CONTARINI, Marino
Figlio di Antonio di Marino del ramo di S. Felice e di Marchesina Giustinian, appartenente al patriziato veneziano, nacque a Venezia intorno al 1385.
Tra gli omonimi coevi, un Marino figlio di Antonio di Marino dei ramo di S. Angelo, entrato in Maggior Consiglio nel 1402; un Marino figlio di Agostino di Zuanne e un Marino figlio di Alessandro di Zuanne, entrambi dei ramo di SS. Apostoli, detti "dalle scoazze" (immondizie); un Marino figlio di Alessandro di Nicolò dei ramo di S. Sofia, padre di Pandolfò; un Marino figlio di Paolo, primo podestà di Sacile e provveditore all'Armata in Lombardia; un Marino figlio di Pietro di Paolo, vescovo di Cattaro e suffraganco di Vicenza.
Il padre, Antonio, detto "del deo" (del dito), era stato nel 1409 uno dei provveditori inviati a Zara riacquistata dai Veneziani e nello stesso anno uno dei quattro ambasciatori inviati per congratularsi con il papa Alessandro V dell'elezione al trono pontificio; più volte in Minor Consiglio, era stato eletto nel 1414 procuratore di S. Marco (de ultra), nel 1415 mandato quale ambasciatore al concilio di Costanza e nel 1419 eletto, assieme con altri, commissario della Repubblica delegato a ricevere la dedizione di Cividale del Friuli. Nel 1423 aveva concorso in più scrutini all'elezione dogale, riportando in uno di questi ventiquattro voti mentre nel 1430 era stato inviato ambasciatore presso la repubblica di Firenze nella guerra contro Milano. Il suo ritratto stava nella sala del Maggior Consiglio.
Il C. ebbe almeno tre fratelli, Andrea, avogadore di Comun, podestà a Padova e procuratore di S. Marco (de supra), morto il 12 genn. 1471 (moreveneto), Nicolò e Zuanne. Unitosi nel 1406 in prime nozze con Soradamor Zeno, ebbe da lei almeno tre figli maschi, Leonardo, Zuanne (morto probabilmente prima di raggiungere la maggiore età) e Francesco, savio agli Ordini e savio di Terraferma, nonché due figlie, Samaritana e Maria, andata sposa nel 1428 a Pietro Bragadin figlio di Bartolomeo.
L'ammissione del C. al Maggior Consiglio risale al 1410, Ma si deve ritenere pressoché ininfluente la sua partecipazione alla vita politica veneziana; per di più mancano notizie certe e attendibili di eventuali designazioni del C. a cariche poUtiche o amministrative; a questo riguardo le fonti, documentarie e non, tacciono. Decisamente più spiccate, e meglio documentate, le sue attitudini commerciali. Ottenuta infatti nel 1400 l'emancipazione dal padre, con rogito del notaio Marco Raffanelli, e sciolta la fraterna compagnia che legava i suoi interessi a quelli più generali della famiglia, si diede ben presto alla mercatura, con un giro d'affari che spaziava dalla piazza iealtina alle Baleari, da Valencia ad Alessandria d'Egitto, dapprima toccando di persona i vari mercati, in seguito servendosi di agenti e fiduciari, senza trascurare la partecipazione ad altre attività speculative quali il cambio marittimo e il prestito, soprattutto a breve termine. Tale diversificazione dei propri investimenti non significa automaticamente dispersione di capitali e di sostanze (per altro non indifferenti come dimostrano lettere di cambio, ordini di accreditamenti, quietanze e altre scritture contabili, spesso dell'ordine di centinaia e centinaia di ducati), ma sta a indicare una non comune capacità imprenditoriale, anche se in questo il C. si rivela figlio non degenere dei ceto mercantile Veneziano. Piuttosto è da accreditare al C. una solida preparazione economica di base, puntualmente documentata dai suoi registri contabili, genuiname e autografi, per cui è pienamente attendibile la sua scarsa propensione per la vita politica, contrariamente a quanto si può dire per il padre.
Notevoli i risvolti economici dei suo matrimonio con Soradamor Zeno; dalla famiglia della moglie acquistò intorno al 1412. infatti, la proprietà di S. Sofia (proprietà che doveva comprendere, oltre allo scoperto, un fabbricato di notevoli dimensioni, tanto da essere definito "Domus Magna"). L'acquisto dovette in ogni caso impegnare sensibilmente le finanze del C. che, in qualche modo probabilmente vi impiegò, se parzialmente o integralmente non è dato di sapere, la dote. In questo senso dovrebbe andar letta una quietanza che il 12 ag. 1412, a sei anni dal matrimonio, ma a pochi mesi dall'acquisto, egli rilasciò alla moglie circa l'integrità della dote ricevuta (quietanza sulla quale costituiva una cauzione), dichiarando esplicitamente che, così facendo, voleva porsi al riparo da eventuali molestie da parte dei parenti di Soradamor (Archivio di Stato di Venezia, Procuratori di S. Marco, Citra, b. 269 bis, olim Misti, b. 123).
