ROCCHI, Mario
– Nacque il 23 agosto 1913 ad Acquaria, frazione del Comune di Montecreto nell’Appennino modenese, da Giovanni, un umile impiegato postale, e da Paolina Marzilli.
Trascorse i suoi primi anni tra Vitriola e Montefiorino, dove abitò insieme ai genitori. Avvertita precocemente la vocazione, frequentò dapprima il seminario diocesano di Fiumalbo, che accoglieva la popolazione della montagna, quindi quello cittadino di Modena. Ricevuta la tonsura nel 1935 e, l’anno seguente, gli ordini minori, nel 1937 fu ordinato suddiacono e, il 1° novembre, diacono. Il 2 aprile 1938, infine, venne consacrato sacerdote dall’arcivescovo di Modena Giuseppe Antonio Ferdinando Bussolari.
Il 1° ottobre 1938, appena ordinato, fu inviato come insegnante presso il collegio San Carlo di Monteombraro, paese della montagna modenese, dove trovò il confratello don Elio Monari, destinato a svolgere un ruolo determinante nella sua esperienza. Nel 1939 divenne cappellano nella parrocchia suburbana di Saliceta San Giuliano. Qui avviò un’attività oratoriale in cui manifestò una spiccata attenzione per le condizioni della gioventù che non sfuggì a don Monari, in quel momento assistente diocesano della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica). Nel 1944, nel vivo degli eventi bellici, Monari propose a Rocchi di istituire un oratorio cittadino in cui raccogliere i molti ragazzi che lo stato di guerra aveva disorientato e provato.
È probabile che l’idea si ricollegasse, quantomeno nella sua ispirazione di fondo, all’Opera sacerdoti piccoli apostoli, promossa a partire dal febbraio 1943 da don Zeno Saltini, che negli anni precedenti aveva avuto modo di confrontarsi più volte con Rocchi e Monari sulle nuove sfide del clero nelle drammatiche condizioni imposte dalla guerra e dalla dittatura. L’Opera, nata dopo una lunga gestazione, mirava ad avvicinare i ministri della Chiesa alle esigenze della popolazione, con un’attenzione prioritaria agli orfani e agli emarginati, affidati a famiglie di adozione.
Non sorprende dunque che l’ipotesi di un oratorio cittadino dove accogliere i giovani fosse ricevuta con entusiasmo da don Rocchi che, con Monari, identificò subito l’area in cui sarebbe potuta sorgere l’opera (in via Tamburini, nella primissima periferia modenese). Gli orrori dell’occupazione nazifascista, tuttavia, avrebbero portato a morte don Elio: organizzata una ramificata rete di aiuti agli ebrei e ai prigionieri alleati con il supporto di molti esponenti del clero, tra cui lo stesso don Rocchi, il sacerdote iniziò a essere sospettato dalle autorità di polizia. Per evitare l’arresto, si rifugiò in Appennino dove prestò assistenza spirituale ai partigiani della brigata Italia come cappellano: il 5 luglio 1944, però, fu catturato dai tedeschi e fucilato il 16 successivo a Firenze.
Nel ricordo sempre presente di don Elio, al termine della guerra Rocchi riprese il progetto propostogli dal confratello alcuni mesi prima. Subentratogli nel ruolo di assistente della GIAC (1945-55), proseguì nell’impresa di edificare una struttura educativa che potesse servire tutta l’area urbana. Trovato un benefattore, l’imprenditore filantropo Giuseppe Vismara – già contattato nel 1943 da Monari –, il sacerdote costituì la Società per azioni per la salvezza e l’educazione della gioventù. Il 4 luglio 1947 la società entrò ufficialmente in possesso del terreno di 30.000 metri quadrati su cui sarebbe sorta la struttura. Il 14 dicembre, grazie al fondamentale contributo di cinque milioni di lire giunto dal Vaticano, fu posata la prima pietra per la realizzazione di una palazzina cui se ne sarebbero aggiunte altre negli anni seguenti. Nel 1949 si poteva così inaugurare il primo edificio, mentre veniva fondato l’Ente diocesano per la salvezza della gioventù Città dei ragazzi, proprietario e gestore del nuovo complesso. La denominazione riecheggiava una più generale tendenza del mondo cattolico che, prima negli Stati Uniti poi nell’Italia postbellica, aveva visto sorgere numerose boys towns per il sostegno delle giovani generazioni.
Consapevole della necessità della formazione per un recupero integrale ed efficace della persona umana, nel 1950 Rocchi avviò anche un centro di formazione professionale, dotato nel giro di cinque anni di capannoni in cui ospitare le attrezzature necessarie all’apprendistato degli allievi. Intanto procedeva la realizzazione di impianti sportivi (campi da gioco e piscina scoperta; 1951-52), e si affacciavano nuovi benefattori per gli altri edifici da realizzare. Un contributo importante venne dagli ex prigionieri inglesi detenuti a Modena che, nel 1951, avviarono una raccolta fondi in ricordo dell’aiuto ricevuto dalla popolazione. L’iniziativa ebbe una certa risonanza in Gran Bretagna e negli altri Paesi legati alla corona, tanto da coinvolgere poi la regina Elisabetta II, che offrì il suo sostegno economico.
