DE LUIGI (Deluigi), Mario
Nacque a Treviso il 21 giugno 1901 da Eugenio, titolare di un'impresa di decorazioni per interni, e da Alceste Pasti. Conseguì privatamente il diploma di maturità artistica a Venezia nel 1925 e, cedendo alle pressioni familiari, rinunciò ad iscriversi al conservatorio per frequentare l'accademia di belle arti, dove studiò pittura con E. Tito e, dal 1927, con V. Guidi, senza tuttavia terminare gli esami. Partecipò nel 1928 alla XIX mostra di Ca' Pesaro con uno Studio ed un Ritratto, nel 1930 alla Biennale con Quadro-Ragazza e nel 1931 a una collettiva presso la galleria Asta di Venezia con dodici dipinti eseguiti fra il 1929 e il 1930 (due dei quali - Silos "Velluti"e Figura - riprodotti nel relativo catalogo, Mostra di pittura, 1931).
Perdutesi le tracce di queste prime opere datate - di cui alcune riproposte nel 1933 al Milione di Milano - ne documentano probabilmente lo stile sul finire del primo decennio alcune nature morte e figure (Venezia, collezioni degli eredi Eugenio e Rosanna De Luigi) la cui maniera morbida, memore del tonalismo di Guidi, è assimilabile a quella del Silos "Velluti".Nel 1932 il D. presentò alla Biennale, per la sezione d'arte decorativa, il mosaico Il bagno (Treviso, coll. Gemin, p. 182 del cat., ripr. in Dal Co-Mazzariol, 1984, p. 100), realizzato con l'amico architetto Carlo Scarpa, con il quale collaborò in" quegli anni ad allestimenti e a progetti (l'interno del caffè Lavena a Treviso e l'arredamento di due ambienti in casa di Ferruccio Asta nel 1931; il progetto per il piano regolatore di Mestre nel 1934; quello per la stazione dell'ACNIL di Venezia nel 1937). Al 1936 risale La scuola, commissionatagli da A. Lanzillo per l'ex sede della facoltà di economia e commercio appena allestita da Scarpa in Ca' Foscari: una tela applicata a muro (oggi trasferita nell'attuale aula magna), dove il novecentismo che ispirava il mosaico del '32 cede il posto alle suggestioni di Picasso e di Gris.
I motivi di questa evoluzione vanno ricercati per un verso nella febbrile opera di aggiornamento compiuta con Scarpa - i cui dipinti di quegli anni denotano una palese sintonia di ricerca - sui testi stranieri importati a Venezia dalla libreria Il Campanile, per l'altro nell'apporto di G. Severini, la corrispondenza col quale, documentata dal 1936 (Venezia, archivio M. De Luigi) lascia supporre una frequentazione antecedente.
Nel 1936 presentò senza successo a Genova il bozzetto per il monumento alla regina Margherita. L'anno seguente si recò a Parigi, dove aveva già brevemente soggiornato nove anni prima, e all'Esposizione universale poté vedere Guernica, come ricorda la moglie Rosanna Quarti di Travano che lo accompagnò. Il tentativo di conciliare il cubismo con le esigenze monumentali del regime - auspice G. Marchiori, che aveva preferito il suo murale in Ca' Foscari a quello prospiciente di M. Sironi (Marchiori, 1937, p. 158) - è visibile nel progetto presentato dal D. insieme con G. Majoli nel 1939 al concorso, poi annullato, per il mosaico del salone centrale del palazzo dei ricevimenti e congressi all'Esposizione 1942 (per le vicende del concorso, vedi E 42. Utopia e scenario del regime [catal.], Roma 1987, II, pp. 231 ss., 338 ss.).
A questo momento spettano anche alcune tempere su tavola, fra cui Donne al traghetto (1936; Venezia, coll. Eugenio De Luigi), Donne in bicicletta (1936; già Milano, coll. Berto Morucchio), Natura morta (1938; Venezia, coll. Franchi) e un gruppo di ritratti della moglie (Venezia, coll. Rosanna De Luigi).
Nel 1942 il D. allestì con Scarpa alla Biennale di Venezia la mostra di Arturo Martini, che lo volle per quell'anno come sostituto presso la cattedra di scultura all'accadernia di belle arti. La loro amicizia si interruppe bruscamente nel 1944, quando il D. inaugurò la fase dello "ispazio fisiologico" (Scarpa, 1968, p. 147). Ne furono il preludio una serie di monotipi quali Le zucche, Il traghetto, Donne in gondola, L'uomo in verde (tutti a Venezia, coll. Caterina Bianchi), esposti alla prima personale del D. tenuta a Venezia presso la galleria Il Cavallino di Carlo Cardazzo, da allora suo impresario oltre che amico.
