SCHIFANO, Mario
Pittore italiano, nato a Homs (Libia) il 20 settembre 1934. Nel dopoguerra si trasferì a Roma con la famiglia; presto abbandonò la scuola per lavorare come garzone e, poi, con il padre archeologo restauratore al Museo Etrusco di Valle Giulia. All'inizio degli anni Cinquanta cominciò a dipingere. Dopo aver partecipato nel 1958 a una mostra, alla galleria ''Appia Antica'' di Roma, l'anno successivo vi propose la sua prima personale presentata da E. Villa. Nel 1960 alla Galleria ''La Salita'' a Roma in una collettiva con F. Angeli, T. Festa, F. Lo Savio e G. Uncini espose i suoi ''monocromi''. Vinse il premio Lissone per la giovane pittura internazionale nel 1961: all'attività espositiva in Italia si affiancò subito quella a livello internazionale (The New Realists, Sidney Janis Gallery, New York, 1962; mostra personale alla galleria Sonnabend, Parigi, 1963). Nel 1964 fu invitato alla Biennale di Venezia (ove tornerà nel 1978, 1982, 1984, 1986, 1993) e nel 1966 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma nella mostra Aspetti dell'arte italiana contemporanea. Subì procedimenti penali per problemi di droga, mentre il dibattito ideologico del Sessantotto lo coinvolse con crisi di identità e con un impegno politico espresso nella serie Compagni, un'adesione solo tematica che non muta il suo stile nella convinzione che la rivoluzione non si fa con l'arte. Pur tra alterne vicende ampi sono i consensi e i riconoscimenti: Quadriennale di Roma (1972, 1986, 1992); Antologica, Salone delle Scuderie in Pilotta, Parma, 1974; Arte e critica 1980, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, 1980; Identité italienne, Centre G. Pompidou, Parigi, 1981; Premio Michetti, Francavilla al Mare, 1987; Italian art in the 20th century, Royal Academy, Londra, 1989; Roma anni '60, Al di là della pittura, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1990; ecc.
Dopo un tirocinio nell'ambito di un informale materico-gestuale, S. connota da protagonista il clima romano denso di fermenti e in particolare la corrente variamente denominata ''neo-metafisica'', ''Scuola di Piazza del Popolo'', ecc.: nel 1960, in un passaggio cruciale per l'arte italiana, la sua pittura si sostanzia in ampie campiture cromatiche, di sottile spessore, sensibilizzate nella stesura del colore, soprattutto smalti industriali, e ordinate nella scansione della superficie. Su tali schermi pittorici, quadrilateri dagli angoli smussati, oltre a cifre e lettere isolate, presto affioreranno, anche con il supporto di diversi mezzi linguistici (fotografici e televisivi), altre immagini o meglio frammenti di immagini (paesaggi urbani, segnali pubblicitari della civiltà consumistica quali i marchi Esso e Coca-Cola, oppure riferimenti colti della storia dell'arte antica e prossima) originate dall'urgenza di trovare una diversa dimensione ottico-percettiva. Pur partecipe di certa atmosfera new-dada e pop nelle differenti accezioni statunitense e italiana, singolare è la sua espressione: tra ansie esistenziali e ricerca di nuove modalità, S. contamina materiali e procedimenti tecnici, enfatizza l'occasionalità del referente figurale, pretesto per la sua formulazione d'immagine. Istituito con l'oggetto-soggetto un rapporto mediato, lo altera tramite ulteriori espedienti e lo qualifica con diretti interventi pittorici e con intenzionalità plurime, spregiudicate, ossessive, ironiche, infantili, tra tensioni e provocazioni. Dalle rivisitazioni-interpretazioni del Futurismo o di altre avanguardie storiche alle serie Alberi, Ossigeno Ossigeno, o Tutte stelle, dalle pellicole fotografiche colorate alle tele emulsionate degli anni Settanta con Paesaggi TV corretti alla nitro, ai d'après che coinvolgono anche le proprie opere, dai cicli Al Mare, Quadri equestri fino ai Biplani, Orti Botanici, Gigli d'acqua, ecc. degli anni Ottanta, i dipinti evocano l'immediatezza e l'istantaneità di una memoria che affiora dalla storia o dalla quotidianità. La sequenza incalzante di immagini reali e virtuali, il fascino del continuum televisivo, l'ossessione di appropriazione visiva in una dinamica incessante di ribaltamenti e modifiche, ripropongono, nelle opere di più alta concezione inventiva del suo sismico iter artistico, il sapore di una pittura gestuale ed emozionata, carica di sentimento vitale, di esplosioni segniche, di tocchi veloci e di forti accensioni cromatiche.
Interessato al linguaggio filmico S. realizzò alcuni lungometraggi tra il 1967 e il 1969: Anna Carini vista in agosto dalle farfalle; Satellite; Umano, non umano; Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani. Vedi tav. f.t.
Bibl.: M. Calvesi, Mario Schifano, Galleria Odyssia, Roma 1963; G. Parise, Mario Schifano, Studio Marconi, Milano 1965; A.C. Quintavalle, M. Calvesi e altri, Mario Schifano, Centro studi e archivio della comunicazione, Università di Parma, Parma 1974; A. Bonito Oliva, Mario Schifano 1970-1980. Laboratorio umano e pittura, Galleria comunale d'arte di Cesena, Modena 1980; Mario Schifano, Viaggiatore notturno, a cura di F. Di Castro, Istituto nazionale per la grafica, Calcografia, Roma 1980; M. Meneguzzo, Mario Schifano, L'immagine approssimativamente, Loggetta Lombardesca, Ravenna 1982; Janus, Mario Schifano, Verde fisico, Tour Fromage ad Aosta, Milano 1988; G.G. Lemaire, Le secret de la jeunesse éternelle: un Faust dionysiaque, Galerie Adrien Maeght, Parigi 1988; A. Bonito Oliva, Schifano. Divulgare 1990, Palazzo delle Esposizioni, Roma 1990; P. Tazzi, G. Verzotti, Schifano '60/'70, Milano 1990; Roma anni '60, Al di là della pittura, a cura di M. Calvesi e R. Siligato, Palazzo delle Esposizioni, Roma 1990.