Vedi MARMORARIUS dell'anno: 1961 - 1973
MARMORARIUS
Lo scultore in marmo era detto a Roma m. (faber), e lapidarius; più raramente sculptor, scalptor, o in modo generico artifex (v.); nelle iscrizioni anche artifex signarius (C.I.L., vi, 9896) e faber semplicemente (C.I.L., viii, 16533). Sculptor e scalptor erano i nomi di chi scolpiva e incideva anche materiali diversi da pietra e marmo; soprattutto pietre dure (v. gemmarius), legno, avorio (v. eborarius), conî di monete (v. scalptor monetae).
D'altra parte m. indicava l'operaio del marmo in senso molto lato, dal tagliapietre, allo scultore, comprendendo anche l'incisore di epigrafi (v. scriptor titulorum), il preparatore di crustae. Nel significato di artista è usato da Seneca, che allinea i marmorari ai pictores e agli statuarii tra gli artefici del lusso (Epist. ad Luc., 88); eguale significato di lapidarius ha in Petronio (Satyr., 65 ss.), che descrive il lapidarius Habinnas, buon facitore di monumenti, specialmente firnerarî. Nell'elenco degli artefici esonerati da munera da parte dell'imperatore Costantino, al quarto posto dopo gli architetti, i medici e i pittori vengono gli statuarii e i marmorari; più avanti gli sculptores ligni e tra i carpentarii e i dealbatores altri sculptores, evidentemente artigiani di qualità inferiore (Cod. Iust., x, 66, i; nel Cod. Theodosianus l'ordine è leggermente diverso). Marmorarius subaedanus (C.I.L., vi, 78r4) era forse il preparatore della crusta; marmorarius quadratarius lo scalpellino che squadrava i massi di marmi (cfr. Cod. Iust., x, 66, i), ma anche, in epoca tarda, l'incisore di epifrafi in capitale quadrata (Sidon. Apollin., Epist., iii, 12, 5; C.I.L., vi, 33902; R. Cagnat, Inscripticons latines d'Afrique, 79), redemptor marmorarius (C.I.L., x, 1549; vi, 33873; R. Reynolds J. B. Ward Perkins, The Inscriptions of Roman Tripolitania, 275) l'appaltatore del lavoro di marmo; negotiator marmorarius (G.I.L., VI, 33886) il commerciante di marmo, o di oggetti marmorei.
Nelle iscrizioni il verbo marmoravit non indica quasi mai l'azione del marmorarius ma quella del committente (cfr. C.I.L., vi, 229, 597; ii, 1066), analogamente marmore stravit (cfr. C.I.L., iii, 403), ricordano chi ha fatto fare, pagato o ordinato, un pavimento di marmo, lavori di restauro. La azione dello scultore e del marmista, e anche dello scrittore di lapidi, è tipicamente espressa dal verbo sculpsit e ancora più spesso dal generico fecit, che però è usato anche per il committente, potendo dare così luogo a dubbi di interpretazione.
L'uso del marmo in luogo della pietra in Roma e nell'Italia centrale e settentrionale fu relativamente tardo, solamente a seguito delle conquiste in Magna Grecia alla fine del III sec. a. C., e dell'intervento in Grecia e in Asia Minore s'importarono le statue di marmo; ma poi si estese l'uso del marmo delle cave di Luni (Carrara), oltre che di quelli delle cave greche, orientali, della Gallia e dell'Africa per una sempre maggiore quantità di oggetti dell'arredamento domestico e dei templi (lampade, tavole, piedi e treppiedi, sedili, vasche e vasellame d'ogni grandezza); per la decorazione interna ed esterna degli edifici pubblici e privati, con rivestimenti (crustae), colonne, scale, balaustre e fontane di marmo, e per la costruzione di monumenti funerarî.
Marmora vengono genericamente chiamati i diversi lavori marmorei e sono singolarmente menzionati nelle iscrizioni commemorative delle opere pubbliche e di molte private, in quanto costituiscono sempre, anche nei periodi di maggiore diffusione, un particolare di pregio: marmoribus ornare (G.I.L., vi, 103; cfr. 656; x, 3922; xi, 1062; xii, 1357; cfr. xiv, 98), accanto alle pitture, cameris et picturis et marmoribus (C.I.L., viii, 25520), accanto al mosaico, marmoribus musaeo et omni cultu (C.I.L. viii, 2657, cfr. anche viii, 993), accanto al bronzo, aeramentis marmoribus (C.I.L., ix, 2475) accanto alle colonne, marmora et columnas (H. Dessau, Inscriptiones Latinae selectae, 1886).
