MAFAI (Mafai Volpe), Mario
Nacque a Roma il 12 febbr. 1902 da Eleonora De Blasis, originaria di Città Sant'Angelo presso Pescara, e da padre ignoto.
Il cognome Mafai, d'invenzione, gli fu attribuito al momento della denuncia di nascita, fatta all'Anagrafe dalla levatrice. Solo molto più tardi, nel 1934, Mario Volpe, allora compagno della madre, con la quale gestiva a Roma, in piazza dell'Indipendenza, l'albergo Salus, gli diede il suo cognome. In seguito al riconoscimento perse il cognome di Mafai, ma già nel 1935, con regio decreto, fu autorizzato ad anteporlo al cognome Volpe.
Dopo le scuole elementari e le secondarie inferiori, il giovane M. fu iscritto al liceo scientifico perché la madre lo avrebbe voluto ingegnere elettrotecnico; ma le difficoltà in matematica lo spinsero a trasferirsi all'istituto tecnico, per diventare perito edile. Intanto, già intorno ai quindici anni, si era manifestata in lui la vocazione artistica, coltivata frequentando i corsi serali della scuola preparatoria alle arti ornamentali del Comune di Roma. Qui ebbe per insegnante il pittore e decoratore reatino Antonino Calcagnadoro, che per la severa disciplina impostagli nel copiare gessi e ornati, sarebbe stato in seguito ricordato con gratitudine dal M. come il suo unico maestro. I vari insuccessi scolastici lo spinsero nel 1921 ad abbandonare definitivamente gli studi tecnici per dedicarsi con maggiore continuità alla pittura. Cominciò così a frequentare sia l'Accademia britannica, in via Margutta, sia l'Accademia di Francia a Villa Medici, per esercitarsi a disegnare il nudo dal vero.
Il 4 marzo 1922 iniziò il servizio militare, assolto a Roma come allievo ufficiale negli aerostieri, gli addetti agli aerostati. Il servizio di leva fu concluso il 10 maggio 1924, anche se in realtà era in licenza per convalescenza dal 12 dic. 1923.
Nella primavera del 1924 conobbe Gino Bonichi (che dal 1929 si firmerà Scipione), del quale aveva sentito parlare con entusiasmo da un commilitone. Lo andò a trovare nella sua abitazione al quartiere Prati, dove il ventenne ex atleta, già malato ai polmoni, viveva con la famiglia; l'incontro segnò l'inizio di un sodalizio durato quasi dieci anni, fino dalla morte prematura di Scipione nel 1933.
A quell'epoca Bonichi, più giovane di due anni, già disegnava da autodidatta; ma il M. lo incoraggiò a seguire dei corsi regolari. Così frequentarono insieme la scuola libera del nudo annessa all'Accademia di belle arti di via Ripetta, dove il M. ritrovò il suo maestro Calcagnadoro. Tra i compagni di studio vi erano il catanese Mimì Lazzaro, con il quale in seguito sia il M. sia Scipione intrattennero un'importante corrispondenza (a lui il M. dedicò un Autoritratto, di gusto fauve, dipinto intorno al 1928, conservato a Roma in collezione privata e riprodotto in Appella et al., fig. 1), e il greco Enrico Franciskakis, ritratto più volte dal M., tra l'altro nel quadro intitolato lo Studente innamorato (1928 circa: Roma, collezione della Camera dei deputati), opera che denuncia l'attenzione verso la pittura dell'École de Paris.
Tra la fine del 1924 e il gennaio 1925 ebbe luogo l'altro incontro fondamentale nella vita del M.: quello con Antonietta (Antoinette) Raphaël alla scuola libera del nudo.
Originaria di Kaũnas in Lituania, Antonietta Raphaël aveva vissuto per circa vent'anni a Londra, dove era giunta con la madre nel 1905, dopo la morte del padre, il rabbino Simon. Diplomatasi in pianoforte alla Royal Academy of music, alla morte della madre lasciò Londra per Parigi, da dove poi si recò a Roma portando con sé pochi oggetti d'affezione, che si ritroveranno più volte raffigurati nei suoi quadri e in quelli del Mafai. Colta, esuberante e cosmopolita, Antonietta (nata probabilmente nel 1895, era comunque maggiore del M.) incarnò agli occhi dei due giovani, il M. e Scipione, il fascino dell'esotico e della bohème, riunendo in sé l'inclinazione visionaria e il misticismo del mondo orientale ed ebraico, all'atmosfera internazionale di Londra e Parigi.
