CHIRI, Mario
Nacque a Pavia il 7.6 ott. 1883 da Giuseppe e Edvige Busti; secondo di tre figli (Camillo e Ercole), ebbe un'educazione improntata ai principi della fede cristiana e sulla sua formazione molto influì la madre. Seguì con profitto gli studi umanistici interessandosi in particolare al mondo letterario del tempo (Carducci, Pascoli, D'Annunzio) e ai grandi temi politici degli anni di fine secolo (monarchia e repubblica, cattolicesimo e socialismo).
In questo campo si mostrò sensibile e attento specialmente ai problemi sociali e al ruolo che in essi i cattolici potevano svolgere, soprattutto in seguito alle indicazioni emerse dall'enciclica Rerum novarum di Leone XIII e ancor più dai movimenti sociopolitici che specie tra i giovani si erano sviluppati in quasi tutta l'Europa di quegli anni.
Ottenuta la licenza liceale nel i goi presso il liceo "Ugo Foscolo" di Pavia, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza della sua città ottenendo un posto di convittore al collegio Ghislieri; riuscì a seguire nel suo primo anno universitario l'ultimo corso di lezioni di Contardo Ferrini. Nel 1904, ancora studente universitario, fu eletto consigliere provinciale per il mandamento di Corteolona. Laureatosi nel 1905, svolse per poco tempo l'attività di avvocato, per poi trasferirsi, nel 1906, a Roma, dove fu chiamato da Giovanni Montemartini (che era stato suo professore di economia politica a Pavia) all'ufficio del lavoro del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. Dopo aver superato il concorso di vicesegretario di seconda classe nel luglio 1907, entrò di ruolo al ministero, rimanendo, però, allo stesso ufficio, dove, fra l'altro, era addetto alla redazione del Bollettino dell' ufficio del lavoro. L'anno successivo fu promosso segretario di terza classe, mentre dal 16 dic. 1909 passò a segretario di seconda classe.
L'8 genn. 1912 a Uscate il C. si sposò con Lina Cusi, con la quale già durante il fidanzamento ebbe un rapporto di intenso scambio spirituale, come risulta dalle Lettere alla fidanzata e alla sposa, raccolte e pubblicate dopo la sua morte (Milano 1921 e 1942).
Il 1° luglio 1912 il C. ebbe un'altra promozione: segretario di prima classe. Nelraprile del '14 partecipava con successo al concorso che lo promuoveva primo segretario di seconda classe al ministero, con uno stipendio annuo di L. 4.000.
In breve tempo il C., dopo essersi trasferito a Roma, era riuscito ad inserirsi efficacemente nell'ambiente cattolico della capitale che, specie nei primi anni del nuovo secolo, viveva una fase molto intensa sia di rinnovamento culturale e religioso - e i nomi di Semeria, don Brizio Casciola e Giulio Salvadori ne sono di per sé indicativi - sia di approfondimento della dottrina cattolica in campo sociale che trovava nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie di G. Toniolo e mons. S. Talamo la sua espressione teorica più importante, sia di rinnovamento sociale e politico che in R. Murri e nel suo gruppo, raccolto intorno alla Cultura sociale, vedeva l'espressione più ricca e vivace.
Gli interessi del C., anche e soprattutto in correlazione col suo impiego ministeriale, erano diretti all'azione sociale, così che come molti altri giovani e meno giovani non poté fare a meno di stabilire un rapporto di lavoro e di amicizia assai fruttuoso col maestro per eccellenza del cattolicesimo sociale italiano, G. Toniolo. Questi, a'sua volta, ebbe per il C. una particolare predilezione e lo volle con sé in numerose iniziative.
Dopo la morte del C., Toniolo confiderà: "Io lo considerava quasi un figlio d'anima". Proprio attraverso la sua inedita corrispondenza col Toniolo è possibile cogliere la crescente sicurezza che il C. andava assumendo con il passare degli anni nell'affrontare i problemi sociali, le iniziative sempre nuove che proponeva perché i cattolici non rimanessero emarginati nella più generale situazione sociopolitica, ma anche il continuo rispetto e la richiesta di consigli, di indicazioni al maestro per il proseguimento della propria azione.