Decorare di marmora gli edifici che non li avevano o che li avevano guasti, fu sempre nel mondo romano un motivo di vanto; dal gruppo di commilitoni che pagano i marmi di un'edicola sacra (C.I.L., vi, 229), ad Augusto col suo aver lasciato Roma marmoream... quam latericiam accepisset (Suet., Aug., 29); all'oscuro commerciante cristiano di pelle di capra, che ricorda nell'epitaffio struxi mihi marmara (C.I.L., ix, 4796).
Anche nelle iscrizioni relative a statue è specificato il fatto di essere di marmo: marmorea statua, sta per distinguersi da aurea, da argentea, da aerea e anche da lapidea.
Nel mondo romano si fece un'enorme produzione di statue, sia per scopo funerario, cultuale, onorario, che decorativo. Statue di persone (statuae) intere (pedestres, togatae), a cavallo (equestres e in quadrigis), busti e teste, a tutto tondo o ad altorilievo (imagines, clypei), erme, stele; destinati alle case, ai luoghi pubblici, ai luoghi di ritrovo, piazze, basiliche, portici, palestre, biblioteche, sedi di collegi; statue degli imperatori e dei membri della famiglia imperiale, di notabili cittadini, di patroni, di benefattori, di grandi scrittori e filosofi, di figure allegoriche della tradizione mitologica e culturale greca; statue di divinità (signa) destinate ai templi, alle cappelle, agli altari; statue per i sepolcri con i ritratti dei defunti, fatte fare da privati, da magistrati, da collegi, da città in segno di gratitudine, di adulazione, da militari in segno di devozione.
Nelle grandi città, nei centri minori, nelle ville isolate, negli accampamenti, nei fortilizi, nelle stationes, nei castra, nei cimiteri militari: a Roma e in Italia, nelle province già ricche di una loro arte locale o in quelle più arretrate e lontane, dando luogo a processi di importazione, d'interpretazione, di assimilazione, in un complesso mercantile certamente notevole.
I marmorarii, erano, nella maggioranza dei casi, copisti o rielaboratori o, in quantità molto minore, ritrattisti che lavoravano spesso in botteghe, tramandandosi il mestiere di padre in figlio, e qualche volta modestamente firmando il loro lavoro con l'indicazione ex officina, un marchio, piuttosto di una firma, simile in tutto a quello di altri artigianati di carattere industriale e producenti lavori in serie riprodotti da un'unica matrice, come quella dei vasi di terracotta, delle lampade e di suppellettili di bronzo (v. aerarius).
Ma oltre alle botteghe esistenti in ogni centro di qualche importanza per sopperire al fabbisoguo comune, altri marmorarii non legati ad un centro fisso locale andavano a lavorare sia a Roma che in altre città, per eseguirvi lavori loro offerti in precedenza o per cercarvi quelli probabili della ricca clientela del luogo.
Questa pratica fu particolarmente intensa nell'ultimo secolo della Repubblica e nel primo dell'Impero per l'immigrazione di intere famiglie di scultori greci ed orientali a Roma, ma si era verificata in Italia, sin dal periodo etrusco, è si verificò anche nelle epoche posteriori, sempre nel senso da oriente ad occidente; non solo a Roma ed in Italia, ma anche in Gallia, in Spagna e nelle province africane. Fu solo la fondazione di Costantinopoli che invertì la direzione di questo fenomeno migratorio di artisti, artigiani e di opere d'arte. Oltre alle firme di artisti stranieri o di un medesimo artista ritrovate in luoghi lontani (che però potrebbero significare anche solamente il trasporto dell'opera), sono specificatamente più probanti alcuni passi letterarî ed alcune iscrizioni. Tra i primi soprattutto le notizie di Cicerone e di Plinio relative a specifici artisti.