All'incirca tra il 1925 e il 1927, nella formazione del M. e di Scipione furono importanti anche le visite allo studio di F. Ferrazzi, le sedute di pittura en plein air e la frequentazione della Biblioteca di archeologia e storia dell'arte in palazzo Venezia.
Andando con la memoria a quegli anni, il M. ricorderà (in Martinelli - Recupero - Velani, p. 18): "Chi sapeva di Goya, Velásquez, Breughel e Piero se non attraverso qualche sparuta riproduzione? E poi la pittura moderna: un vero giardino di delizie. È qui che trovammo Chagall, Kokoschka, è qui che ci mettemmo a contatto con la pittura di Parigi. La biblioteca era bene aggiornata. Negli antichi ricercavamo certe nostre aspirazioni; per esempio uno spirito metafisico che andava fino al favoloso. Perciò gustavamo molto certi particolari del Parmigianino o di Bosch, dei trecentisti minori, di Breughel e ne facevamo commenti".
Se in biblioteca i due impararono a conoscere i maestri del passato, compreso El Greco (studiato anche dal vero sui dipinti conservati a Roma nella Galleria Corsini, oggi presso la Galleria nazionale di Palazzo Barberini), tuttavia, per quanto riguarda l'interesse verso i pittori dell'École de Paris, è chiaro che un certo peso dovette averlo la stessa Raphaël, come nota Maurizio Fagiolo dell'Arco: "Entrambi devono molto a Antonietta [(] che porta nella loro imagerie i drappi e il rosso, il nomadismo e le deformazioni, l'icona e la veduta visionaria" (Fagiolo dell'Arco - Rivosecchi, 1986, p. 9); e Fabrizio D'Amico osserva: "attraverso di lei, attraverso una pittura ancora immatura ma già aggressiva, o semplicemente attraverso le sue parole, Kisling, Chagall, Soutine, Utrillo, soprattutto Modigliani e Derain, entrano a far parte del panorama di Scipione e di Mafai" (D'Amico - Goldin, p. 17).
Secondo una tarda testimonianza di F. Di Cocco, nel marzo 1925 il M. e Bonichi esordirono alla III Biennale romana grazie all'appoggio di C.E. Oppo, che li fece esporre fuori catalogo (G. Appella et al., Scipione 1904-1933 [catal., Macerata], Roma 1985, p. 133). Sebbene tale notizia, ripresa in tutti gli studi sul M. e Scipione successivi al 1985, sia difficilmente verificabile, resta il fatto che Oppo fu tra i sostenitori dei due giovani.
Nel luglio 1925, in seguito ad alcune incomprensioni, Antonietta Raphaël, già incinta della loro primogenita, lasciò Roma per trasferirsi in Toscana. Fra lei e il M. fu l'inizio di un rapporto difficile e burrascoso, destinato però, sia pure con alti e bassi, a durare tutta la vita (Antonietta morì a Roma nel 1975, dieci anni dopo il Mafai).
Il 2 febbr. 1926 nacque a Firenze Maria Raffaella (Miriam).
In autunno, il M. e Scipione conobbero alla scuola libera del nudo il giovane artista emiliano R.M. Mazzacurati, il quale, da poco giunto a Roma, lavorava a villa Strohl-Fern nello studio che Di Cocco condivideva con Arturo Martini.
Nel 1927 il M. partecipò al concorso per il pensionato artistico nazionale, ma non fu ammesso. In maggio espose all'Opera cardinal Ferrari con Scipione, Di Cocco e G. Ceracchini e in novembre alla mostra di studi e bozzetti organizzata dall'Associazione artistica nazionale di via Margutta. Sempre in novembre si trasferì ad abitare con Antonietta e Miriam, al n. 325 di via Cavour, a due passi dal Colosseo, all'ultimo piano di un palazzo umbertino poi demolito per far spazio alla via dell'Impero (poi dei Fori Imperiali). La coppia vi rimase appena due anni prima della partenza per Parigi, nel 1930; tuttavia è dall'indirizzo della loro casa-studio che R. Longhi inventò nel 1929 la definizione di "scuola di via Cavour", un'etichetta destinata a grande fortuna, ma certo concepita in modo bonario e scherzoso, vista la giovane età dei componenti e il modesto appartamento nel quale lavoravano.
