SCACCIA, Mario
– Nacque a Roma il 26 dicembre 1919 da Beatrice Papini e da Gaspare Scaccia, pittore e ritrattista, per il ministero dell’Aeronautica, di piloti ed eroi di guerra.
Ufficiale in Sicilia, durante la seconda guerra mondiale fu fatto prigioniero dagli americani e internato per tre anni in Marocco. Di ritorno a Roma fu ammesso, senza borsa, all’Accademia nazionale d’arte drammatica. Vi rimase, per motivi economici, un solo anno, partecipando ai saggi finali e seguendo il corso di Mario Pelosini, con il quale rimase in contatto anche in seguito, prendendo lezioni private.
La prima scrittura importante, dopo alcune esperienze al Teatro Ateneo di Roma, arrivò nella stagione 1948-49 con la compagnia stabile di Venezia, guidata da Anton Giulio Bragaglia.
Scaccia partecipò alla realizzazione di spettacoli tratti da testi di Pier Maria Rosso di San Secondo, Eugene O’Neill, Thornton Wilder, con il ruolo di primo carattere. Ma la collaborazione durò un solo anno, per problemi finanziari, spingendo l’attore a tornare al Teatro Ateneo e a lavorare con la compagnia del Centro universitario teatrale. La stagione successiva venne interrotta da una proposta allettante, sette mesi di contratto per la rivista di Erminio Macario La bisbetica sognata, testi di Enrico Bassano e musiche del maestro Pasquale Frustaci. Cominciò così l’esperienza delle riviste teatrali che permise a Scaccia di entrare in contatto con un pubblico più numeroso e di arricchire la propria personalità artistica con sfumature leggere e provocatorie, mettendo a punto una tecnica precisa ed estrosa. Negli anni successivi alternò l’attività nelle riviste agli spettacoli di prosa, impegnandosi in numerosi progetti e recitando a fianco di attori come Vittorio Gassman, Macario, Lamberto Picasso, Memo Benassi, Isa Pola e Nino Besozzi.
Nel 1953 ottenne buoni consensi dalla critica per l’interpretazione di primo attore dei comici girovaghi in Amleto con la compagnia diretta da Gassman e Luigi Squarzina. L’anno seguente raggiunse un largo successo con la scrittura di Remigio Paone per la rivista musicale Rosso e Nero, che sfruttava il titolo di una trasmissione radiofonica popolare e si avvaleva della partecipazione dei cantanti Nilla Pizzi e Teddy Reno. Oltre alla rivista, al teatro di prosa e ad alcune piccole partecipazioni cinematografiche soprattutto nei film di Alessandro Blasetti, cominciò nel 1956 in maniera più strutturata la sua collaborazione con la televisione italiana, che durò a lungo, crescendo negli anni successivi (Ottocento e La miliardaria, romanzi sceneggiati dalle opere rispettivamente di Salvator Gotta e di George Bernard Shaw, 1959), con interventi in trasmissioni di carattere leggero, come attore, presentatore o interprete di sketch.
Grazie anche alla crescente popolarità derivante dall’attività televisiva il nome di Scaccia cominciò ad apparire ‘in ditta’ in tutti i progetti successivi al 1956. Ma è solo cinque anni dopo che trovò l’occasione giusta per partecipare attivamente alla creazione di una compagnia. Il 28 marzo 1961 debuttò al Teatro Municipale di Modena la nuova Compagnia dei Quattro, con la rappresentazione di Il rinoceronte di Eugène Ionesco, composta da Glauco Mauri, Valeria Moriconi, Franco Enriquez (regista e direttore) e Scaccia.
L’intenzione era di presentare un repertorio moderno, accattivante, non privo di aggressività, cercando di creare condizioni favorevoli per un lavoro profondo e a lunga scadenza. Il largo successo di Il rinoceronte coincise con giudizi molto favorevoli, da parte della critica teatrale, nei confronti dell’attore Scaccia abile a fare ciò che «Petrolini chiamava “truccarsi da dentro”» (Ghigo de Chiara, Il rinoceronte di Eugène Ionesco al teatro Quirino, in Avanti!, 7 aprile 1961). Anche Sandro De Feo riscontrò una forte somiglianza «nell’infilare filastrocche insensate e micidiali di Ionesco come Petrolini infilava le sue» (I mariti pazienti delle adultere. Lorca al Quirino, in L’Espresso, 3 dic. 1961). La compagnia andò ad affermarsi con i successivi lavori: La barraca di Federico Garcia Lorca e La lezione di Ionesco. Nel 1962 Scaccia partecipò al riallestimento di Sergio Tofano al Ninfeo di Villa Giulia della Mandragola di Niccolò Machiavelli, riallestimento che ebbe un forte valore simbolico per la recente abolizione della censura teatrale, a opera del centrosinistra al governo.
