MARINUZZI, Giovanni detto Gino senior
– Nacque a Palermo il 24 marzo 1882 da Antonio, avvocato e senatore, e da Giuseppina Lucifòra.
Pochi giorni prima della sua nascita era partito da Palermo R. Wagner. Il M. si formò nel vivace ambiente musicale della sua città, fiorito attorno ai fasti dei Florio, potenti imprenditori. Nel 1889 entrò all’istituto del Buon Pastore, che G. Zuelli stava per trasformare nel moderno conservatorio intitolato a V. Bellini. Precoce suo allievo di composizione, il 13 maggio 1894 il M. diresse una propria cantata per coro e banda vincitrice di un concorso di canti siciliani, e approfondì in seguito l’interesse per il folklore a contatto con A. Favara. Nel 1900, conseguito il diploma, scrisse un Requiem per Umberto I che fu diretto da Zuelli nel Pantheon cittadino e gli valse la croce di cavaliere d’Italia.
Nell’estate del 1901 diresse a Palermo sue musiche sinfoniche al teatro Massimo da poco inaugurato, dove in aprile aveva esordito come direttore d’opera nel Rigoletto di G. Verdi. Il 5 maggio 1903 fu presentata nel medesimo teatro la sua prima opera, Barberina (libretto di F.N. Mancuso). Di ritorno da Milano, dove si era recato in cerca di scritture attraverso agenti ed editori (C. D’Ormeville, T. Ricordi), si trattenne a Napoli, dove individuò, con il concittadino A. Donaudy, il soggetto della sua seconda opera (L’agnelletto).
Nel maggio 1904 diresse al Massimo una novità locale, Nel Sempione di Luigi Costantini, e ricevette il primo reale ingaggio solo all’inizio del 1905 dal teatro Massimo Bellini di Catania. In giugno il soprano romeno Hariclea Darclée lo scelse per una fitta tournée italiana del Don Pasquale, che insieme con il Poliuto diretto a Catania lo avvicinò a G. Donizetti e alla sua produzione meno nota. Negli anni seguenti, rifiutato l’incarico di sostituto di A. Toscanini a Buenos Aires, il M. continuò a lavorare in teatri minori, interpretando noti titoli di repertorio e nuove opere italiane, tra cui Giovanni Gallurese di I. Montemezzi. Tra il 1908 e il 1909 I. Florio lo scritturò per due stagioni, facendolo trionfare al teatro Massimo di Palermo con novità (Thaïs di J. Massenet e Hänsel e Gretel di E. Humperdinck), prime assolute (Venezia di R. Storti), partiture verdiane poco eseguite (Simon Boccanegra) e grandi allestimenti wagneriani: Lohengrin (1908) e la prima locale di Tristano e Isotta (1909), opera cui il M. legò il suo nome fino all’edizione fiorentina del 1941.
Il 1908 fu anche l’anno del lancio internazionale. In autunno, a Parigi, su investitura di T. Ricordi, diresse come sua abitudine a memoria la stagione italiana all’Opéra-Comique (La bohème, Tosca alla presenza di G. Puccini, Cavalleria rusticana di P. Mascagni e, in prima parigina, Madama Butterfly di Puccini). A Parigi, il 1° ottobre, sposò la pianista Anna Sofia Amoroso, a lui vicina per origini e sensibilità, che rinunciò alla carriera per assecondare i suoi impegni e allevare i tre figli (Antonio, Lia, Gino iunior).
Dopo i successi parigini, replicati nella primavera 1909, il M. diresse al Dal Verme di Milano recenti partiture quali Germania di A. Franchetti e Il principe Zilah dell’amico F. Alfano. A un nuovo ingaggio parigino preferì poi, su indicazione di T. Ricordi, quello per Madrid.
Nella stagione 1909-10 del teatro Real fu applaudito in Sansone e Dalila di C. Saint-Saëns, Romeo e Giulietta di Ch. Gounod, La Gioconda di A. Ponchielli e altri titoli italiani, con interpreti quali T. Ruffo, G. Anselmi, Rosina Storchio. Di seguito diresse a Parigi la Tosca allestita in memoria di V. Sardou, incontrando E. Caruso e stringendo amicizia con U. Giordano. Nelle stagioni 1910-11 e 1911-12 riscosse nuovo successo a Madrid con titoli verdiani, Tristano e Isotta, e Resurrezione di F. Alfano. Frattanto ultimò la Suite siciliana (1909-10; Leggenda di Natale, Canzone dell’emigrante, Valzer campestre, Festa popolare) e il poema sinfonico Sicania (Roma, Augusteo, 16 marzo 1913).
