BOLIZZA, Marino
Nacque a Cattaro, da nobile famiglia, nel 1603. Studiò a Padova e, abbracciata la vita sacerdotale, si trasferì a Venezia, dove ebbe incarichi di segreteria dal nunzio G. B. Agucchi. Il B. ne compianse la morte in una orazione edita a Venezia nel 1632, recante una dedica ad un suo munifico protettore, l'ambasciatore francese conte d'Avaux.
Dopo un breve soggiorno a Roma al seguito del cardinale Federico Cornaro, fece ritorno a Venezia; qui pubblicò, nel 1634, un panegirico in esametri del patrizio Domenico da Molin, che apparve accompagnato da brevi componimenti - un "madrigale" di Baldassarre Grissi, un sonetto di Pietro Villa, un epigramma latino del patrizio Francesco Pisani - di esplicito omaggio all'ingegno del B., come pure in elogio del B. si risolve l'Elegidion di Lorenzo Longo al Molin. Per quanto fosse stimato precettore in ambienti patrizi, a Venezia non gli si presentava possibilità di una sistemazione stabile e decorosa che assicurasse quella vita, sgombra da angustie e preoccupazioni economiche, alla quale il B., nella precarietà dei suoi poveri mezzi, ambiva. Di buon grado accettò pertanto, nel 1634, l'offerta di "leggere Rettorica" a Modena, nel collegio dei nobili retto da Cesare Seghizzi. L'abate Pietro Scalabrini, rappresentante estense presso la Repubblica, annunciava al duca Francesco I, il 2 ott. 1634, in termini assai lusinghieri la venuta del B. a Modena: è "huomo di molta eruditione e dottrina" e "sacerdote di costumi irreprensibili" (Campori).
Felicemente "ricovrato sotto la protezione della grand'Aquila estense", a Modena gli fu affidata l'educazione del primogenito del duca, il futuro Alfonso IV.
Un'interessante testimonianza dei criteri di rigido ed esterno razionalismo e di schematico formalismo, cui doveva ispirarsi il suo insegnamento, ci è offerta da un breve manoscritto marciano (cod. Ital., cl. X, 43 [ = 7395]), ove appaiono le sue Oppositioni contro alla famosa Eneide di Virgilio. "Non dobbiamo noi - premette il B. ai suoi allievi - lasciarsi condurre a guisa di schiavi per lo campo d'una certa credenza folle fomentata da scrittori troppo lusinghieri de' proprii sensi, ma aprire talhora gli occhi e mirare collo sguardo fiso d'una attenta e ragionevole consideratione le cose lasciateci dall'autorità pagana". Poiché "poeta è colui che fa", mentre Virgilio "imita sempre... Orfeo, Empedocle, Sofocle, Lucretio, Ennio" - ed Omero ne "è stato presso che assassinato" - bisogna guardarsi da ogni esagerazione laudativa nei confronti del mantovano. Convinto che la grandezza dell'opera epica dipenda anzitutto dal campeggiare d'un personaggio, dall'"azione d'uno solo", ne derivano critiche all'Ariosto e al Tasso e, soprattutto, al Marino. Anche l'unità di tempo va rigorosamente rispettata: perciò "non si può se non ridere delle tragedie e commedie spagnuole che hanno smisurata grandezza mentre che gli avvenimenti rappresentativi a mala pena si potrebbero terminare in 12 anni".
Anche per incoraggiare i discepoli ad esibirsi in letture di prose e di versi, il B. fondò, nel 1635, l'Accademia degli Elpomeni e, a commento del motto per questa prescelto - "ex auro poma" -, pronunciò un Discorso Accademico sopral'Imprese, all'Altezza Serenissima del signor Ducadi Modona, pubblicato poi a Bologna nel 1636.
Quattro odi latine del B. compaiono nella raccolta, uscita senza data a Modena, a celebrazione del principe Filiberto, donatore di reliquie al santuario dei cappuccini, col titolo Coelo receptis animis quorumo ssa pientissimus princeps Philibertus Estensis Mutinae in Aede Capuccinorum honorifice condenda curavit religiosae Camoenae Pium concinnuntmelos.
Lusingato doveva essere il B. dal facile inserimento nella vita culturale e di corte modenese; tant'è vero che rifiutò l'invito ad insegnare nel collegio di Pavia, e quello, ancor più onorevole, del cardinal Barberini di recarsi in Dalmazia a comporvi i dissensi tra i vescovi. Esistenza serena e soddisfatta, cui la morte lo sottraeva il 27 nov. 1643.
Fonti e Bibl.: U. R. (Urbano Raffaelli), Cenni intorno a M. B., in La Dalmazia, II (1846), pp. 65-67; S. Gliubich, Diz. degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna 1856, p. 45; G. Campori, Don M. B., in Arch. stor. per Trieste, l'Istria e il Trentino, III (1884), pp. 298-302; E. Di Carlo, M. B. di Cattaro, in Arch.stor. per la Dalmazia, XIV (1932), pp. 571-576.