Tra le iscrizioni, è particolarmente interessante l'epitaffio dello scultore afrodisiense Zenon, morto e sepolto a Roma, ma che era nato ad Afrodisiade ed aveva conservato la sua nazionalità originaria; egli si vanta di "essere passato con la propria arte in molte città" (Kaibel, 1627); l'epitaffio dello scultore Novius Blesamus, cittadino romano, forse liberto, che scrive di se stesso: hic olim statuis urbem decoravit et orbem (C.I.L., vi, 23083); un'iscrizione delle terme di Madaura in Africa, del 366-67 d. C., in cui si ricorda la partecipazione di artisti fatti venire da altre parti artificibus quoque peregrinis adductis (S. Gsell, Inscriptions latines de l'Algerie, i, 2102). Limitatamente a una produzione di qualità inferiore, un moto di espansione dall'Italia alle province, specialmente nord-orientali, avvenne al seguito delle legioni: marmorarii civili, o forse spesso anche soldati che sapevano scolpire ed incidere il marmo (cfr. C.I.L., XIV, 230, ove il soggetto di sculpsit è un militare), sovvennero al fabbisogno della popolazione dei castra, specie per monumenti funebri e sacri.
Le iscrizioni ci permettono di constatare l'esistenza di alcuni artisti liberti in epoche diverse della medesima gens: sono cinque marmorarii Cossutii, che non si possono considerare una sola dinastia, perché, di essi, tre sono dichiarati liberti. Già nella prima metà del II sec. a. C. un Cossutius era stato architetto al servizio di Antioco Epifane (v. architutes); M. Cossutius Menelaos è scultore di età augustea (Kaibel, 1250); M. Cossutius è scultore afrodisiense di età claudia (M. Squarciapino, op. cit., in bibl., n. 8, p. 13); M. Cossutius Cerdo (liberto di Marco) lascia due firme su opere trovate a Lanuvio nel luogo della villa di Antonino Pio (Kaibel, 1249); M. Cossutius Don., liberto di Marco, dedica un tripode assieme ad un altro m. (C.I.L., xi, 1415); e forse allude al proprio lavoro anche quel C. Cossutius Epaphroditus, liberto di Gaio, che aram Silvano marmoravit, simulacrum Herculis restituit... aediculam et aram ref(ecit) (C.I.L., vi, 597).
Forse, invece, costituirono una sola famiglia, della gens Arria (liberti o discendenti di liberti di Arria Fadilla, la madre dell'imperatore Antonino Pio?) tre scultori: C. Arrius Stratocles, plastes sepolto a Roma, con un epitaffio in greco, ma di forma latina, che aveva sposato una Arria Artemisia, evidentemente sua compagna di schiavitù (E. Loewy, I.G.B., 9552); A. Arrius Chrysanthus, m. ma anche augustale a Pozzuoli, e dupliciarius della centuria Petronia (C.I.L., x, 1873) e L. Arrius Secundus, morto a 17 anni a Catania, sepolto a cura di marmorari(i) conviv(a)e (C.I.L., x, 7039).
Un rapporto certo è quello tra le località ricche di marmo e il mestiere di marmista, sia nel senso che la vicinanza della materia prima abbia indotto al suo uso e la tradizione familiare del mestiere abbia creato una scuola (come per gli scultori di Afrodisiade, città della Caria ricca di un marmo adatto ad essere scolpito, che divenne anche centro di gare statuarie, e forse, anche per gli scultori di Carrara; cfr. I. Formigé, in Bull. Soc. Nat. Antiquaires de France, 1952-53, p. 130-2), sia nel senso inverso, di immigrazione di mano d'opera e di creazione di centri abitati nelle vicinanze di cave di marmo, come avvenne per le cave dei Pirenei (cfr. Labrousse, in Mél Picard, 1949, II, p. 481 ss.). In queste località furono trovate sculture oltre ad iscrizioni di officinatores e di marmorarii, che pare non siano stati lapicidi, ma artigiani scultori. Che del resto anche tra il personale delle cave di marmo, potessero esservi degli scultori o degli individui che sapevano foggiare oggetti di marmo, lo prova forse la singolare firma del procurator, cioè del direttore delle cave di marmo della Numidia: Alc proc. m. n. hunc cantharum fecit (R. Cagnat, Inscriptions latines d'Afrique, 428).
Ancora al servizio dell'imperatore schiavi e liberti marmisti e destinati alle varie residenze cooperavano alla decorazione di quelle enormi quantità di costruzioni di opere pubbliche e private, per cui ogni princeps amò distinguersi. Un officinator a statuis, artefice di statue, Eutyches, liberto di Caracalla e Geta, fa una dedica nel 199 d. C. all'amico Ti. Iulius Balbillus, sacerdote del dio Sole (C.I.L., vi, 2270).