L'impegno del C. si esplicò da una parte sul piano intellettuale, anche se non proprio a livello teorico, e dall'altra sul piano pratico, cercando sempre di tenere presente - ed è questo uno dei suoi meriti - il più ampio quadro internazionale nel quale i problemi sociali si manifestavano agli inizi del secolo XX. Seguendo anche in questo le indicazioni di Toniolo, egli fece parte della sezione italiana dell'Association internationale pour la protection légale des travailleurs, per la quale impostò alcuni studi. Il più importante è certamente l'ampia relazione su Illavorodei fanciulli nell'industria in Italia, pubblicata poi in tre parti sulla Rivista internazionale di scienze sociali (dicembre 1907, gennaio e marzo 1908), nella quale, sulla base di una ricchissima documentazione statistica, faceva il punto su quel grave problema, analizzava il rapporto tra lavoro giovanile e istruzione, e infine si soffermava sulle condizioni di lavoro e le applicazioni, o meno, delle leggi esistenti.
Con questo saggio il C. vinse anche la borsa di studio, "Alessandro Manzoni" istituita dalla Federazione universitaria cattolica italiana (F.U.C.I.) per un semestre di perfezionamento all'estero. Per motivi di lavoro poté assentarsi da Roma solo quattro mesi (alla fine del 1908 e nel gennaio 1909) per cui modificò la borsa di perfezionamento in un giro di studio fra molte università europee per "vedere le condizioni, le soluzioni pratiche di molti problemi" specie sulle questioni sociali, sul sindacalismo, sulla cooperazione. Un suo breve resoconto di questo viaggio di studio, Una corsa all'estero, fu pubblicato sulla rivista degli universitari cattolici Studium (marzo 1909).
La sua capacità nel conciliare l'analisi scientifica con l'azione pratica fece sì che Toniolo, alla metà del 1908, gli proponesse di andare a lavorare a Firenze nell'ambito dell'Unione popolare per porre in piedi un "centro di elaborazione, di propaganda, di organizzazione". La proposta, comè ovvio, riempì di entusiasmo il C. che vedeva un'ulteriore conferma della stima di cui godeva presso il Toniolo, ma con discrezione egli declinò l'invito, facendo presente, fra l'altro, quanto più utile fosse l'opera di un cattolico presso l'ufficio del lavoro del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio.
Tuttavia il diniego si spiega piuttosto col fatto che ormai il C., dopo aver superato non poche difficoltà, era riuscito a mettere in moto il meccanismo per. portare a compimento l'inchiesta ministeriale sulle organizzazioni operaie cattoliche. Già in precedenza il C. aveva compiuto per conto dell'ufficio del lavoro un'analisi del lavoro femminile e minorile e dei lavoro nelle miniere in Sicilia e in Sardegna, i cui dati servirono all'elaborazione di alcuni progetti di legge. L'inchiesta sulle organizzazioni cattoliche, curata dal C., rappresenta ancora oggi una fonte di primaria importanza per la conoscenza della struttura cattolica dei primo decennio del '900, benché vi si possano riscontrare notevoli limiti di metodo e incompletezza di dati. Le organizzazioni operaie cattoliche in Italia fu pubblicata nel 1911 a cura della direzione della statistica e del lavoro del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio in accordo con l'Unione economico-sociale che distribuì i questionan ministeriali: proprio il 30 apr. 1908 - cioè pochi mesi prima che Toniolo invitasse il C. a Firenze - erano stati mviati i questionari alle varie organizzazioni e cooperative di lavoro.
