Discendente da famiglia piemontese (originaria di Premosello - ora Premosello-Chiovenda - in Vai d'Ossola), nacque a Roma il 14 febbraio del 1905 da Emilio, botanico, e da Matilde Lanza. Egli compì gli studi universitari a Firenze e a Milano, dove si laureò con la lode in medicina e chirurgia nel 1929 discutendo una tesi sui tumori intracranici. Nel 1927 aveva sposato Luigia Matricardi, nata a Genova nel 1901, da cui non ebbe prole, e che gli premorirà di tre giorni.
Nel primo triennio universitario il C. si dedicò ad apprendere i primi elementi di tecnica microscopica nell'istituto di botanica dell'università di Firenze, diretto da E. Carano. Studente del quarto anno, approfondì la sua cultura morfologica nell'istituto di anatomia umana normale, diretto da G. Chiartigi. Nell'ultimo biennio, trascorso invece, a Milano, fu allievo interno presso l'istituto di anatomia e istologia patologica, diretto da A. Pepere, dove preparò la tesi di laurea e percorse le tappe della sua carriera: assistente incaricato (1° nov. 1929), assistente ordinario (1° marzo 1930), aiuto (3 ott. 1934) e libero docente (dicembre 1934).
Il C. spiccò per le non comuni capacità diagnostiche, sia al tavolo anatomico, sia al microscopio, acquisite grazie al felice connubio di una profonda formazione culturale e di una congenita tendenza alla minuta osservazione sistematica e alla manualità sperimentale. Nel 1936, presentandosi al concorso per la cattedra di anatomia e istologia patologica dell'università di Sassari, poté dichiarare di aver "preso visione e ... seguito la discussione epicritica di circa 10.000 autopsie, interessandosi sempre delle ulteriori ricerche istologiche e batteriologiche allestite ad integrazione dei singoli casi".
Giudicato secondo vincitore a quel concorso, fu chiamato nello stesso anno 1936 a ricoprire la cattedra di anatomia e istologia patologica dell'università di Perugia. Nel 1938, ottenne il trasferimento all'università di Pisa, e nel 1940 a Milano, raccogliendo con ciò la successione dei Pepere e la direzione dell'istituto in cui era entrato giovane studente nel 1927.
Il C. fu un brillante anatomo-patologo, autore di interessanti studi e ricerche praticamente in tutti i campi della patologia.
Sono anzitutto da ricordare i suoi apporti alle tecniche e alle metodiche micro- e macroscopiche: la modificazione del metodo di Mallory, conosciuta come "metodo di Mallory-Chiovenda" (Unautile modificazione al metodo del Mallory, in Lo Sperimentale, LXXXII [1928], pp. 211-15), la colorazione rapida della glia fibrosa (Un rapido metodo di colorazione della glia fibrosa, in Arch. ital. di anat. e ist. patol., III[1932], pp. 365-68), il disegno microscopico a forte ingrandimento (Il disegno microscopico con il micrometro oculare a rete, in Diagnostica e tecnica di lab., IV [1933], pp. 689-95), il faringotomo a scopo anatomico (Un nuovo coltello per facilitare l'asportazione dell'istmo delle fauci e della faringe nel cadavere per via toracica, in Arch. ital. di anat. e ist. patol., V[1934], pp. 418-22), il metodo per l'incollamento al portaoggetti di sezioni volanti ottenute al microtomo congelatore (Pratico metodo per incollare sul portaoggetti le sezioni volanti ottenute al congelatore da pezzi semplicemente fissati, ibid.., VII[1936], pp. 198-203), il metodo, peraltro più complesso dei precedenti, per valutare il patrimonio insulare (e in cellule insulari) del pancreas (Metodo per la valutazione volumetrica e numerica totale assoluta delle isole di Langerhans dell'intero Pancreas e per lo studio delle variazioni comparative della consistenza numerica totale delle cellule insulari, in Lo Sperimentale, XCIII[1939], pp. 463-81).