La determinazione dell'origine degli artisti romani, greci o indigeni nelle varie province, e della loro condizione giuridica, schiavi, liberti, ingenui, peregrini, si può fare essenzialmente sui nomi. Ma i nomi ci sono dati, nella grande maggioranza dei casi, dalle firme, le quali, e non pare per ragioni di spazio, sono brevi. Sono costituite per lo più dal solo cognomen, evidentemente noto nel mondo degli artisti e dei committenti, e ben più importante agli effetti della rinomanza dell'artista, che non la sua posizione giuridica di libero o di schiavo. Riprova la presenza di gentilizi espressi in forma abbreviata, contrariamente all'uso e la presenza dell'etnico afrodisiense, ritenuto titolo di vanto artistico in firme di artisti ormai romani da varie generazioni.
Le firme latine sono così costituite: nome al nominativo (vi, 29799; 29800 (?); 29801; 29803; ix, 6414); nome al genitivo (Roma, vi, 29795); nome e fecit (Lucania, C.I.L., x, 26; Campania, C.I.L., x, 4668; Bevagna, Epigraphica, 1945, p. 66; Africa, R. Cagnat, Inscriptions latines d'Afrique, 428; Dalmazia, C.I.L., iii, 8331); nome e sculpsit (Gallia, C.I.L., xii, 2319; Germania, C.I.L., xiii, 118o6; Dacia, C.I.L., iii, 1413; Dalmazia, C.I.L., iii, 8509; Pannonia, C.I.L., iii, 10721; Inscrip. Latinae selectae, 9239; per le epigrafi v. Scriptor titulorum); nome e opus fecit (Germania, C.I.L., xiii, 6515); nome al genitivo e opus (Firenze, M. Squarciapino, op. cit., p. 16, n. 29); nome e restituit (Roma,C.I.L., vi, 29797); nome e marmorarius facit (Gallia, E. Espérandieu, Inscriptions latines de Gaule, 115); nome e cum suis discipulis (Africa, R. Cagnat, Inscriptions latines d'Afrique, 79); artifex (Africa, C.I.L., viii, 9314); artifex fecit (Aquitania, C.I.L., xiii, 1588; ex oficina col nome del proprietario al genitivo (Africa, Année épigraphique, 1946, 77, 246; 1951, 51; R. Cagnat, op. cit., 79; C.I.L., 932, a; C.I.L., VIII, 47791, 5176, 21082; Pozzuoli, C.I.L., x, 1896; Ostia, Not. Scavi, 1953, 7; Année épigraphique, 1951, 51); ex officina col nome e faber (C.I.L., viii, 16533); nome al nominativo e ex oficina (Africa, C.I.L., 922); manu col genitivo del nome (Pannonia, C.I.L., iii, 10721).
La firma di una statua di marmo significa solamente che essa fu fatta materialmente da quella persona, non che fosse dalla stessa pensata e creata; quindi vale tanto per un originale, quanto per un rifacimento o una copia. Il concetto del diritto d'autore non esisteva nel mondo antico, né per le arti figurative né per la letteratura.
Solo un gruppo di copie romane dei massimi scultori greci, Fidia, Prassitele, Policleto, Bryaxis, Timarchos portano l'iscrizione del tipo opus Phidiae, opus Polycleti (C.I.L., vi, 10038-42), per attestare, quasi per garantire il compratore che esse effettivamente riproducono prototipi di questi massimi artisti (cfr. anche Myron fecit, C.I.L., vi, 29796, e il riferimento fecerat Euphranor, in C.I.L., vi, 48).
Le firme si trovano in posizioni secondarie, spesso non di immediata evidenza; se invece l'opera ha un titulus, cioè un'iscrizione che per qualche ragione lo completi anche decorativamente (per esempio la dedica) il nome dell'artista vi è qualche volta compreso, per lo più scritto per ultimo e in caratteri minori.
In dediche di oggetti votivi fatti materialmente dagli stessi dedicanti un solo nome serve per le due specificazioni.
I prezzi delle statue nuove, degli oggetti in genere di marmo e delle decorazioni marmoree degli edifici variarono non solo secondo il luogo, le epoche, ma anche secondo la qualità dei materiali impiegati ed il valore degli artisti; non conoscendo però noi la qualità e spesso neanche l'epoca delle opere di cui abbiamo i prezzi, questi non sono molto significativi.