Nella primavera del 1928 il M. presentò alla XCIV Esposizione di belle arti della Società amatori e cultori due quadri: Giovane e arancio e Case disabitate, dei quali non si ha più notizia. Il primo, tuttavia, noto da una riproduzione, rivela il gusto dei primitivi, da Giotto a Masaccio (ripr. in Martinelli, fig. 10).
Il 5 luglio nacque a Roma la secondogenita, Simona.
Il 1929 fu un anno importante per il M., i cui lavori iniziavano a essere notati dalla critica. In gennaio partecipò alla mostra di giovani pittori romani, indetta dall'associazione Il Convegno, presentata da C. Pavolini e allestita in palazzo Doria, nelle sale del Circolo di Roma.
Tra gli altri esposero Scipione, Ceracchini, che fu anche uno degli organizzatori, e Di Cocco. Il M. riscosse un buon successo, presentando diverse opere tra le quali un Autoritratto del 1928 (Firenze, collezione Alberto Della Ragione: La raccolta Alberto Della Ragione, Firenze 1970, fig. 59), a proposito del quale il poeta L. De Libero (p. 8) dirà più tardi che "s'era dipinto lucido e mordente che odorava ironicamente un fiorellino", un Ritratto di donna acquistato da Margherita Sarfatti, un Colosseo e altre vedute romane. Oppo, recensendo la mostra sul quotidiano La Tribuna del 27 genn. 1929, per primo evidenziò le affinità del M. con la pittura francese di matrice antimpressionista, mettendolo però in guardia sia da deformazioni eccessive sia dagli eccessivi riferimenti ai modelli del passato. Durante il Ventennio fascista, però, parte della critica giudicherà "disfattista" l'opera del M., proprio a causa di certe deformazioni e delle aperture verso l'arte europea.
In marzo, alla I Mostra del Sindacato laziale fascista degli artisti, allestita in palazzo delle Esposizioni e promossa da Oppo, il M. presentò due opere, Tramonto e Tramonto sul lungotevere (ripr. in Martinelli, figg. 18 s.), nella sala che accoglieva l'esordiente Raphaël (Paesaggio), Scipione (Tramonto), lo stesso Oppo con sette quadri, A. Bartoli con sei, A. Ziveri con Case e W. Biagini con cinque dipinti. Vi erano, inoltre, le sculture di A. Biagini e Arturo Martini.
A questa mostra si riferisce la celebre recensione di Longhi sul settimanale L'Italia letteraria del 14 apr. 1929 (p. 4): "Rimangono le misture più esplosive. Proprio sul confine di quella zona oscura e sconvolta dove un impressionismo decrepito si muta in allucinazione espressionista, in cabala e magia, stanno difatti i paesini sommossi e di virulenza bacillare del Mafai, la cui sovreccitata temperatura [(] potrebbe inscriversi al nome di un Raoul Dufy nostro locale. Così come la pittura di Antoinette Raphael, non tanto dal paesaggio qui contiguo a quelli del Mafai, quanto da altre cose che mi son venute sott'occhio nel ragguagliarmi su questa, che, dal recapito, chiamerei "la scuola di via Cavour", potrebbe rivelare i vagiti o la rapida crescenza di una sorellina di latte dello Chagall".
In giugno, a Roma, il M. partecipò con due quadri, Adamo ed Eva (ripr. in Martinelli, fig. 21) e un paesaggio, alla CLIX Esposizione collettiva alla casa d'arte Bragaglia e in autunno inviò due opere alla III Mostra marinara d'arte.
Importanti, in questi anni, sono anche i contatti che il M. e Scipione stabilirono con l'ambiente letterario, tra gli altri, con De Libero, G. Ungaretti, A. Beccaria, L. Sinisgalli, A. Santangelo, E. Falqui ed E. Montale.
