RICCIO, Mariano
RICCIO, Mariano. – Scarsi sono i dati biografici su Mariano Riccio che, a detta di Filippo Hackert e di Gaetano Grano (1792, 2000, p. 66), nacque a Messina nel 1510.
Ricordato da Placido Samperi (1654 circa, 1742, p. 615) quale «pictor excellens», il suo profilo resta affidato, principalmente, alle brevi notizie tramandate da Francesco Susinno (1724, 1960, pp. 51 s.), il quale precisava che si era formato prima con Alfonso Franco, detto l’Argentiere, e poi con Polidoro Caldara da Caravaggio, «nella cui maniera si è quasi inviscerato», tanto che le sue opere erano scambiate con quelle del maestro lombardo. Da queste indicazioni si evince che l’attività di Riccio sicolloca nell’ambito di quel processo di rinnovamento dell’ambiente pittorico messinese conseguente all’introduzione, da parte di Girolamo Alibrandi e di Cesare da Sesto, della cultura lombardo-leonardesca aggiornata sulle novità romane di Raffaello, e alla successiva lezione di Polidoro da Caravaggio, interprete drammatico ed espressivo del raffaellismo delle Logge.
Dopo le aperture di Giovanni Previtali (1970-1971; 1978), con l’identificazione di alcune opere segnalate da Susinno, e i successivi interventi di Francesca Campagna Cicala (1977), Caterina Ciolino Maugeri (1986), Luigi Hyerace (1986) e Teresa Pugliatti (1993), che hanno ampliato il catalogo del pittore, la fase più antica della produzione di Riccio potrebbe cautamente riconoscersi nella Madonna con Bambino di collezione privata messinese, che è parte di una più vasta composizione attribuitagli da Pugliatti (1993, p. 160), la quale la ritiene tuttavia di un momento più inoltrato. Pur considerando i gravi danni subiti dall’opera e i vari interventi di restauro e integrazione, è evidente che essa si attiene essenzialmente alla celebre Madonna con Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Giorgio di Cesare da Sesto, già in S. Giorgio dei Genovesi a Messina e oggi a San Francisco nel De Young Memorial Museum.
Altre due tavole molto deteriorate plausibilmente riferibili a Riccio (Hyerace, 1986, pp. 404-407) ben documentano l’orientamento stilistico del pittore. Si tratta della Madonna in trono con Bambino e canestra di frutta della chiesa parrocchiale di Bordonaro (ricordata come opera di Stefano Giordano da Giuseppe Grosso Cacopardo, 1821, p. 59, e da Gioacchino Di Marzo, 1862, p. 299, e attribuita a un pittore vicino a Giordano e a Riccio da Pugliatti, 1993, p. 160) e della Madonna con Bambino tra i ss. Pietro e Paolo della chiesa di S. Maria della Catena di Itala, in provincia di Messina (attribuita a Giordano da Stefano Bottari, 1954, pp. 245 s., n. 12, e da Pugliatti, 1993, p. 151: a Riccio è ricondotta da Campagna Cicala, 1999).
Nella prima, inequivocabili sono i rimandi all’Alibrandi nella canestra di frutta in basso a destra e nella gamma cromatica, mentre una contaminazione polidoresca è il motivo del braccio e della mano della Madonna che regge il libro. Rimandi a Polidoro si colgono anche nelle due figure degli apostoli della tavola di Itala, dove però la struttura del trono si rifà al modello di Cesare da Sesto, mentre il gruppo della Vergine con il Bambino deriva dalla tavola con la Madonna e il Bambino tra i ss. Giovanni Battista ed Elia di Alfonso Franco nel duomo di Taormina, confermando, così, quanto rammentato da Susinno circa l’alunnato del pittore presso l’‘Argentiere’ prima e Polidoro poi.