I prezzi medî di alcune categorie di opere (piccole statue da 100 a 200 sesterzi; statue da 2000 a 8ooo; marmi di un bagno 75.000 denari - C.I.L., xiii, 5416 -; frontone di un tempio con erme e decorazioni di marmo 200.242 sesterzi C.I.L., v, 2864 -, decorazioni marmoree diverse 110.792 sesterzi e mezzo - C.I.L., x, 7495-) possono dirci qualche cosa solo se paragonati al salario medio dell'artefice (ma solo poche iscrizioni, e di epoca tarda, menzionano pagamento di artefici, cfr. C.I.L., xii, 5336, spesa di 6oo solidi in due anni, ma per quali artefici, quanti, e per quale costruzione?; cfr. anche C.I.L., iii, Suppl., pp. 1934-5; l'editto de pretiis di Diocleziano, prevede per il m. la paga giornaliera di 6o denari, cioè più del lapidarius, ma 15 meno del pictor parietarius, e ben 90 meno del pictor imaginarius), e al prezzo delle materie prime (marmi importati, marmi delle cave imperiali).
La letteratura ci dice qualche cosa di più per i valori delle opere d'arte antica, ma il fattore antichità, rarità, bellezza, moda, rende impossibile l'avvicinamento con le opere contemporanee. La determinazione poi della parte del prezzo che rappresentava la remunerazione dello scultore, è resa ancora più incerta dalla varietà delle condizioni sociali dei diversi scultori e quindi dal non sapere, salvo casi rarissimi, se lo scultore lavorasse per conto del padrone cui eventualmente apparteneva, oppure come salariato di un'officina, o infine come libero contraente col compratore.
Condizioni economica e sociale degli scultori ci sono esemplificate in due celebri passi della letteratura. In Italia, nel I sec. d. C., e per il mondo municipale, il ricco Habinnas, amico di Trimalcione, seviro, ben vestito e profumato, mondano, con gran seguito e una moglie tutta ingioiellata (Petron., Satyr., 67); nel mondo provinciale orientale, nel II sec., lo zio di Luciano padrone di una bottega, di condizione libera, che prende con sé il giovane nipote non abbastanza ricco per darsi alle lettere, che rendevano solo dopo molti anni di studio; stabilità e benessere economico: questi sono gli aspetti positivi del mestiere; abiti sporchi, fatica manuale ed oscurità sociale gli aspetti negativi (Luc., Somn., 1-2).
Numerosi bassorilievi e incisioni su gemme rappresentano lo scultore al lavoro, perché ogni categoria di artisti tende a raffigurare il proprio mestiere; come scene di pittura sono rappresentate da pittori e da mosaicisti. Non si ricordano donne scultrici (unica eccezione forse una Cassia Priscilla (? v.), cfr. Brunn, op. cit. in bibl., i, pp. 428-9); pochi anche gli artisti dilettanti; i più illustri: Nerone (Suet., Nero, 52), Adriano (Epit. de Caes., 14, 2) e Valentiniano I (id., ibid., 45, 6).
Resti di studî di scultori sono stati trovati a Pompei e a Roma, con opere abbozzate, sarcofagi mancanti della sola iscrizione o del ritratto del defunto e i tipici strumenti di lavoro.
Il seguente elenco comprende i nomi degli scultori che si trovano: 1) nelle firme in latino, o in greco con nome latino; 2) nelle dediche di oggetti di marmo dei marmorarii stessi; 3) nelle iscrizioni, funerarie o di altro genere, esplicite; 4) nella letteratura (limitatamente a italici o romanizzati). [Per le firme in greco si vedano gli elenchi di E. Loewy, I.G.B.; G.M.A. Richter, Three Critical Periods, cit. in bibl., e Ch. Picard, op. cit. in bibl.].
Marmorarii. - Le iscrizioni di marmorarii, che non si sa se fossero operai del marmo od artisti o artigiani decoratori, sono: di liberti o discendenti di liberti (C.I.L., vi, 9102-b Il; 9551-4; 9462 a; 37577; x, 1648; 3985; xi, 961; 1415; xiii, 915; 1466; Année épigraphique, 1949, 116); di liberti imperiali (C.I.L., vi, 8893; vi, 9102); (?) di schiavi (C.I.L., vi, 5866; 6318; 9555; v, 7670); a marmoribus magister (xi, 3199); di schiavi imperiali (C.I.L., II, 133; vi, 3866); iscrizioni di collegi di marmorarii (vi, 9550; v, 7044; ii, 1043; x, 7039).
