MARSILIO da Padova
Politico e teologo, nacque a Padova tra il 1275 e il 1280 da un Bonmatteo della famiglia popolana dei Mainardini. Addottoratosi in medicina, nel 1312 lo si trova professore di teologia e rettore per tre mesi alla Sorbona. L'ambiente d) Parigi influì molto sulla formazione del suo pensiero, sia speculativamente, per l'influsso delle dottrine aristotelico-averroistiche, sia politicamente, per il ricordo ancor vivo delle lotte tra Filippo il Bello e la curia romana. Ivi conobbe Giovanni di Jandun (v.), filosofo averroista, che alcuni vogliono, senza molte prove, autore con M. del Defensor pacis.
Nel 1315 Giovanni XXII, eletto papa, nominò canonico di Padova M., il quale solo nel 1318 prese possesso effettivo della carica. Come poi il beneficato dal pontefice sia divenuto il più fiero eretico che il Trecento conosca non sappiamo. Certo, dopo qualche tempo ebbe a ritornare a Parigi, dove nel 1324 attendeva alla composizione del Defensor pacis, che terminò il 24 giugno di quell'anno. Diffusasi la notizia del contenuto dell'opera, per evitare sanzioni ecclesiastiche egli e Giovanni di Jandun, che la voce pubblica diceva partecipe all'elaborazione del trattato, fuggirono a Norimberga, presso Ludovico IV il Bavaro, re dei Romani, aspirante all'impero e in lotta col papa. M., accolto a corte, divenne consigliere e medico del re.
Il Defensor pacis non è un libello scritto per sostenere le ragioni politiche di Ludovico IV, ma una vera e propria opera scientifica, il maggiore studio di scienza politica del Medioevo. La trattazione dello stato perfetto, che costituisce il suo obietto, è svolta in funzione della costituzione della Chiesa, cioè della politica ecclesiastica. La prima parte o dictio svolge le dottrine costituzionali su basi essenzialmente scolastiche, animandole peraltro in una calda comprensione delle nuove forme politiche; la seconda, le teorie sulla Chiesa e di politica religiosa.
Esaminate le cause contemporanee che allontanano lo stato dalla pace, cioè le varie specie di immunità concesse al clero e che la curia sostiene contro l'imperatore e i re, definisce lo stato come entità politica unitaria, ove la sovranità si esercita su tutto il territorio e su tutti i sudditi, laici ed ecclesiastici, nobili e borghesi. Lo stato di M. non è dunque più l'impero, bensì un ente autarchico, che ha molti tratti simili col comune e con la signoria italiana, come con la monarchia nazionale, la cui formazione il Padovano aveva studiato in Francia, insomma una realtà storica mutevole, condizionata dai più diversi fattori. Civitas o regnum, si svolge fuori dal concetto medievale d'impero, che per M. è uno stato più grande, ma non più la monarchia universale e provvidenziale.
Trattata aristotelicamente la teoria dell'origine naturale e non contrattuale della società politica, della trasformiazione successiva di questa, delle forme di governo, viene a esporre la sua originale dottrina della legge. Per M. lo stato deve agire nella forma del diritto ed espressione della sua attività è sempre la legge. "Ubi non principant leges non est politia" (I, 1x). Le leggi sono "omnes iustorum et conferentium civilium regulae, auctoritate humana institutae" (I, x). Loro fonte il popolo. "Nos autem dicamus... legislatorem seu causam legis effectivam primam et propriam esse populum seu civium universitatem, aut eius valentiorem partem... (I, xii)". Ove il principio della sovranità è evidente. Peraltro, M. non può annoverarsi fra i teorici del principio maggioritario (la maggioranza dei cittadini fa la legge), bensì questo tempera con un criterio qualitativo, avendo soprattutto presente il comune italiano ove solo pochi, gli appartenenti alle corporazioni ("valentior pars") erano cittadini e il voto di essi valeva diversamente secondo la propria corporazione e la particolare posizione sociale ("secundum gradum suum").
Il potere esecutivo, "pars instrumentalis seu executiva" (I, xv), è secondario, in quanto il principe che lo rappresenta è eletto dal popolo, che può correggerlo e persino deporlo. L'autorità sua è indivisa e unica nello stato. M. con queste vedute anticipa la teoria della divisione dei poteri di Locke e di Montesquieu.