Principali filoni di ricerca coltivati dal C. furono i tumori intracranici e la patologia della piccola circolazione. Il primo argomento culminò nella densa inIonografia I gliomì dell'encefalo (Bologna 1933, e in Arch. ital. di anat. e ist. patol., IV[1933], pp. 259-692), i cui contributi originali di maggior rilievo si possono secondo l'autore così individuare: a) riconoscimento di fenomeni progressivi gliali e mesenchimali, circoscrittivi e organizzativi, nei gliomi dell'encefalo; b) riconoscimento delle "aree-tipo" nei gliomi dell'encefalo; c) introduzione dell'"indice volumetrico nucleare" per il riconoscimento dell'atipia citologica oncogliale (tentativo); d) divisione dei gliomi in tipici e atipicì, divisione dei gliomi tipici in maturi e immaturi, divisione degli spongioblastomi in spongioblastomi della serie astrocitaria e in spongioblastomi della serie ependimale; e) concetto istogenetico unitario nella maggioranza dei gliomi dell'encefalo (i gliomi sarebbero fondamentalmente astrocitomi, trasformabili per fenomeni di sdifferenziazione o per mutazioni atipiche in forme immature [o spongioblastomi] e in forme atipiche [o glioblastomi]; f) riconoscimento dell'indipendenza citologica nelle cellule oncogliali e interpretazione del dualismo morfologico tra colorazioni e impregnazioni; g) divisione delle cisti nei gliomi in cisti primarie e cisti secondarie (o degenerative).
Sempre in relazione a questo settore della patologia, e in generale a quello dei processi espansivi intracranici, si ricordano ancora i seguenti lavori del C.: Considerazioni sui rapporti fra struttura istologica e decorso clinico dei tumori gliali, in Atti e mem. della Soc. lomb., di med., I (1933) pp. 31-40; Considerazioni sugli equivoci diagnostici nei gliomi dell'encefalo, contributo casistico anatomo-patologico, ibid.., pp. 490-516; Sui rapporti fra tipo anatomico e durata del decorso clinico nei tumori intracranici, ibid., pp. 528 s.; Due quesiti di oncologia cerebrale: esiste il sarcoma primitivo dell'encefalo? Quali sono i fattoriche inibiscono la formazione delle metastasi nei gliomi dell'encefalo?, ibid., II (1934), pp. 3541; Gliosi del nervo ottico, in Rass. ital. di Ottalm., III (1934), pp. 703-52(con M. Pagani); Alcuni chiarimenti d'indole generale sulla nostra classificazione dei gliomi, in Pathologica. XXVIII (1936), pp. 224-28.
Nell'ambito della piccola circolazione, il C. studiò con particolare attenzione l'arteriosclerosi polmonare da iperafflusso (aterosclerosi polmonare secondaria a iperpressione attiva), che può realizzarsi attraverso meccanismi diversi: obliterazione di un grosso ramo polmonare con esclusione totale dal circolo di un polmone e sovraccarico del piccolo circolo controlaterale; vizi congeniti di cuore con pervietà dei setti e passaggio di sangue dalle cavità di sinistra a quelle di destra; persistenza del condotto di Botallo e passaggio di sangue dall'aorta all'arteria polmonare; ancurismi arterovenosi con'passaggio di sangue dal circolo arterioso al venoso, e conseguente sovraccarico della polmonare. Nell'arteriosclerosi da iperaffiusso si osserva che, mentre nel tronco polmonare comune e nei rami di grande calibro extra- e intrapolmonari esistono lesioni aterosclerotiche talora di entità gravissima, al contrario, i rami di calibro minore sono meno interessati, finché le arteriole di minor calibro divengono indenni da lesioni aterosclerotiche, e presentano un notevoleassottigliamento delle pareti, con fortissima dilatazione del lume. Nell'aterosclerosi polmonare da iperpressione passiva (particolarmente nelle forme da stenosi mitralica), le lesioni aterosclerotiche più gravi si riscontrano, invece, a carico delle arteriole, che appaiono generalmente con pareti ispessite e con lume ridotto: Una forma poco nota di aterosclerosi polmonare secondaria ad iperpressione attiva o da iperaffiusso, in Atti e mem. d. Soc. lomb. di med., IV (1936), pp. 29-57; L aterosclerosì polinonare da iperaffiusso (aterosclerosi POImonare secondaria ad iperpressione attiva), in Arch. it. di anat. e ist. patol., VI (1936), Suppl., pp. 55-158 [scritti in onore di A. Pepere].
