COLONNA, Mario
Nacque probabilmente a Roma nella prima metà del sec. XVI da Stefano di Francesco del ramo di Palestrina della famiglia, e da Elena di Niccolò Franciotti, signore di Basanello e Carbognano.
È necessario sottolineare che una lettera manoscritta della Bibl. Apost. Vaticana, inviata alla madre Elena certamente dopo la morte del C., serve a smentire la notizia, tramandata da alcuni biografi, secondo cui egli sarebbe stato figlio naturale di Stefano.
Il padre, nominato luogotenente generale di Cosimo de' Medici nel 1541, si trasferì con la famiglia a Firenze; morì nel 1548. Il C. fu educato allo studio delle lettere; apprese il latino e si dedicò al culto della poesia. Sappiamo che visse a lungo a Firenze e che, a partire dal '62, fu al servizio della corte di Cosimo. Il duca, nel 1564, lo inviò, in qualità di ambasciatore presso. Massimiliano II per porgergli le condoglianze per la morte dell'imperatore Ferdinando e, insieme, le felicitazioni per l'avvenuta successione al trono. Il C. ebbe l'amicizia e la stima di due importanti intellettuali fiorentini quali Pier Vettori, che lo loda spesso nel suo epistolario, e Pietro Angèli da Barga, anch'egli, come il C., innamorato di Fiammetta Soderini. Ugualmente gli furono vicini o, almeno, lo conobbero e ne apprezzarono le qualità intellettuali, il Varchi, Bernardo Medici, il Beccadelli, Annibal Caro. Amò, come si è accennato, Fiammetta Soderini da lui celebrata in numerose poesie. Condusse una vita disordinata, ed alcuni affermano che, per un certo tempo, perse la ragione a causa del mal francese. Di questa malattia si ha notizia in una lettera al Vettori del 1558 di Domenico Giannotti. Al 1568 risale la pubblicazione di alcuni versi del C. in un volume di poesie di Pietro Angèli edito dai Giunta.
Si tratta di ventitré componimenti latini (tra cui gli epitaffi per il fratello Giacomo, per Michelangelo Buonarroti, per Benedetto Varchi ed alcuni epigrammi) dedicati a personaggi più o meno celebri del tempo. Dopo la dedica della raccolta a Cosimo, de' Medici, ci sono versi per il Vettori, il Varchi, il Beccadelli, l'Angèli, e per Ascanio Ripa. La raccolta delle poesie toscane (stampata nel 1589) contiene, oltre ai soliti sonetti encomiastici per i Medici e per altri personaggi celebri, un folto gruppo di sonetti per Fiammetta, una canzone, tredici madrigali ad una nuova Monna Petra e le stanze del poemetto in ottave per la Soderini. L'insieme di questa produzione in volgare si colloca con certezza all'interno di una affermata tradizione della letteratura italiana che nel canzoniere petrarchesco trova il termine obbligato di confronto, anzi di imitazione; che da Boccaccio recupera casualmente il nome della donna amata e non casualmente l'uso dell'ottava per cantarne la bellezza e l'amore; e che nelle Pietre madrigali fa rivivere il non spento ricordo delle rime petrose dantesche. Tuttavia questa poesia non può essere compresa a fondo se non la si accosta a quella particolare tensione intellettuale e culturale del tardo Cinquecento che si manifesta nella ricerca di nuove forme linguistiche e stilistiche. Non a caso il C. costruisce interi sonetti sul suono e sull'immagine del nome della sua donna (che diventa una metafora costante del canzoniere) proprio alla maniera del Petrarca; così come alla bimembrazione "normale" della struttura del sonetto corrisponde quella del singolo verso o il suo raddoppiarsi attraverso il frequente enjambement. Non si tratta che di due delle tante possibili manifestazioni dell'artificiosità espressiva propria della poesia di questa età; artificiosità che, coesistendo accanto al più frusto petrarchismo, rende interessante questo canzoniere a patto di non isolarlo da tutti gli altri ad esso tanto simili.
Nel dicembre del '71 il C. doveva essersi trasferito a Roma, dopo la guarigione del suo male: ancora il Giannotti scrive da Roma al Vettori che vedrà volentieri "il figliolo del Signor Stefano". Del resto è probabile che il C. sia morto proprio a Roma, in seguito a una infiammazione agli occhi; quanto all'anno della sua scomparsa bisogna tener presente che alcune fonti parlano con certezza del 1593 mentre dall'introduzione di Bernardo Medici all'edizione delle rime toscane dell'89 si ricava che il C. a quella data era già morto.
Opere: P. Angelii Bargaeii Poemata omnia… Item Marii Columnae quaedam carmine, Florentiae 1568 (i carmina del C. si leggono alle pp. 433-77); Poesie toscane, a cura di B. Medici, Firenze, B. Sermartelli, 1589.
Fonti e Bibl.: Bibl. Ap. Vaticana, Vat. Lat. 6416, f. 262 (lettera non firmata ad Elena Colonna); P. Vettori, Epistul. libri, Florentiae 1586, pp. 116, 133, 144, 149; D. Giannotti, Lettere aP. Vettori, a cura di R. Ridolfi-C. Roth, Firenze 1932, pp. 146 s., 156, 166; S. Ammirato, Opuscoli, II, Firenze 1637, pp. 261 s.; I. Gaddi, De scriptoribus non ecclesiasticis, Florentiae 1648, p. 32; P. Mandosio, Bibliotheca Romana, II, Romae 1692, p. 20; G. M. Crescimbeni, Commentari intorno alla storia della volgar poesia, II, 2, Roma 1710, pp. 239 s.; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, Milano 1741, pp. 270 s.; G. Lamio, Catal. codicummanoscriptorum qui in Bibliotheca RiccardianaFlorentiae adservantur, Liburni 1756, pp. 134 s.; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., IV, Milano 1833, p. 151; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Colonna, tav. VIII.