marito
Nel senso proprio, in Cv IV XXVIII 16 tolsi due mariti: sono le parole di Marzia a Catone (v. MARITAGGIO; MARITARE).
Assai vario il valore e l'interesse delle occorrenze di m. nella Commedia. Talvolta è solo una connotazione pratica dei fatti raccontati; così si citano i m. che seppero esser casti nel matrimonio (Pg XXV 134 mariti che fuor casti / come virtute e matrimonio imponne); si cita Anania e l'avaro m. di Safira (XX 112), si cita il m. di Costanza, figlia di Manfredi e vedova di Pietro III d'Aragona (VII 129): quest'ultima occorrenza indica una complicata comparazione fra le virtù di Carlo II, che sono minori di quelle di Carlo I, che a sua volta valeva meno di Pietro, m. di Costanza.
Le occorrenze di Fiore CLXXXV 14 e CLXXXVIII 12 portano in un clima ben diverso: il m., nel discorso della Vecchia, è solo uno strumento all'astuzia della giovane.
Le occorrenze di If XIX 111 e Pd XI 64, dove m. è usato in senso figurato e simbolico, si riferiscono a passi in cui assai accesa è l'espressione della concezione morale e politica di D.; così l'immagine del papa m. della Chiesa, in If XIX 111 fin che virtute al suo marito piacque; così l'immagine di Cristo m. della Povertà (Pd XI 64): questi due canti sono anzi imperniati del tutto sulla metafora del matrimonio, che si avvia in If XIX fin dal secondo verso (le cose di Dio, che di bontate / deon essere spose) per finire solo alla conclusione del racconto; in Pd XI il sacrum commercium tra Francesco e Povertà è il nucleo spirituale di tutto il canto.