CORREALE (Curiale), Marino
Personaggio di non molti meriti, notevole però nella costanza con cui servì la casa aragonese di Napoli, di cui fu per tutta la vita un funzionario, nacque da famiglia sorrentina nella prima metà del XV secolo.
Iniziò la sua carriera favorito dal fatto che il fratello Gabriele era un protetto di Alfonso d'Aragona, di cui il C. divenne consigliere e cameriere maggiore. Ebbe poi incarichi di carattere politico-militare quali quello di castellano di Massa Lubrense, nel 1450, di Bitonto, dal 1453, di Monte Sant'Angelo, il 1° maggio 1455, di Gerace, il 5 nov. 1455, di Rocca d'Evandro, a cui egli rinunciò in favore di Stefano Di Gennaro (1457); fu anche capitano di Pozzuoli, di Sorrento, di Vico, di Massa e di Feroleto (nel 1453). Ebbe funzioni fiscali-amministrative, come la dogana di Vico e la gabella della bucceria di Pozzuoli, il 20 apr. 1455. Nel luglio del 1457 avrebbe dovuto comandare una galera di quelle che Alfonso d'Aragona inviò allora contro Genova. Poco prima di morire il sovrano gli donò la contea di Terranova, con le baronie di San Giorgio e Grotteria, il 1° genn. 1458, anche se G. Passero sembra voler asserire che il re lo fece conte di Sarno al suo ingresso a Napoli nel 1443. Suoi possedimenti furono anche Cinquefronde, che egli donò a Raimondo Correale, e in seguito Oppido e Gioia Tauro, acquistata dal re nel 1486.
Morto Alfonso d'Aragona, il C. sostenne il figlio Ferdinando nella guerra di successione che scoppiò subito dopo, e nel 1458 combatté in Calabria, alla testa di 100 lance, contro i ribelli al sovrano. Il C. continuò a godere i favori anche del nuovo sovrano, quando questi si consolidò al potere, e nel 1463 fu nominato governatore di Sarno. Non si sa per quale ragione il C. sentì il bisogno di avere la conferma dei suoi possessi dal re, che glieli confermò nel 1466 e nel 1474. Dopo la seconda congiura contro Ferdinando, a cui il C. si mantenne fedele, il sovrano gli vendette il Palazzo nel seggio di Nido, confiscato ad Antonello Petrucci. Nel 1491 il C. ebbe incarico dal re di accertare i fatti contestati dalla baronia del Bianco ai propri sindaci. Visti i pochi doveri pubblici, che risultano da lui assolti in questa seconda parte della vita, si deve pensare che il C. fosse assorbito interamente dall'incarico di maggiordomo della regina Giovanna. Questa infatti in una lettera del settembre del 1489 lo definiva "lo principale homo de casa nostra". Egli era, inoltre, certamente occupato ad amministrare i beni della famiglia, che però perdette in blocco all'arrivo di Carlo VIII nel Regno. Questi infatti gli confiscò i beni, di cui donò una casa in Napoli a Gabriele di Amendolea e una casa a Sorrento a due suoi familiari.
Dopo il ritiro da Napoli del sovrano francese il C., ormai vecchio, tornò a schierarsi accanto agli Aragona, sostenendo Ferrandino durante il recupero del Regno. Il sovrano da parte sua gli confermò l'acquisto di Oppido.
Nel settembre del 1497 re Federico, tutto teso a stringere attorno a sé quanti baroni gli dimostrassero la loro fedeltà in modo attivo, lo nominò viceré di Calabria Ultra. Nel dicembre dello stesso anno il C. ebbe dal sovrano l'ordine di portarsi, insieme ad altri baroni, in Calabria agli ordini di Cesare d'Aragona, che tentava allora di reprimere le rivolte contro il potere regio scoppiate in quella regione. Egli avrebbe dovuto condurre 10 uomini di arme e 20 cavalli leggeri. Il C. venne a morte poco più di un anno dopo, a metà circa del 1499. Aveva sposato Covella Ruffo, figlia del conte di Sinopoli, da cui non aveva avuto figli, cosicché la contea di Terranova passò alla regia camera e finì nel 1502 a Consalvo di Cordova.
Il C. fu seppellito nella sua cappella, compiuta nel 1489, nella chiesa di S. Maria di Monte Oliveto, fornita di un altare di marmo opera di Benedetto da Maiano, per la consegna del quale si era adoperata anche la regina Giovanna, scrivendo a Lorenzo de' Medici, perché fosse spedito a Napoli franco di gabella.
Il fratello Gabriele fu molto amato da re Alfonso, che assisté alla sua morte, secondo quanto narra Vespasiano da Bisticci nella Vita di Alfonso I re d'Aragona e di Napoli in Arch. stor. ital., IV [1843], pp. 389 s.). Nel 1448 il sovrano gli aveva concesso la castellania di Pozzuoli e quella di Feroleto; successivamente egli ottenne anche quella di Vico. Alcune sue ricette sono comprese in un codice di medicina dei falconi, conservato nella Bibl. naz. di Parigi (Mss. Ital. 939).
Fonti e Bibl.: G. Passero, ... Giornali..., a cura di M. M. Vecchioni, Napoli 1785, p. 25; Codice diplomatico barese, a cura di E. Rogadeo, XI, Bari 1931, pp. 283, 296, 456, 461; Fonti Aragonesi, III, Napoli 1963, pp. 37, 67; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona..., in Arch. stor. per le prov. napol., XVII (1892), p. 353; XVIII (1893), pp. 579 ss.; Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 325 s.; E. Pontieri, La Calabria a metà del sec. XV, Napoli [1962], pp. 143, 220; G. L. Hersey, Alfonso II and the artistic Renewal of Naples..., New Haven-London 1969, pp. 111, 115-19, 124; E. Borsook, Documents for Filippo Strozzi's Chapel…, in Burlington Magazine, CXII (1970), pp. 743, 802; G. D'Agostino, Il Mezzogiorno aragonese, in Storia di Napoli, IV, 1, Napoli 1974, p. 276. Per Gabriele cfr. Il regesto della Cancelleria aragonese, a cura di I. Mazzoleni, Napoli 1951, pp. 9, 11 ; Il registro "Privilegiorum summariae XLIII", a cura di I. Mazzoleni, Napoli 1957, p. 72; T. de Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, II, Milano 1947, p. 106; A. Ryder, The Kingdom of Naples under Alfonso the Magnanimous, Oxford 1976, ad Indicem (s. v. Curiale).