Gli anni Sessanta furono ricchi di interpretazioni di successo, grazie alle quali definì sempre più il suo stile, contraddistinto soprattutto da toni comico-grotteschi, capace di far ridere, senza dimenticare effetti di pietà e malinconia. In Romolo il Grande di Friedrich Dürrenmatt trovò il personaggio perfetto, cogliendo il carattere ambiguo, ironico e maligno dell’imperatore. Anche il repertorio dei classici si arricchì, in particolare con William Shakespeare (interpretando Polonio nell’Amleto di Franco Zeffirelli, 1963, Lucio in Misura per misura di Luca Ronconi, 1967, e Shylock nel Mercante di Venezia di Franco Enriquez, per la rinata Compagnia dei Quattro, 1967) e con Molière (La scuola delle mogli di Enrico D’Amato, 1966).
Nel 1967 fu Salomon in Il prezzo di Arthur Miller affiancato da Raf Vallone e nel 1969 portò in scena Chicchignola di Ettore Petrolini con la regia di Maurizio Scaparro. La reinterpretazione della commedia di Petrolini fu un punto di svolta nella carriera di Scaccia, che ripropose lo spettacolo – un vero cavallo di battaglia – per molti anni ancora. Colpì la capacità dell’attore romano di mettere in luce allo stesso tempo la sua ironia dissolvitrice e la sua malinconia, quasi disperata: «dalla risata al ghigno», secondo l’espressione di Scaparro nelle note di regia.
Dagli anni Settanta iniziò a lavorare come capocomico, alla maniera delle vecchie compagnie di giro, riallestendo precedenti lavori di successo e portando in tournée la commedia Il signore va a caccia di Georges Feydeau. Successivamente produsse Il benefico di Carlo Goldoni (1976) e L’avaro di Molière (1978), omaggio al grande autore francese, che riscosse un largo consenso. Come scritturato partecipò a Il Vantone di Pier Paolo Pasolini con la regia di Luigi Squarzina (1977). Continuò le collaborazioni con il cinema, partecipando a numerosi film, spesso in ruoli secondari e con piccole parti (tra i registi con i quali lavorò: Elio Petri, Alberto Lattuada, Alberto Bevilacqua, Luigi Comencini, Ettore Scola, Mauro Bolognini, Marco Mattolini).
Negli ultimi anni continuò un’intensa attività spaziando tra autori ampiamente frequentati (Petrolini, Goldoni, Molière, Shakespeare), drammaturghi e scrittori italiani (Diego Fabbri e Gianni Celati), e qualche partecipazione televisiva (interpretò l’abate Faria nello sceneggiato Il Conte di Montecristo, 1996). Più volte annunciò il ritiro dalle scene, per poi tornare con riallestimenti e nuovi spettacoli. A ottantasei anni, come in uno specchio, impersonò lo stesso Goldoni che, alla medesima età, si spegneva a Parigi, in Mémoires di Scaparro (2005), realizzando una sorta di bilancio dell’intera carriera teatrale.
Morì a Roma il 26 gennaio 2011 per alcune complicazioni successive a un intervento chirurgico.
Fonti e Bibl.: M. Scaccia, La verità inventata. Del mestiere dell’arte dell’attore, a cura di E. Giannelli, Roma 1989; Id., Io e il teatro. Una storia-documento scritta da me e da molti altri, Roma 2002; Id., Interpretando la mia vita. Il mio teatro, i miei personaggi, la mia storia, presentazione di L. Bragaglia, Bologna 2009; C. Capitini, Le voci del teatro. Interviste ai grandi della scena, Venezia 2014, pp. 407-412; G. Dell’Arti, M. S., http:// www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=SCACCIA%20Mario, 2014 (9 marzo 2018).