MARIONETTA
. Il termine marionetta, più spesso usato nel plurale marionette, quale insieme di fantocci (a testa di legno o di cartapesta) destinati a spettacolo, presenta un'etimologia incerta. Generalmente si concorda nel far derivare il vocabolo dal diminutivo del nome di Maria. Così nel francese: Marion, Mariette. Mariole, nome dato a piccole figure della Vergine Maria; Mariolette, ad antiche statuette di donna; Marotte, alla testa di legno sormontante lo scettro dei giullari. In Italia la parola marionetta si riconnette a un'origine veneziana, e cioè alla festa delle "Marie" (secolo X), nella quale dodici fanciulle riccamente vestite venivano Condotte in processione per la città, in seguito sostituite da dodici grandi "Marie di legno" (de tola), dette Marione, che poi i baloccai riprodussero in proporzioni minuscole, anche per divertire i bambini. Denominazioni analoghe a quella di marionetta (fr.marionnette) furono attraverso i tempi e i luoghi: burattini, fantocci, pupi, pupazzi, magatelli, bagatelli, bambocci, piavoli, guignols, puppets, Puppen, títeres, muñecos, poupées, putrika, cabotins, bonifrates, ecc. La differenziazione del nome dipende sovente dalla diversità tecnica. Marionette, specie in Italia, si chiamano i fantocci mossi da fili di ferro o di refe (dall'alto), e burattini i fantocci mossi dalla mano dell'operatore (dal basso) infilata nella figura che è fatta a foggia di sacchetto rovesciato. Oltre a questa generica distinzione, è implicita nella diversità tecnica anche una profonda diversità nello spirito dello spettacolo: più artistico, scenografico, e talora musicale quando è marionettistico; più popolare, semplice, comico e spesso volgare se burattinesco. E pertanto non si devono confondere le marionette tipiche con i burattini o con i semiburattini. Questi ultimi sono mossi dal disotto con ferri o bastoncini d'avorio, di bambù o d'ebano; sono figurine intere o a mezzo busto, di legno o di altra materia (stoffa, pergamena, ecc.), completamente scolpite in rotondo, o intagliate a profilo piatto. Esistono specialmente nel teatro di fantocci di Giava e di Bali, nel teatro Hanneschen renano, ed esistevano nel Guignol di Signoret a Parigi (1888) e in certe vecchie popolari marionette del sec. XIX in Roma.
Origine della marionetta. - Tutti i popoli hanno conosciuto, in varia forma, le marionette, la cui storia si confonde con quella del teatro. La marionetta, sia essa rozza, tagliata nel duro legno o abbozzata nella creta, sia intagliata nell'avorio o nell'ebano, è nata, insieme con la bambola e con l'idolo, nei primi stadî delle più antiche civíltà. Nelle opere di scrittori antichi (p. es., Aristotele, Platone, Erodoto, Orazio, Apuleio e più tardi S. Agostino) si trovano accenni alle figurine con gli arti movibili (pupae, sigillae, homunculi) che agivano in commedie o in scene meccaniche.
Durante il Medioevo, nelle chiese, nelle sacre rappresentazionì e nelle corti feudali, non mancavano figure mosse da fili e da congegni, ma si trattava, per il poco che se ne sa, più che di marionette, di fantocci cavallereschi, di balocchi e di automi. Ma nell'antichità le marionette furono, forse, più largamente coltivate in senso teatrale nell'Estremo Oriente, dove rappresentavano le leggende popolari e i drammi sacri ed eroici.
Il Cinquecento e il Seicento. - Lo spettacolo marionettistico assume più deciso carattere nei secoli XVI e XVII. Basterà ricordare le frequenti allusioni alle marionette nelle opere di Cervantes e di Shakespeare. Gerolamo Cardano (1501-76) accenna spesso alle marionette nei suoi trattati, e così pure il matematico Federico Comandini da Urbano (1575) che fu anche costruttore di marionette, al pari del cremonese Giovanni Torriani che presentò a Carlo V uno spettacolo marionettistico. Fin dal 1573 sorse un primo teatro di marionette italiano (seguito da numerosi altri) a Londra, mentre nel 1590 si affermava Tabarino a Parigi. Nel 1649 si ha notizia di un marionettista Manfredi a Norimberga; nel 1657 d'un Gismondo a Francoforte; tra il 1649 e il 1670 i fratelli bolognesi Briocci (Brioché) divertivano il delfino di Francia con le loro marionette. Nel 1667 un altro italiano, il Resonieri, aveva un teatrino di marionette a Vienna, mentre (1698) a Londra il poeta Addison celebrava gli attori di legno in un poemetto dal titolo Machinae gesticulantes. Una progenie di marionettisti e di marionette crebbe in Italia, e dall'Italia si sparse per l'Europa. Tutta la fioritura del teatro marionettistico europeo derivava dall'Italia, con un movimento parallelo a quello della commedia dell'arte; e le maschere, come le marionette, con gli stessi tipi e scambiandosi a vicenda nomi e costumi, si stabilivano nelle piazze, nei teatri e nelle foires di Parigi e degli altri paesi, e salivano ai palazzi dei principi.