Nel 1912, festeggiato il trentesimo compleanno nella nuova casa di Milano, fu scritturato da W. Mocchi per il teatro Coliseo di Buenos Aires, in concorrenza con il teatro Colón e A. Toscanini.
Fino al 1933, con poche interruzioni (1914, 1922, 1924, 1928-32), effettuò l’annuale traversata a capo di straordinarie compagnie, spostandosi anche in Cile, Brasile e Uruguay per titoli di repertorio, novità anche locali e opere minori che amava dirigere, come il comico Mârouf di H.-B. Rabaud. Fra i tanti, furono eventi eccezionali le prime wagneriane e pucciniane – quelle nordamericane di Parsifal e La rondine, quella sudamericana del Trittico – il Tristano e Isotta e La walkiria del fitto centenario wagneriano, L’elisir d’amore di Donizetti, con E. Caruso e Maria Barrientos (1917), la stagione 1923 al Colón di Buenos Aires con Claudia Muzio (in contrapposizione con quella diretta da F. Weingartner) e i concerti con i Wiener Philharmoniker, in alternanza con R. Strauss.
Il 10 ag. 1918 presentò al Colón la sua seconda opera, al termine di una lunga gestazione, ribattezzata Jacquerie (Donaudy) per volere di W. Mocchi, il quale scelse un cast prestigioso (Ninon Vallin, A. Pertile, L. Montesanto, Gabriella Besanzoni). Riproposta con successo anche a Chicago e in Italia, poi accantonata durante il Ventennio, Jacquerie portava sulla scena un episodio della rivolta dei contadini francesi durante la guerra dei Cent’anni.
Nella stagione 1913-14, reduce dal centenario wagneriano in Sudamerica, portò al successo Tristano e Isotta e Parsifal a Trieste, e nella primavera 1914 nuovamente Parsifal a Palermo, all’interno di un importante cartellone con Salomè di Strauss e Conchita di R. Zandonai.
Nel corso del primo conflitto mondiale il M. fu assai attivo anche in Italia e in Europa. Il 30 nov. 1914 debuttò alla Scala con uno spettacolo benefico e vi rimase per l’intera stagione 1914-15, esordendo con L’oro del Reno (20 dic. 1914) di Wagner e proseguendo con varie opere e due prime assolute: Notte di leggenda (14 genn. 1915) di Franchetti e Fedra (20 marzo 1915) di I. Pizzetti. Confermato per la stagione successiva, la inaugurò con una prima italiana, Il principe Igor di A. Borodin – ancora in rivalità con Toscanini impegnato al Dal Verme – impreziosendola con un recupero verdiano (La battaglia di Legnano) e un Barbiere di Siviglia di G. Rossini limato delle scorie dei suoi cento anni.
Nel 1915 il M. accettò l’incarico di direttore del liceo musicale di Bologna, lasciato alla fine della guerra per gli impegni teatrali. Nella nuova veste si adoperò per la modernizzazione dei programmi, promuovendo l’esecuzione di A. Scarlatti, F. Geminiani e A. Corelli, anche attraverso proprie trascrizioni. L’antica musica italiana fu inoltre argomento di alcuni dei suoi numerosi scritti, ricchi di intuizioni sulle potenzialità di quel vasto repertorio. Di edizioni antiche arricchiva frattanto la sua biblioteca, che trasferì nella sua villa di San Remo, dal 1915 suo rifugio anche per lo studio e la composizione.
Il 27 marzo 1917 diresse a Montecarlo la prima assoluta de La rondine di Puccini. Questi, che nutriva una particolare stima nei confronti del M., gli affidò anche il Trittico che il M. presentò a Buenos Aires e in prima europea al Costanzi di Roma (11 genn. 1919) all’interno di una densa stagione suggellata dal Pelléas et Mélisande di C. Debussy. Oltre che con Puccini, il M. intrattenne rapporti cordiali anche con i compositori della propria generazione e con generosa obiettività giudicò il loro ruolo in scritti e conferenze. Pizzetti ne ebbe grande stima sin dall’allestimento della Fedra e molto vicino gli fu anche G.F. Malipiero.
