UNTERSTEINER, Mario
– Nacque a Rovereto (Trento), allora parte dell’Impero austroungarico, il 2 agosto 1899, figlio unico di Amerigo, medico, e di Maria Filagrana.
Alla morte del padre, nel 1903, ne divenne tutore lo zio paterno Alfredo, avvocato e musicologo.
Allo scoppio della guerra riparò con la madre a Milano, dove rimase tutta la vita e dove proseguì gli studi dapprima al liceo Beccaria e quindi presso l’Accademia scientifico-letteraria (in seguito facoltà di lettere e filosofia), dove si laureò nel 1920 discutendo una tesi su Eschilo.
Come lui stesso ricordò (M. Untersteiner, Incontri, a cura di R. Maroni - L. Untersteiner Candia, Trento 1975, Milano 1990, pp. 103-105), il lavoro dei primi anni fu segnato dall’incertezza metodologica, causata dalla mancanza di un maestro (tale non considerò mai il proprio relatore di tesi, Carlo Oreste Zuretti); solo in seguito riuscì a maturare un metodo solido, ispirato soprattutto al lavoro di Augusto Rostagni. Da quel momento, rigore metodologico, razionalità, laicismo e autonomia critica ne divennero i principi ispiratori («quel giorno, nel quale capii quale severità e scrupolo di ricerca richiedesse la filologia, avevo trovato me stesso», p. 104).
Dal 1926 insegnò presso il liceo Berchet. Nel 1931 si unì in matrimonio con Teodolinda (Linda) Candia, figlia dell’industriale Camillo, da cui ebbe una figlia, Gabriella.
In questo periodo, oltre a pubblicare numerose edizioni scolastiche, diede forma ai suoi principali filoni di ricerca: la tragedia (Sofocle. Studio critico, Firenze 1935) e lo studio del pensiero, segnato, nella prima fase, da uno spiccato interesse per la dimensione religiosa (cfr. Il concetto di δαίμων in Omero, in Atene e Roma, VII (1939), pp. 93-134); due filoni che spesso si sovrapposero, dando vita a una prospettiva d’indagine che – in contrasto con gli orientamenti prevalenti all’epoca – nelle opere letterarie ricercava non l’intrinseco valore estetico, bensì l’espressione di forme di pensiero collettive.
Untersteiner osteggiò il fascismo, come certifica un telegramma di Mussolini (26 maggio 1931: «è urgente ripulire liceo Berchet da tutti i professori antifascisti tipo [...] Huntersteiner [sic]»; cfr. R. De Felice, Mussolini il duce. Gli anni del consenso, 1928-1936, Torino 1974, p. 109 n. 1), tanto che, dopo la Liberazione, il comitato per l’epurazione del Berchet lo nominò preside reggente. La comune opposizione al regime contribuì ad avvicinare Untersteiner a Marchesi e a Manara Valgimigli, a Padova, e a Giuseppe Rensi a Genova: Untersteiner fu tra i pochi a partecipare alle sue esequie, nonostante il clima di repressione in cui si svolsero.
Con la fine della guerra, Untersteiner poté prendere parte ai concorsi universitari, che gli erano stati in precedenza preclusi in quanto privo della tessera del Partito nazionale fascista, e nel 1947 ottenne la cattedra di letteratura greca all’Università di Genova.
Gli anni Quaranta furono caratterizzati dalla messa a punto di molte tra le opere più significative, su cui Untersteiner ritornò costantemente nei decenni successivi e che influenzarono a lungo gli studi, come testimoniano le numerose riedizioni (sempre notevolmente ampliate) e ristampe.
Di particolare nota sono le ricerche sui sofisti, che si concretizzarono nell’edizione commentata dei frammenti (Sofisti. Testimonianze e frammenti, I-IV, Firenze 1949-1962, 1961-1967) e nella monografia I sofisti (Torino 1949, Milano 1967), tradotta in inglese (Oxford 1954) e in francese (Paris 1993). Dalle ricerche per I sofisti derivò anche La fisiologia del mito (Milano 1946, Firenze 1972). L’evoluzione del pensiero greco vi viene ricondotta all’irrompere del logos, che «insinuatosi nel mito per varie guise, gli ha impresso funzioni continuamente rinnovate, fino a che ne ha soverchiato la spiritualità per affermare se stesso» (p. XI), in un processo dialettico che serba memoria di un sostrato mediterraneo pre-ellenico. Tale visione risente dell’influenza di storici delle religioni come Uberto Pestalozza – cui La fisiologia del mito è dedicata – e Károly Kerényi, ed è presente già nell’elaborazione della categoria del tragico in Le origini della tragedia (Milano 1942; Le origini della tragedia e del tragico. Dalla preistoria a Eschilo, Torino 1955).