Il Settecento: le marionette veneziane. - Le marionette veneziane occupano un posto distinto, specie alla fine del sec. XVII e durante tutto il XVIII, parallelamente allo sviluppo del teatro comico e musicale e del relativo edificio a palchetti. Tra i più noti teatrini di marionette si ricordano quello di palazzo Grimani ai Servi, ora conservato nel museo civico veneziano; quello Contarini a S. Barnaba, quello Loredan a S. Vio e quello del poeta dialettale Angelo Maria Labia nel palazzo a S. Girolamo. A S. Tomà, il padre di Carlo Goldoni teneva pure uno spettacolo di marionette per il quale Carlo a soli otto anni scrisse la sua prima commedia. Compose del resto anche in seguito varie commedie per marionette, come farà più tardi Giovanni Giraud (1826). Con l'esempio di Venezia, altre città della repubblica coltivavano questi teatrini, come quello del conte Ravegnani a Verona. Nel teatrino veneziano di S. Moisè, inaugurato nel 1640 con l'Arianna del Monteverdi, pare che sin dal 1679 si dessero le "opere in musica con le marionette". In quel teatrino, chiamatosi poi Minerva, tanti anni dopo un abile marionettista udinese, il Reccardini, presentava la maschera marionettistica tipica di sua creazione, Facanapa (1836).
Fine del Settecento: Austria e Germania. - Analogamente a quanto avveniva in Italia, la notorietà e l'attrattiva delle marionette suscitavano a Vienna l'interesse di Haydn, che scriveva per il teatrino di marionette del castello degli Esterhazy (1773-80) piccole opere, perdute nell'incendio dell'edificio, delle quali sono tramandati i titoli: Filemone e Bauci; Genoveffa; Didone, ecc. Queste produzioni musicali marionettistiche (con i cantanti dietro le scene) pare fossero date anche a Schönbrunn per Maria Teresa. Come Goldoni, Goethe ragazzo si deliziò del teatro di marionette per il quale a vent'anni scrisse una commedia, La Fiera di Plunderswalern, ripresa da lui a Weimar nel 1780.
L'Ottocento. - Il sec. XIX vide il pieno sviluppo e la decadenza delle marionette. All'epoca delle fiere, delle diligenze, delle lanterne magiche, il teatro di marionette portava, specie nei villaggi, e a pochi centesimi, una riproduzione ridotta, non sopraffina, ma vivace, degli spettacoli dati nei grandi teatri cittadini, copiati alla meglio in una prosa altisonante, con ingegnose mutazioni di quadri e sorprese di effetti scenici, mentre la marionetta maschera locale coloriva e rallegrava l'azione con le sue buffonate. In Francia, più che la marionetta, fu coltivato il burattino (Guignol) e la Sand creò un suo teatro di burattini a Nohant (1849) analogo ai Guignols parigini, letterarî, ironici e politici, di L.-E.-E. Duranty, Lemercier de Neuville, Signoret. Nel nord della Francia soltanto Amiens (con i cabotins) e Lille coltivavano le marionette, mentre nel mezzogiorno predominava il tipico burattino di Lione, il Guignol di Mourguet.
Nel Belgio le marionette con carattere semplice e primitivo, ma non privo di potenza e di suggestione, presentano certe analogie con le marionette siciliane. Nella Polonia invece furono dedicate alla celebrazione del Natale, in una specie di presepio (Szopka). Nella Cecoslovacchia, Winický e Kopecký furono propagatori notevoli del teatro marionettistico.