Tra il 1919 e il 1921 il M. trionfò negli Stati Uniti, dove incise i primi dischi. Applaudito al Metropolitan di New York e in altre città anche come compositore, nel 1920 accettò l’incarico di direttore dell’Opera di Chicago, che lasciò nel marzo 1921 a seguito dello scontro tra la facoltosa Ganna Walska e Mary Garden per il ruolo della protagonista in Zazà di R. Leoncavallo.
Nel 1922 tornò a Trieste per una ricca stagione con il Trittico, Il cavaliere della rosa di Strauss e Jacquerie. Fino al 1928 diresse opere e concerti al Regio di Torino (nel 1926-27 I Lombardi alla prima crociata di Verdi e Fidelio di L. van Beethoven), al Carlo Felice di Genova, al S. Carlo di Napoli, al Maggio musicale fiorentino, al Comunale di Bologna, al Massimo di Palermo, all’Augusteo di Roma. In ambito sinfonico predilesse Beethoven, Wagner e Strauss, antiche e nuovissime musiche italiane, comprese le proprie, autori russi e francesi.
Nel 1926 diresse Turandot a Buenos Aires, dopo averla ascoltata alla Scala e aver lanciato in sala l’«evviva!» alla memoria di Puccini. Dal 1928 al 1934 fu ancora presente in diverse città italiane malgrado l’impegno presso il teatro reale dell’Opera di Roma (già teatro Costanzi), dove in qualità di direttore artistico rinnovò il repertorio nei titoli e nell’approccio interpretativo. Inaugurato il prestigioso podio con il Nerone di A. Boito (febbraio 1928), ripropose Fidelio (1929), diresse la prima assoluta de Lo straniero di I. Pizzetti (1930) e difese le opere di Malipiero: Le sette canzoni (1929), che suscitarono uno scandalo, e La favola del figlio cambiato (1934), cui B. Mussolini pose il veto. Tra le altre novità presentò Dafni di G. Mulè (1928) e La vedova scaltra di E. Wolf-Ferrari (1931). Per la Norma di V. Bellini, opera inaugurale della stagione 1928-29, recuperò una pagina dimenticata, mentre per le celebrazioni del centenario dello stesso Bellini rispolverò La straniera, diresse I puritani presso gli studi dell’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche) di Roma e diverse opere a Catania.
Ultimata intanto la terza opera, il M. la presentò alla Scala di Milano, dove W. Furtwängler aveva diretto nel 1923 la sua Elegia (1918). Palla de’ Mozzi, solido «melodramma» di G. Forzano modernamente fedele alla tradizione italiana, fu eseguito il 5 apr. 1932 (tra gli interpreti B. Franci, Gilda Dalla Rizza, G. Masini) e riproposto in seguito con altrettanto successo all’Opera di Roma (1942). Ancora antica l’ambientazione, con protagonista il capitano dei residui manipoli delle Bande Nere. Ai successi scaligeri seguirono momenti meno felici per il peggiorare dei rapporti con i vertici dell’Opera di Roma e per la morte, avvenuta il 13 genn. 1934, del primogenito Antonio, già attivo come regista, al quale il M. dedicò un Preludio e preghiera (in filii memoriam), subito eseguito all’Augusteo (solista Maria Caniglia); nello stesso 1934, dopo una Cenerentola di Rossini a Londra, diresse Guglielmo Tell, dello stesso autore, a Pesaro.
Quando fu certa la sua sostituzione nella capitale con T. Serafin, il M. accettò l’incarico di direttore d’orchestra al teatro alla Scala, prima rifiutato, come la direzione del Metropolitan.
Lungo il decennio milanese, trascorso accanto a colleghi quali A. Guarnieri e V. De Sabata, il M. fu protagonista di numerosi eventi, da La fiamma di O. Respighi (febbraio 1935) al Don Giovanni di W.A. Mozart (aprile 1945). Riesumò subito l’Orfeo di C. Monteverdi, pur nella «libera interpretazione» di Respighi – per L’incoronazione di Poppea di Monteverdi al Maggio musicale fiorentino, nel 1937, usò invece un’edizione rigorosa –, approfittò del centenario di L. Cherubini per rispolverarne Le due giornate e rinnovò l’interesse per D. Cimarosa. Sul versante moderno fece conoscere novità italiane tra cui Il campiello di Wolf-Ferrari (1936), commemorò Puccini (1944), recuperò Le jongleur de Notre-Dame di Massenet (1938) e diede prova della sua padronanza del repertorio tedesco con le prime italiane de La donna silenziosa (1936) e della Dafne (1942) di Strauss, cui si aggiunsero La donna senz’ombra (1940), già presentata a Roma sempre su designazione di Strauss (1938), e i Carmina burana di C. Orff (1942 e 1943).