La concezione tragica del mito nel rapporto antinomico con il logos innervò tutte le opere di Untersteiner degli anni Quaranta, e trovò una particolare consonanza nei Dialoghi con Leucò (cfr. C. Pavese, Lettere 1945-1950, a cura di I. Calvino, Torino 1966, p. 195, a Untersteiner: «la notizia che mi ha letto con simpatia e con gusto, mi dà molta gioia. [...] poche [letture] mi hanno dato la soddisfazione e lo stimolo della Sua Fisiologia», 20 novembre 1947), tanto che Cesare Pavese pensò a Untersteiner per la nuova traduzione Einaudi di Omero, per la quale Untersteiner propose invece Rosa Calzecchi Onesti.
Meno fortuna ebbe l’edizione delle tragedie di Eschilo (I-III, Milano 1946-1947), tanto che Untersteiner rinunciò a pubblicare il commento alle Coefore che aveva contestualmente redatto.
L’edizione eschilea – caratterizzata, a livello testuale, dal conservatorismo – è tuttavia coerente con una prospettiva in cui prevale l’interesse filosofico: Untersteiner pose Eschilo «fra i grandi riformatori del pensiero umano» (Le origini della tragedia e del tragico, cit., p. 19), con un approccio simile a quello mantenuto nei confronti di Pindaro (La formazione poetica di Pindaro, Messina-Firenze 1951).
A partire dagli anni Cinquanta, Untersteiner si orientò più marcatamente verso la filosofia, e nel 1959, trasferendosi all’Università di Milano, andò a ricoprire la cattedra di storia della filosofia antica. Continuò a dedicarsi all’edizione di testi di tradizione frammentaria: Senofane (1955), Parmenide (1958) e Zenone (1963) – pubblicati, come i sofisti, nella sezione di filosofia antica della Biblioteca di studi superiori della Nuova Italia (Firenze), della quale fu anche condirettore – e il Della filosofia di Aristotele (Roma 1963).
L’articolazione dell’indagine filosofica che al lavoro di edizione faceva da sfondo è testimoniata da numerosi articoli, dalle corpose introduzioni e dagli amplissimi apparati di note, che rappresentano il tratto distintivo del suo metodo: Untersteiner proponeva interpretazioni originali e spesso radicali, ma, «conscio delle [sue] novità», dava conto di tutti gli elementi che vi soggiacevano, in modo tale che il suo lavoro «fosse valido anche per gli avversari [...]. Così ogni lettore potrà seguire l’interpretazione che il suo spirito critico gli suggerirà» (cfr. Prefazione, a Parmenide, cit., p. VII). Egli, del resto, prestava particolare attenzione all’aggiornamento bibliografico, come testimoniano le quasi duecento recensioni pubblicate; e la sua biblioteca privata rappresentò un importante punto di riferimento per molti studiosi.
Per Untersteiner la ricerca filosofica fu, in primo luogo, ricostruzione e comprensione del testo, come ben dimostra l’interpretazione dell’ontologia parmenidea, basata su precise scelte ecdotiche; una ‘filologia filosofica’ che divenne anche strategia didattica: non a caso, questo fu il titolo scelto per il volume che raccoglie i materiali dei corsi universitari (Problemi di filologia filosofica, a cura di L. Sichirollo - M. Venturi Ferriolo, Milano 1980).
Il magistero di Untersteiner, incentrato sul rigore metodologico e sull’esercizio dell’autonomia critica («io sono convinto che la prima cosa che noi dobbiamo insegnare, non sia tanto il patrimonio delle nostre idee, quanto come si organizzino le idee quali esse siano»: lettera a L. De Regibus, 15 dicembre 1959: Rovereto, Biblioteca civica G. Tartarotti, Unt. I.1.2.75), entrò in violenta collisione con le rivendicazioni della contestazione studentesca. Untersteiner, che aveva idee socialiste e che dopo la scissione del 1964 si era avvicinato al Partito socialista italiano di unità proletaria, nel Sessantotto paventò il rischio di una degenerazione autoritaria («si ripete il medesimo fenomeno psicologico di fronte al maoismo come una volta di fronte al fascismo», scrisse il 14 aprile 1968: cfr. L’etica della ragione..., 1989, p. 20). Nel novembre del 1968, profondamente amareggiato, si ritirò dall’insegnamento grazie a un’aspettativa per motivi di salute.
Negli ultimi anni, l’attività di ricerca si concentrò su Platone: rieditò, con una nuova introduzione di più di duecento pagine, il Libro X della Repubblica, originariamente (1931) nato come edizione scolastica (Napoli 1966), e andava delineando un’interpretazione complessiva tesa a enfatizzare, per quanto è possibile ricostruire, il metodo dialettico (cfr. l’unico articolo pubblicato: Studi platonici. Il Carmide, in Acme, XVIII (1965), pp. 19-67) e gli aspetti razionalistici del pensiero platonico (al logos in Platone fu dedicata, nel 1967, l’ultima lectio inauguralis). Tuttavia, l’aggravarsi dei problemi alla vista, che lo condussero progressivamente alla cecità, lo costrinse a desistere: «lavori iniziati rimarranno inesorabilmente fermi allo stato di schede, sia pure di immensa mole. Non mi illudo di potermene più servire», scrisse nel 1975 (Incontri, cit., p. 107). Del lavoro su Platone, nulla fu pubblicato dopo il volumetto Posidonio nei placita di Platone secondo Diogene Laerzio III (Brescia 1970).
