MOROSINI, Marino
– Figlio di Angelo, della contrada di S. Maria Formosa, se ne ignora la data di nascita.
La prima notizia certa su di lui risale al marzo del 1280 allorché venne nominato conte feudale di Ossero.
Prima di prendere possesso della carica si obbligò con il giuramento al rispetto di alcuni obblighi: la sua giurisdizione si sarebbe estesa anche su una serie di isole appartenenti a Venezia, elencate nel relativo documento, che Morosini si impegnava a conservare in onore della sua città. Il conte avrebbe poi dovuto mantenere dieci servitori armati con un «sufficiente socio» (ossia probabilmente un delegato all’esecuzione dei giudizi) e risiedere per otto mesi all’anno nella contea, a meno che gli interessi dell’isola o del feudo non lo costringessero a recarsi occasionalmente in Dalmazia. A partire dall’inizio del successivo mese di settembre sarebbe poi stato tenuto a far pervenire al doge e al Comune di Venezia una regalia pari a 700 lire all’anno, da versare in due rate, una a marzo e l’altra a settembre.
Morosini è quindi ricordato nell’esercizio della sua funzione da un documento del 5 ottobre 1283 relativo alla ratifica da parte del Maggior Consiglio della convenzione fra il conte di Ossero e gli abitanti dell’isola, negoziata dai nobili veneziani Michele Doro e Marco Bembo.
Vengono fissate la quota annuale di rendite provenienti al conte dalle condanne (800 lire), l’ammontare delle regalie destinate al doge (le 700 lire pattuite) e l’obbligo di destinare tutti i restanti proventi al Comune. Il conte e gli isolani avrebbero eletto i loro giudici ogni sei mesi, confermati dal primo e pagati dal Comune veneziano secondo quanto stabilito da lui e dagli ottimati. Gli abitanti sarebbero stati obbligati a fornire al conte una certa quantità di carne quando questi avesse viaggiato per l’isola, gli avrebbero messo a disposizione un orto a Cherso e avrebbero corrisposto il prezzo di metà delle galline per l’anno corrente; il conte, a sua volta, avrebbe rinunciato a ogni angheria dovutagli con la sola facoltà di pretendere il trasporto della sua persona da e per Venezia. Tutte le questioni legali fra il conte e gli isolani portate davanti al doge, infine, sarebbero state cancellate.
Nel corso dello stesso anno si ha notizia di un Marino Morosini inviato come ambasciatore a Costantinopoli assieme ad Andrea Zeno, giunto nella città imperiale nella primavera del 1284, ma deve con ogni probabilità trattarsi di un omonimo. La successiva notizia sicura su Morosini risale al 5 gennaio 1301 allorché, con un documento redatto nel palazzo ducale di Ossero, dichiarava di aver ricevuto quanto il Comune gli doveva per il suo stipendio e per le regalie del doge fino al giorno di s. Michele, eccezion fatta per la regalia di S. Pietro di Ossero.
In tale circostanza Morosini affermava inoltre di giacere infermo, per cui è possibile che sia morto di lì a poco, nonostante nelle fonti la sua morte sia datata al 1304.
A lui si riferisce forse la disposizione del re di Sicilia Federico III (in data 12 marzo 1301), di far processare alcuni suoi sudditi dai quali nel precedente mese di novembre era stata depredata una nave di Morosini proveniente dalla Siria. Da ritenere, invece, prive di fondamento le notizie fornite dal genealogista Girolamo Alessandro Cappellari Vivaro secondo cui fra 1322 e 1335 Morosini fu conte a Traù, arbitro in una lite dei Triestini, procuratore di S. Marco e infine ambasciatore presso il papa Giovanni XXII.
Morosini fu l’ultimo conte feudale di Ossero. Dopo la sua morte gli abitanti chiesero e ottennero dalla Signoria che fosse dato loro un conte non più a vita ma ogni due anni: primo governatore in questa nuova veste fu Andrea Doro, entrato in carica nel 1304.
La figura di Morosini può esser confusa con quella dell’omonimo, detto Baçeda (o Beceda), figlio di Andrea. Questi, nel 1279, in occasione della rivolta delle città istriane che si erano messe sotto la protezione del patriarca di Aquileia Raimondo dalla Torre, fu nominato capitano generale delle genti di terra. Recatosi a Capodistria, dopo aver sconfitto sul campo i ribelli, pose l’assedio alla città assieme a Marco Cornaro, che comandava la flotta, ottenendone alla fine la capitolazione. Gli abitanti, pressati dalle ristrettezze, chiesero di poter trattare, ma Morosini rispose che avrebbe soltanto accettato la resa, cosa che poi ebbe luogo alla sua presenza. Dopo la vittoria, il governo veneziano inviò a Capodistria come provveditori Ruggero Morosini, che poi ne divenne podestà, e Pietro (detto Pierazzo) Gradenigo, i quali fecero abbattere un tratto delle mura e le abitazioni di un tal Giovanni che non aveva voluto sottostare al dominio veneto. Nel novembre dello stesso anno, sempre che a lui si riferisca la notizia, Morosini fu poi uno dei dodici nobili inviati a Capodistria per accompagnare a Venezia il nuovo doge Pietro Gradenigo, eletto quando ne era podestà. La sottomissione di Capodistria non mise fine alla guerra e questa proseguì con la sollevazione di Trieste contro la quale lo stesso Morosini venne inviato nel 1280: dopo aver cinto d’assedio la città, costruì un castello nella zona del porto per tenerla sotto controllo. Le forze veneziane furono tuttavia assalite da quelle congiunte del patriarca di Aquileia e del conte di Gorizia, cui si affiancarono truppe germaniche inviate dall’imperatore Rodolfo d’Asburgo, e dovettero ritirarsi dopo una strenua resistenza. I triestini, resi audaci dalla vittoria ottenuta, si spinsero con le loro imbarcazioni fino a Caorle, dove fecero prigioniero il podestà veneziano con una figlia, dando anche fuoco al suo palazzo; avanzarono poi fino a Malamocco saccheggiando e devastando. Trieste fu riportata all’obbedienza nel 1283, ma nel frattempo Morosini, fatto ritorno a Venezia, venne imprigionato e – come scrive Marino Sanuto – «poi per gli Avogadori menato e condannato giusta i suoi demeriti ad esempio di chi avea a venire» (Muratori, 1733, c. 576). In cosa sia consistita la condanna, non è detto espressamente; se vogliamo credere però a Cappellari Vivaro, fu messo a morte e sepolto nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo a Venezia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Secreta. Serie diverse, Commemoriali, I, cc. 22, 26, 250 (I libri Commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, nn. 10, 41, 44, pp. 5, 13); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, 17 (=8306): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, III, c. 118v; M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in L. Muratori, Rer. Ital. Script., XXII, Milano 1733, cc. 575-576; A. Dandolo, Chronica per extensum descripta…, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital.Script., nuova ed., XII, 1, Bologna 1938-58, p. 326; Venetiarum Historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 189, 192 s., 281; G.G. Caroldo, Istorii Veneţiene, a cura di Ş.V. Marin, Bucureşti 2009, pp. 76, 81; F. Stefani, I conti feudali di Cherso e Ossero. Note e documenti, in Arch. veneto, III (1872), 1, pp. 11-13; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, II, Milano 1957, p. 314; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, II, Venezia 1973(I ed., 1854), pp. 220, 224, 320 s.