La ristrutturazione di tale fabbricato fu l'avvenimento intorno al quale si coagularono, senza naturalmente trascurare l'attività commerciale, anzi puntualmente e ampiamente documentata, gli interessi e le energie, spirituali e materiali del C. negli anni della maturità. Di ristrutturazione infatti, e non di costruzione ex novo, si deve parlare per la Ca' d'Oro, come confermano direttamente gli appunti autografi e i libri di conti dei C. e indirettamente le analisi architettoniche e stifistiche. Il C. vi profuse non solamente mezzi finantari, ma anche progetti e idee originali che architetti, capimastri e decoratori si limitarono a realizzare.
I primi lavori di ristrutturazione sulla "Domus Magna" a S. Sofia dovettero iniziare attorno al 1421, come dimostrano alcune quietanze di pagamenti effettuati a tale "Maestro Matteo Reverti da Milano lapicida" e a "Marco di Amedeo muratore", mentre al 18 genn. 1422 (more veneto) risale il contratto che impegna "Zuanne Bon Taiapiera" a lavorare, assieme con il figlio Bartolorneo e a due garzoni, per il Contarini. In realtà, forse perché Giovanni Bon e il figlio erano al momento occupati altrove (Giovanni e i garzoni a Ca' Barbaro, Bartolomeo presso la Scuola della Misericordia) o forse perché i primi lavori durarono più a lungo del previsto, l'attività prese il via solo a metà del 1424, e ancora alla fine degli anni Quaranta non poteva dirsi dei tutto terminata, come documentano diverse quietanze di pagamenti per lavori di decorazione e di rifinitura, anche se il grosso impegno di trasformazione della "Domus Magna" in Ca' d'Oro deve ritenersi pressoché ultimato verso la metà degli anni Trenta. Notevole il dispendio di energie e di mezzi finanziari e sorprendente il concorso di maestranze, artigiani, decoratori, scultori, pittori, incisori, come puntualmente testimoniano le numerose quietanze di pagamenti; il coordinatore di tutta l'attività e forse, in ultima analisi, l'ideatore, la mente del lavoro, fu in realtà lo stesso C. che riuscì ad armonizzare gli apporti e i contributi di tanti maestri e di tanti artisti di scuole e anche di provenienze diverse e contrastanti.
Morta tra il 144 e il 1417 la prima moglie, il C. si risposò nel 1437 con Lucia Comer, figlia di Giorgio, vedova a sua volta di Giovanni Foscarini, sposato in prime nozze nel 1429. Da questo matrimonio nacque 118 maggio 1440 Pietro, ultimo figlio del C. e il solo avuto da Lucia (la data, sicuramente esatta, si ricava da una annotazione autografa che si può leggere in un libretto di conti del C.: Archivio di Stato di Venezia, Procuratori di S. Marco, Citra, b. 269 bis, IV). Attraverso Pietro, anche se solamente dopo una lunga ed estenuante lite giudiziaria con gli esecutori testamentari, passerà l'intero asse ereditario del C. e, tra gli altri beni, anche la Ca' d'Oro. È da ritenere pertanto che i figli avuti dalla prima moglie siano morti avanti la nascita di Pietro; nel testamento rogato il 27 marzo 1441 dal notaio Valle, il C., infatti, tace di loro, ma si sofferma diffusamente su Pietro.
Il C. morì a Venezia nel 1441, con tutta probabilità pochi giorni dopo aver dettato le sue ultime disposizioni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Miscell. Codici, I, Storia veneta, 18: M. Barbaro, Arbori de'patritii veneti, II, pp. 426, 434, 445, 462, 497, 514; Ibid., Miscellanea Codici, III, Codici Soranzo, 31:G. A. Cappellari Vivaro, IlCampidoglio veneto, I, pp. 791, 793, 797, 801; Ibid., G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, I, pp. 280, 315; Ibid., Archivio notarile, Testamenti, b. 946, Notaio E. Salomoni, n. 132; b. 1238, Notaio T. Tomei, n. 386; b. 1240, id., n. 151; Ibid., Cancell. inforiore, Notai. b. 229, Notaio L. Valle, prot. 5, c. 66; Ibid., Procuratori di S. Marco, Citra, b. 269 bis, passim;olim Procuratori di S. Marco, Misti, b. 123; B. Cecchetti, La facciata della Co' d'Oro, in Archivio veneto, XXXI (1886), pp. 201-204; Id., Nomidi pittori e lapicidi antichi, ibid., XXXIII (1887), p. 63; G. Boni, La Ca' d'Oro e le me décoraz. policrome, ibid.. XXXIV (1887), pp. 117 s., 123, 132; P. Paoletti, L'architettura e la scultura In Venezia, Venezia 1893, pp. 20-28; A. Wirobisz, L'attività edil. a Venezia nel XIV e XV secolo, in Studi venez., VII (1965), p. 320.