Il 13 genn. 1930 nacque a Roma la terza e ultima figlia, Giulia. In febbraio il M. presentò alla II Sindacale del Lazio quattro dipinti, tra i quali un Autoritratto (1929: collezione privata, ripr. in Fagiolo dell'Arco - Rivosecchi, 1988, fig. 134) nell'atteggiamento düreriano del malinconico, con la tempia appoggiata a una mano e la matita nell'altra. Ai primi di marzo il M. e Antonietta Raphaël partirono per Parigi, lasciando le figlie dalla nonna paterna. Tranne brevi rientri a Roma, Antonietta si trattenne all'estero per quasi quattro anni, durante i quali iniziò a studiare scultura a Parigi e a Londra, dove fu sotto la guida di Jacob Epstein. Tornò definitivamente a Roma solo dopo la morte di Scipione, avvenuta il 9 nov. 1933. Il M., invece, alternò ai soggiorni parigini lunghi periodi in Italia e collaborò, fra l'altro, con articoli e disegni a riviste quali L'Italia letteraria e Fronte; di quest'ultima, fondata nel 1931 dall'amico Mazzacurati, uscirono solo due numeri.
Nel novembre 1930 si tenne presso la galleria di Roma diretta da P.M. Bardi l'importante doppia personale del M. e di Scipione, con una ventina di opere ciascuno.
Il M., rientrato per l'occasione dalla Francia, espose dipinti degli anni precedenti e quadri recenti, eseguiti a Parigi, i quali denunciano l'affacciarsi di un nuovo interesse verso i valori atmosferici cari alla pittura impressionista. L'esposizione suscitò vivo interesse e numerose attestazioni di stima, se non proprio di piena condivisione, da parte di alcuni fra i maggiori critici, come Oppo, P.M. Bardi, Pavolini, A. Francini, F. Trombadori, V. Guzzi, M. Biancale, A. Neppi e R. Melli.
Nel gennaio 1931 il M. espose tre quadri alla I Quadriennale di Roma, ma avendo appena sostenuto lo sforzo della personale, non si presentò al meglio; in settembre due sue opere furono incluse in una mostra itinerante del "Novecento italiano", organizzata da Margherita Sarfatti, che da Stoccolma passò a Helsinki e l'anno dopo a Oslo; in novembre espose un'opera alla Exhibition of contemporary Italian paintings, che si tenne a Baltimora e poi in altre città degli Stati Uniti.
Al principio degli anni Trenta, intanto, il M. era entrato in una nuova fase creativa, segnata da un rinnovato interesse per la luce, che attraverso la riflessione sull'opera di Filippo de Pisis e Giorgio Morandi lo condusse a una visione lirica e meditativa della realtà, resa schiarendo i toni e rendendoli vibranti. Questa nuova stagione pittorica trovò nel tema dei Fiori un'ideale fonte di ispirazione. Dipinti, inizialmente, al sole, i fiori segnano infatti, anche simbolicamente, il passaggio dagli impasti tenebrosi derivati dall'influenza dei maestri antichi a una pittura chiara e costituiscono "una sorta di rassegnate elegie che parlano della morte vitale ovvero della vita agonizzante" (Fagiolo dell'Arco, 1989, p. 16).
Nel 1932 presentò nove dipinti alla III Sindacale del Lazio e per la prima volta partecipò, con una natura morta, alla Biennale di Venezia. Alla successiva edizione, nel 1934, espose due quadri di fiori e un autoritratto.
Negli anni 1933-34 il M. fu impegnato a dipingere alcuni dei suoi capolavori, come Donne che stendono al sole, del 1933 circa (collezione privata: ripr. in Appella et al., fig. 13), Nudo in riposo, del 1933 (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), La lezione di piano, del 1934 (collezione privata, ripr. ibid., fig. 15), oltre alla già ricordata serie dei Fiori. Nel 1935 questi dipinti furono tra quelli presentati alla II Quadriennale di Roma, dove il M. ebbe una sala personale nella quale espose ventinove opere. Tra queste il Governatorato di Roma acquistò Donne che si spogliano, del 1934 circa (Roma, Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea), un quadro intenso e allucinato, quasi un omaggio a Scipione.
L'autopresentazione in catalogo (p. 35) contiene una lucida dichiarazione di poetica, tra realtà e metafisica, che preannuncia anche gli sviluppi futuri della sua pittura: "Comprendere meglio il vero non nel senso che gli si dà abitualmente, ma nel suo carattere di assoluto e di eterno che è in ogni cosa creata; questo mi sembra necessario [(]. Un lavoro serio e responsabile [(] più umano che estetico, più vivo che accademico". Da questa esposizione, che gli fruttò anche un premio di 5000 lire, la sua posizione uscì rafforzata.
Il 20 luglio 1935 sposò a Roma, con rito civile, Antonietta Raphaël.