Altro contributo dato dal C. alla patologia del piccolo circolo verte sul comportamento delle venule polmonari nella stenosi mitralica. In questa condizione egli osservò una riduzione più o meno spiccata del lume con ispessimento muscolare delle pareti delle venule. Tale ispessimento, con fenomeni ipertrofici e sicuramente anche iperplasici delle fibrocellule muscolari, ftmgerebbe da substrato anatomico a una esaltata attività funzionale della muscolatura venulare, secondaria al difficoltato svuotamento del piccolo circolo condizionato dalla stenosi mitralica, e potrebbe essere teleologicamente considerato come una risposta iperfunzionale da compenso verso la stasi del piccolo circolo: condizione conosciuta anche come cuore venoso periferico: Osservazioni sullo stato delle venule polmonari nelle stenosi mitraliche, in Atti e mem. d. Soc. lomb. di med., IV(1936), pp. 66-78; Il "cuore venoso polmonare" nella stenosi mitralica (Importanza delle venule polmonari nel compenso del piccolo circolo), in Rass. clin.-scient. d. Ist. bioch. ital., XVIII (1940), pp. 13944;e in Boll. d. Soc. ital. di biol. sper., XV (1940), pp. 527-530.
Con pazienti ricerche, condotte in base a una metodica originale, il C. giunse alla conclusione che il patrimonio insplare del pancreas è aumentato nelle cachessie da tumori maligni; e avanzò pertanto l'ipotesi che la conseguente iperfunzione insulare si potesse interpretare come l'esponente pancreatico dei contraccolpo neurormonico del gruppo parasimpatico-insulina verso un'iperfunzione del gruppo neurormonico iperglicemizzante presente nei portatori di tumori maligni, con il fine di fornire al tumore un più abbondante materiale energetico, e sostenuta più specialmente da uniperfunzione della preipofisi. Le opposte condizioni del pancreas endocrino osservate nelle cachessie tubercolari sarebbero, invece, l'espressione di un lieve spostamento dell'equilibrio ormonico nel senso diabetico, per ipofunzione insulare (Il pancreas endocrino nelle cachessie da tumori maligni, da tubercolosi e da malattie di altra natura, in base a rilievi comparativi insulo-volumetrici, insuio- e citonumerici e istologici, in Arch. ital. di anat. e istol. patol., XI [1940], pp. 95-182;e, come nota riassuntiva, in Ormoni, II [1940], pp. 3-14).
Il C. portò la sua attenzione anche su alcuni quadri anatomo-patologici trascurati o rari: la pachipleurite incistata colesterinica: La pachipleurite incistata colesterinica, in Arch. ital. di anat. e istol. patol., IV (1933), pp.1040-71; Un caso di pachipleurite incistata coleSterinica tubercolare, in Atti e mem. d. Soc. lomb. di med., II (1934), pp. 6-16;la poliposi lipomatosa della pleura mediastinica: Poliposi lipornatosa della pleura mediastinica di destra (lipoma arborescens), in Arch., it. di anat. e istol. patol, V (1934), pp. 165-76;la flogosi suppurativa e sclerotizzante della vescica urinaria: La sclerocistite suppurativa ipertrofizzante diffusa neoplastiforme, ibid., pp. 304-32.