Nella seconda dictio M. distingue la legge umana dalla divina. Della prima giudice naturale è la gerarchia a ciò preordinata dallo stato, della seconda, Cristo; la sanzione di quella è mondana, di questa, ultramondana. La Chiesa, custode della legge divina, non ha potere coercitivo, essendo, per divina istituzione, mero strumento di magistero e non d'impero temporale. Né pari allo stato, né sopra lo stato, essa è entro lo stato, subordinata alla sua legge. Cade quindi il sistema storico dei privilegi e delle immunità del clero. La Chiesa come struttura gerarchica di uffici e di funzioni ha origine storica. M. combatte il primato di Pietro, epperò il fondamento divino dell'autorità pontificia. Nessuna differenza di grado tra papa e vescovi, che vuole eletti dal popolo, come del resto anche il papa. Il sistema costituzionale statuale M. trasporta e sviluppa nella dottrina della Chiesa, sino alla teoria dei concilî, cui spetta la somma autorità ecclesiastica: dalla disciplina dei costumi all'interpretazione in tema di fede. Peraltro la fede non può essere comunque coartata, è sottratta a ogni foro esteriore. In ciò M. anticipa l'illuminismo e Tomasio.
Contro il Defensor pacis l'autorità ecclesiastica iniziò un processo, che si concluse con la condanna di 5 proposizioni (23 ottobre 1327).
Con il Bavaro M. partecipò alla discesa in Italia del 1327-28. Nominato vicario ecclesiastico di Roma, diresse la politica religiosa di quel breve periodo, che si concluse nell'urbe con la nomina popolare dell'antipapa e con la cerimonia dell'incoronazione imperiale di Ludovico, che ricevette le insegne del grado da Sciarra Colonna come rappresentante del popolo: pratica applicazione delle dottrine marsiliane. Volta a male l'impresa, M. ritornò col suo signore in Germania, ove trascorse il resto della sua vita.
Ivi compose il De iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibui (1341-42) ove sostiene che il diritto matrimoniale spetta all'imperatore. Il trattatello fu rifuso nel Defensor minor (di recente scoperto in un manoscritto della Bodleiana di Oxford), che, composto nel 1342, ribadisce più energicamente i principî del Defensor pacis, altri ne tratta ex novo: giurisdizione civile ed ecclesiastica, confessione auricolare, penitenza, indulgenze, crociate, pellegrinaggi, plenitudo potestatis pontificia, potere legislativo e origini della sovranità, divorzio. Altra operetta secondaria di M. è il De translatione imperii, rifacimento in senso laico del trattatello dallo stesso titolo di Landolfo Colonna (1325-1327?).
Le dottrine marsiliane esercitarono grande influenza sul pensiero politico di Wycliffe, sulle dottrine conciliari del Quattrocento e della Riforma. Furono, si può dire, la fonte prima d'ogni politica antiecclesiastica successiva. Da ciò la loro diffusione. Dal punto di vista costituzionalistico segnano l'inizio d'un'era nuova, in quanto con la dottrina della legge, della sovranità laica, della divisione dei poteri, M. elabora concetti che la scienza moderna ha fatto proprî. Dal punto di vista ecclesiastico il Padovano ci sembra più parziale, poiché muove contro l'intero sviluppo storico della Chiesa e non comprende i profondi motivi che questa allontanavano da un'esperienza democratica.
Dopo la composizione del Defensor minor, M. visse assai poco, se in un pubblico concistoro del 10 aprile 1343 Clemente VI parla di lui, il peggiore eretico che egli avesse conosciuto, come di persona già deceduta.
Ediz.: Dell'opera maggiore di M. abbiamo un'ottima edizione critica cura di C. W. Previté Orton, Cambridge 1918, che si fonda sull'esame diretto dei 20 manoscritti conservatici. Un'altra edizione prepara R. Scholz per i Monumenta Germaniae Historica. Il Defensor minor è stato pubblicato da C. K. Brampton, Birmingham 1922. Gli altri due trattatelli in Monarchia del Goldast, II, Francoforte 1614, pp. 147-153, 1286-1291.
Bibl.: Brampton, M. of Padua. Life, in The English historical Review, XXXVII (1922), p. 501 segg.; G. Gentile, La filosofia, Milano s. a., p. 150 segg.; J. Riezler, Die literarischen Widersacher der Päpste aus Zeit Ludwig des Baiers, Lipsia 1874, pp. 30 segg., 193 segg.; E. Ruffini Avondo, Il Defensor pacis di M. d. P., in Riv. st. ital., 1924, p. 113 segg.; R. Scholz, M. v. P. und die Idee der Demokratie, in Zeitschrift für Politik, I (1907), fasc. 1°, p. 61 segg.; N. Valois, Jean de Jandun et M. de P. auteurs du Defensor pacis, in Histoire litt. de la France, XXXIII (1906), p. 528 segg.; un'abbastanza compiuta bibl. è in F. Battaglia, M. da P. e il pensiero politico medievale, Firenze 1928; id., Sul Defensor pacis di M. da P., in Nuovi studi di diritto econ. e politica, II (1929), p. 128 segg.