Abbreviazioni: ing. = ingenuus; lib. = liberto; ser. = schiavo; p. = peregrinus; iscr. fun. = iscrizione funeraria; iscr. v. = iscrizione votiva.
Alc...proc m(armorum) n(umidorum) (lib., firma, Cagnat-Merlin-Chatelain, Inscriptions latines d'Afrique, 428).
Amabilis (sculptor, ser., Aquitania, iscr. fun., C.I.L., XIII, 643).
? Anteius (Numidia, sul bordo di un sarcofago, C.I.L., viii, 4779).
Anteros (ser.? imperiale, Roma, C.I.L., vi, 8893).
Antonianos (Lanuvio, seconda metà ii sec d. C., firma in greco su rilievo, M. Squarciapino, op. cit., in bibl. p. 16, n. 28).
? Apollonius (Roma, firma? su sedile, C.I.L., vi, 29797).
? Aprilis (Roma, firma? su busto, C.I.L., vi, 29803).
Aristius Antiochus (Leptis Magna, firma su statua di Mitra, G. Caputo, in Arch. Class., i, 1949, p. 205).
A. Arrius Chrysanthus (lib., Pozzuoli, iscr. fun., G.I.L., x, 1873).
L. Arrius Secundus (lib., Catania, iscr. fun. di collegio, C.I.L., x, 7039).
Cn. Arrios Stratocles (lib., Roma, iscr. fun. in greco, Kaibel, 1419 = E. Loewy, I.G.B., 552).
Asclepiades di Nicomedia (Leptis Magna, iscr. v., Reynolds-Ward Perkins, The Inscriptions of Roman Tripolitania, 264).
? Assalectus (cfr. Brunn, op. cit. in bibl., 4 p. 427).
L. Atin(as) Sineros (Calvi, II-III sec. d. C., firma su rilievo, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 17, n. 32).
Atticianus (Roma, IV sec. d. C.? firma su statua, M. Squarciapino, 1. cit. in bibl., p. 16, n. 29).
C. Ateius Aulus (Mérida, età cristiana, Ch. Picard, op. cit. in bibl., 1949, p. 264).
Augur (ex oficina, su statuetta, C.I.L., viii, 16533).
G. Aulus (ex oficina, Mérida, su statua di togato, Catal. Museo Arq. Nacionai de Madrid, p. 49).
C. Aulus Fidius (ex oficina, Mérida, su statua, A. Garcia y Bellido, op. cit. in bibl., n. II, lo stesso che il precedente?).
M. Aurelius Glykon (Afrodisiade, firma in greco su sarcofago, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. II, n. 3).
Aurelius Agathias Suras (Roma, iscr. in greco, R. Cagnat, Inscriptiones Graecae ad Res Romanas Pertinentes, I, 211).
Aur(elius) Dionysios (Afrodisiade, iscr. fun. in greco, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 12, n. 4).
Aur(elius) Nikephoros (ing., Sparta, iscrizione e firma in greco, E. Loewy, I.G.B., 350).
Aur(elius) Sabbatius (iscr. fun. cristiana, C.I.L., xiv, 3422).
C. Avianus Evander (lib., età di Augusto, Porphyr., Ad Horat. Sat., i, 3, 90; Plin., Nat. hist., xxxvi, 32).
Basus ? (quadratarius, ex oficina, Kairouan, Cagnat-Merlin-Chatelain, Inscriptions latines d'Afrique, 79).
Blesamus Novius (Roma, iscr. fun. metrica, C.I.L., vi, 23083).
Buduacus (St.-Remy, Gallia Narbonense, firma con Canis, Sacrovir: Fasti Arch., x, 1957, 5732).
Carterius (firma su ritratto di Plotina, Ch. Picard, op. cit. in bibl., 1954, p. 310).
? Cassia Priscilla (cfr. Brunn, op. cit. in bibl., i, pp. 428-9).
Catielius (Pannonia, firma su capitello di colonna, C.I.L., iii, 10721).
? Cattus (ex off(icina), Africa, su stele, Année épigra phique, 1946, 77).
Cilonius (fabricans... signa, di marmo? Africa, C.I.L., viii, 14365).
