). Nel settembre del 1332 Marsilio Rossi, il fratello Pietro e il cugino Andreasio furono creati milites (Chronicon parmense, cit., p. 221).
Pochi giorni prima che i due lussemburghesi, per la crescente instabilità della loro posizione in Italia, partissero da Parma abbandonando definitivamente la penisola, i Rossi riuscirono a spuntare la concessione del vicariato su Parma e Lucca (Dumontel, 1952, p. 124). Il dominio rossiano era però minacciato, specialmente dopo che nell’accordo di Lerici (gennaio 1334) furono riconosciute le mire scaligere su Parma. Mentre i fratelli cercavano appoggi militari, in città fu imposta una taglia straordinaria alla domus di Marsilio, probabilmente per ottenere in fretta il denaro necessario alla difesa. In estate Marsilio organizzò alcune spedizioni nel contado, per rintuzzare i Correggeschi e le truppe scaligere (Chronicon parmense, cit., pp. 228, 233). In gennaio affrontò senza successo le truppe di Mastino dirette su Colorno, ma ormai la situazione era precipitata.
Marsilio si recò prima a Casalmaggiore, poi a Verona, per trattare con gli Scaligeri. Il 15 giugno si rese noto che aveva concordato la resa della città, occupata il 21 successivo (p. 246).
Inizialmente, Mastino riconobbe i privilegi dei Rossi (che cedettero anche Lucca) anche se in città diede presto mano libera ad Azzo da Correggio (Greci, 1988, p. 66). Per questo, e forse anche per la volontà dei signori di tenere sotto controllo i Rossi, i tre fratelli si trasferirono a Verona: all’inizio del 1336 erano tra le personalità principali alla corte di Mastino (G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue..., a cura di B. Pagnin, 1941-1975, p. 73). Il nuovo equilibrio era però insostenibile: in primavera fuggirono da Verona per riparare a Venezia: in estate, dopo la formalizzazione della lega fiorentino-veneziana, la guida dell’esercito fu affidata a Pietro e Marsilio. In questa guerra, che rese celebri le gesta del fratello, anche Marsilio si distinse in varie operazioni militari (pp. 74-83).
Marsilio morì «morte communi» (p. 85) pochi giorni dopo il fratello Pietro (caduto all’assedio di Monselice), il 14 agosto 1337. Fu sepolto nella chiesa del Santo a Padova (Chronicon estense, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, 1908-1937, p. 109).
Fonti e Bibl.: A. Mussato, De gestis Italicorum post mortem Henrici VII Caesaris, in L.A. Muratori, RIS, X, Mediolani 1727, coll. 561-686 (in partic. col. 651); Chronicon parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, in RIS2, IX, a cura di G. Bonazzi, Città di Castello 1902-1904, ad ind.; G. Mollat, Jean XXII (1316-1344). Lettres communes analysées d’après les registres dits d’Avignon et du Vatican, Paris 1904-1947, nn. 25817, 28211; Chronicon estense cum additamentis usque ad annum 1478, in RIS2, XV, 3, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, Città di Castello 1908-1937, p. 109; Acta regni Ludewici IV (continuatio), in MGH, Constitutiones, VI, 1, a cura di P. Kehr, Hannoverae 1914-1927, n. 743; G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, in RIS2, XII, 5, a cura di B. Pagnin, Bologna 1941-1975 (in partic. pp. 73-84, 109); Albertini Muxati De obsidione domini Canis Grandis de Verona ante civitatem Paduanam, a cura di G.M. Gianola, Padova 1999, p. 62.
I. Affò, Storia della città di Parma, IV, Parma 1795, p. 371; A. Gloria, Monumenti dell’Università di Padova, I, Padova 1888, p. 9; C. Dumontel, L’impresa italiana di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, Torino 1952, pp. 40 s., 124; R. Greci, Gli scaligeri a Parma, in Gli Scaligeri 1277-1387, a cura di G.M. Varanini, Verona 1988, pp. 61-70 (in partic. p. 66); M. Gentile, La formazione del domino dei Rossi tra XIV e XV secolo, in Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo, a cura di L. Arcangeli - M. Gentile, Firenze 2007, pp. 23-55 (in partic. p. 26); A. Gamberini, Il contado di fronte alla città, in Storia di Parma, III, 1, Poteri e istituzioni, a cura di R. Greci, Parma 2010, pp. 169-211 (in partic. pp. 178, 181 s.).