MARIANO di ser Austerio
MARIANO di ser Austerio. – Nacque, secondo la data convenzionalmente fissata dalla critica, attorno al 1470 e fu figlio del notaio ser Austerio, originario di Monte Corneo. Attivo verosimilmente dall’ultimo decennio del XV secolo (Gnoli, 1921-22, p. 124), si trasferì in data imprecisata a Perugia, dove abitò nel quartiere di Porta San Pietro almeno dal 1510.
Problematica è l’individuazione del suo percorso artistico e formativo, di fatto non documentato fino al gennaio del 1503, quando si trovava a Ferrara presso la corte estense per interventi non identificati nel camerino di Alfonso d’Este realizzati in collaborazione con Nicolò Pisano. Ancora nel 1505 ricevette pagamenti per alcune pitture commissionate da don Ferrante d’Este e l’anno successivo è ricordato nel palazzo estense presso S. Francesco (Venturi).
Nuova luce sulla sua attività pittorica è stata portata soprattutto grazie alla recente identificazione, a opera di C. Galassi, della pala con Madonna con il Bambino, i ss. Giovanni Battista, Lorenzo, Gerolamo e Domenico conservata presso la Pinacoteca Vaticana, eseguita da M. per l’altare della cappella Belli nella chiesa di S. Domenico a Perugia.
Tradizionalmente ricordata nelle cronache locali come la sua opera più importante, fu lungamente considerata perduta a seguito delle requisizioni napoleoniche. In un resoconto del 1812 è riportato che sulla tavola era annotata la data del 1493, accettata comunemente dalla storiografia novecentesca, ma attualmente non leggibile. In base a considerazioni stilistiche, C. Galassi (p. 171) propende invece per una cronologia da fissarsi agli inizi del XVI secolo e comunque prima del 18 maggio 1518, quando Giovan Battista Caporali fu nominato perito per il lodo arbitrale sul prezzo da attribuire al manufatto, che evidentemente a tale data era ormai completato. Dal punto di vista formale il dipinto è una delle opere più belle e problematiche della pittura a Perugia tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo (Galassi, p. 176), che riflette in maniera paradigmatica il profilo di un artista formatosi in questo eclettico panorama figurativo. Tale ambiente si caratterizzava per un comune ceppo linguistico di chiaro segno peruginesco, sul quale si innestavano differenti inflessioni che includevano suggestioni toscane e romane, in sintonia con gli sviluppi del Pinturicchio (Bernardino di Betto) e del giovane Raffaello (Mancini). Soprattutto nella resa dei volti sono particolarmente forti i richiami a Giovanni di Pietro detto lo Spagna e allo stesso Perugino (P. Vannucci), del quale M. è da considerarsi tra i migliori seguaci (Gnoli, 1921-22, p. 131). Da questo maestro M. riprende non solo la tipologia di alcuni santi, ma anche il motivo della mandorla con figure angeliche che circonda la Vergine, adottato per la prima volta dal Perugino per la monumentale pala della cappella Sistina, distrutta per far posto al Giudizio universale di Michelangelo (Galassi, pp. 171-173).
Il 19 nov. 1510 stipulò un contratto con la Congregazione laica della Compagnia di Nostra Donna di S. Antonio in Porta Sole a Perugia per dipingere la predella e la lunetta con l’Eterno Benedicente a completamento della pala d’altare con Natività che lo Spagna non aveva condotto a termine, attualmente conservata al Louvre di Parigi (Briganti). L’intervento di M. potrebbe essere stato suggerito dallo stesso Spagna, forse impossibilitato a terminare l’opera, oppure dai membri della Confraternita desiderosi di vederla completata al più presto.
Molto accurata è l’esecuzione della predella con Madonna della Misericordia e i ss. Leonardo e Antonio Abate (Perugia, Galleria nazionale dell’Umbria), in cui M. s’ispira ai modi di Bernardino di Mariotto dello Stagno nella resa cromatica, utilizzando una tavolozza dai colori freddi con rosa e verde cenere per gli incarnati, sempre partendo però da una maniera fortemente improntata alla pittura del Perugino (Gnoli, 1921-22, p. 126). Dibattuta invece è l’identificazione della lunetta, riconosciuta inizialmente in una conservata presso la Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia (Santi, p. 143; Todini, 1989, p. 208), ma più probabilmente da individuarsi in quella molto rovinata presente ancora nella sacrestia della chiesa di S. Antonio (Maddoli, in Mancini - Scarpellini, p. 56).
Agli anni 1511-12 risalgono i pagamenti che M. ricevette per l’esecuzione del paliotto d’altare della cappella grande del Collegio del cambio, in parte già decorata da Giannicola di Paolo (Mancini, pp. 189 n. 22, 250).
Forse l’opera gli fu commissionata per testare le sue capacità e valutare l’opportunità di confermargli il completamento dell’intera decorazione, portata a termine sempre da Giannicola. L’aspetto arcaizzante del manufatto ripete i modelli formalizzati nelle botteghe fiorentine del secondo Quattrocento, concepiti come imitazione in pittura degli antependi in stoffa con ricami preziosi, decorati da clipei contenenti raffigurazioni a soggetto sacro. In quello centrale è rappresentata infatti la Vergine con Bambino, ispirata alla Madonna del Libro di Raffaello (San Pietroburgo, Ermitage), presente a Perugia dal 1505, mentre in quelli laterali si collocano i Ss. Giovanni Battista e Giacomo (ibid., p. 159).