Un marionettista noto in Austria e Germania, al principio dell'Ottocento, fu il Geisselbrecht. Successivamente, a Monaco si affermò il teatrino di papà Schmidt, illustrato dalle commedie del conte Pocci (1858) stabilitosi (1885) in una propria sede ancora esistente. Con altri teatrini nelle varie parti della Germania, fu noto quello di Schichtl di Magdeburgo.
Verso il 1875 girava l'Europa un illusionista marionettista anglosassone, Thomas Holden, che molto perfezionò le marionette, e che riusciva a magici effetti con la sua ingegnosa abilità, in spettacoli equilibristici, scheletri scomponentisi, pantomime a trasformazione, ecc. Varî marionettisti seguirono la sua scuola, specie i due fratelli francesi A. e C. Saint-Genois (pseudonimi: Dickson e John Hewelt).
Benché in tutta Europa esistessero nello scorso secolo teatri marionettistici, l'Italia si mantenne la maggiore cultrice, in ogni sua provincia, dello spettacolo delle marionette (e anche di quello dei burattini, particolarmente popolare a Bologna, a Bergamo, a Mantova, a Milano, a Napoli). E se il teatro Fiano di Roma (con la maschera di Cassandrino), illustre verso il 1850, scomparve come quelli di Genoya e d'altre città, per compenso i teatri di marionette permanenti di Milano (Gerolamo) e di Torino (Gianduia, descritto da Edmondo de Amicis) esistono tuttora e rappresentano una tradizione popolare nelle famiglie dell'alta Italia. Tra le compagnie italiane moltiplicatesi nella seconda metà del secolo passato (circa 400), ora quasi completamente scomparse, ricorderemo quella dei Prandi di Brescia, i Gorno dell'Acqua pure bresciani, gli Zane di Venezia (poi passati a Genova), i Braga di Oderzo, i Salvi di Verona, i Guerci, i Croci, oltre i Colla di Milano e i Lupi di Torino. Una menzione speciale merita la popolarissima Opra di pupi siciliana, basata sul repertorio eroico cavalleresco interpretato (a Trapani, a Palermo, a Catania e anche a Napoli) da marionette alte oltre un metro, pesantissime, guidate da un ferro, splendide di armature cozzanti nei duelli e nelle battaglie dei paladini e dei crociati. In questi teatrini di popolo fecero le loro prime armi due artisti drammatici siciliani: G. Grasso e A. Musco. L'avvento del cinematografo diede un ultimo violento tracollo alle vecchie compagnie marionettistiche "a grande spettacolo".
Il Novecento. - Negli anni più recenti si nota tuttavia una certa rinascita del teatro marionettistico, per quanto le zone del mondo dove alligna ancora, se non prospera, questo genere d'arte e di tecnica siano assai limitate. Nell'attuale ricerca d'usanze popolari, un interesse folkloristico spinge certi paesi a tentare di galvanizzare il vecchio giuoco artigiano delle marionette, che conserva ancora qualche fascino nell'Estremo Oriente, specie nel Giappone (Ōsaka). Così nel Belgio sono sorte società di Amis de la Marionnette; in Gemiania e Cecoslovacchia si stampano riviste dedicate alle marionette; nell'università di Colonia (Carl Niessen) e analogamente in certe università nordamericane, si sono istituite sezioni speciali di studî storici intorno alle marionette. La Cecoslovacchia, forte di una vecchia tradizione marionettistica locale, rallegrata dalla maschera Kašparek, ha continuato e rinnovato i suoi piccoli teatri permanenti di fantocci, tra i quali alcuni accuratissimi, come in Praga il Říše Loutek (regno delle marionette), dotato di macchinario scenico ed elettrico di prim'ordine. Altro teatro in parte popolare e in parte a tendenza moderna, è quello di Skupa, creatore di due nuove maschere comiche marionettistiche: Spejbl e Hurvínek. In quella nazione sono stati protetti ufficialmente dal governo e dalle comunità i teatrini di marjonette sì da potersene contare circa tremila: e Praga è divenuta un centro di studî e di propaganda internazionale (U. N. I. M. A.) di quest'arte. Negli ultimi anni, alcuni piccoli complessi marionettistici, tedesehi, inglesi e francesi si dedicarono a brevi numeri nei teatri di varietà.