Nel febbraio 1936 espose tre quadri di fiori alla VI Sindacale del Lazio e in giugno partecipò alla XX Biennale di Venezia con tre opere. In autunno il M. ebbe l'incarico di decorare il salone al piano terra della casa della Gioventù italiana del littorio (GIL), a Trastevere, progettata dall'architetto Luigi Moretti. All'esecuzione della grande pittura murale sul tema del Trionfo di Cesare, scialbata dopo la guerra e nota attraverso fotografie, collaborarono Antonietta Raphaël, Ziveri e Mazzacurati.
Nel gennaio 1937 il M. tenne un'importante personale presso la galleria della Cometa, diretta dall'amico L. De Libero.
Presentato da Emilio Cecchi, espose, oltre a numerose vedute di Roma intitolate Paesaggio romano, anche diverse Demolizioni, un soggetto ispirato, non senza polemica, agli sventramenti che il regime fascista stava compiendo. All'epoca, tuttavia, la valenza critica insita in queste opere non fu percepita, anche perché il regime stesso incoraggiava a documentare quanto andava scomparendo. In aprile alla VII Sindacale del Lazio presentò tre opere, delle quali Demolizione di via Giulia (1936: Roma, Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea) fu acquistata dal Governatorato.
Ancora nel 1937, su segnalazione di F. Ferrazzi, ottenne dall'Accademia d'Italia un premio d'incoraggiamento di 2500 lire, accordato anche a C. Cagli e F. Pirandello.
Nel 1938 alla XXI Biennale di Venezia gli fu riservata una sala con Ziveri, un accostamento significativo, che evidenziava la svolta realista in atto nella pittura italiana.
Espose nove dipinti, tra i quali l'autoritratto La comparsa, del 1937 (Roma, collezione Claudio e Elena Cerasi: ripr. in M. Fagiolo dell'Arco - V. Rivosecchi, La Scuola romana nel Novecento. Collezione Claudio e Elena Cerasi, Milano 2002, p. 73), mostra già le prime avvisaglie di un ritorno all'espressionismo dopo un periodo in cui, sia pure in modo indipendente, il M. aveva partecipato alla fase tonale della Scuola romana.
Nel febbraio del 1939 partecipò, solo con un paesaggio eseguito circa dieci anni prima, alla III Quadriennale di Roma. In luglio espose un'opera nel padiglione italiano alla Esposizione universale di New York e in agosto, presentato da C.L. Ragghianti, tenne una personale alla galleria Arcobaleno di Venezia, con una trentina di opere. In quell'occasione espose le prime Fantasie, col titolo Scherzo, una serie che attraverso strane processioni di maschere e grovigli di nudi, memori di F. Goya, J. Ensor e G. Grosz, preannunciava i massacri della guerra. In settembre fu richiamato come riservista e assegnato alla caserma Filippo Corridoni di Macerata, dove rimase, tranne brevi soggiorni a Roma e a Genova, fino al dicembre 1942, quando fu posto in congedo illimitato.
Per sottrarsi all'inasprimento delle leggi razziali, nel novembre 1939 la famiglia si trasferì a Genova, dove poteva contare sull'aiuto di alcuni amici collezionisti, come Emilio Jesi e Alberto Della Ragione. In dicembre il M. partecipò a Milano alla seconda mostra di Corrente alla galleria P. Grande. Nel gennaio 1940 tenne una personale alla galleria Barbaroux di Milano; in aprile espose a Roma alla IX Sindacale del Lazio; e in autunno, tra molte polemiche, vinse con Modelli nello studio (1940: Milano, Pinacoteca di Brera) il premio Bergamo (pari a 25.000 lire), allora il concorso artistico di maggior prestigio in Italia, dopo la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma.
Nel marzo 1941 a Genova, presso la galleria Genova, espose venti opere in una doppia personale con M. Marini. Nel 1942 pubblicò alcune lettere inviategli da Scipione e la celebre raccolta di pensieri intitolata Il pittore, l'uomo, le pere, nel fascicolo (nn. 25-27, gennaio-marzo) della rivista di Curzio Malaparte Prospettive, dedicato al tema "Paura della pittura". Nello scritto il M. evidenziava le difficoltà che l'artista contemporaneo incontra nel ritrarre la figura umana, mentre appare a proprio agio di fronte agli oggetti. In aprile a Roma espose tre paesaggi alla X Sindacale del Lazio. Secondo la testimonianza della figlia Simona (in Fagiolo dell'Arco, 1994, p. 29), sempre nel 1942, a Genova, in piena clandestinità, il M. aderì al Partito comunista italiano (si allontanerà dal Partito nel 1956 in seguito ai fatti di Ungheria).
