CARRARA, Marsilietto Papafava da
Nacque a Padova verso la fine del secolo XIII da Albertino, figlio di Giacomino, che per primo ebbe il soprannome di Papafava, divenuto poi secondo cognome nei discendenti, e da Adelaide Scrovegni.
Ancora giovane fu podestà a Piove di Sacco, rivestendo in seguito la carica di sovrintendente alle carceri di Padova. Dopo esser stato ferito nella sollevazione contro i da Carrara scoppiata il 22 sett. 1325, combatté nel 1326 contro i fuorusciti guidati da Corrado da Vigonza e si segnalò con Nicolò da Carrara nella riconquista della torre del Curame, posta ai confini con la Repubblica veneta, che essi avevano occupato (27 febbraio). Nell'anno seguente fece parte dell'ambasceria inviata ad Enrico di Carinzia, vicario in Padova di Federico d'Asburgo, per chiedere soccorsi contro lo stesso Nicolò, che, inimicatosi con Marsilio da Carrara, si era alleato con Cangrande Della Scala e i fuorusciti e minacciava Padova. Dissapori erano però sorti anche tra il C. e Ubertino, per cui Marsilio, temendo potessero sfociare in aperta discordia minando così ulteriormente la coesione della famiglia e, soprattutto, interferendo negativamente nelle delicate trattative segrete che proprio in quel momento egli aveva intrapreso con lo Scaligero, decise di far allontanare temporaneamente il C. dalla città. Vi riuscì valendosi di Enghelmario di Villandres, capitano di Padova a nome di Enrico di Carinzia, che nell'agosto del 1328, accusando il C. di aver pronunciato ingiurie contro lo stesso Enrico, ne ordinò l'espulsione e il saccheggio della casa.
Il C. si trasferì allora a Venezia e vi rimase finché, avvenuta la dedizione di Padova a Cangrande (11 settembre), fu richiamato da Marsilio in occasione dei solenni festeggiamenti fatti il 14 settembre per le nozze di Taddea da Carrara, figlia di Giacomo (I), con Mastino, nipote dello Scaligero. Nel novembre si recò poi alla corte di Verona, dove ricevette da Cangrande le insegne di cavaliere. In seguito militò nella guerra della lega stretta da Venezia, Firenze e Marsilio contro Mastino Della Scala e nell'agosto del 1337 prese parte all'assedio di Monselice.
Il nome del C. non compare più nei documenti fino al 27 marzo del 1345, quando Ubertino da Carrara, due giorni prima di morire, lo fece approvare dal Consiglio quale successore nella signoria, benché alquanto lontani fossero i legami di parentela: tale decisione, che escludeva i cugini Giacomo e Giacomino, gli fu suggerita dal suo vicario Pietro da Campagnola, che essendo stato grande nemico del padre loro Nicolò, temeva la vendetta dei figli. Appena confermato signore, il C., che era ben accetto alla Serenissima e per la devozione mostrata da lui e dal padre Albertino era stato ascritto fin dal 1338 alla cittadinanza veneziana, si affrettò ad inviare ambasciatori a Venezia per notificare la sua elezione e chiedere che venissero rinnovati i patti negoziati e firmati da Marsilio nel 1337 e ratificati poi da Ubertino nel 1338: la domanda venne naturalmente accettata e il 20 apr. 1345 fu rogato il trattato di reciproca alleanza e protezione. Da notare che in questa conferma è tolto ogni accenno a Firenze: restava dunque soltanto la Repubblica veneta a mantenere quell'influenza politica sulla signoria carrese, che essa aveva per l'innanzi diviso con il Comune fiorentino.
Ma il 6 maggio 1345, dopo soli 41 giorni di governo, il C. venne trucidato da Giacomo da Carrara, che, rivendicando i propri diritti alla successione, si impadronì della signoria. Il suo corpo fu sepolto nelle arche esterne della basilica di S. Antonio di Padova, demolite le quali nel 1873, fu traslato sul lato meridionale del chiostro del capitolo.
Dalla moglie, che fu probabilmente Agnese Visconti, il C. ebbe una figlia, Lieta, che sposò Nicolò di Guido Maltraversi conte di Lozzo.
Fonti e Bibl.: A Mussati, De gestis Italicorum post Henricum septimum caesarem, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., X, Mediolani 1727, coll. 744 s., 747 s.; G. et A. Cortusiorum Historia de novitatibus Paduae et Lombardiae, ibid., XII, Mediolani 1728, col. 915; AnnalesPatavini, a cura di A. Bonardi, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 edizione, VIII, 1, pp. 248 s.; Liber regiminum Padue, ibid., a cura di A. Bonardi, pp. 366 s.; G. de Cortusiis Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, a cura di B. Pagnin, ibid. XII, 5, pp. 44, 51, 55 s.; G., B. e A. Gatari, Cronaca Carrarese, I, a cura di A. Medin-G. Tolomei, ibid., XVII, I, 1, pp. 25-27; Gesta magnifica domus Carrariensis, II, a cura di R. Cessi, ibid., XVII, 1, pp.15, 245 s.; P. P. Vergerii De principibus Carrariensibus et gestis eorum Liber, a cura di A. Gnesotto, in Atti e memorie della R. Accademia di sc., lett. ed arti in Padova, n.s., XLI (1924-25), pp. 435-439; A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, p. 16; B. Scardeonii De antiquitate urbis Patavii et claris civibus Patavinis, Basileae 1560, p. 280; I. Salomonii UrbisPatavinae inscriptiones sacrae et prophanae, Patavii 1701, p. 353; G. Bonifaccio, Istoria di Trivigi, Venezia 1744, p. 386; [G. R. Papafava], Dissertaz. anonima in difesa d. fam. Carrara contro la dissertaz. del conte G. Coronini s. l.né d. (ma Venezia 1771), pp. 50 s., 81-84, 145-147; G. B. Verci, Storia della Marca trivigiana e veronese, X, Venezia 1788, pp. 112-114; XIII, ibid. 1789, pp. 8-12; P. Ceoldo, Albero della famiglia Papafava, Venezia 1801, pp. 89-91; G. Cittadella, Storia della dominaz. carrarese in Padova, I, Padova 1842, pp. 192, 195-198; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova, II, Padova 1853, pp. 16 s.; H. Spangenberg, Cangrande I della Scala, II (1320-1329), Berlin 1895, pp. 63 s.; V. Lazzarini, Storia di un trattato tra Venezia, Firenze e i Carraresi (1337-1399), in NuovoArchivio veneto, XVIII (1899), pp. 259-263; F. Ercole, Comuni e Signori nel Veneto (Scaligeri, Caminesi, Carraresi). Saggio storico-giuridico, in Dal Comune al Principato. Saggi sulla storia del diritto pubblico del Rinascimento ital., Firenze 1929, pp. 65, 72; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Carraresi di Padova, tav. III.