MONICELLI, Mario
Regista cinematografico, nato a Viareggio il 16 maggio 1915. Di famiglia mantovana, figlio di un giornalista, appassionato di cinematografo, polemico critico del foglio di vita giovanile Camminare, fra il 1934 e il 1935 M. realizzò con il cugino Alberto Mondadori (del gruppo faceva parte l'appena maggiorenne A. Lattuada) due film a passo ridotto − Il cuore rivelatore, da Poe, e I ragazzi della via Paal, da Molnár − che, salutati con simpatia, gli consentirono di seguire la lavorazione di due lungometraggi, Ballerine di Machatý e Lo squadrone bianco di A. Genina, e di confrontare due metodi di lavoro.
Respinte le smanie artistiche alla Machatý, M. opta per il solido professionismo di Genina accettando, in una carriera mai interrotta dal 1936, di provarsi nei più disparati generi e di accostare maniere diversissime in un percorso variegato e vitale, ricco di successi e insuccessi, di consensi critici e di stroncature. Il sodalizio con gli scrittori umoristici che, fra guerra e dopoguerra, avviarono − per passare poi alla sceneggiatura di film comici − una serie di fortunati giornali d'intrattenimento, di taglio e d'impostazione cautamente frondista, consente a M. di scoprire e coltivare una sua vena divertita e divertente, umbratile e fresca, e d'individuare, approfondendola a poco a poco, una minipoetica che fa riferimento a figure di perdenti che, affascinati da imprese più grandi di loro, si mettono insieme fallendo di solito l'impresa.
Pur non alieno da incursioni nel filone drammatico, M. preferisce muoversi nell'ambito del cinema umoristico o comico. All'inizio, in coppia con Steno (S. Vanzina), firma sceneggiature e regie, convincendo Totò a recuperare, nella stagione del neorealismo, una propria vocazione realistica (Totò cerca casa, 1949; Guardie e ladri, 1951). Staccatosi da Steno, M. diede fisionomia e originalità ad alcune costanti, già presenti nel cinema d'intrattenimento, dando avvio al genere considerato della ''commedia all'italiana'' dove, sotto forme spesso scherzose, sono adombrate le carenze della società nazionale.
Per la vivacità del tratto e delle invenzioni, l'estro nell'individuare eccentrici caratteri, l'abilità nell'offrire ruoli insoliti ad attori affermati, vanno ricordati: I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), I compagni (1963), L'armata Brancaleone (1966), La ragazza con la pistola (1968), Amici miei (1975), Un borghese piccolo piccolo (1977), Temporale Rosy (1979), Speriamo che sia femmina (1986), Il male oscuro (1990). Dal 1949 al 1991, M. − professionista accorto, uomo colto e garbato − ha diretto quasi annualmente uno o più film, dal dramma contemporaneo, alla commedia, alla vivace ricostruzione biografica, come nel caso della vita di Rossini (1991).
Bibl.: O. Caldiron, Mario Monicelli, Roma 1980; M. D'Amico, La commedia all'italiana. Il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975, Milano 1985; F. Borghini, Mario Monicelli, cinquant'anni di cinema, Pisa 1985; S. Della Casa, Monicelli, Firenze 1986; M. Monicelli, L'arte della commedia, a cura di L. Codelli, Bari 1986; M. Grande, Le malinconie di Monicelli, in Bianco e Nero (gennaio-marzo), Roma 1986; F. Bolzoni, I soliti ignoti, in Cinema!, 7, ivi 1990.