PUCCINI, Mario
PUCCINI, Mario. – Nacque a Livorno il 28 giugno 1869 da Domenico e da Filomena Andrei. Adolescente, cominciò a disegnare e a dipingere nonostante il disappunto iniziale del padre, fornaio, che poi gli diede il permesso di iscriversi, alla metà degli anni Ottanta, all’Accademia di belle arti di Firenze (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, p. 13).
Dal 1887 al 1889 partecipò regolarmente alle esposizioni della Società promotrice di belle arti di Firenze, come risulta dai cataloghi dell’epoca. Nel 1890 si abilitò all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche normali (p. 14) e nel 1892 frequentò, per poco più di un anno, la scuola libera del nudo sotto la guida di Giovanni Fattori (Monti, in Mario Puccini, 1992, p. 42).
Nel 1893 per un disturbo psicologico venne ricoverato prima all’ospedale civile di Livorno e l’anno seguente presso il manicomio di S. Niccolò a Siena, dove rimase fino al 1898, quando il padre decise di assumerne la «custodia domestica» (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, pp. 16-18).
Terminato il lungo ricovero iniziò ad aiutare il padre, che aveva aperto una trattoria a Livorno chiamata La Bohème, dall’opera del compositore lucchese che aveva il medesimo cognome, Puccini (Monti, in Mario Puccini, 1992, p. 33). Nel 1901 perse la madre (Leonardini Bruzzone, 1989, p. 17). Nel 1902 realizzò l’olio su tela Darsena (collezione privata), opera di notevole valore, che racchiude i tratti principali di quella che sarebbe stata la poetica pittorica di tutta la sua attività.
Entro un impianto di solida costruzione geometrica, derivante dal linguaggio del suo maestro, Giovanni Fattori, emerge un’attenzione ai valori cromatici della luce, certamente di matrice impressionista, sviluppata attraverso lo studio diretto dei divisionisti italiani e dei macchiaioli, con particolari analogie con il lavoro dell’amico Plinio Nomellini, anch’egli allievo di Fattori (cfr. Monti, in Mario Puccini, 1992, pp. 44, 52).
Nel 1906 morì il padre (Leonardini Bruzzone, 1989, p. 17). Secondo la critica è databile agli anni 1906-07 Aragosta su alzata bianca e tappeto a ramages (o Natura morta con aragosta), un’opera influenzata dalla pittura fauve per i violenti e brillanti contrasti cromatici, considerata da Raffaele Monti fra i quadri più belli del primo Novecento italiano (in Mario Puccini, 1992, pp. 83 s.).
Dal 1908 prese in affitto un modesto alloggio in via Garibaldi 48, a Livorno.
Riusciva a vivere svolgendo attività artigianali, realizzando aquiloni, marionette, insegne di negozi e modelli di ornato per le ricamatrici, economizzando sui materiali e arrivando perfino a usare l’olio delle scatolette di tonno per sciogliere i colori (Leonardini Bruzzone, 1989, p. 17).
Nello stesso anno prese a frequentare il caffè Bardi di piazza Cavour (oggi non più esistente ma ritrovo di artisti fino al 1921) e iniziò a ricevere qualche commissione dal proprietario, Ugo Bardi.
Nel 1910 si recò a Digne, fra le Alpi Marittime francesi, per fare da testimone di nozze al fratello Amedeo. Nel 1911 Benvenuto Benvenuti e Piero Pierotti della Sanguigna formarono una società per commercializzare le opere di Puccini (Monti, in Mario Puccini, 1992, p. 93 n. 6). In questi anni conobbe alcuni collezionisti e mercanti, fra i quali Mario Galli (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, pp. 19 s.), il critico Ugo Ojetti e, grazie all’amicizia con Oscar Ghiglia, anche il pittore Gustavo Sforni, collezionista di Fattori e di molti maestri francesi, quali Paul Cézanne ed Edgar Degas, oltre che di Vincent van Gogh e Maurice Utrillo.
Nonostante l’aneddotica dei cronisti contemporanei tenda a rappresentare Puccini come un artista per nulla interessato ai pittori d’Oltralpe collezionati da Sforni, in originali e in riproduzioni (Monti, in Mario Puccini, 1992, pp. 66, 94 nn. 13, 16), nei suoi quadri queste influenze sono molto evidenti (cfr. Cagianelli, 2000, pp. 10-14).
Al 1911 circa è databile l’olio L’eclissi di Sole (collezione privata; Monti, in Mario Puccini, 1992, p. 67; R. Tassi - F. Tassi, Catalogo, in Mario Puccini, 1992, pp. 376 s.), realizzato solo in parte attraverso una tecnica divisionista, che in alcuni punti raggiunge notevoli spessori di materia pittorica per esprimere la forza dell’energia solare oltre la superficie bidimensionale della tela.
Agli anni Dieci sono databili due oli su cartone: Vecchio ponte (Piacenza, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi), che per il taglio della scena, la luce e il tipo di pennellata ricorda i lavori di van Gogh di analogo soggetto, e Il porto di Livorno (Faenza, Pinacoteca comunale), debitore della ricerca sulla luce degli impressionisti (in opere come La Grenouillère di Auguste Renoir), ma dotato di una maggiore ampiezza delle pennellate grazie all’influenza della pittura dei macchiaioli.