Durante il decennio scaligero, per metà di guerra, diresse anche in altri teatri italiani e presso diversi studi Eiar ed effettuò trionfali tournées in Germania. Nell’autunno 1936 fu applaudito a Monaco da Strauss; nel 1937, anno in cui fu pure a Budapest, diresse con successo musiche wagneriane, tornando in Germania nel 1938 con l’orchestra del Maggio. Nel 1940 presentò Palla de’ Mozzi a Berlino e guidò una seconda tournée del Maggio, mentre nel 1941, oltre a spingersi fino a Praga, portò al successo l’orchestra della Scala da Monaco ad Amburgo. Frattanto completò la Sinfonia in la (1943) e iniziò a lavorare con il figlio Gino jr al balletto Le avventure di Pinocchio (G. Anguissola, da Collodi [C. Lorenzini]; Roma, teatro dell’Opera, 22 maggio 1956).
Nominato sovrintendente della Scala, con il teatro distrutto, nel 1945 lavorò a Como, Bergamo e al teatro Lirico di Milano, dove a pochi giorni dalla Liberazione, con i soldati tedeschi presenti in sala, tornò a Mozart – dopo Così fan tutte (1941) e Le nozze di Figaro (1944) –, dirigendo un Don Giovanni con M. Stabile nella duplice veste di interprete e regista.
Colto da una crisi epatica a Bratto, sulle Alpi, e ricoverato in città con un’ambulanza alleata, il M. morì a Milano il 17 ag. 1945.
I funerali, nel clima della Liberazione, si svolsero in tono dimesso per il peso degli incarichi ricoperti (in quei giorni si diffuse anche la falsa notizia del suo assassinio). Nel 1952 il Massimo di Palermo lo commemorò con sue musiche e per il centenario della nascita il teatro alla Scala ha allestito una mostra cui è seguita la pubblicazione di preziosi materiali. A San Remo, in sua memoria, fu istituita una rassegna per giovani direttori.
Le qualità del M. direttore – piena e colta musicalità, gesto insieme limpido e trascinante, carisma esaltato dal «fascio di nervi» della sua asciutta e signorile figura – emergono da tutte le testimonianze e sono confermate dalle registrazioni risparmiate dalla guerra (unica incisione completa La forza del destino, Eiar 1941).
L’attività del M. compositore, orientata a mantenere in vita il melodramma e rinnovare il linguaggio sinfonico con l’impiego di materiali popolari in ricche tessiture orchestrali, secondo l’insegnamento di Favara, attende invece di essere valutata attraverso una più approfondita e puntuale conoscenza delle opere (negli anni Quaranta fu noto il Valzer campestre dalla Suite siciliana, da cui F. De André trasse la canzone Valzer per un amore).
Opere. Oltre ai lavori citati si ricordano per orchestra: Ouverture (1900); Dopo la vittoria, impressione sinfonica (1901); Andantino all’antica (1904); Musiche per i trionfi Sforza-Savoja (1937); Rito nuziale (1937). Musica vocale: Messa da Requiem (1904); canzoni e liriche pubblicate da L. Sandron e Fantuzzi; il tango Tornano le rose e varie canzonette, cantate, romanze. Inoltre, pezzi per pianoforte e riduzioni a 4 mani di propri lavori; revisioni e trascrizioni.
Gino jr, figlio del M. e di Anna Sofia Amoroso, nacque a New York il 7 apr. 1920. Anch’egli direttore d’orchestra e compositore, studiò al conservatorio di Milano con M. Abbado, E. Calace, G.C. Paribeni e R. Rossi, diplomandosi in pianoforte e in composizione (1941-42). Intrapresa durante gli studi la carriera pianistica, si dedicò poi alla composizione, dimostrando talento precoce con il Concertino del 1936. Nel 1944, quando era prigioniero in Germania, scrisse i Lager-Lieder per pianoforte a 4 mani; l’anno seguente il Piccolo concerto per violino, eseguito nel 1949 alla Fenice di Venezia dall’orchestra sinfonica della Rai di Torino. Nel dopoguerra fu maestro sostituto all’Opera di Roma (1946-51) ed esordì come direttore d’orchestra in una tournée spagnola della compagnia di ballo dello stesso teatro (1947).