Un sicuro riflesso del legame con il Caldara si coglie nella Madonna con Bambino tra i ss. Pietro e Paolo già in S. Paolello e oggi nel Museo regionale di Messina (Previtali, 1970-1971, pp. 41 s.; 1978, p. 33). Sebbene, infatti, la semplicità dell’impianto compositivo sia ancora quella della pala di Taormina del Franco e il volto della Vergine mostri un’aria leonardesco-alibrandiana, i tratti incisivi dei volti dei due apostoli e le pieghe marcate e taglienti dei panneggi sono la personale traduzione del nuovo linguaggio del pittore lombardo, che Susinno definiva «polidoresco, ma caricato, che pende assai alla secca maniera» e «di gusto secco e statuino» (1724, 1960, pp. 52, 96). La fitta decorazione all’antica che orna il trono della Vergine è stata messa in relazione con i disegni degli apparati trionfali per l’entrata di Carlo V a Messina nel 1535 approntati da Polidoro (Previtali, 1978, p. 33), e pertanto l’opera è stata datata sul finire del quarto decennio del secolo (Hyerace, 1986, pp. 402 s.). A questo dipinto si legano stilisticamente, sia che ne facesse parte (Previtali, 1978, p. 48, n. 13) o no (Pugliatti, 1993, p. 153), la lunetta con Dio Padre e angeli del Museo regionale di Messina e la Madonna con Bambino e i ss. Michele e Girolamo dello stesso Museo, oggi alquanto danneggiata e in origine nella chiesa di S. Maria della Grazia (Campagna Cicala, 1977, pp. 77 s.).
Un carattere più decisamente polidoresco presenta la Pietà o Madonna della carità del Museo regionale di Messina, già nella chiesa del monastero delle Repentite (Previtali, 1970-1971, p. 41; 1978, p. 33), eseguita, verosimilmente, dopo il 1543 (Barricelli, 1981, p. 19; Hyerace, 1986, p. 403), anno di fondazione del monastero da parte della Confraternita degli Azzurri, ricordato da Samperi (1644, p. 368), il quale pubblica anche un’approssimativa incisione del dipinto, che ritiene di fattura fiamminga. Nella progettazione di quest’opera, più articolata e complessa rispetto alle altre, è evidente che il pittore abbia fatto ricorso a qualche più precisa traccia di Polidoro per una Pietà della quale sono testimonianza vari e ben noti studi del maestro (Hyerace, 1986, p. 403; Pugliatti, 1993, p. 155). A quest’opera è stata avvicinata la danneggiata Crocifissione della chiesa parrocchiale del villaggio di Bordonaro (Campagna Cicala, 1977, pp. 75-78).
Sul finire degli anni Cinquanta deve datarsi la monumentale Immacolata con i simboli mariani e il padre Eterno dei depositi del Museo regionale di Messina e già nella chiesa del monastero di S. Anna (Hyerace, 1993), che sembra ispirata alla perduta Assunta di Giovan Angelo Montorsoli della cappella Cicala in S. Domenico, replicata da Vincenzo Tedeschi nel 1624 per l’altare Conti nel duomo di Messina, anch’essa perduta e nota attraverso una riproduzione fotografica (S. Mazza, Gregorio e Vincenzo Tedeschi nel Seicento siciliano, in Atti della Accademia Peloritana dei Pericolanti, classe di lettere, filosofia e belle arti, XXVIII (2005), pp. 77-108 e fig. 6).
Datato 1560 era un S. Leonardo nell’omonima chiesa messinese (Samperi, 1654 circa, 1742, e Susinno, 1724, 1960, p. 52) distrutto dal terremoto del 1783 (Grosso Cacopardo, 1821, p. 60), e di cui è forse una derivazione nella tavola con ugual soggetto datata 1587 e firmata da Antonello Riccio, figlio di Mariano, già nella chiesa del Salvatore a Castroreale e oggi nel locale Museo di S. Maria degli Angeli (Hyerace, 1986, p. 401).
Al periodo tardo dovrebbe appartenere l’Annunciazione della parrocchiale di S. Filippo Superiore (Previtali, 1970-1971, p. 42; 1978, p. 33), nella quale la banale composizione della scena e le forme goffe dei protagonisti sono un chiaro segno dell’affievolirsi dell’influenza polidoresca. Del resto, come per Stefano Giordano, suo coetaneo e in gran parte compagno di esperienza, anche in Riccio la scomparsa di Polidoro dovette determinare un recupero di modalità che facevano parte della tradizione figurativa locale.
