Donskoj, Mark Semënovič
Regista e scenarista ucraino, nato a Odessa il 6 marzo 1901 e morto a Mosca il 21 marzo 1981. Il cinema di D., seppur spesso criticato per l'eccessiva enfasi, rappresenta una delle notevoli eccezioni al conformismo estetico e ideologico del cinema sovietico degli anni Trenta: la lezione di Sergej M. Ejzenštejn e l'attenzione costante alla complessità dello sguardo umano di fronte ai grandi cambiamenti della storia ne fanno uno dei registi più originali del realismo socialista.
Durante la guerra civile, seguita alla rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917, D. si arruolò nell'Armata rossa e, alla fine del periodo di guerra, iniziò a seguire gli studi di medicina, poi abbandonati per studiare diritto all'Università di Simferopol′ (Crimea), dove si laureò nel 1925. Di interessi eterogenei (praticò la boxe, il calcio e studiò musica), pubblicò nel 1925 Zaključënnye (I detenuti), un libro di racconti sulle sue esperienze in guerra. Trasferitosi a Mosca, si iscrisse nel 1926 al VGIK, dove seguì i corsi di Ejzenštejn e, dopo alcune esperienze come attore e sceneggiatore, esordì con il cortometraggio (rimasto incompiuto) Žizn′ (1926, La vita). Assunto (1927) negli studi Belgoskino di Leningrado, realizzò il suo primo lungometraggio (coregia di Michail A. Averbach) V bol′šom gorode (1927, Nella grande città); successivamente firmò il suo primo film sonoro in coregia con Vladimir G. Legošin, Pesnja o sčast′e (1934, Canto sulla felicità). Nel 1941 ottenne il premio nazionale dell'URSS per Detstvo Gor′kogo (1938; L'infanzia di Gorki) e per V ljudjach (1939; Tra la gente) e nel 1945 si iscrisse al Partito comunista. In quegli anni pose il tema della resistenza contro l'invasore nazista al centro dei suoi lavori, sia con Raduga (1944; Arcobaleno, per il quale il regista ricevette nel 1946 il premio nazionale dell'URSS) sia con Nepokorënnye (1945; Gli indomiti). Dopo che un suo film, Alitet uchodit v gory (1949, Alitet se ne va sulle montagne), fu proibito da Stalin, D. passò un lungo periodo di inattività forzata (a parte il cortometraggio documentario sportivo Sportivnaja slava ‒ Naši čempiony, 1950, Fama sportiva ‒ I nostri campioni) fino al 1956 (inizio della destalinizzazione), anno in cui realizzò Mat′ (1956, La madre), tratto dal romanzo di M. Gor′kij. Venne quindi reintegrato come direttore artistico degli studi Gor′kij di Mosca. Premiato nel 1960 per la miglior regia al Festival internazionale di Locarno con il film Foma Gordeev (1959), nel 1966 fu nominato Artista del popolo dell'URSS e nel 1971 ricevette il riconoscimento di Eroe del lavoro socialista. Per tutta la sua carriera D. si ispirò alla figura e al pensiero di M. Gor′kij, del quale condivise in pieno l'approccio 'umanista' e affettivo ai problemi sociali e di cui realizzò una biografia cinematografica in tre parti, tratta dalle memorie dello scrittore: oltre a Detstvo Gor′kogo e V ljudjach, la trilogia venne completata nel 1940 con Moi universitety (Le mie università). Il cinema di D. si contrappose ben presto ai codici del realismo socialista, a favore di una capacità rara di rappresentare i sentimenti, le passioni e le sofferenze umane, anche in film più ufficiali come Nepokorënnye. Se in Raduga (film patriottico sull'insurrezione di un villaggio ucraino occupato dai tedeschi) D. portò alle estreme conseguenze le teorie di Ejzenštejn sul cinema 'patetico' (capace cioè di suscitare il 'pathos' nello spettatore e portarlo verso una superiore coscienza politica), allo stesso tempo seppe però sviluppare uno stile sempre meno attento ai formalismi e sempre più immediato nel mostrare la semplicità del rapporto tra uomo e natura, distaccandosi quindi dal suo maestro soprattutto nel lavoro con gli attori. Lo dimostrano i due film sulla vita di V.I. Lenin, Serdce materi (1966, Cuore di madre) sull'infanzia, e Vernost′ materi (1967, Devozione di madre) sull'età adulta, in cui la figura del capo bolscevico viene raccontata non in modo agiografico, ma attraverso lo sguardo umano della madre Marija Aleksandrovna. Il cinema di D. procede dunque secondo le linee di un umanesimo rivoluzionario, in cui la macchina da presa si sofferma sui volti e sulle emozioni dei protagonisti, immersi nella storia, come in Alitet uchodit v gory, film sull'espansione del comunismo nella Russia rurale, e Sel′skaja učitel′nica (1947; L'educazione dei sentimenti), che racconta la storia dello Stato sovietico sotto forma di ritratto di una giovane maestra di campagna dalla Prima guerra mondiale agli anni Quaranta. Il suo ultimo film fu Suprugi Orlovy (1978, I coniugi Orlov).
Marc Donskoï, in "Image et son", 1964, 178, nr. spécial.
A. Cervoni, Marc Donskoï. Choix de textes et propos de Donskoï, Paris 1966, con bibl. e filmografia.
M. Turovskaja, Mark Donskoj v dvoinom svete (Mark Donskoj in doppia luce), in "Kinovedčeskie zapiski" (Appunti di studi di cinema), 1982, 13, pp. 45-51.
H. Agel, Un art de la célébration, Paris 1987, pp. 54-57.
Prima dei codici. Il cinema sovietico prima del realismo socialista 1929-1935, XLVII Mostra internazionale d'arte cinematografica, a cura di A. Crespi, S. de Vidovich, Venezia 1990, pp. 123-27 e passim.
E. Dobrenko, Tri materi (Tre madri), in "Iskusstvo kino" (Arte del cinema), 2000, 8, pp. 96-111.