VARGAS LLOSA, Mário
Scrittore peruviano, nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936. Dopo aver iniziato gli studi letterari all'università di Lima, li portò a compimento in Spagna. Da Madrid raggiunse Parigi, poi Londra, infine Barcellona dove soggiornò a lungo, svolgendo un'assidua attività giornalistica.
La sua prima opera pubblicata fu un lavoro teatrale, La huída (1952), ma la sua evidente vocazione era la prosa narrativa, nella quale cominciò ad affermarsi con i racconti riuniti sotto il titolo Los jefes (1958). Nel giro di cinque anni scrisse e riscrisse con accanimento il suo primo romanzo, da molti ancor oggi considerato il suo capolavoro e certamente quello che gli aprì le porte dell'editoria internazionale: La ciudad y los perros (1963; trad. it., Milano 1967), dove mette a frutto le sue esperienze adolescenziali, vissute nella scuola militare di Lima. La collettività giovanile che vi si agita è uno schema, un riassunto, della più generale collettività umana: i rapporti che si stabiliscono fra i collegiali mettono in moto valori positivi e negativi (affetti e tradimenti, lealtà e violenza) che rendono difficile e sempre imprevedibile la convivenza. Particolarmente grave è la condizione delle matricole, sottoposte a ogni sorta di vessazioni da parte degli anziani; a propria difesa, essi formano una società segreta, condotta da due tipi particolarmente energici, il Giaguaro e il Boa. Da questa circostanza nascono diversi sviluppi nel senso del rapporto fra "padroni" e "schiavi", con implicazioni nel campo dell'eros, sino a un omicidio che ha valore di rivelazione di tutte le oscure trame psicologiche rimaste a lungo occulte. Il tema fondamentale di V. L. in questo romanzo è quello della difficoltà, o forse dell'impossibilità, di istituire un codice di comportamento morale, e di seguirlo, in un mondo dominato dall'aggressività e dallo spirito di sopraffazione. Straordinario è il personaggio del Giaguaro, per il quale nelle ultime pagine sembra profilarsi una sorta di riscatto. La prosa si rifà a Joyce e soprattutto a Faulkner, nelle colate di pensieri, di monologhi interiori, di scontri fra lirismo e realismo, che riempiono le pagine in maniera alluvionale. Una tecnica più complessa, specie nell'uso dei parametri temporali, appare ne La casa verde, romanzo del 1966 (trad. it., Torino 1970), cui hanno fatto seguito Conversación en la catedral (1970; trad. it., Milano 1971) e Pantaleón y la visitadora (1973; trad. it., Milano 1975), dove si assiste a un processo di crescente oggettivazione del modo di narrare, quasi a ricordo delle originarie ambizioni di drammaturgo di V. Lllosa. Di particolare interesse il volume autobiografico Los cachorros (1968), che ci permette di seguire la sua formazione. Notevoli alcuni saggi critici su García Márquez, su Flaubert, sul romanzo cavalleresco e sul teatro peruviano.
Bibl.: Autori vari, Mesa redonda sobre "La ciudad y los perros", in Casa de las Américas, XXX (1965); E. Rodríguez Monegal, Madurez de Vargas Llosa, in Mundo Nuevo, III (1966); M. Benedetti, Letras del continente mestizo, Montevideo 1967; J. Ortega, Sobre "Los cachorros", in Cuadernos hispanoamericanos, CCXXIV (1968); N. Osorio, La expresión de los niveles de realidad en la narrativa de Vargas Llosa, in Atenea, XLV (1968); G. Bellini, La letteratura ispano-americana, Firenze-Milano 1970; J. Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, Milano 1972; C. Bo, in Corriere della sera, 18 febbr. 1972; D. Puccini, in Paese Sera, 5 nov. 1973; M. Luzi, in L'Albero, XIV, 1975.