Il C. aveva individuato proprio nell'Unione economico-sociale la fonte più ricca di notizie ai fini dell'inchiesta per la sua attività risalente al precedente secondo gruppo che aveva agito nell'Opera dei congressi; da parte dell'Unione non ci furono ostacoli, anzi, il suo presidente, conte Stanislao Medolago Albani, confermò al Toniolo che lui stesso, "il personale dell'Ufficio e tutto il piccolo archivio della mia Unione è a disposizione di lui [il C.] per tutto quello che gli potesse occorrere". Senonché il materiale era assai modesto rispetto alle rosee aspettative del C. per cui si pensò di interpellare direttamente tutte le organizzazioni tramite questionari e richiedere i loro statuti, i bilanci, le relazioni, le pubblicazioni, e così via. Tutti i questionari furono preparati dal C. e inviati, come detto, dall'Unione economico-sociale, ma, come ricorderà egli stesso nell'Introduzione della pubblicazione (in cui ripercorreva le tappe principali della storia del movimento cattolico), "il materiale raccolto non fu tale da potersi ritenere anche approssimativamente completo" di qui la necessità di un supplemento di indagini. Anche queste invero non soddisfecero il C., il quale nell'aprile del 1909 informò il Toniolo che stava cercando di completare l'inchiesta "che fu un vero fiasco": Questo spiega perché solo dopo quattro anni dalla prima idea il C. poté vedere pubblicata l'inchiesta, i cui risultati furono illustrati da lui stesso nell'ambito della sesta Settimana sociale di Assisi (24-30 sett. 1911), dedicata alla "organizzazione professionale" con una lezione sullo Stato attuale dell'organizzazione professionale cattolica in Italia.
Il C. s'impegnò a fondo nel più generale movimento cattolico partecipando agli organismi in cui questo si esprimeva durante l'età giolittiana: innanzitutto alla F.U.C.I., in cui assunse un ruolo di primo piano, come nel congresso che si svolse a Roma dal 7 al 9 maggio. Il C. rappresentava la posizione cristiano-sociale e nello stesso tempo faceva parte del gruppo romano: ciò lo portà g contrapporsi efficacemente alla corrente murriana tesa all'autonomia dell'organizzazione universitaria rispetto alle gerarchie ecclesiastiche. Notevole impegno il C. dedicò anche all'Unione popolare divenendo vigepresidente dell'organizzazione romana. Un impegno, il suo, teso però a riaffermare quella linea basata sul "programma sociale democratico" - come egli stesso lo definiva - che avrebbe dovuto affermarsi in tutti i settori, non solo in quello economico-sociale, ma anche nell'elettorale, fra la gioventù, fra le donne, ecc. Ciò lo portò nell'ambito del congresso di Modena (novembre 1910) a schierarsi a fianco di G. Miglioli, Sturzo, R. Cecconelli, G. Bertini, di quei giovani insomma che avevano criticato Vivacemente la linea del gruppo dirigente.
La convinzione che questa dovesse essere la strada maestra del cattolicesimo italiano spingeva, il C. a difendere con pacata fermezza le proprie posizioni: "Con semplice sincerità cristiana, con intenzione pienamente e unicamente rivolta a ottenere ciò che mi pareva fosse utile richiedere (e non quello che sapevo non si voleva) partecipai alle discussioni del congresso ... Vi fu intemperanza nei modi? Francamente, eccetto qualche particolare affatto speciale, neppure questo mi pare".
Con la stessa sincerità più tardi espresse i propri giudizi sulle modifiche dirigenziali nel movimento cattolico: "Per l'U.[nione] P.[opolare] la nomina di Dalla Torre mi lasciò e mi lascia molto pauroso. Certo è una vittoria della parte... intransigente ... per non dire altro. E le pare che l'acredine di quella gente contro tutto e contro tutti faccia dei bene alla causa?".
Altrettanto ricca fu la presenza del C. nel cattolicesimo romano quale organizzatore sindacale: intervenne in diverse occasioni su vari giornali come La Difesa del popolo, fu presidente dell'Unione cattolica del lavoro e nel giugno 1912fu nominato presidente della Federazione romana della mutualità, un'associazione di mutuo soccorso fra i vari rioni della città: "il giovane nostro movimento professionale è difficilissimo, ma pieno di speranze: la nostra Mutualità va sempre benissimo".
I grandi avvenimenti politici che stavano travagliando l'Europa erano seguiti dal C. con preoccupazione anche se il nuovo pontefice, Benedetto XV, gli ispirava fiducia. In un clima che, pur nella sua drammaticità, si annunciava quanto mai adatto ad uomini sempre tesi all'azione (Toniolo scriveva infatti al C. nel settembre 194: "certo l'indomani per i cattolici non sarà l'ora dell'inerzia"), il C. non riuscì a vedere i successivi sviluppi del movimento cattolico e dell'azione sindacale (suo fratello Ercole diverrà il segretario generale della Confederazione cooperativa italiana).
In seguito ad una operazione di appendicectomia, a trentatré anni non ancora compiuti il C. morì a Roma il 16 aprile del 1915.
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