PIACENZA, Mario
PIACENZA, Mario. – Nacque a Pollone, nei pressi di Biella, il 21 aprile 1884, secondogenito di Felice (1843-1938) e di Silvia Bozzalla Pret, preceduto da Guido (1881-1939) e seguito da Enzo (1892-1968).
La famiglia era imparentata con i Sella, dal momento che la madre era figlia di Effisia Sella, sorella di Quintino, Giuseppe Venanzio (padre del celebre fotografo alpinista Vittorio Sella) e Francesco.
Il padre era il proprietario di una delle più antiche aziende del settore laniero del Biellese, uno dei pochi distretti industriali della giovane Italia postunitaria capace di competere con l’estero. Continuando la tradizione di famiglia (il lanificio Piacenza era stato fondato nel 1733), Felice seppe ammodernare l’organizzazione del lavoro e rivolgersi a una produzione di qualità.
Nell’effervescente clima culturale biellese del tempo, in cui si mescolavano sfide imprenditoriali, cultura positivista e lampi di attrazione romantica per l’arte, si sprigionò, soprattutto dopo il 1863, anno di fondazione del Club Alpino Italiano, la scintilla dell’alpinismo, che contagiò Guido e Mario Piacenza fin dalla giovinezza.
Mario studiò dai padri rosminiani a Domodossola e successivamente si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino. Solo dopo aver frequentato all’estero, dopo la laurea, le migliori scuole tecniche, soprattutto in Belgio e in Germania, si occupò della fabbrica paterna con il fratello Guido, assai preparato nel campo tessile e supervisore della conduzione tecnica dell’azienda.
Negli anni dello studio, i fratelli Piacenza praticarono la marcia in montagna e l’alpinismo. Pur accomunati dalla stessa passione alpina, cui unirono anche l’interesse per l’esplorazione in terre lontane oltre che per la fotografia e la cinematografia, Mario e Guido differenziarono il proprio modo di salire verso le alte quote: il primo rimase sempre fedele alla pratica dell’alpinismo; il secondo si dedicò al volo aerostatico, campo in cui raggiunse l’eccellenza realizzando imprese di notevole prestigio, tra cui un record italiano di altezza (9240 m).
Mario cominciò subito a rivolgersi verso le mete alpinistiche più ambite e all’attività nella stagione invernale, che in quegli anni veniva condotta solo con l’uso delle racchette da neve e degli scarponi chiodati.
Dotato di un fisico robusto e resistente, seppe eccellere sia sulla roccia sia sul ghiaccio. Tra le sue ascensioni più note vanno senz’altro citate la prima assoluta (e prima invernale) della cresta Perazzi al Lyskamm (Monte Rosa), con le guide Antonio Curta, Alberto ed Edoardo Lazier, il 17 gennaio 1907; ascensione cui fece seguito, il giorno successivo, la scalata della Punta Dufour (4634 m, massima elevazione del Monte Rosa) dal Colle Zumstein e la traversata della Punta Zumstein (4563 m) con la successiva salita della Punta Gnifetti (4554 m). Nei primi tre giorni del marzo dello stesso anno, con le guide Jean-Joseph Carrel e Jean-Baptiste e Joseph Pellissier, riuscì a portare a termine la prima invernale (in salita e in discesa lungo lo stesso itinerario) della cresta del Leone al Cervino.
Nelle stagioni successive Piacenza scalò in prima invernale anche il Dente del Gigante (4013 m, 16 gennaio 1908), con Pellissier e Laurent Petigax, e la Dent d’Hérens (4171 m, 16 gennaio 1910). Piacenza fu sempre molto attratto dal Cervino, di cui raggiunse la vetta quattordici volte percorrendone tutte le creste: del Leone (alla quale, nel 1908, dedicò un pionieristico documentario cinematografico), dell’Hörnli, di Zmutt, la De Amicis e quella di Furggen. La salita di quest’ultima cresta, il 4 settembre 1911, rappresentò il suo apice alpinistico. La nuova via, che costituiva il più importante problema alpinistico insoluto della montagna, venne portata a termine da Piacenza con le guide Jean-Joseph Carrel e Joseph Gaspard.
Nell’estate del 1910 partì alla volta del Caucaso centrale, assieme a Gino Galeotti e a Giuseppe Levi, oltre alle guide alpine Jean-Baptiste Pelissier, Cesar Cosson e Gaspard.
A quel tempo, la catena del Caucaso costituiva una zona di estremo interesse per l’alpinismo esplorativo, e parecchie delle sue cime più elevate attendevano ancora di essere conquistate.
Il primo obiettivo della spedizione fu la scalata del Dich Tau (5198 m), seconda cima più alta della catena, che fu condotta lungo una difficile via nuova. Poco dopo, al villaggio di Urusbievo, nella Valle Baksan, Jean-Baptiste Pellissier fu colto da un attacco di colera fulminante e morì il 2 agosto.