Meno commerciali, ma più interessanti sono invece i tentativi a carattere intellettuale e letterario. Per lo più si tratta di scene minuscole con figure alte da 30 a 50 cm. In Francia, varî piccoli teatrini, curiosi anche se non molto fortunati, a tipo cubista, futurista, ecc. In Germania il Marionettentheater Münchener Künstler del Brann e il teatrino di BadenBaden di Puhonny-Ehlert; quello di Stoccarda del Deininger, ecc.; nella Svizzera, il teatrino del Museo d'arte decorativa in Zurigo; in Austria, le figurazioni plastiche del viennese Teschner e le scene infantili e mozartiane di Aicher di Salzburg; in Inghilterra, i tentativi di W. Simmonds e di Wilkinson; nell'America Settentrionale i teatrini di Tony Sarg, Remo Bufano, H. Joseph, Wolkenburg, del Cleveland Museum, Hastings, Carr, Owens, Chesse, Reighard, Tattermann, Brown e tanti altri del genere; in Russia quelli di Exter, Sokolov, Efimov, Obrazov, ecc.
Alla fine del secolo scorso e al principio dell'attuale, molto influirono alla rinascita di un interessamento all'arte marionettistica l'opera del Maeterlinck (Drames pour marionnettes), quella di Gordon Craig (la teoria della "Supermarionetta" e le riviste Mask e Marionettes), di Stanislavskij) ("La mia vita nell'arte"), di Shaw (lettera a V. Podrecca pubblicata nella prefazione dell'opera di Boehn Dolls and Puppets); insieme con una tendenza estetica moderna che ritrova e studia nella marionetta un raffinato strumento di espressionismo e sintetismo o un curios0 saggio d'infantilismo e di primitività, e cerca, anche per reazione alla degenerazione di altre espressioni artistiche, una fonte di salute nell'attore di legno.
I congressi d'arte teatrale (Parigi) e anche quelli dei tecnici marionettisti (Praga); l'esposizione teatrale di Magdeburgo e quella musicale di Francoforte (1927) e soprattutto la critica artistica e teatrale internazionale, hanno decretato un posto a sé a una moderna istituzione italiana, il "Teatro dei Piccoli", fondato in Roma nel 1912 da Vittorio Podrecca, e che da allora (salvo la sosta della guerra mondiale e qualche periodico ritorno in patria), ha dato circa 12.000 rappresentazioni in quasi tutti i paesi del mondo. Particolare successo ebbe con la permanenza di circa due anni in Inghilterra (Londra 1923-24); due anni in Germania (Berlino 1927-28); due anni in Francia (Parigi 1929-30) e un anno nell'America Settentrionale (1933). Tale compagnia di 24 artisti lirici e marionettisti, di direttori d'orchestra, decoratori, macchinisti, elettricisti, si serve di ottocento marionette alte circa un metro, quali strumenti di un singolare spettacolo d'arte scenica, musicale, pittorica, con un vasto repertorio che va dall'edizione sintetica del Don Giovanni di Mozart alla Tempesta di Shakespeare e alla Bella dormenta di Gian Bistolfi, con musica di O. Respighi espressamente composta per i "piccoli" attori.
La tecnica marionettistica. - Essa differisce secondo la materia di cui sono fatti i fili che guidano il personaggio ("figura") ferro o refe; ma la base del movimento o "maneggio" è costituita da un'impugnatura di legno o ferro, a forma di crocefisso o di minuscolo aeroplano, detta croce o bilancino, che il marionettista tiene con una mano, mentre con l'altra tocca, agita, allenta o tira i fili che costituiscono quasi il sistema nervoso del fantoccio. I fili principali sono sette: due alla testa, due ai polsi, due alle ginocchia e uno al dorso; altri ve ne sono supplementari a seconda delle esigenze dei movimenti, come pure vi è un bastoncino supplementare del bilancino, per speciali passi di danza, ecc. Il marionettista sta sopra un ballatoio o ponte di legno, che in certi teatri di marionette è alto circa due metri, in altri è bassissimo. ll ponte che talora è duplice, occupa il centro della piattaforma sulla quale è eretto tutto il telaio (orditura, impianto, trespo) a cui sono assicurate la facciata o frontone, le quinte, le scene, i fondali, i rotoli, i comodini, ecc. (varie denominazioni delle decorazioni sceniche) e le stagge, cantinelle, bilance per le luci, ecc. La struttura della marionetta (in genere con testa e membra articolate di legno e corpo di tela imbottita) varia secondo il materiale impiegatovi e la maggiore o minore mobilità e agilità di essa (fantocci, guerrieri, acrobati, angeli e demoni, apparizioni fantastiche, ecc.). La tecnica marionettistica è assai difficile: sia perché questo genere di teatro è soggetto a varie restrizioni che ne limitano la perfezione scenica (peso del materiale, limitata altezza di scena, delicate difficoltà nella fabbrica delle figure e dei costumi, frequenti ostacoli per produrre l'illusione scenica, visiva e uditiva, ecc.), sia perché diventa sempre più rara la perizia del maneggio in quest'arte che fatalmente va scomparendo. Inoltre il mestiere del marionettista tradizionale è molto complesso, sì da trasformare chi lo coltiva a volta a volta in pittore, scultore, attrezzista, vestiarista, scenografo, elettricista, e insieme recitatore e cantatore. Solo negli ultimi anni si sono maggiormente differenziate le attribuzioni, con un aumento di personale che peraltro si fa sempre più raro.
