GAMBARA, Marsilio (Marsilio da Gambara)
, Marsilio (Marsilio da Gambara). - Figlio di Federico e di Dorotea di Giovanni da Iseo, nacque probabilmente a Brescia, nell’ultimo quarto del XIV secolo. Il 1° ott. 1408 ottenne, per il sostegno fornito a Pandolfo Malatesta signore di Brescia dal 1404, i beni già di Pietro di Maffeo Gambara -Pralboino, Verolanuova e le Brede -, confiscati al figlio di questo Pietro e al fratello, Giovanni Gambara, rispettivamente suo cugino e suo zio. Il possesso di tali immobili fu rafforzato nel 1412 con un privilegio di esenzione, concesso dietro un formale giuramento di fedeltà pronunciato il 10 agosto a Vicenza.
Nel 1421 il G. partecipò alla spedizione militare contro il castello di Riva del Garda e, al pari di suo fratello Maffeo, una volta terminata la parentesi malatestiana si schierò con il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, che gli conferì un ampio privilegio di esenzione (1422). In questo modo, fu infeudato di un complesso patrimoniale omogeneo, compreso tra Pralboino, Milzano e Verolanuova, nel cuore della bassa pianura bresciana, mentre nel 1426 succedeva a Maffeo Gambara come podestà di Milano.
La successiva sottomissione di Brescia a Venezia, nel 1427, portò il G. entro l’area di influenza veneta, cosicché il 19 maggio di quell’anno i magistrati cittadini gli confermarono i suoi possedimenti (circa 700 ettari) nella campagna di Gambara e il 3 settembre successivo, il doge Francesco Foscari gli conferì un privilegio analogo a quello concessogli a suo tempo dal duca di Milano. Il 28 ottobre, forse per ribadire lo stretto rapporto anche militare che lo legava alla Serenissima, il Senato veneziano gli assegnò una provvisione militare di 60 fiorini al mese per il supporto logistico, la difesa e il controllo esercitato sui suoi territori.
Indipendenti dall’autorità degli organismi territoriali, con estimo e trattamento fiscale particolari, i possedimenti del G. erano accomunati alle zone separate; questa condizione di privilegio determinò l’insorgere di una lunga serie di controversie con il Comune di Brescia, come accadde nel 1434 quando gli venne imposta una quota della taglia ducale di 20.000 ducati, obbligo al quale il G. si oppose senza troppo successo, mentre liti analoghe si registrarono nel corso del 1441, 1447 e 1453. Altri artriti si ebbero in occasione del rifacimento degli estimi, per i versamenti dovuti a sostegno delle opere pubbliche (sistemazione di strade, mura e ponti: 1443, 1448-49, 1451, 1455), per le tasse sul commercio (1444, 1454, 1456) o per le spese militari, come appare dalle sentenze rettorali del 30 luglio e del 17 ott. 1447 su provvisioni militari, fabbriche e riparazioni di fortezze.
La cura per i possedimenti familiari impegnò il G. sia sul fronte delle acquisizioni patrimoniali, sia su quello delle conferme. Nel novembre del 1435 ricevette in affitto dall’abate di S. Eufemia i beni delle «canove» delle Brede e di Verolanuova, concessione che fu data in enfiteusi perpetua all’inizio del 1436; poco dopo, il 14 febbraio, giunse a un compromesso con l’abate di Leno per l’uso delle acque del torrente Riolo e ottenne da papa Eugenio IV la conferma del possesso dei beni di Corvione. Quest’ultimo caso però fu motivo di un prolungato braccio di ferro con il vescovo di Brescia, che coinvolse anche il nipote Brunoro.