Dopo il rientro degli scienziati in Italia, Piacenza e le sue guide salirono ancora il Kazbek (5041 m) e raggiunsero Tiflis, in Georgia. In seguito, rimasto solo, si spostò in Armenia, dove scalò l’Ararat (5137 m); quindi giunse in Persia e salì in vetta al Damavand (5610 m); infine continuò il viaggio verso il Turchestan cinese e il Turchestan russo, salendo ancora il Kindshakai-Kok (5200 m circa), nel Tien Shan.
Nel 1913, assieme al medico torinese Lorenzo Borelli, al naturalista piacentino Cesare Calciati, al biellese Erminio Botta e alle guide valdostane Ciprien Savoye e Gaspard, Piacenza condusse una spedizione alpinistica all’estremità occidentale dell’Himalaya indiano. Da Srinagar, il gruppo si diresse verso il massiccio del Nun Kun. Durante una sosta forzata, in attesa che la carovana valicasse il passo Zoji-la, Piacenza partì da solo per il Ladakh e giunse a Leh; riuscì a farsi ricevere dal Gran Lama del monastero lamaista di Hemis, e documentò con la cinepresa la cerimonia del Set-Chu, che si teneva ogni dodici anni in onore di Padma Sàmbhava (o Padmasambhava), il maestro che diffuse il buddismo in Himalaya (il film, in 35 mm, fu poi spedito alla Itala Film di Torino).
Ricongiuntosi ai compagni, Piacenza tornò a dedicarsi alla scalata del Kun (7077 m), una delle due vette gemelle del massiccio del Nun-Kun. Il 3 agosto, in lotta con i disagi causati dall’alta quota e dal vento gelido, Piacenza, Borelli, Gaspard e il portatore Ali Rahim riuscirono a toccare la cima della montagna. Fu la prima conquista italiana di un ‘7000’.
Sulla via del ritorno, Piacenza e Botta si congedarono dagli amici, diretti a Bombay, e proseguirono con il treno fino a Darjeeling, in Sikkim. Contavano di effettuare una ricognizione alpinistica nel massiccio del Kangchenjunga, terza montagna più alta del mondo, ma furono ricacciati a valle da pesanti nevicate. Com’era accaduto per le precedenti esperienze extraeuropee, Piacenza portò a casa rari esemplari della flora locale (tra i quali alcuni rododendri himalayani) poi messi a dimora nel parco della Burcina, realizzato dalla sua famiglia a Pollone.
Negli anni successivi Piacenza fu sempre più assorbito dal lavoro. Già nel 1911 la famiglia aveva aperto un nuovo stabilimento a Torino. In seguito Guido e Mario furono affiancati dal più giovane fratello Enzo, che riuscì a riportare agli antichi splendori l’attività industriale dopo la grande crisi del 1929 e a orientare la produzione del lanificio verso i tessuti per l’alta moda. Nel 1919, intanto, Mario aveva sposato Maria Capriolo, dalla quale ebbe tre figli: Elena, Felice e Franco.
Dal 1945 al 1957, anno della sua morte, oltre a occuparsi del lavoro in azienda, Piacenza ricoprì la carica di direttore del Museo nazionale della montagna di Torino, cui tra l’altro donò la sua straordinaria raccolta di opere d’arte e di oggetti ladakhi di uso quotidiano reperiti nel suo viaggio del 1913.
Morì a Biella il 16 aprile 1957.
Opere. Ascensione invernale al Cervino, in Rivista mensile del Club Alpino Italiano, 1907, pp. 255 s.; La prima ascensione del Cervino per la Cresta di Furggen, ibid., 1911, p. 322; Come fu vinta l’ultima e più difficile cresta del Cervino, in La Stampa, 16 settembre 1911; Spedizione al Caucaso, Persia e Turchestan, in Rivista mensile del Club Alpino Italiano, 1946, pp. 17-20; Esplorazione sul Kinchinjunga - Sikkim, in Bollettino del Club Alpino Italiano,1946, n. 78, pp. 21 s.
Fonti e Bibl.: La Fondazione Famiglia Piacenza, con sede in Pollone, dispone di un archivio storico, una fototeca e una raccolta di campionari tessili; nella fototeca sono custoditi alcuni film databili agli albori della cinematografia – oltre a circa 9000 lastre e stampe fotografiche che documentano la vita della famiglia e del lanificio Piacenza – tra i quali anche i film realizzati da Piacenza ai primi del Novecento che illustrano alcune delle sue imprese alpinistiche, nonché il film, le foto e i diari del fratello Guido, che nel 1912 compì un viaggio in Congo. Presso la Fondazione Sella, a Biella, sono conservate molte delle foto a tema alpinistico di Piacenza. Al Museo nazionale della Montagna di Torino sono custoditi materiali documentari e studi sull’attività alpinistica, oltre alla collezione di oggetti da lui riportata dalla spedizione in Ladakh.
U. Balestreri, Nell’Himalaya Cashmiriano, in Rivista mensile del Club Alpino Italiano, 1930, pp. 295-302; Nel Himàlaia Cashmiriano - Spedizione M. P.: relazione del dott. Cesare Calciati sulle note originali Borelli-Calciati-Piacenza, a cura di C. Calciati, Milano 1930; C. Gardini - G. Garimoldi - A. Schwarz, I fratelli Guido e M. P. pionieri, alpinisti, esploratori, Torino 1985.