Il repertorio. - Esso si estende dalle leggende bibliche (per es., diluvio, creazione, Davide e Golia, figliuol prodigo, Giona, ecc.), dal Vangelo (Natale e Passione di Cristo, ecc.), dalle vite dei santi, dalle sacre rappresentazioni e dalle epopee cavalleresche sino alle leggende romantiche (per es., Genoveffa di Brabante; Bianca e Fernando) e alle fiabe fantastiche; dalle battaglie (per es., assedio di Temesvár, assedio di Anversa) alle commedie dell'arte. Così si passò dall'oratorio all'operetta, dalla tragedia alla farsa, dal romanzo alla corrida, dal balletto farraginoso alla cronaca dei delitti briganteschi e dalle celebri classiche orditure sceniche del Faust e del Don Giovanni alle commedie lagrimose (Povero Fornareto), sino ai libretti d'opera buttati in prosa (Aida, Roberto il diavolo, ecc.). E si moltiplicarono i raffazzonamenti, dalla Bibbia alle biografie delle cortigiane, da Scribe a Kotzebue, da Carlo Gozzi a Pietro Cossa, da Shakespeare a Verne, da Ariosto a Goldoni, da Goethe a Maeterlinck. Tutto questo svariato repertorio, presentato più o meno ingenuamente, era spesso lardellato di sproloqui, di lazzi dialettali, di bastonature, processioni, cortei, duelli, danze e diavolerie (il diavolo e lo scheletro sono personaggi frequenti). Non di rado con il loro repertorio i popolari teatri di marionette contribuirono alla propaganda degl'ideali nazionali e alla volgarizzazione della cultura elementare.
V. tavv. LXV-LXVIII.
Bibl.: Tra le più recenti bibl., P. Jeanne, Bibl. des marionn., Parigi 1926; P. Mc Pharlin, Selective book lists, in A repertory of marionette plays, New York 1929; G. Greenleap Ransome, Puppets and Shadow, a bibl., Boston 1931. Il manuale storico ritenuto classico è: Ch. Magnin, Histoire des marionnettes en Europe, Parigi 1862. Inoltre: L. Lemercier de Neuville, Hist. anecd. des marionnettes modernes, Parigi 1892; E. Maindron, marionnettes et guignols, Parigi 1901; Yorick (Ferrigni), St. dei burattini, Firenze 1902; C. Racca, Burattini e marionette, Torino 1925; H.S. Rehm, Das Buch der Marionetten, Berlino 1905; M. Anderson, The heroes of the puppet stage, Londra 1914; M. von Boehn, Puppen und Puppenspiele, Monaco 1929 (trad. ingl., Londra 1932), con bibl. H.H. Joseph, Book of marion., New York 1931. Oltre alle opere generali, ve ne sono di meritevoli sulle marionette nei diversi paesi. Riviste dedicate alle marionette: le due di Gordon Craig, The mask (Firenze 1908-15) e The Marionette (Firenze 1918); Puppetry, 1930-32, ed. annuale di Mc Pharlin; Loutkář, Praga 1913 in poi; Das Puppentheater, Lipsia 1923 in poi; Der Puppenspieler, ed. Woltemann. Circa l'origine veneziana della marioentte, cfr. V. Malamani, nella Nuova Antologia, 1897. Per il teatro di V. Podrecca, cfr. U. Ojetti, Cose viste, IV, Milano 1929; S. D'Amico, Scenario, I, ii (1932), Vuillermoz, in Illustr. franç., gennaio 1929; id., in Illustrazione italiana, settembre 1929.