Problematico, per il cattivo stato di conservazione, risulta un giudizio sull’Annunciazione dei depositi del Museo regionale di Messina, già in S. Maria della Grazia (Hyerace, 1986, p. 407), e sulla Madonna con Bambino tra i ss. Cosma e Damiano, anch’essa nello stesso Museo, proveniente dall’oratorio della Pace, attribuita al pittore da Hyerace (pp. 405-407) e rifiutata da Pugliatti (1993, p. 158), dove l’ampio paesaggio, simile nelle sagome delle montagne a quello delle pale di S. Paolello e di S. Maria delle Grazie, sembra recuperare suggerimenti di Salvo d’Antonio.
Tenendo conto della sostanziale omogeneità stilistica delle opere di Riccio, sono stati espunti dal suo catalogo la Madonna con Bambino tra i ss. Agostino e Bernardo di Capodimonte (restituita a Stefano Giordano da Barricelli, 1981, p. 20, e da Pugliatti, 1993, p. 148) e il Crocifisso della chiesa di S. Nicolò a Villafranca (Hyerace, 1986, p. 410).
Distante dai modi del pittore è anche la Natività della chiesa madre di Altolia, assegnatagli da Pugliatti (1993, p. 171).
Ignoti a tutt’oggi sono il luogo e la data di morte di Mariano Riccio.
Fonti e Bibl.: P. Samperi, Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio Maria protettrice di Messina..., Messina 1644, p. 368; Id., Messana [...] illustrata (ms., 1654 circa), I, Messina 1742, p. 615; F. Susinno, Le vite de’ pittori messinesi (ms., 1724), a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 51 s., 96; A. Mongitore, Memorie dei pittori, scultori, architetti, artefici in cera siciliani (1742 circa), a cura di E. Natoli, Palermo 1977, p. 116; F. Hackert - G. Grano, Memorie dei pittori messinesi, Napoli 1792, poi a cura di G. Molonia, Messina 2000, pp. 66 s.; G. Grosso Cacopardo, Memorie de’ pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII al secolo XIX, Messina 1821, p. 60; G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dal sorgere del sec. XV alla fine del XVI, III, Palermo 1862, p. 299; G. La Corte Cailler, Il Museo Civico di Messina (1901), a cura di N. Falcone, Patti 1981, pp. 57 s.; S. Bottari, La cultura figurativa in Sicilia, Messina-Firenze 1954, pp. 245 s.; F. Bologna, Roviale Spagnuolo e la pittura napoletana del Cinquecento, Napoli 1959, p. 18; G. Previtali, La pittura del ’500 a Napoli e nell’Italia meridionale, Chiaravalle 1970-1971, pp. 41 s.; F. Abbate, La pittura napoletana fino all’arrivo di Giorgio Vasari (1544), in Storia di Napoli, V, Cava dei Tirreni 1972, pp. 842 s.; F. Campagna Cicala, scheda n. 11, in X Mostra di opere d’arte restaurate, Palermo 1977, pp. 75-79; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino 1978, pp. 28 s., 33 s., 48; A. Barricelli, La pittura in Sicilia dalla fine del Quattrocento alla Controriforma, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 19 s.; C. Ciolino Maugeri, in Opere d’arte restaurate 1980-1985, a cura di F. Campagna Cicala - G. Barbera, Messina 1986, pp. 43-48; L. Hyerace, Su M. R. e intorno alla pittura messinese della prima metà del Cinquecento, in Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina, IV (1986), pp. 398-410; C. Vargas, R., M., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 821; F. Campagna Cicala, Messina. Museo Regionale, Palermo 1992, p. 95; C. Ciolino, R. M., in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Pittura, a cura di M.A. Spadaro, Palermo 1993, p. 451; L. Hyerace, Una “Immacolata Concezione” di M. R. nei depositi del Museo Regionale di Messina, in Quaderni dell’attività didattica del Museo Regionale di Messina, 1993, n. 3, pp. 17-21; T. Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia. La Sicilia orientale, Napoli 1993, pp. 148, 151, 153-160, 171; F. Campagna Cicala, La cultura pittorica nella Sicilia orientale, in Vincenzo degli Azani da Pavia e la cultura figurativa in Sicilia nell’età di Carlo V (catal., 1999), a cura di T. Viscuso, Palermo 1999, p. 138; V. Sola, schede nn. 17 e 18, ibid., pp. 279 s., 280 s.; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia Meridionale. Il Cinquecento, III, Roma 2001, pp. 283 s.