Mentre la Città dei ragazzi prendeva corpo, don Rocchi e le sue doti organizzative attirarono le attenzioni dei superiori che gli conferirono incarichi sia nella formazione del clero sia nella conduzione della diocesi modenese.
Dal 1945 al 1956 insegnò matematica e scienze presso il seminario metropolitano, di cui divenne in seguito direttore spirituale (1956-63). In linea con il clima culturale instauratosi nel mondo cattolico nel secondo dopoguerra, fu inoltre attivo promotore del congresso eucaristico del 1948 e della Peregrinatio Mariae del 1954.
Il 1° luglio 1963, nel pieno del dibattito e del rinnovamento innescato dal Concilio Vaticano II, fu designato dall’arcivescovo Giuseppe Amici vicario generale della diocesi (ruolo che ricoprì fino al 31 gennaio 1975). Con la sua scelta, Amici assecondò le preferenze della maggioranza del clero modenese che vedeva nel fondatore della Città dei ragazzi la personalità più idonea a sostituire monsignor Abele Conigli, costretto a lasciare l’incarico di vicario per la sopraggiunta nomina a vescovo di Sansepolcro. Il ministero di don Rocchi coincise con anni di profonde riforme. Tra il 1966 e il 1968 furono avviati i lavori del Consiglio pastorale diocesano, incaricato di definire le nuove linee operative della Chiesa modenese. Nello stesso periodo venne rinnovata la gestione beneficiale, con una centralizzazione delle rendite, non più affidate ai parroci ma a un ente appositamente creato detto CABE (Commissione Amministrativa dei Benefici Ecclesiastici): il nuovo metodo, che rispondeva a criteri più moderni e perequativi, anticipava di fatto la riforma che, a livello nazionale, sarebbe entrata in vigore nel 1987 con l’Istituto sostentamento clero.
Quegli anni consentirono a don Rocchi di maturare una competenza che gli fu chiesto di mettere a frutto nei decenni successivi. Il 10 giugno 1976 il vescovo Bruno Foresti lo volle infatti come vicario per l’amministrazione e, dal 15 febbraio 1982, fu indicato come delegato per le opere pie (carica cui rinunciò il 21 settembre 1994). Dal 28 novembre 1983 entrò inoltre a far parte del Consiglio per gli affari economici. Nonostante i numerosi impegni all’interno dell’amministrazione diocesana, la Città dei ragazzi rimase comunque il centro del suo ministero e, di fatto, don Rocchi non si allontanò mai dall’oratorio che aveva visto sorgere.
Anche in virtù dei meriti acquisiti in campo educativo, vari furono i riconoscimenti e le onorificenze riservatigli: il 30 gennaio 1959 fu nominato cameriere segreto di Sua Santità e, il 5 giugno 1964, prelato domestico. Il 19 marzo 1965 fu aggregato al Capitolo della cattedrale di Modena, acquisendo il titolo di canonico. In occasione dei suoi cento anni, il Comune di Modena lo insignì di uno speciale riconoscimento che, oltre a festeggiare il traguardo raggiunto, dava lustro all’impegno profuso per la formazione e il recupero dei giovani.
Il 19 ottobre 2014 morì, all’età di 101 anni, presso la Città dei ragazzi. Le sue esequie, celebrate il 21 ottobre in cattedrale dall’arcivescovo Antonio Lanfranchi, registrarono un’ampia partecipazione di popolo e di clero (Prima pagina, 22 ottobre 2014, p. 11).
Fonti e Bibl.: Archivio storico diocesano di Modena-Nonantola, Cancelleria arcivescovile, Stato del clero, f. 2487. Dati gli incarichi svolti da don Rocchi, molti documenti sono reperibili presso l’archivio della Città dei ragazzi, attualmente in fase di riordinamento, e gli archivi dell’Azione cattolica di Modena e del Centro culturale F.L. Ferrari di Modena.
R. Vaccari, La Città dei Ragazzi. 40 anni di vita (1947-1987), Modena 1987; L. Paganelli, Don Elio Monari e Chiesa e società a Modena tra guerra e resistenza (1940-1945), Modena 1990, pp. 54 s., 58; G. Muzzioli, Modena, Roma-Bari 1993, p. 283; A. Leonelli, Storia dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, II, Modena 1997, pp. 488-490; Id., I 50 anni della Città dei ragazzi di Modena, Modena 1997; L. Paganelli, I cattolici e l’Azione Cattolica a Modena durante il fascismo, dal 1926 al 1945, Modena 2005, pp. 434 s., 491 s.; E. Ferri, Il sorriso dei ribelli. Don Elio Monari e la rete modenese di soccorso agli ebrei e ai soldati alleati, Firenze 2013, pp. 60, 83; P. Losavio, Il Vaticano II a Modena. 50 anni dopo il concilio: riflessioni, ricordi e qualche spunto per i tempi a venire, Modena 2015, pp. 22-32. Per le esequie di don Rocchi: Gazzetta di Modena, 24 agosto 2013; 20-22 ottobre 2014; Prima pagina, 20-22 ottobre 2014; Nostro tempo, 26 ottobre 2014.
Per gli atti ufficiali compiuti da don Rocchi nel governo diocesano, si vedano Bollettino del clero delle Diocesi di Modena e Nonantola (dal 1968 Rivista diocesana modenese) e Nostro tempo: settimanale cattolico modenese (per gli anni indicati).