C. Cl(audius) Pollio (G. M. A. Richter, Three Critical Periods, p. 52).
Cla(udius) Saturninus (Dacia, firma C.I.L., iii, 1413).
Clitus Capiton (Tracia, iscr. su stele del 149 d. C., Kaibel 841 = E. Loewy, I.G.B., 352).
M. Comitius (lib., Roma, ii sec. d. C., Ch. Picard, op. cit. in bibl., 1953, p. 356).
Coponius (romano?, lavorò per Pompeo, Plin., Nat. hist., xxxvi, 41).
Cornelios (Olimpia, I sec. d. C., firma in greco su base, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 12, n. 6).
T. Cornelius Saturninus (ex oficina, su gruppo statuario, Année épigraphique, 1951, 51).
M. Cossutius (Afrodisieus) (Paro, età augustea, firma in greco su base, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., n. 8, p. 13).
M. Cossutius Menelaos (Roma, I sec. d. C., firma in greco su statua, Kaibel, 1250).
M. Cossutius Cerdo (lib., Lanuvio, firma E. Loewy, I.G.B., 376).
M. Cossutius Don. (lib., Pisa, iscr. v., C.I.L., xi, 1415).
? Cossutius Epaphroditus (lib., Roma, iscr. v., C.I.L., vi, 597).
Q. Critonius Dassus (scalptor vascularius [v. vascularius], lib., Roma, iscr. fun., C.I.L., vi, 9824).
M. Epidius Eros (lib., Roma, firma su erma, C.I.L., vi, 29799).
Evander (Salonicco, firma su sarcofago, Journ. Hell. Studies, LXIV, 1944, p. 92).
Eutyches (lib. imp., oficinator a statuis, C.I.L., vi, 2270).
P. Fabius (ing., scalptor, Roma, iscr. fun., C.LL., vi, 33908).
Fl(avius) Androni(kos) (Roma, firma in greco su statua, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 14, n. 15).
FI(avius) Chryseros (Roma, età degli Antonini, firme in greco su statue, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 13, n. 10-13).
Fl(avius) Tertullus (lib.?, Roma, sec. III-IV d. C., iscr. dedicatoria, I.L.C., 661).
Fla(vius) Zenon (Roma, età degli Antonini, firma su statua, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., p. 14, n. 16-20).
Fortunatianus (ex oficina, Tagaste, cristiano, C.I.L., viii, 5176).
T. Grac(inius?) Trophimus (cir. Brunn, op. cit. in bibl., i, p. 427).
Ingenuus (Roma, firme su plinto di statue di Mercurio, C.I.L.., vi, 29795).
Iulius Musticus (lib.?, Gallia Narbonense, firma su cippo con busto, C.I.L., xii, 2319).
? P. Licinios Priscos (Corinto, età adrianea, firma in greco di statua, M. Squarciapino, op. cit. in bibl., n. 7, p. 12).
Q. Lollius Alcamenes (lib.?, Roma, iscr. fun., C.I.L., vi, 29707).
Lucillus (ex oficina, firma su mensola, C.I.L., 932 a).
Maecius Aprilis (artifex signarius, Roma, iscr. fun. cristiana, C.I.L., vi, 9896).
L. Magius Myrtilus (lib., Saponara, firma su busto, C.I.L., x, 261).
Maximinus (ser.?, Dalmazia, firma su ara, C.I.L., iii, 8509).
Murisi(us?) (ex oficina, Mauretania, su statua di Venere, C.I.L.; viii, 21082).
? Nonianus Romolus (cir. H. Brunn, op. cit. in bibl., i, p. 428; contra J. M. C. Toynbee, op. cit. in bibl., p. 28, n. 2).
Sex. Octavius Eutyxus (sigillareus, lib., Roma, C.I.L., vi, 9894).
A. Pantuleius di Efeso e di Mileto (Atene, firma in greco su colonna con dedica, C.I.A., i, 480 = E. Loewy, I.G.B., 357).
Parapatosus (ex oficina, su crisma costantiniano, Africa, Année épigraphique, 1946, 246).
Philiscus (Arles, firma su mensole, E. Espérandieu, Inscriptions latines de Gaule, 115).
L. Plotius Clemens (ex officina, Ippona in Africa, su statua, Bull. Soc. Nat. des Antiquaires de France, 1952-53, p. 130).