Dagli anni Cinquanta si dedicò con particolare impegno alla promozione della musica elettronica in Italia, realizzando pionieristiche apparecchiature e fondando importanti strutture. Sperimentatore curioso, nel 1954 ideò un primo apparecchio elettronico professionale per la produzione di suono, il Fonosynth, completato con P. Ketoff nel 1957. Nel 1956 diede vita con lo stesso Ketoff al Centro elettronico presso l’Accademia filarmonica romana, mettendo a disposizione varie apparecchiature, tra cui il Fonosynth, esposto nel 1986 alla Biennale di Venezia e dal 1987 conservato presso il Museo della scienza e della tecnica di Monaco di Baviera. Nel 1967-68 fondò lo Studio sperimentale R7 insieme con i colleghi W. Branchi, F. Evangelisti, D. Guaccero, E. Macchi, e i tecnici G. Guiducci e P. Ketoff. Nel frattempo continuò a comporre soprattutto per orchestra e per pianoforte. Lavorò intensamente per la radio, il cinema e la televisione firmando colonne sonore, e insegnò composizione nei conservatori di Roma e Frosinone.
Gino iunior morì a Roma l’8 nov. 1996.
Composizioni. La signora Paulatim, opera radiofonica da I. Calvino (1964); musica di scena: Edipo re, di Sofocle (1955); Le avventure di Pinocchio, balletto (1956; scritto con il M.); Edward Edward!, ballata drammatica per soli, coro e 18 strumenti (1948). Per orchestra, anche con strumenti solisti: Concertino per pianoforte, sassofono, oboe e archi (1936); 2 concerti per orchestra (1941 e 1954); Divertimento su un tema popolare (1943); Piccolo concerto per violino (1945); Suite concertante per pianoforte e orchestra (1945-46); Concerto per pianoforte e orchestra (1948); Fantasia quasi passacaglia (1952); Due improvvisi (1959); Concertante per pianoforte e orchestra (1987); Mixture, divertimento per orchestra con pianoforte. Per pianoforte: 12 Preludi (1938), Introduzione e allegro (1946), Due studi (da Concertante, 1987); per pianoforte a 4 mani: Variazioni su tema popolare (1943), Lager-Lieder (1944); per due pianoforti: Partita (1939; anche in versione per archi). Per nastro: Traiettorie (1960-61). Inoltre, musiche per film (fra cui Romanzo d’amore di D. Coletti, 1950; La carrozza d’oro di J. Renoir, 1952), oltre 60 documentari e colonne sonore per numerosi sceneggiati televisivi (fra cui Le inchieste del commissario Maigret di M. Landi, 1964-72; Il conte di Montecristo di E. Fenoglio, 1966; Jekyll di G. Albertazzi, liberamente tratto da R.L. Stevenson, 1969); elaborazione di varie musiche e orchestrazione di Jacquerie del Marinuzzi.
Fonti e Bibl.: Gino Marinuzzi. Tema con variazioni. Epistolario artistico di un grande direttore d’orchestra, a cura di L. Pierotti Cei Marinuzzi - G. Gualerzi - V. Gualerzi, Milano 1995; A. Garbelotto, Gino M., Ancona 1965; 1882-1982. Centenario della nascita di Gino M. (catal.), Milano 1982; G. Gavazzeni, Anticipazioni della «Donizetti Renaissance» nella prima metà del nostro secolo, in L’opera teatrale di Gaetano Donizetti. Atti del convegno internazionale… 1992, a cura di F. Bellotto, Bergamo 1993, pp. 35-41; Gino M., prefazione di A. Mandelli, Milano 1994; L. Pierotti Cei, Il signore del golfo mistico. Gino M., un artista e un uomo dall’Italia umbertina alla caduta del fascismo, Siracusa 2005; L. Zaccone, Gino Marinuzzi jr e l’elettronica nella Roma del dopoguerra, in Musica/Realtà, LXXVIII (2005), pp. 105-132; G. Legger, Drammaturgia musicale italiana. Diz. dell’italianità nell’opera dalle origini al terzo millennio, Torino 2005, pp. 519 s.; Enc. della Sicilia, a cura di C. Napoleone, Parma 2006, pp. 571 s.; F. Libetta, Gino M., Nardò 2007; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, VIII, coll. 1657 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 667 s.; The New Grove Dict. of Opera, III, p. 218; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 866.