DAVANZATI, Mariotto
Nacque a Firenze nella prima metà dcl sec. XV da Arrigo di Davanzato e Lisa di Filippo di Neri Ardinghelli (meglio nota come Branda o Bonda).
Ignoto l'anno di nascita, ma di certo non dovette essere il 1436 indicato dal Crescimbeni (che male interpretava la seconda terzina dei sonetto XXX e intendeva come anno di nascita quello dell'innamoramento); il 1408 (23 febbraio) o il 1410, indicati rispettivamente dal Mancini e dal Flamini (che pure fa riferimento a documenti attestanti l'attività politica di Arrigo tra il 1412 e il 105), sono stati poi contestati dal Rhodes sulla base delle ricerche genealogiche del Bindi e del Passerini che volevano Arrigo morto nel 1406 o comunque non dopo quella data.
Di famiglia ragguardevole, e tradizionalmente inserita nella vita politico-amministrativa cittadina, il D. ricoprì più volte la carica di podestà (a Palaja nel 1462, a Tizzona nel 1463, a Buggiano nel 1467 e a Montelupo e Gangalandi nel 1470), dopo essere stato capitano di Val di Bagno nel 1455 e aver fatto parte degli Offiziali di notte nel 1456.
Non molto fortunata e decisamente movimentata la vita familiare: la prima moglie, la seconda, Francesca, morì di tisi nel 1440, madonna Mea (più anziana del poeta di cinque anni e vedova di cinque mariti), sposata nel 1452, morì dieci anni dopo senza avergli dato nessun figlio. Nello stesso 1452 il D. si sposava per la terza volta. La nuova moglie (diciassettenne, secondo il Flamini, diciannovenne per il Rhodes) era Lisa de' Pulci, figlia di Jacopo e sorella dei noti Luca, Luigi e Bernardo: un buon partito, conforme al nome e alle aspettative dei Davanzati. Da Lisa Mariotto ebbe tre figli. Arrigo nel 1456, Carlo nel 1458 e Bartofomeo nel 1460 (che è, con molta probabilità, lo stesso Bartolomeo autore di una versione poetica della Novella del Grasso legnaiuolo),e, insieme, la possibilità di risollevare alquanto le sue non eccellenti condizioni economiche (infatti per non alleggerire ulteriormente le già scarse entrate con l'affitto di una casa in Firenze, si ritirò presso i possedimenti dei Pulci nel Mugello). Di certo però la dote di gran lunga più prestigiosa che la giovane portava con sé era la dimestichezza della sua famiglia con i Medici.
Le notizie relative al poeta non vanno oltre l'incarico di podestà del 1470.
La partecipazione al certame coronario da una parte, la frequentazione dei Pulci dall'altra, sono due circostanze che chiariscono a sufficienza la natura dell'impegno culturale del D., tutto proteso ed esplicato nell'ambito di una letteratura volgare che in lui si fa quasi municipale, al contempo aliena dalle problematiche umanistiche (anche se non sorda al fascino di certe citazioni e di certi orpelli mitologici) e dalle prospettive di una cultura volgare in via di rinnovamento (pure viva intorno ai Medici), che proprio nella seconda metà del secolo l'impegno "civile" albertiano andava arricchendo con agguerrite indagini filosofiche.
Il momento centrale della sua attività letteraria è rappresentato dunque dalla partecipazione al certame, frutto di una pratica poetica più che decennale (una sua "canzone morale" in morte di Giorgio di messer Giovanni, un poeta non meglio identificato, è di poco successiva al 20 ott. 1430) che in esso trova la sua coronazione e che il D. continuerà poi per tutta la vita. Delle quarantuno poesie che ci restano (alle quali ne va aggiunta una di attribuzione dubbia), tutte edite solo recentemente tranne il Trattato d'amicitia (e cioè il capitolo in terza rima coi quale partecipò al certame e che fu pubblicato a Firenze intorno al 1490), sette sono canzoni e trentadue sonetti. Si tratta di "una poesia dimessa, anche se assai dignitosa" (Gorni); una produzione in gran parte d'occasione nella quale accanto alle rime amorose trovano posto componimenti in lode o in memoria di amici (il citato Giorgio di messer Giovanni, Antonio di Meglio, Francesco Accoltil il Burchiello), corrispondenze poetiche (segnatamente con Agnolo da Urbino, Mari de' Nobili, Antonio Manetti e Francesco Accolti) e canzoni di argomento latamente filosofico.
