MARSAGLIA
– Famiglia di imprenditori e banchieri. Luigi, figlio di Giacomo e Giulia Bianchi (Torino 1851 - ibid., 22 giugno 1934) fu la principale guida per circa sessant’anni della società in accomandita semplice (sas) F.lli Marsaglia e C., costituita a Torino nel 1875. Vi erano, comunque, interessati tre suoi fratelli: Vincenzo, tra i fondatori insieme con Luigi, Eugenio Pollone e Amedeo Vallero; Giovanni (Torino, 23 maggio 1845 - Sanremo, 5 nov. 1900) ed Ernesto (Torino 1853 - Sanremo 1924), entrati ufficialmente a farne parte nel 1887. La società, dotata di un capitale di 100.000 lire, aveva lo scopo dichiarato di agire nell’ambito della «commissione serica e bancaria», anche se l’impresa non risulta essersi impegnata nei traffici legati alla seta, essendo privilegiati l’esercizio dell’attività creditizia e una politica di finanziamento industriale che, secondo una prassi diffusa tra i banchi privati torinesi di fine Ottocento, appare spesso mossa da logiche di breve respiro.
Negli anni Ottanta-Novanta si riscontra un largo intervento negli affari più sicuri, come le società ferroviarie, mentre assai più contenuta fu la partecipazione alla Società elettrica Cruto e in generale a iniziative pionieristiche. Gli investimenti più massicci, o meno garantiti, furono inoltre affrontati attraverso la mediazione degli istituti sostenuti dai M. (Banca di Torino, Credito torinese), allo scopo di ripartire i rischi sull’ampio azionariato. Il banco privato uscì, dunque, sostanzialmente indenne dal crack edilizio di fine anni Ottanta che abbatté le banche maggiori, e comunque fu pronto a difendere i propri interessi nel Credito torinese con la fondazione del Credito industriale (1890) destinato a liquidarlo.
A riconoscimento della solidità della società dopo la bufera finanziaria, nel 1894 il banco privato divenne partner di riferimento della Banca commerciale italiana (Comit) sulla piazza subalpina: alla costituzione della banca mista 1000 delle 40.000 azioni furono retrocesse ai M. (600 a Giovanni e 400 in capo al Credito industriale). Giovanni fu inoltre chiamato (dal 1894 al 1897) a far parte del consiglio d’amministrazione dell’istituto di credito milanese e rivestì un ruolo decisivo nell’agevolare l’assorbimento del Credito industriale da parte della Comit (1897), prima presenza della banca mista a Torino in attesa della fondazione di una vera filiale. Giovanni rimase, dunque, rappresentante della società anche se, nel 1895, la F.lli Marsaglia venne posta in liquidazione e l’impresa proseguì nella forma di una ditta individuale, la L. Marsaglia, di cui Luigi fu ufficialmente unico proprietario, mentre il coinvolgimento degli altri fratelli nel banco familiare appare da allora marginale. Fin dal 1881, Vincenzo era passato dal ruolo di responsabile a quello di semplice accomandante mentre Ernesto preferì la carriera politica (nell’ottobre 1919 fu anche nominato senatore del Regno). Il permanere di un forte ruolo di Giovanni nella società, invece, è probabilmente legato anche alla sua affermazione quale tecnico e imprenditore nell’edilizia, campo privilegiato di interesse del banco, Giovanni proseguì quindi l’opera del padre e dello zio Vincenzo, apprezzati costruttori.
Laureato ingegnere nel 1866 presso la Regia Scuola di applicazione di Torino, fu subito assunto quale aiutante presso la commissione tecnica dell’Esposizione di Parigi. La sua attività ebbe dimensione internazionale: dopo aver fatto esperienza negli stabilimenti metallurgici del Belgio (1868-71), patrocinò il ponte ferroviario costruito a Budapest dalle Officine di Savigliano. In Italia furono opera sua l’accesso sud della ferrovia del Gottardo e parti della rete ferroviaria meridionale e insulare.
Giovanni fu molto attivo in particolare a San Remo, dove realizzò un acquedotto e dove si stabilì in seguito al matrimonio con Giuseppina Roverizio dei conti di Roccasterone, famiglia cui i M. furono legati da vincoli multipli: Ernesto sposò una sorella di Giuseppina, Eugenia, mentre Luigi si unì in matrimonio con un’altra sorella Annaida, e poi, alla morte di quest’ultima, con una quarta, Adele. Le relazioni tra il ramo torinese e quello sanremese dei M. restarono solide fino a fine Ottocento: la banca ebbe una succursale nella città ligure e inoltre, alla morte di Giovanni, fu la L. Marsaglia a occuparsi della liquidazione dei suoi affari edilizi, in particolare dei contratti per la costruzione delle centrali idroelettriche piemontesi di Novalesa e di Ala Ceres e delle relative opere infrastrutturali.