Nel 1943 uscì, nella collana "Quaderni del disegno contemporaneo" edita dalla galleria della Spiga e Corrente di Milano, il volume Mafai: 24 disegni e una tavola a colori, con prefazione di A. Santangelo. A Roma espose in marzo con Giacomo Manzù alla galleria dello Zodiaco, presentato da Alberto Moravia; e in maggio partecipò alla IV Quadriennale con due paesaggi e un Autoritratto (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), quest'ultimo acquistato dal ministero dell'Educazione nazionale per 15.000 lire. In settembre rientrò con la famiglia a Roma e nell'agosto 1944, poco dopo la Liberazione, partecipò con sei Fantasie e una copia da E. Delacroix della Libertà che guida il popolo alla mostra "Arte contro la barbarie", promossa dal quotidiano comunista L'Unità alla galleria di Roma. Nel 1944 partecipò attivamente anche all'organizzazione della Libera associazione delle arti figurative e, dall'anno successivo, per oltre un decennio, collaborò all'attività dell'Art Club, fondato da Enrico Prampolini e Josef Jarema. Nel marzo del 1945 pubblicò nella rivista Rinascita, diretta da P. Togliatti, l'importante scritto dal titolo Possibilità per un'arte nuova, col quale intervenne nel dibattito, allora di grande attualità, riguardante il rapporto tra forma e contenuto, auspicando il ricorso a soggetti più espressivi, ma insistendo sul fatto che, comunque, è la forma quella che assume il significato maggiore in un'opera d'arte.
Già a partire dal 1944 e poi sempre più nel dopoguerra il M. intensificò l'attività espositiva, partecipando a collettive e tenendo personali presso musei e gallerie private, sia in Italia sia all'estero.
Nel 1948, a Roma, il M. intervenne alla Rassegna nazionale di arti figurative, promossa dall'Ente autonomo Quadriennale, mentre la XXIV Biennale di Venezia gli dedicava una mostra antologica con opere dal 1938 al 1947, presentate in catalogo da Giuseppe Marchiori. Nel 1949 uscì presso De Luca la monografia di L. De Libero a lui dedicata.
Negli anni Cinquanta l'attività espositiva proseguì intensa; il M. ottenne anche numerosi riconoscimenti tra i quali, nel 1955, il premio del Comune di Roma di 1.000.000 di lire alla VII Quadriennale. Nella prima metà del decennio la sua pittura rifletteva le problematiche legate alla questione del realismo, centrale nella cultura italiana del tempo; ma a partire dal 1956, in coincidenza con una profonda crisi maturata anche in seguito ai difficili rapporti con il Partito comunista, il M. intraprese un percorso personale che lo portò alle soglie dell'astrattismo. Partecipò alle edizioni della Biennale di Venezia del 1950, 1952 e 1954. A Roma nel 1951 tenne un'importante personale presso lo studio d'arte Palma e presentò quattro opere alla VI Quadriennale (vi esporrà anche nelle due edizioni seguenti del 1955 e del 1959).
La nuova fase di ricerca intrapresa dal M., all'insegna di un distacco sempre più marcato dalla figurazione, si palesò nel 1957 in occasione della seconda personale tenuta alla galleria La Tartaruga di Roma con la presentazione di Lionello Venturi e si evidenziò con forza l'anno seguente, alla XXIX Biennale di Venezia, dove il M., sempre presentato da Venturi, espose diciassette dipinti, eseguiti tra il 1956 e il 1958, sul tema dei Mercati e delle vedute di Roma, caratterizzati dal prevalere di pure, vibranti, tessiture cromatiche.
Gli esiti ulteriori di questa nuova fase pittorica sono documentati dalle opere esposte nelle personali alla galleria La Tartaruga di Roma (1959), alla galleria Blu di Milano e alla Bussola di Torino (1960) e alla VI Biennale di San Paolo del Brasile (1961).