Polytimus (lib., Roma, firma su statua di cacciatore, C.I.L.., vi, 29801.
Proiectus (lapidarius, firma su sarcofago, Dalmazia, 438 d. C., C.I.L., iii, 149).
D. Rufius (lib., Roma, iscr. fun., C.I.L., vi, 9102, 6, II).
P. Rutilius Syntrophus (lib.,?, Gades (Spagna), iscr. v., C.I.L., II, 1724).
Samos (Magonza, età di Nerone, firma su colonna, C. I. L., xiii, 11806).
Saturninus (ex oficina, Theleptis, su vaso con figure cristiane).
Secundus (ser., Salona in Dalmazia, anaglipta su tomba, C.I.L., iii, 8834).
Severus (Saint Béat, Gallia, Année épigraphique, 1949, 116).
Severus (Magonza, età di Nerone, firme su colonne, v. Sampos C.I.L., xiii, 118o6).
Sextilius Clemens (ex oficina, Pozzuoli, su base di statua, C.LL., x,. 1896).
M. Se(xtos) Amabilis (sculptor, Bordeaux, C.I.L., xiii, 643).
Aulus Sextus Eraton (lib., ateniese, Olimpia, firma su statua, E. Loewy, I.G.B., 334).
Suleius Sulinus (sculptor, Aquae Sulis in Britannia, iscr. v., C.I.L., vii, 37).
Tatianus (Biblo, firma su acroterio, Ch. Picard, op. cit. in bibl., 1953, p. 349).
ius Theophilus (Bevagna, firma su statua, Epigraphica, 1945, p. 66).
? Titius (Gemellus) (cfr. H, Bruun, Op. cit. in bibl., i p. 429).
M. Ulpius Orestes (lib., Roma, firma su bassorilievo, C.I.L., vi, 29800).
L. Valerius Antiochus (lib., Pisa, iscr. v., C.I.L., xi, 1415).
G. Vibius Rufus (G. M. A. Richter, Three Critical Periods, p. 57).
Bibl.: I. Sillig, Catalogus artificum sive architecti, statuarii, sculptores, pictores, caelatores et scalptores Graecorum et Romanorum, Dresda-Lipsia 1827; M. Raoul-Rochette, Lettre à M. Schorn, Parigi 1932, p. 71 ss.; O. Jahn, Die Wandgemälde der Columbar in d. Villa Pamphili, in Ber. S. R. Sächs. Ges. d. Wiss., 1861, p. 298; J. Overbeck, Schriftquellen, 1868; G. Hirschfeld, Tituli statuariorum, sculptorumque Graecorum cum prolegomenis, Berlino 1871 (Appendice sui Romani, pp. 171-178); S. Lami, Dictionnaire des sculpteurs de l'antiquité, Parigi 1884; E. Loewy, I. G. B., Lipsia 1885; H. Brunn, Geschichte der griechischen Künstler, Lipsia 1889, I, p. 369 ss.; G. Lafaye, in Dict. Ant., III, 2, 1904, pp. 1605-06, s. v.; L. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, Lipsia 1920-29; Schroff, in Pauly-Wissowa, XIV, 1928, cc. 1897 ss., s. v.; G. Kuehn, De opificum Romanorum condicione privata quaestiones, Halle 1930; M. Squarciapino, La scuola di Afrodisia (Studi e materiali del Museo dell'Impero Romano), Roma 1943; G. Ricci, Relazioni artistico-commerciali tra Roma e la Grecia negli ultimi secoli della Repubblica e nel primo dell'Impero, in Antichità, II, Roma 1950, p. 33 ss.; Ch. Picard, Chronique de la sculpture étrusco-latine, in Rev. Ét. Lat., XXVII, 1949, p. 234 ss.; XXVIII, 1950, p. 299 ss.; XXIX, 1951, p. 349 ss.; XXX, 1952, p. 318 ss.; J. M. C. Toynbee, Some Notes on Artists in the Roman World, Bruxelles 1951, p. 17 ss.; G. M. A. Richter, Three Critical Periods in Greek Sculpture, Oxford 1951 (spec. pp. 46-57); id., Ancient Italy. A Study of the Interrelations of Its Peoples as Shown in Their Arts, Ann Arbor 1955, pp. 99-104; A. García y Bellido, Nombres de artistas en la España romana, in Archivo Español de Arqueología, XXVIII, 1955, p. 3 ss.