Le 24 rime d'amore, quasi il motivo di fondo di quella produzione, risultano di maniera e comunque prive di una loro fisionomia tanto nei concetti quanto nella disposizione. Scandite dall'innamoramento e dalla morte dell'amata, sono inframmezzate da liti, fughe e ritorni di fiamma, tutte le tappe cioè dei canzoniere della tradizione liricalpostpetrarchesca (né vi manca un sonetto alla Vergine). E infatti, seppur non organica, o comunque non organicamente fissata dall'autore, la raccolta delle rime del D. si modella su quei canoni, anche se in essi (e anche questa polivalenza è, in certo modo, canonica) non si esaurisce del tutto: da essi infatti deviano componimenti di più chiara ascendenza dantesca o prove conformi alla "maniera" dei Burchiello. Del resto, che il D. oscillasse tra l'uno e l'altro di questi modelli lo si ricava da sue affermazioni esplicite: "il mio poeta Dante" (III, 91), "Dante n'arrossa e 'l mioPetrarca" (XXXII, 9) e dal sonetto XXXVIII ad Antonio Manetti in morte dei Burchiello. Altri componimenti ascrivibili al D. ha recentemente indicato G. Gorni nei 3 sonetti e nelle 3canzoni compresi in un canzoniere adespoto che canta l'amore di Giordano per Sandra (cod. Ashburnhamiano 446della Bibl. Laurenziana) e che, anteriore al certame coronario, sembra anticipare le linee culturali di quella stagione'. E, a ragione, lo stesso Gorni (p. 200) insiste sull'immagine di un D. impegnato in un'attenta e, per la sua generazione, pionieristica mediazione tra la tradizione poetica precedente e quella moderna (il che gli valse la cittadinanza nel canone della Raccolta Aragonese).
Edizioni. La fortuna editoriale del D. fu a lungo limitata alle edizioni del Tractato d'amicitia, Firenze, Francesco di Dino (1490?) e, ibid., Zanobi della Barba, 1510-1520 (nella Raccolta palatina di rappresentazioni varie, VII,n. 1, cc. 1r-5r), poi riportato da A. Bonucci nelle Opere volgari di Leon Battista Alberti, I,Firenze 1843, pp. CLXXXVIICCIV e da A. Altamura, Ilcertame coronario, Napoli 1974, pp. 49-57. IlFiamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891 (ristampa anast., ibid. 1991), pubblicò alcuni sonetti e redasse un primo regesto della produzione dei D.; sulla sua base, con le opportune integrazioni, ha raccolto l'intero corpus poetico A. Lanza nei Lirici toscani del '400, 1, Roma 1973, pp. 407-444, alla cui numer. si è fatto riferimento. I componimenti riscoperti dal Gomi sono in Id., Un canzoniere adespoto di M. D. Metrica e filologia attributiva, in Studi diffiologia italiana, XXXIII (1975), pp. 189-219.
Fonti e Bibl.: Per la biografia e gli studi complessivi, dopo le indicazioni di G. M. Crescimbeni. Comentari intorno alla sua Istoria della volgar poesia, II, 2, Roma 1710, p. 142, e di G. Negri, Istoria d. scritt. fiorentini, Ferrara 1722, p. 398, debitamente rivisto dal Salvini (le cui "giunte" sono però tuttora inedite), bisogna ancora far riferimento alle indagini dei Flamini, La lirica toscana.... cit., spec. alle pp. 245-251; a G. Mancini, Vita di L. B. Alberti, Firenze 1911, p. 212, e alle puntualizzazioni di D. E. Rhodes, M. D. and an Unrecorded Incunable, in The Library, s. 5, VII (1952), pp. 51 ss. (che fa riferimento alla tavola genealogica premessa da E. Bindi alla sua ed. delle Opere di Bernardo Davanzati, Firenze 1852-53, e ad un'opera inedita di L. Passerini. Alberi genealogici, conservata alla Biblioteca nazionale diFirenze).