Il primo esito in pittura fu il S. Sebastiano del 1945 (ripr. in M.D. 25ªmostra..., 1947, pp. n. num.; altra versione contemporanea ripr. in Marchiori, 1980, p. 252; il bozzetto è a Venezia, coll. Caterina Bianchi), accanto al quale vanno ricordati principalmente la Merlettaia, che ottenne un riconoscimento nel 1946 al premio Burano (ripr. in M.D. 25ªmostra..., 1947, pp. n. num., col titolo Figura;ilbozzetto è a Venezia, coll. Caterina Bianchi), e Tobia e l'angelo, che vinse nel 1947 il premio Abano (ripr. in Premio Abano Terme, 1947, tav. III). Si tratta di opere ad olio sutavola dove le forme sinuose tradiscono un'ascendenza surrealista ma del cubismo conservano la densità plastica. Già con Omaggio a Claudia (Roma, Gall. naz. d'arte moderna, in dep. presso il Consiglio naz. delle ricerche), esposto alla Quadriennale romana del 1947, il chiaroscuro è abbandonato per un tentativo di sintesi fra forma e colore e per l'accentuazione del dinamismo spaziale - cui non è estraneo il ricordo di Balla - che caratterizzeranno i dipinti fra il 1948 e il 1950.
Nonostante le insistenze di Cardazzo perché si trasferisse a Milano (dove espose per lui al Naviglio nel 1947), il D. continuò a vivere a Venezia. Qui nel 1946 aveva fondato con Scarpa e A. G. Ambrosini la "Libera scuola di arti plastiche" - esperimento significativo, anche se di brevissima durata - e ottenuto la cattedra di scenografia all'istituto universitario di architettura, che conservò fino al 1970. Nel 1948 fu invitato con quattro opere alla Biennale, dove due anni dopo presentò le Litanie della Vergine, un insolito tributo a Mondrian (acquistato dai Musei Vaticani). Nel 1949 Omaggio a Sarah (Milano, coll. Paolo Cardazzo) ottenne un premio alla Rassegna internazionale di arti contemporanee.
Il 26 nov. 1951 al Naviglio, mentre era in corso la sua personale destinata a segnare la fine del periodo "fisiologico", il D. sottoscrisse il quarto manifesto spaziale. Il 17 maggio 1952 firmò quello del Movimento spaziale per la televisione e da quell'anno condivise in larga misura l'attività espositiva del gruppo. Nel gennaio del 1953 concorse al premio Graziano con il suo primo grattage provvisto di un estremo cronologico certo: Gettata di acciaio in fonderia (ripr. in Premio Graziano, s. l. 1953, s. p.).
La datazione al 1950 proposta da Giani (1956, tav. 31) per Ritmo di uno spazio - cui di solito tale primato è attribuito - è troppo precoce, come provano Omaggio n.3 del 1951 (ripr. in M.D. 113ª mostra del Naviglio, s.l. 1951, pp. n. num.), Gocce rosse, la cui data in parte svanita può meglio leggersi 1951 che 1954 (Milano, Gall. d'arte moderna, raccolta Boschi) e la serie degli Amori, presentata alla Biennale del 1952 (un esemplare ripr. in Marchiori, 1980, p. 252). Ma fu la dissoluzione della forma nello spazio, ormai consumata in questi olii, a consentire l'impiego del nuovo medium espressivo, il cui procedimento consisteva nel ricoprire uniformemente di colore la tela, preparata con uno strato di gesso bianco, per recuperare poi, con uno strumento acuminato, il fondo sotto forma di tracce luminose. Da L. Fontana furono mutuati i mezzi operativi ma non la centralità del gesto, irrilevante per il D. che i grattages li progettava. Egli si volse invece alla poetica del segno, sebbene ottenuto per via "di levare" anziché "di porre", da cui la differenza rispetto ai white writings di M. Tobey. È difficile una periodizzazione dei grattages per l'incertezza di molti dati cronologici, il sovrapporsi delle numerazioni dei titoli e il ricorrere nel tempo delle soluzioni. Tuttavia si possono distinguere i primissimi esemplari, dalla cui luminescenza diffusa traspare ancora l'ombra di una forma (Spazio luce1955, Milano, coll. del Naviglio), le successive tessiture ottenute svelando con la spatola la trama della tela (G.V. 22 del 1959, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e le innumerevoli variazioni sul puro rapporto fra il segno filiforme e la superficie crornatica (G.G. 105 del 1960, Venezia, Museo d'arte moderna; G.V. 103 del 1963, Venezia, coll. del Cavallino; G.N. 350 del 1973, ripr. in D. a Palazzo Reale, 1975, fig. 