Tra gli altri lavori dei C. sono ancora da ricordare: Stenosi inflammatoria d'alto grado della vena cava superiore e aneurisma arterovenoso secondario (fra arco aortico e vena cava superiore) con sindrome - mediastinica da neoplasma., ibid.., I (1930), pp. 409-21; Ipertrofia di cuore e scompenso di circolo secondario in aneurisma artero-venoso dei vasi ipogastrici di destra (da ferita di guerra) datante da 16 anni, in Atti e mem. d. Soc. lomb. di med., II(1934), pp. 381-99; Il tessuto adiposo subpleurico nelle varie età della vita, in condizioni normali e patologiche, con particolare riferimento alle pieghe adipose pleuriche, in Arch. ital. di anat. e istol. patol.., V (1934), pp. 24392; Ricerche batteriologiche su materiale anatomico in 42casi di polmonite fibrinosa lobare acuta, in Boll. d. Ist. sieroter. mil., XIII(1934), pp. 781-803; Le miocarditi croniche. Parte II, in Atti d. gruppo cardiol. ital., III riunione, Milano 1937, pp. 18-38; Presentazione anatomo-clinica di cloroma monocitico leucemico (secondo caso della letteratura), in Ann. d. fac. di med. e chir. d. R. Univers. di Perugia, XXXVI (1936-37), pp. 71-88 (con A. Borrino); Su diuna rarissima forma di cloroma, il cloroma monocitico leucemico, in Arch. ital. di chir., LI (1938), pp. 353-73(scritti in onore di M. Donati); Sulla morfologia generale degli stati Precancerosi, in Rass. clin. -scient. d. Ist. bioch. ital., XVI (1938), pp. 57-61, 1109-13; La pseudocirconvoluzione callosa, in Ann. d. fac. di med. e chir. d. R. Univ. di Perugia, XXXVII (1938), pp. 99-109(scritti in onore di R. Silvestrini); Simpatoblastoma primitivo dell'antro pilorico. Studio anatomo-clinico del caso e rassegna di neuro-oncotipi gastrici, in Tumori, XXVIII (1942), pp. 340-57(con A. Majocchi); Apparato urinario, in Trattato di anatomia patologica speciale, diretto da A. Pepere e A. Businco, II, Milano 1946, pp. 495-694(con G. Giunti). Il C. fu inoltre autore di uno scritto a carattere storico-medico (Tradizioni e glorie della scuola anatomo-patologica pisana, in Med. ital., XX [1939], pp. 269-90)e di appassionate commemorazioni del suo maestro A. Pepere: Alla venerata memoria di A. Popere (5 giugno 1873-18 luglio 1940), in L'Osp. Magg., XXVIII (1940), pp. 299-326; Commemorazione di A. Pepere, in Arch. ital. di anat. e istol. patol., XIII (1941), pp. 217-28.
Il C. Morì il 21 maggio 1943 a Milano.
L'autopsia del suo cadavere, eseguita per disposizione testamentaria, mise in evidenza nei Polmoni i segni del processo tubercolare non cavitario che lo aveva afflitto nell'ultimo periodo milanese, costringendolo, fra l'altro, a rinunciare alla stesura del capitolo sulla patologia del sistema nervoso, a lui congeniale, nel Trattato di anatomia patologica di A. Pepere-A. Businco.
Bibl.: La mancanza di un'adeguata trattazione della figura dei e. è forse riferibile alle circostanze tragiche della sua morte, che, per sovrappiù, avvenne nel tormentato 1943. Tanto più prezioso è quindi il necrol. steso da A. Businco, in Arch. ital. di anat. e istol patol., XVII (1943), pp. 1-111. Numerose informazioni sulla vita e l'opera del C. sono reperibili nel Curriculum vitae, Milano 1936, da luipresentato al concorso per la, cattedra di Sassari.