Il 2 luglio 1512 ricevette l’incarico, insieme con Fiorenzo di Lorenzo e Sinibaldo Ibi, di stimare la pittura dell’orologio pubblico eseguita da Giannicola di Paolo e Caporali (Gnoli, 1921-22, p. 132).
Il 5 luglio 1520 Meneco di Giacomo dispose nel testamento la realizzazione a opera di M. delle pitture decoranti le pareti attorno all’altare di patronato nella chiesa di S. Maria di Ancaelle in Sant’Arcangelo al Trasimeno. Gli affreschi, in cattivo stato di conservazione, già attribuiti a Caporali, raffigurano l’Eterno Benedicente nella lunetta e Santi ai lati della mensa d’altare (Galassi, pp. 182 s.).
Il 14 e il 21 dic. 1521 M. e il fratello Bartolomeo stipularono accordi per lavoro a cottimo su terreni di loro proprietà (Gnoli, 1921-22, p. 132).
Nell’aprile dell’anno successivo maestro Biagio di Geroldo da Cremona si obbligò a costruire due mulini, uno per macinare il grano e l’altro i colori, presso Deruta per conto di M. e del fratello (ibid.).
A M. è stato anche attribuito un affresco rappresentante una Crocifissione staccato da un altare dell’oratorio della Confraternita di S. Maria Novella a Perugia e attualmente nella Galleria nazionale dell’Umbria. Datato 1522, l’affresco mostra un’originale rielaborazione di spunti tratti dal repertorio di Raffaello, che giungono a esiti di singolare libertà espressiva (Todini, 1994).
Il manufatto presenta stringenti analogie stilistiche con i frammenti di un altro affresco di medesimo soggetto originariamente nella chiesa di S. Gerolamo a Perugia (ora nella Galleria nazionale dell’Umbria), che presentava la firma dell’artista (Id., 1989, p. 208).
Nel luglio del 1523 M., in veste di procuratore di Giulio Romano, ricevette in due diverse occasioni somme di denaro per la pala dell’Incoronazione della Vergine, eseguita dallo stesso Giulio Romano e da G.F. Penni per il monastero delle clarisse di Monteluce, ora conservata nella Pinacoteca Vaticana (Gnoli, 1927, pp. 143, 151 s.). Nel 1530 M. è ricordato da Vasari ad Ancona, dove dipinse «in Santo Agostino la tavola dell’altar maggiore con ornamento grande, la quale non sodisfece molto» (p. 251).
Non è nota la data di morte di M., che dovette avvenire prima del 16 marzo 1547, data della controversia sorta tra la figlia Alessandra e Girolamo figlio dello zio Bartolomeo, che avrebbe usurpato parte dell’eredità paterna (Mariotti, p. 202).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, p. 251; G.F. Morelli, Brevi notizie delle pitture e sculture che adornano l’augusta città di Perugia (1683), Perugia 1973, p. 65; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini, Roma 1732, pp. 82 s.; A. Mariotti, Lettere pittoriche perugine, Perugia 1788, pp. 198-202; A. Venturi, L’arte ferrarese nel periodo di Ercole I d’Este, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 7, III (1890), 3-4, p. 147; A. Briganti, Un ignoto dipinto di M. di s. A., in Boll. di storia patria per l’Umbria, XV (1909), 1, pp. 365-372; U. Gnoli, Raffaello e la «Incoronazione» di Monteluce (nuovi documenti), in Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione, XI (1917), pp. 143, 151 s.; Id., M. di s. A., ibid., XV (1921-22), pp. 124-132; Id., Pittori e miniatori nell’Umbria (1923), Foligno 1980, pp. 190 s.; Pittura in Umbria tra il 1480 e il 1540 (catal.), a cura di F.F. Mancini - P. Scarpellini, Milano 1983, ad ind.; P. Scarpellini, Perugino, Milano 1984, p. 102; F. Gualdi Sabatini, Giovanni di Pietro detto lo Spagna, Spoleto 1984, ad ind.; F. Santi, Galleria nazionale dell’Umbria. Dipinti, sculture e oggetti dei secoli XV e XVI, Roma 1985, pp. 143 s.; C. Bon Valsassina, Il Collegio del cambio, Roma 1987, p. 48; F. Todini, La pittura umbra: dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, p. 208; II, pp. 599 s.; Id., in Galleria nazionale dell’Umbria. Studi e restauri, a cura di C. Bon Valsassina - V. Garibaldi, Firenze 1994, pp. 258s.; F.F. Mancini, La cappella di S. Giovanni, in Il Collegio del cambio, a cura di P. Scarpellini, Cinisello Balsamo 1998, p. 165; D. Tamblè, Il ritorno dei beni culturali dalla Francia nello Stato pontificio…, in Ideologie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica. A proposito del trattato di Tolentino. Atti del Convegno…, Tolentino… 1997, Roma 2000, p. 500; C. Galassi, La pala «Belli» di M. di s. A. nella Pinacoteca Vaticana: un’opera ritrovata, in Boll. dei monumenti, musei e gallerie pontificie, XXIII (2003), pp. 147-185; U Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 95.