45).Fu questo il definitivo approdo dell'arte del D., con le sole deroghe del mosaico e della scenografia. Dal 1953 eseguì alcuni mosaici per le centrali termoelettriche della SADE a Soverzene, Samplago e Fedaia; nel 1956 realizzò con Ambrosini quello nell'atrio della stazione ferroviaria di Venezia. Con un altro mosaico vinse tre anni dopo il primo premio alla Mostra ravennate del mosaico moderno (ripr. in Mostra di mosaici moderni, 1959, p. 13) e diversi gliene richiese Scarpa per i suoi allestimenti fra il 1961 e il 1963 (per il padiglione del Veneto all'Esposizione Italia 1961 tenutasi a Torino; per il giardino della Fondazione Querini Stampalia a Venezia; per il negozio già Gavina, ora Simon, a Bologna). Fra le scenografie sono da segnalarsi quelle del 1954 per Iquattro rusteghi di E. Wolf Ferrari alla Fenice. Sua fu anche la sistemazione degli stucchi canoviani nella gipsoteca di Possagno, ampliata da Scarpa. Nel 1960 la Quadriennale, cui intervenne regolarmente, gli concesse una sala ed una gli fu accordata otto anni dopo dalla Biennale, cui aveva partecipato nel 1954, nel 1962, e nel 1964. Su invito di Max Bill espose nel 1960 alla mostra Konkrete Kunst di Zurigo - una delle sue rare presenze a manifestazioni estere -, mentre la sua attività espositiva si concentrava soprattutto nelle personali, prevalentemente ospitate dalla galleria di Cardazzo. Dal 1971 detenne la cattedra di visualizzazione della forma presso l'istituto universitario di architettura di Venezia e due anni dopo iniziò l'attività di docente alla "Sommerakademie" di Salisburgo. Nel 1975 fu nominato presidente della Fondazione Bevilacqua La Masa ed allestì una antologica, curata dal Naviglio, nel palazzo reale di Milano.
Morì nell'ospedale di Dolo (Venezia) il 27 maggio 1978.
Fonti e Bibl.: Per le esposizioni del D. la fonte più completa è Galleria d'arte il Traghetto, D., Venezia 1984, che integra D. a palazzo reale, dove molte sono le imprecisioni. Cfr. inoltre: Mostra dipittura (catal.), Venezia 1931, pp. n. num.; Cinquepittori veneti al Milione (catal.), Milano 1933, pp. n. num.; G. Marchiori, Cronache: Venezia, in Emporium, LXXXV (1937), 507, p. 158; A. G. Ambrosini, Prime considerazioni di spazio e oggettoin pittura. A proposito del S. Sebastiano di M. D., Venezia. 1945; G. Marchiori, Venezia. Mostreriassuntive, in Emporium, CIII (1946), 617, pp. 305 s.; O. V[ergani], Salietti. Lilloni, D., in L'Illustr. ital., 30 marzo 1947, p. 280; Premio AbanoTerme (catal.), s. l. 1947, p. 34, tav. III; M. D., 25ª mostra del Naviglio (Milano, catal.), Venezia 1947; Rassegna di pittura ital. contemporanea (catal.), Venezia 1949, s. p.; Mostra nazionale premioFiorino (Firenze, catal.), s. l. 1950, p. 12; Mostranazionale di pittura. Premio Arbiter (Trieste, Gall. Casanuova, catal.), Venezia 1952, s.p.; VI Premionazionale di pittura F. P. Michetti, Francavilla, agosto-settembre 1952, s. n. t., p. 30; G. P. Giani, Spazialismo. Sviluppo di una tendenza artistica, Milano s. a. [1956], tavv. 31-36; D. (Galleria Selecta, catal.), s. l. né a. [1957]; A. Canellini, Arteastratta, Milano 1958, pp. 167, 172, 176 ss.; Mostra di mosaici moderni (Ravenna, catal.), Faenza 1959, p. 13; Galleria d'arte Ferrari, M. D. (catal.) Verona 1962; G. Ballo, La linea dell'arte ital. dalsimbolismo alle opere moltiplicate, Milano 1964, pp. 214, 219 s., 222, 226, 25 2; S. Branzi, M. D., in LeArti, XVI (1966), 3, pp. 46 s.; G. Scarpa, Colloquicon A. Martini, Milano 1968, ad Indicem;I. Tomassoni, Arte dopo il 1945. Italia, Bologna 1971, pp. 31-34, 114 s.; M. D. 593ª mostra del Naviglio (Milano, catal.), s.l. né a. [1972]; D. a palazzoreale (catal.), Milano 1975; G. Marchiori, M. D., in Biennale di Venezia. Sezione arti visive. Catal. generale, Venezia 1980, pp. 250-253; L'informalein Italia (Bologna, catal.), a cura di R. Barilli-F. Solmi, Milano 1983, p. 318; F. Dal Co-G. Mazzariol, Carlo Scarpa. Opera completa, Milano 1984, ad Indicem; III Biennale naz. d'arte contemporanea. Generazione primo decennio (Rieti, catal.), Bologna 1985, p. 167; D[ino] M[arangon], D.L., in Lo spazialismo a Venezia (Venezia, catal.), Milano 1987, pp. 112 s.