La residenza e le proprietà urbane del G. accrebbero, poi, la sua influenza anche all’interno del Comune cittadino, come avvenne in occasione dell’ampliamento della piazza del Mercato. Ciò fu reso possibile grazie a una sua cessione territoriale del 25 maggio 1437, in cambio della quale ebbe una nuova conferma dei privilegi e la totale esenzione dalle imposizioni fiscali cittadine per sé e per il nipote Brunoro, a esclusione della quota relativa alla taglia ducale. Inoltre, in cambio del terreno posto nella contrada «de Torzanis sive Merchati», egli ottenne l’edificabilità di quella parte di area che restava ancora in sua proprietà e la facoltà di costruirvi immobili. Nel mese di settembre 1437 acquistò i sedimi ancora liberi e vari edifici, con cortili e orti, nella contrada del Fossato vecchio a Brescia. Il 14 giugno 1438 ricevette una lettera di benemerenza dal doge Foscari per la fedeltà dimostrata nella difesa di Pralboino contro le incursioni dell’esercito visconteo e, il 6 luglio seguente, insieme con Pietro Avogadro, fu designato dal Consiglio generale bresciano ambasciatore a Venezia per sollecitare urgenti rinforzi contro le truppe di Francesco Piccinino che, al soldo di Filippo Maria Visconti, erano ormai alle porte della città, ma i rettori ritennero più utile la loro presenza in città.
Il sostegno dato alla difesa di Brescia e al suo territorio durante il lungo assedio subito, nel corso del quale il G. fu anche ferito, gli valsero la conferma, nel 1438, 1440 e 1441, dei privilegi e delle concessioni ottenuti in precedenza; ma il suo comportamento verso la Repubblica non fu sempre lineare e il G., in quegli anni, cercò di ottenere il riconoscimento dei suoi feudi anche da parte delle autorità milanesi, dato che l’esercito visconteo aveva conquistato, in occasione del conflitto, vari castelli della Bassa, compresi quelli di Pralboino e di Gambara. Infatti, ottenuta dal Piccinino, il 9 luglio 1438, la conferma dei suoi diritti su Pralboino, Milzano e Verolanuova, quattro giorni dopo riceveva dal Senato veneziano un salvacondotto con il quale si consentiva agli abitanti di quei territori di risiedervi, compatibilmente con la situazione bellica. Il successivo mutare degli eventi condusse il G. a schierarsi temporaneamente con il Visconti dal quale avrebbe ricevuto una nuova conferma dei suoi privilegi il 26 febbr. 1441, benché solo un mese prima il doge Foscarì avesse riconosciuto la sua «sincerìssimam fidem et devotionem». Alla fine, l’avvicinarsi delle schiere della lega antiviscontea e l’intenso lavoro della diplomazia segreta veneziana riportarono nell’ambito di influenza di S. Marco il G. che sostenne l’avanzata delle truppe di Francesco Sforza nella Bassa nell’estate del 1441, dando un valido supporto logistico alle milizie in Pralboino e intervenendo militarmente per scacciare l’esercito visconteo da Milzano, Seniga e Pontoglio oltre il fiume aglio.
Le successive notizie sul G. riguardano principalmente la gestione del suo composito territorio. Il 19 apr. 1444 la Comunità rurale di Pralboino donò ai frati minori osservanti di S. Agostino di Brescia, col favore del G., il fondo della Campagnola con la chiesa di S. Agata, perché vi edificassero un nuovo convento dedicato a S. Maria degli Angeli. Nel 1448 prese finalmente possesso di Gambara e nei mesi di marzo e aprile del 1450 acquistò vari immobili siti nel castello che, in questo modo, divenne tutto di sua proprietà.
Sposato dal 1449 con Agnese, nobildonna di origine veneziana che contribuì a stringere i suoi legami con Venezia, il G. si spense nei primi mesi del 1457.
Nel suo testamento, rogato il 5 maggio 1448, oltre a lasciare come erede universale il nipote Brunoro, donò al convento di S. Maria, divenuto in seguito il cimitero gentilizio della famiglia, zoo lire annuali per il sostentamento dei frati, una croce d’argento e 500 ducati per la libreria. Non inferiori, comunque, furono i lasciti per altre istituzioni religiose e assistenziali, &a i quali una dote per le fanciulle povere di Pralboino e di Verolanuova, mentre all’ospedale cittadino furono assegnate derrate di frumento.
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