All’inizio del Novecento la casa L. Marsaglia era riferimento essenziale della Comit a Torino e tra i due soggetti si instaurarono relazioni paritetiche: il banco privato consigliava alla banca mista gli affari più redditizi (come, nel 1903, il salvataggio della Ansaldi, destinata poi a essere assorbita dalla FIAT), assicurava il collocamento azionario delle imprese interessate presso il pubblico locale, conduceva operazioni in sociale funzionali a una suddivisione dei rischi.
Sulla piazza torinese la Marsaglia partecipò con la Comit a imprese elettriche già affidate a Giovanni per la parte infrastrutturale (come la Società italiana applicazioni elettriche e la Società forze Moncenisio), a società meccaniche (Ansaldi, Officine f.lli Diatto, Nebiolo, Krieger, FIAT), cantieristiche (Navigazione Alta Italia) e altre (Società italiana lane e pelli). Ma collaborazioni si registrarono anche in ambito extraregionale, nella Compagnia di Antivari (1905), per la costruzione di un porto in Albania, nella Metallurgica bresciana s.a. già Tempini (1906), nella Società commerciale d’Oriente (1907), nella Sudameris (1910).
Non mancano testimonianze di azioni imprenditoriali autonome della Marsaglia.
Tra fine Ottocento e inizio Novecento la casa entrò in possesso e gestì il Lanificio Cerino Zegna (poi Lanificio Pianceri) e, dal 1907, l’impresa automobilistica Aquila, entrambe probabilmente cedute dai vecchi proprietari per l’impossibilità di fronteggiare esposizioni troppo onerose. Numerose furono inoltre le partnership con istituti di credito diversi o concorrenti rispetto alla Comit (Società bancaria italiana [SBI], Credito italiano, Banco di Liguria) come nel caso delle partecipazioni, tra il 1906 e il 1907, al Cotonificio Strambino, alla Gaensler Bedarida o alla società edilizia Porcheddu s.a.
Tuttavia l’intesa con la Comit divenne via via più stretta e decisiva anche al di là della piazza torinese, all’interno di vicende di rilievo nazionale.
Per esempio, nel 1907 la casa Marsaglia partecipò, con un milione sui 90 totali, al composito consorzio di banche (Comit, Credito italiano, Banco Roma, Zaccaria Pisa) incaricato del salvataggio della SBI. Nella crisi di quello stesso anno venne coinvolta anche la FIAT che rischiò, tra l’altro, di perdere i propri vertici, compromessi in un processo per aggiotaggio e alterazione dei bilanci sociali. Nella difficile fase di transizione, conclusasi nel 1909 con il ritorno al potere di G. Agnelli e dei vecchi dirigenti, giocò un ruolo di primo piano la Comit, e in particolare il suo amministratore Pollone, uomo della casa Marsaglia, anche se protagonista di un’azione imprenditoriale sempre più indipendente e destinato a un ruolo centrale nel capitalismo finanziario nazionale.
Ma soprattutto, a inizio Novecento, il banco Marsaglia era divenuto capofila del gruppo italiano nei sindacati che garantirono gli aumenti di capitale della Comit, in un processo di progressiva crescita del peso degli azionisti italiani nella banca mista.
Nell’aumento del 1903, da 60 a 80 milioni, la casa torinese, con un insieme eterogeneo di enti finanziari, fu presente per il 37,5% nel consorzio incaricato di sottoscrivere le nuove azioni, mentre il resto venne spartito tra il gruppo austro-svizzero-tedesco guidato da Bleichröder e il gruppo di Paribas. In occasione dei successivi aumenti di capitale, la casa Marsaglia e i suoi subpartecipanti concorsero al sindacato per il 42,5%: così nel 1905, nel 1911 e nel 1914, quando il capitale fu portato rispettivamente a 105, 130, e infine a 156 milioni. La distribuzione delle quote mutò solo nel 1908, quando il gruppo Marsaglia venne in possesso di una quota di azioni del sindacato pari a quella degli altri partecipanti (il 25%). Decisiva fu la quota del gruppo italiano (59%) anche all’interno del sindacato di difesa dei corsi azionari Comit costituitosi nel 1911.
Il peso del banco privato nei confronti della Comit crebbe nel corso del primo conflitto mondiale: a seguito della campagna denigratoria contro l’istituto, accusato di essere nemico degli interessi nazionali, il sindacato di difesa fu italianizzato (1916) e il gruppo Marsaglia si ritrovò in carico il 65,89% delle azioni; Luigi, già consigliere della Comit nel 1909, ne venne nominato vicepresidente (5 giugno 1915). Inoltre, in combinazione con la Comit, il banco privato colse le occasioni offerte dalla guerra per concludere affari di rilievo come, nel 1916, la concessione di un credito al Gruppo piemontese per materiale di artiglieria e di un finanziamento per la fornitura di auto al governo russo.
Nel dopoguerra la casa Marsaglia fu infine il fulcro della resistenza Comit ai tentativi di scalata dei fratelli Perrone.
Tra il 1918 e il 1920 i consistenti acquisti di azioni Comit da parte dell’Ansaldo spinsero, infatti, la banca mista a tre successivi aumenti di capitale (da 156 a 208, poi a 260 e infine a 400 milioni) e il gruppo Marsaglia (ora composto da 39 enti finanziari diversi) fu lo strumento usato dai vertici dell’istituto di credito per costringere i fratelli Perrone a scendere a patti in un sindacato di blocco.
