MILNER, Marion
Psicoanalista inglese, nata a Londra il 1° febbraio 1900. Nata Blackett, è nota con il cognome del marito. Laureatasi nel 1923 in psicologia e fisiologia all'università di Londra, si occupò inizialmente di orientamento professionale e di tests mentali presso il dipartimento di Orientamento professionale del National Institute of Industrial Psychology.
Contemporaneamente studiava i problemi della concentrazione mentale e, con lo pseudonimo di Joanna Field, scriveva nel 1926, dopo la lettura degli Essais di Montaigne, un diario sui propri stati d'animo, A life of one's one (1934; trad. it., 1957). Interessata ad E. Mayo dalla lettura di un suo scritto sulla rêverie che accompagna la monotonia del lavoro industriale, ottenne una borsa di studio per gli Stati Uniti, dove rimase dalla fine del 1927 al 1930 e seguì i seminari di Mayo alla Harvard Business School, facendo una breve esperienza di analisi junghiana, di cui tenne un diario. Nel 1933, per conto del Girls Public Day School Trust, condusse una ricerca sul sistema pedagogico con particolare riguardo al problema dell'insuccesso scolastico, ricerca poi confluita nel libro The human problem in schools (1938, a cura di S. Isaacs). Scrisse anche, sempre con lo pseudonimo citato, An experiment in leisure (1937), continuazione ideale di A life of one's one; a questo filone di scrittura autobiografica si rifarà più tardi un altro diario, Eternity's sunrise: a way of keeping a diary (1987; trad. it., 1989). Fu una conferenza di D.W. Winnicott, nel 1938, a farle decidere d'iniziare un'analisi freudiana, che la indusse a presentare l'anno successivo la domanda per il training di analista. Nei primi anni della terapia cominciò a disegnare e a dipingere; ne riferì nel 1939 in On not being able to paint (1950, con prefazione di A. Freud; trad. it., 1968). Durante il periodo della formazione analitica frequentò settimanalmente la clinica di D.W. Winnicott per madri e neonati al Paddington Green Children Hospital. La sua analista, S. Payne, apparteneva al Middle Group che si poneva, nell'ambito della British Psychoanalytic Society, in posizione neutrale rispetto alle opposte tendenze rappresentate da A. Freud e M. Klein.
Pur al di fuori delle controversie tra le due grandi analiste della psiche infantile, M. partecipò intensamente alla vita della Società britannica di psicoanalisi senza mai rinunciare alle proprie origini filosofiche ed empiriche. Dalla Klein ha mutuato alcune ipotesi fondamentali, quali quella dell'estrema precocità della vita psichica e delle fasi paranoide e depressiva, ma fin dall'inizio ha rifiutato la sua teoria dell'invidia innata, allontanandosi gradualmente da lei nella pratica clinica. Sentì soprattutto congeniale Winnicott per il modo libero e originale di condurre la terapia e di apportare modifiche alla tecnica su suggerimento dei pazienti, e per l'importanza attribuita alla creatività. Nel rapporto sé-oggetto il concetto winnicottiano di ''transizionale'' e di ''illusione'' trova rispondenza nella sua ipotesi di ''unità duale''.
Il percorso clinico di M. è documentato dall'opera The suppressed madness of sane man. Fourty-four years of exploring psychoanalysis (1987; trad. it., 1992). Un altro importante lavoro è The hands of the living God: an account of a psychoanalytic treatment (1969; trad. it., 1974), resoconto del trattamento di una paziente schizofrenica conclusosi felicemente dopo vent'anni e condotto soprattutto attraverso l'interpretazione dei disegni portati in seduta dalla paziente. La terapia vi è presentata come processo naturale di autointegrazione della paziente in presenza dell'analista.
Bibl.: M.R. Eigen, Dual union or undifferentiation? A critic of Marion Milner's view of the essence of psychocreativeness, in International Review of Psychoanalysis, 10 (1983), p. 415.