Nel 1912 partecipò alla LVIII Esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova, come risulta dai cataloghi dell’epoca.
Nel 1913 conobbe il collezionista Romolo Monti (appassionato di pittori livornesi e di importanti maestri italiani quali Medardo Rosso), che iniziò a collezionare i suoi lavori (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, p. 24). Nello stesso anno dipinse Bovi nell’uliveto, Paesaggio con barche (entrambi conservati a Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) e La metallurgica (collezione privata; Monti, in Mario Puccini, 1992, p. 87), opera che celebra un’epica della fatica del lavoro manuale degli operai, dipinta con una tavolozza in cui prevalgono colori bruno-ocra, in contrasto con il bianco-celeste luminoso del cielo.
Nel 1914 realizzò Guardiana di porci (collezione privata), ritenuto dalla critica uno dei suoi capolavori (pp. 90 s.).
La luce è molto simile a quella delle vedute in pieno sole di Vincenzo Cabianca: i protagonisti della tavola non sono la piccola figura umana o la quotidianità del lavoro all’aria aperta, ma il virtuosismo del segno e della materia cromatica, elementi che rendono perfettamente, con una pittura costituita di sottili tratti e piccole macchie, il vento e i colori nel loro realismo, dotandoli contemporaneamente di una raffinata eleganza grafica.
Nello stesso anno Puccini partecipò alla I Esposizione internazionale di bianco e nero della Società di belle arti di Firenze, dove venne premiato con la medaglia d’argento; alla LXXXIII Esposizione della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma e alla I Esposizione invernale toscana (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, p. 24). Fra le opere che la critica ha datato con buona probabilità a quell’anno, pur mancando allo stato attuale documentazione certa, si possono segnalare Fascinaia e Funaioli (olio su tela e olio su tavola, Livorno, Museo civico Giovanni Fattori; R. Tassi - F. Tassi, Catalogo, in Mario Puccini, 1992, nn. 367, 362, p. 400).
La prima è molto influenzata dalla pittura dei macchiaioli toscani, mentre la seconda, in sintonia con lavori contemporanei di Ghiglia e Llewelyn Lloyd (Winspeare, 2008b, pp. 282 s.), mostra una parziale influenza del divisionismo italiano per le pennellate date a piccoli tocchi di colore a rilievo, oltre a un riferimento a Cabianca e alla tavolozza dei pittori fauves per la scelta dei contrasti cromatici brillanti (cfr. Cagianelli, 2000, pp. 9-13).
Nel 1915 prese parte alla III Esposizione internazionale d’arte della «secessione» e alla II Esposizione invernale toscana, dove venne premiato con la medaglia d’oro.
Morì a Firenze il 18 giugno 1920 (R. Tassi - F. Tassi, Progetto, in Mario Puccini, 1992, p. 29).
La maggior parte dei quadri dell’artista sono in collezioni private e compaiono ogni anno nel mercato delle aste, quasi esclusivamente italiano, con discrete quotazioni.
Fonti e Bibl.: F. Arisi, Galleria d’arte moderna Ricci Oddi. Piacenza, Piacenza 1988, pp. 378 s.; M. P. Per un catalogo dell’opera, a cura di A. Baboni, prefazione di R. De Grada, Firenze 1989 (con bibliografia); D. Leonardini Bruzzone, Note biografiche, ibid., p. 17; M. P. Biografia, iconografia, bibliografia, a cura di R. Tassi - F. Tassi, Firenze 1992 (con bibliografia; in partic. R. Tassi - F. Tassi, Progetto biografico, pp. 13-29; R. Monti, Fisionomia di M. P., pp. 33-95; R. Tassi - F. Tassi, Catalogo dei dipinti, pp. 363-428); M.P. Winspeare, M. P., in I postmacchiaioli (catal., Livorno), a cura di R. Monti - G. Matteucci, Roma 1994, pp. 94-102; F. Cagianelli, Il «disfacimento romantico della macchia» da M. P. a Renato Natali: verso il fauvisme, in L’officina del colore: diffusione del «fauvisme» in Toscana (catal., Crespina), a cura di F. Cagianelli - E. Lazzarini, Ospedaletto 2000, pp. 9-30 (con bibliografia); F. Donzelli, M. P. (1869-1920), Plinio Nomellini (1866-1943), Ulvi Liegi (1858-1939), Firenze 2002; R. Monti, M. P. La sua città, i suoi maestri, i suoi amici, Livorno 2002; E. Di Majo, M. P., in Galleria nazionale d’arte moderna. Le collezioni. Il XIX secolo, a cura di E. Di Majo - Matteo Lafranconi, II, Milano 2006, p. 265; Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Catalogo generale, a cura di C. Sisi - A. Salvadori, II, Livorno 2008, p. 1512; M.P. Winspeare, Il nucleo dei postmacchiaioli nelle collezioni civiche, in Museo civico Giovanni Fattori. L’Ottocento, Ospedaletto 2008a, p. 76; Id., P. M., ibid., 2008b, pp. 282 s.; A. Baboni, M. P. Il colore dopo la macchia, Firenze 2009; C. Ulivi, P. M., in La collezione Ambron alla Galleria d’arte moderna di Firenze, a cura di D. Liscia Bemporad - G. Lambroni, I, Firenze 2013, pp. 280 s. (con bibliografia e documenti).