Nel 1959, nell'ambito della VIII Quadriennale di Roma, fu organizzata la mostra intitolata "Sguardo alla giovane Scuola romana dal 1930 al 1945", curata da G. Castelfranco e D. Durbé, nella quale furono esposti otto dipinti storici del M., riconosciuto ormai figura di spicco all'interno di quel gruppo non omogeneo di artisti che va sotto il nome di Scuola romana.
Nel marzo 1964 tenne a Roma, presso la galleria L'Attico di Bruno Sargentini, presentato da G. C. Argan, la sua ultima personale.
Vi espose la drammatica serie delle Corde, ossia tele sulle quali erano stati incollati dei frammenti attorcigliati di corda, raccolti per la strada. In questa occasione il M. sentì il bisogno di scrivere in catalogo (in Argan) una premessa che, date le circostanze, assumeva non solo il valore di una chiarificazione, ma di un vero e proprio testamento spirituale: "Io non sono un altro. Ho soltanto rinunziato all'attaccamento affettivo verso le cose, alle piacevoli tessiture, ai pittoricismi squisiti; sono diventato più libero, più nudo e più io [(]. Ho cercato entro me stesso affidandomi alle corde come alle nervature del mio essere per raggiungere uno spazio, una dimensione nuova, un linguaggio a me necessario; nel caso dovesse risultare autentico, lo ritroveranno anche gli altri".
Il M. morì a Roma il 31 marzo 1965.
Alla fine dell'anno la IX Quadriennale di Roma gli rese omaggio con una retrospettiva che riuniva diciotto opere storiche. Nella presentazione in catalogo V. Martinelli rivendicò con decisione la statura europea del M., contro chi voleva limitarne la portata a fenomeno locale, legato alla città di Roma. Nel 1967 uscì la monografia dello stesso Martinelli, imprescindibile punto di partenza per studiare l'artista, e nel 1969 si tenne a Roma, organizzata dall'Ente premi, la prima ampia retrospettiva. Nel 1984 con introduzione di G. Appella è stato pubblicato dalle Edizioni della Cometa il Diario 1926-1965 del M.; del 2004 è il romanzo Il risveglio della bionda sirena. Raphaël e M. Storia di un amore coniugale di Enzo Siciliano, edito a Milano.
Fonti e Bibl.: L. De Libero, M. M., Roma 1949; L. Venturi, Pittori italiani d'oggi, Roma 1958, pp. 30-42; G. Castelfranco - D. Durbé, La Scuola romana dal 1930 al 1945 (catal.), Roma 1960, pp. 42 s., 62; G.C. Argan, M. Opere recenti (catal., galleria L'Attico), Roma 1964; V. Martinelli, M. M., Roma 1967; D. Micacchi, Omaggio a M. (catal., galleria La Nuova Pesa), Roma 1967; V. Martinelli - J. Recupero - L. Velani, M., (catal.), Roma 1969; A. Terenzi - G. Briganti, Mostra retrospettiva delle opere di M. M. (catal.), Todi 1977; M. Fagiolo dell'Arco, Scuola romana. Pittori tra le due guerre (catal., galleria Cembalo Borghese), Roma 1983, pp. 113-118; G. Appella - F. D'Amico - F. Gualdoni, M. 1902-1965 (catal., Macerata), Roma-Milano 1986; M. Fagiolo dell'Arco, Scuola romana. Pittura e scultura a Roma dal 1919 al 1943, Roma 1986, pp. 29-43 e passim; M. Fagiolo dell'Arco - V. Rivosecchi, M., Roma 1986; M. Fagiolo dell'Arco - V. Rivosecchi, Scuola romana. Artisti tra le due guerre (catal.), Milano 1988, pp. 69-86 e passim; M. Fagiolo dell'Arco, I fiori di M. (catal., Roma, galleria Netta Vespignani), Torino 1989; G. Appella, "Le fantasie" di M. M. (catal., Milano), Roma 1989; F. D'Amico - F. Gualdoni, M. M.: le fantasie (catal., Modena), Bologna 1990; F. Gualdoni, in F. D'Amico et al., Nove maestri della Scuola romana, Torino 1992, pp. 114-151; M. Fagiolo dell'Arco, I M. Vite parallele (catal., galleria Netta Vespignani), Roma 1994; G. Appella et al., M. M. (1902-1965). Una calma febbre di colori (catal., Roma), Milano 2004; F. D'Amico - M. Goldin, Casa Mafai Da via Cavour a Parigi (1925-1933) (catal., Brescia), Conegliano 2004.