Morì a Milano il 6 agosto 1981.
Opere. Gli scritti minori di Untersteiner sono raccolti in Scritti minori. Studi di letteratura e di filosofia greca, Brescia 1971 e in Da Omero ad Aristotele. Scritti minori II, Brescia 1976; cfr. anche Spiritualità greca e spiritualità umana. Saggi sul mondo greco, a cura di R. Maroni - L. Untersteiner Candia, Trento 1972 (1991). Una selezione è stata recentemente tradotta in Pre/Text. A journal of rhetorical theory, XXIII (2016), pp. 1-109. Bibliografie complete sono inoltre presenti in L’etica della ragione..., cit., pp. 153-181 (a cura di A. Tordesillas) e in appendice alla seconda edizione di Incontri (cit.).
Fonti e Bibl.: L’archivio di Untersteiner, contenente anche la corrispondenza, è conservato, insieme con la sua biblioteca, a Rovereto, presso la Biblioteca civica G. Tartarotti (Archivi storici - fondo Untersteiner; segnatura Unt.). L’inventario a cura di G. Caliò (Rovereto 2008) è consultabile sul sito della Biblioteca.
Per la corrispondenza edita si vedano: D. Pieraccioni, Lettere di M. U., in Nuova Antologia, gennaio-marzo 1985, pp. 262-276; Id., M. U. e Carlo Kerényi: due spiriti europei in un epistolario, ibid., aprile-giugno 1987, pp. 293-328; A. Bonandini, Harold F. Cherniss. Letters to M. U., 1951-1977, in FuturoClassico, III (2017), pp. 96-142; Ead., Quarant’anni in Italia, tra storia e filologia. Testimonianze dall’epistolario di M. U., in Eikasmós, XXVIII (2017), pp. 359-386; Ead., Vivitur ingenio, cetera mortis erunt. Mezzo secolo di dibattito filologico e riflessione filosofica nella corrispondenza di M. U., in Quaderni di storia, LXXXV (2017), pp. 223-265. Per ritratti e ricordi si vedano in particolare: G. Lanata, Ricordo di un maestro di scuola, in Paideia, XXXVI (1981), pp. 3-14; D. Del Corno, Ricordo di M. U., in Nuova Antologia, aprile-giugno 1982, pp. 283-287; L. Sichirollo, M. U., in Gnomon, LIV (1982), pp. 613-615; V.E. Alfieri, M. U. Un maestro di greco e di umana dignità, in Id., Nel nobile castello. Seconda serie di maestri e testimoni di libertà, Milano 1986, pp. 186-189; O. Del Buono, Amici, amici degli amici, maestri, Milano 1994, pp. 113-119; F. Decleva Caizzi, L’esempio di M. U., in Acme, LI (1998), pp. 13-19; M. Isnardi Parente, I miei maestri, Bologna 2003, pp. 59-73. Tra i volumi miscellanei: L’etica della ragione. Ricordo di M. U., a cura di A. M. Battegazzore - F. Decleva Caizzi, Milano 1989; Mythos. Ricordo di M. U., a cura di D. Leoni, Rovereto 1992; Dalla lirica al teatro. Nel ricordo di M. U. (1899-1999). Atti del Convegno internazionale di studio, Trento-Rovereto... 1999, a cura di L. Belloni - V. Citti - L. de Finis, Trento 1999. Si vedano infine: C. Gentili, Mythos e logos nella riflessione di M. U., in Il Verri, marzo 1991, pp. 9-20; F. Trabattoni, Parmenide, U. e il fr. 8, 5-6, in Elenchos, XII (1991), pp. 313-318; A. Vigorelli, U. e Rensi: pensiero tragico e interpretazione dell’antico, in Acme, LIII (2000), pp. 129-156; R. Di Donato, Filologia come impegno civile: le Coefore di M. U., in Prometheus, XXXI (2005), pp. 41-48; G. Bernabò, Dietro il velo di “Leucò”. Pavese, U. e il mito, in Atti della Accademia roveretana degli Agiati, s. 8, 2009, vol. 9, n. 1, pp. 269-295; F. Verde, M. U. esegeta di Epicuro, in Studi classici e orientali, LVII (2011), pp. 136-158; A. Bonandini, M. U., ovvero La filosofia del tragico, in VeliaTeatro. Rassegna sull’espressione tragica e comica del teatro antico (XIX edizione), Velia 2016, pp. 11-15; Ead., Platone filosofo del logos in un inedito di M. U., in Acme, LXX (2017), pp. 45-59.