Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Con Mariano di Iacopo detto il Taccola prende il via una tradizione letteraria manoscritta sull’arte militare, l’idraulica e l’ingegneria delle macchine, che porta alla ribalta internazionale la tradizione tecnica della scuola senese; essa, assieme all’università e all’oculata guida economica, politica e militare della classe dirigente, fa di Siena uno dei centri più all’avanguardia d’Europa.
Se dalla Firenze di Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti (1378-1455) ci spostiamo nella vicina Siena troviamo un altro protagonista dell’ingegneria rinascimentale, Mariano di Iacopo detto il Taccola, al quale dobbiamo riconoscere il merito di aver avviato la tradizione letteraria manoscritta senese su argomenti tecnici, destinata a imporsi a livello internazionale durante il XV e XVI secolo. Taccola ha una formazione da notaio, tuttavia non sembra avere mai esercitato questa professione, dedicandosi invece allo studio dell’arte e dell’ingegneria, come sembrano mostrare le sue collaborazioni con Iacopo della Quercia (1371/1374-1438), Bindino da Travale e Domenico di Bartolo.
L’insolita formazione di Taccola, a contatto col mondo degli umanisti dello Studio di Siena (tra il 1424 e il 1434 ricopre l’incarico di Camerarius della Domus Sapientiae) e con quello degli artisti, lo conduce a sviluppare un originale interesse per la tecnica, che si realizza sia sul piano della ricerca antiquaria, sia su quello delle invenzioni. Da un lato Taccola si dedica alla ricostruzione delle macchine descritte nei trattati tecnici antichi pervenuti privi di apparato iconografico, dall’altro lato si impegna nello studio dell’ingegneria militare e civile con lo scopo di inventare nuovi dispositivi. Per celebrare questo suo ruolo di inventore legando il suo nome a una delle figure più importanti dell’ingegneria antica, Taccola si autodefinisce “Archimede senese”, volendo sottolineare in questo modo la sua capacità di inventare dispositivi militari eccezionali, come quelli ideati dallo scienziato siracusano durante l’assedio delle truppe romane nel 212 a.C.
La figura di Taccola costituisce una sorta di crocevia nella storia dell’ingegneria rinascimentale, perché la sua duplice formazione artistica e umanistica prefigura l’orientamento che prenderà la riqualificazione culturale degli ingegneri rinascimentali: proprio dall’interesse di Taccola verso le macchine degli antichi, infatti, – che possiamo definire di “filologia macchinale” – prende avvio il rinnovamento della figura professionale dell’ingegnere; questi da operatore indotto e letterariamente muto si trasforma in un autore di trattati in cui l’immagine è concepita come il veicolo principale per la comunicazione dell’informazione tecnica.
L’opera manoscritta di Taccola è composta essenzialmente da due trattati: il De ingeneis e il De machinis. Il primo è diviso in quattro libri: nei primi due, risalenti agli anni tra il 1419 e il 1450 e custoditi oggi a Monaco di Baviera, sono contenuti disegni di ingegneria militare e civile, impianti idraulici e citazioni di autori classici; nel terzo e quarto, composti tra il 1431 e il 1433 e conservati a Firenze, sono contenuti disegni prevalentemente di idraulica. Il De machinis, composto tra il 1430 e il 1449 e custodito anch’esso a Monaco di Baviera, contiene prevalentemente disegni di natura militare.
Nel De ingeneis e nel De machinis la priorità è quella di comunicare le modalità di funzionamento dei congegni tecnici o delle procedure illustrate e per questo si fa ricorso a geniali espedienti grafici – la contestualizzazione ambientale della macchina, la rappresentazione in serie delle operazioni necessarie per ottenere un certo effetto, il ricorso a viste in esploso che permettono di collegare mentalmente le varie parti del congegno rappresentato, la rappresentazione in trasparenza, che consente di vedere gli organi interni alla macchina. Infine, Taccola non manca di inserire in alcuni disegni particolari che fungono da fattore di scala e perfino dei riferimenti quantitativi.
Il bagaglio tecnico presentato da Taccola è quello della machinatio classica, mutuato prevalentemente dal De architectura dell’architetto romano Vitruvio e dal De re militari di Vegezio e rispetto alla tradizione tedesca inaugurata da Konrad Kyeser, che è quasi esclusivamente incentrata sulla tecnologia militare, le opere dell’artista-ingegnere senese si caratterizzano per la cospicua apertura all’ingegneria civile. Stimolato dal particolare assetto idrogeologico della città di Siena che, sorgendo su una collina priva di sorgenti, necessita di sistemi idraulici per l’approvvigionamento dell’acqua, Taccola si dimostra particolarmente interessato alla tecnologia idraulica, perpetuando in questo modo una tradizione locale, poiché già dal Duecento era stata scavata una rete di bottini (un acquedotto sotterraneo) per alimentare le fonti cittadine. Taccola presenta disegni di sifoni di grosse dimensioni, ponti, canali e potenti sistemi per il sollevamento dell’acqua che fanno pensare a possibili soluzioni in vista dell’audace e mai realizzato progetto di portare in città le acque del fiume Merse, distante circa 30 chilometri da Siena. Per quanto riguarda la tecnologia militare, gli studi di Taccola sono sostanzialmente una ripetizione della machinatio classica che troviamo nell’opera di Kyeser e nel Manoscritto anonimo della guerra ussita con le armi da fuoco ancora in secondo piano rispetto alle macchine ossidionali.
Particolarmente curiosi sono alcuni disegni che illustrano dispositivi per le immersioni e attrezzature per il recupero di relitti e tesori sommersi, così come le illustrazioni sull’utilizzo di strumenti topografici quali il teodolite e l’archipendolo, necessari per disegnare i tracciati di canali e acquedotti. In entrambi i manoscritti di Taccola sono presenti anche due tra le più antiche rappresentazioni dell’applicazione dell’energia idraulica in una soffieria metallurgica.