Quando, nel 1920, i Perrone desistettero dai progetti di conquista, le azioni Comit vennero passate al Comofin, appositamente creato dalla banca mista e presieduto da Carlo Parea, nipote di Luigi (in quanto figlio di Jenny Roverizio di Roccasterone).
Già procuratore della casa bancaria e suo consocio dal 1912, quando l’impresa si ricostituì in sas (capitale di 150.000 lire) per iniziativa di Luigi e dei suoi figli – Giacomo, Giovanni ed Eugenio –, Parea divenne, nel dopoguerra, il vero referente della Comit nella Marsaglia: sostituì, infatti, lo zio, anziano e provato dalla morte del giovane figlio Giovanni (avvenuta durante il collaudo di un aereo nel 1917), sia nel consiglio d’amministrazione della Comit (1919) sia in altre società collegate, come la Sudameris (1922).
Parea rimase legato alla casa Marsaglia, così come Pollone: non a caso i due, con Luigi e i suoi due figli superstiti, furono tra i fondatori della società anonima L. Marsaglia (capitale di 5 milioni) che nel 1924 prese il posto della sas, risolta tre anni prima. E tuttavia sia Pollone sia Parea erano ormai soprattutto uomini Comit, dove la carriera di Parea nel consiglio d’amministrazione proseguì fino al 1945, di là dalle vicende della Marsaglia.
Il banco privato torinese rimase, infatti, coinvolto nella grave crisi finanziaria seguita al 1929: mentre nella Comit interveniva la Banca d’Italia attraverso l’acquisizione dell’intero portafoglio azionario da parte della Sofindit, a sua volta passata nel 1933 in mano all’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), la sa Marsaglia dimezzò le proprie azioni Comofin, ridotte, nel 1933, a 7000 circa. Lo stesso banco privato si trovò d’altronde in gravi difficoltà: dal 1930 non distribuì più utili, e nel 1933 denunciò immobilizzi per oltre 7 milioni, di cui 2 di perdite accertate.
Con la morte di Luigi, venne meno l’ultimo argine alla messa in liquidazione della società, decisa il 1° dicembre dello stesso anno. Giacomo ed Eugenio protrassero la liquidazione a lungo, nella speranza di riprendere l’attività bancaria, ma furono infine costretti a chiuderla nel 1959.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Tribunali, Torino, Atti di società, ad indices. La relazione con la Comit è descritta nell’Archivio dell’istituto di credito; v., in particolare, Milano, Banca Intesa, Arch. storico, Patrimonio Banca commerciale italiana, Segreteria generale, cart. 16, f. 3: Società Fiat-Ansaldi; Segreteria dell’amministratore delegato G. Toeplitz, cart. 14, f. 3: Luigi Marsaglia; cart. 16, f. 1: Carlo Parea. Sulla liquidazione della Marsaglia s.a., cfr. Roma, Banca d’Italia, Arch. storico, Banca d’Italia, Vigilanza, Pratt., nn. 7156, f. 6; 1948, f. 1. Numerosi dati personali sui membri della famiglia sono reperibili a Torino, Arch. storico della città, Schede anagrafiche, ad nomen.
Sulla figura di Giovanni v. In memoria dell’ing. Giovanni M. nell’anniversario della sua morte, Torino, 23 maggio 1845 - San Remo 5 nov. 1900, Milano 1901; F. Scalabrini, Sanremo Sanremo. I favolosi anni Trenta, San Remo 1989, ad ind., offre invece un contributo alla ricostruzione dell’albero genealogico e del contesto ligure. Per un quadro del panorama economico torinese tra Otto e Novecento cfr. V. Castronovo, Torino, Roma-Bari 1987, mentre riferimenti più specifici all’azione imprenditoriale della casa Marsaglia in I. Balbo, Banche e banchieri a Torino: identità e strategie (1883-1896), in Imprese e storia, 2000, n. 21, pp. 61-102 e Id., Torino oltre la crisi. Una «business community» tra Otto e Novecento, Bologna 2007, ad ind. Il complesso rapporto tra il banco privato e la Comit, per come si evolve da fine Ottocento alla «grande crisi», è illustrato in: A. Confalonieri, Banca e industria in Italia, I-III, Milano 1974-75; Id., Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907 all’agosto del 1914, Milano 1982, e Id., Banche miste e grande industria in Italia 1914-1933, Milano 1994, ad indices. Per le vicende della scalata alle banche miste cfr. A.M. Falchero, La Banca italiana di sconto 1914-1921. Sette anni di guerra, Milano 1990, ad indicem. Sul salvataggio della Comit da parte della Banca d’Italia al principio degli anni Trenta: G. Toniolo, Crisi economica e smobilizzo pubblico delle banche miste (1930-1934), in Id., Industria e banca nella grande crisi (1929-1934), Milano 1978, pp. 284-352 e Id., Cent’anni 1894-1994. La Banca commerciale e l’economia italiana, Milano 1994.