MARIANO del Buono
MARIANO del Buono. – Nacque a Firenze tra il 1433 e i primi mesi del 1434, dal calzolaio Buono di Iacopo, allora residente nel «popolo» di San Pier Gattolini (Levi D’Ancona, p. 175).
Non ancora registrato nella portata al Catasto del 1433, M. risulta avere nove anni in quella dichiarata dal padre nel 1442. Dopo tale data la famiglia si trasferì nel popolo di Sant’Ambrogio, in via dell’Agnolo (ibid., p. 176). M. risiedette nella casa paterna almeno fino al 1462, quando spostò il proprio domicilio in via delle Fornaci, probabilmente in occasione del suo matrimonio con monna Sandra. Se nel 1457 non risulta ancora sposato, nel 1470 sono menzionati per la prima volta la moglie e il figlio di sette anni (ibid.).
Secondo E. Colnaghi apprese l’arte del minio presso la bottega di Agnolo Tucci, dove rimase per molti anni. Il 23 luglio 1462 affittò per tre anni dalla badia fiorentina una bottega, presso la sacrestia del monastero, appartenuta a Tuccio, figlio del suo maestro, che in quell’occasione gli fece da mallevadore.
Differente ipotesi riguardo la sua formazione è stata avanzata da Levi D’Ancona (pp. 176 s.), la quale propone che possa essere stato allievo di Bartolomeo Vannucci. Quest’ultimo infatti fu suo garante nel 1471 per la commissione di alcuni capilettera miniati che M. realizzò per un antifonario della badia ancora non identificato. Sempre secondo Levi D’Ancona questa indicazione documentaria troverebbe riscontro con lo stile di M., che ricorda in parte quello di Vannucci.
Nel 1465 appigionò una seconda bottega sempre presso la sacrestia del medesimo monastero; mentre i locali dove si trovava precedentemente vennero presi in affitto da Monte e Gherardo di Giovanni. Tra il 1468 e il 1471 si trasferì, infine, in un’ulteriore bottega appartenente alle monache di S. Ambrogio (ibid., p. 176).
La sua attività artistica, a lungo rimasta nell’ombra, è stata solo negli ultimi decenni definita con maggior chiarezza. Fondamentale soprattutto una prima ricostruzione del corpus di opere, avviata da A. Garzelli ed effettuata sulla base dei caratteri stilistici desunti dal ristretto numero di miniature documentate che è possibile riferire a M. con certezza e che risalgono alla sua maturità. Il profilo che si è venuto delineando corrisponde a quello di uno dei miniatori maggiormente attivi e influenti nell’ambito del panorama fiorentino della seconda metà del Quattrocento, soprattutto riguardo la produzione di testi umanistici, realizzati per una prestigiosa committenza locale e internazionale.
Dal suo atelier dovette essere licenziata la decorazione del codice con le Decadi di Tito Livio, conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze (Mss., 484), datato al 1464 (Garzelli, pp. 191 s.). Successiva di pochi anni è la realizzazione di un Plutarco del 1469 (Modena, Biblioteca Estense universitaria, Lat., 429) e delle Institutiones oratoriae di Quintiliano (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut., 46.6), trascritte da Bartolomeo Della Fonte, per il mercante fiorentino Francesco Sassetti (ibid., pp. 192, 194).
In questo gruppo di opere della prima maturità M. si muove all’interno degli schemi tradizionali propri della miniatura fiorentina, non derogando all’utilizzo della decorazione a bianchi girari accompagnati dall’inserto di ritratti, piuttosto che di scene narrative, nei frontespizi e nelle iniziali. Non privo di originalità è comunque il rinnovamento in senso rinascimentale delle componenti strutturali della griglia di contenimento della pagina, mediante per esempio la realizzazione in prospettiva delle classiche candelabre, ma anche del dettaglio fisiognomico dei diversi personaggi, ispirati alla ritrattistica del Pollaiolo (A. Benci) e di Alessio Baldovinetti (Garzelli, pp. 191 s.).
Tra il 1469 e il 1470 in collaborazione con ser Ricciardo di Nanni decorò con ogni probabilità anche un altro manoscritto con le opere di Livio in tre tomi, su commissione dell’umanista ungherese János Vitéz (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Lat., 15731-15733). Nei capilettera di questa opera prevale la rappresentazione di scene tratte dalla storia romana accompagnate da episodi mitologici nelle bordure, che prendono forma all’interno di articolate strutture architettoniche ispirate all’antico (Garzelli, pp. 191-193). Sempre a quegli anni risale una delle rare incursioni di M. in ambito patristico, essendogli stata riferita in collaborazione con Francesco d’Antonio del Chierico la decorazione di un De Civitate Dei (Londra, British Library, Add. Mss., 15246) per don Iñigo d’Avalos, potente dignitario della corte del re di Napoli Ferdinando I d’Aragona (Alexander, p. 150).
Dall’inizio degli anni Settanta si riferiscono le più antiche testimonianze di commissioni da parte di ordini religiosi.
Oltre infatti al già citato antifonario per la badia fiorentina, M. dovette eseguire anche un breviario (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 284), datato ancora al 1471, probabilmente per le clarisse del monastero di S. Maria Annunziata a Monticelli, e un lezionario in due volumi per le monache di S. Maria dell’Annunziata a Montedomini (I colori del divino, pp. 65-71, 169-176).
Particolarmente intensa fu l’attività per la certosa di Firenze, di cui sono ricordati numerosi compensi per diversi minii tra il 1476 e il 1502, non ancora ricondotti ad alcuna opera precisa (Chiarelli).
Tra il 1473 e il 1477 è invece documentata la partecipazione di M. alla decorazione di un Breviario per l’ospedale di S. Maria Nuova (Firenze, Museo nazionale del Bargello, cod. 68) al fianco di un gruppo di altri artisti, in cui spicca il nome di Gherardo di Giovanni di Miniato, nonché di un miniatore di cultura padana identificato su base stilistica con Girolamo da Cremona. È da notare che nei documenti si dice che M. non solo miniò, ma anche «effatto miniare», espressione che avrebbe suggerito come egli potesse essere stato il tramite per un coinvolgimento di Girolamo nell’ambito di tale committenza, delegandogli l’esecuzione di alcune miniature probabilmente per aggirare le norme restrittive riguardanti gli artisti non iscritti alle corporazioni locali (Garzelli, pp. 203 s.).
Per la critica la produzione di M. è riconoscibile secondo varie fasi, la prima delle quali è più esplicitamente legata alla sua attività giovanile, mentre la successiva si mostra decisamente influenzata dallo stile di Gherardo di Giovanni e soprattutto di Girolamo da Cremona, l’incontro con il quale fu un vero e proprio punto di svolta. La sostanziale trasformazione della sua maniera riguarda non tanto la resa formale, bensì un complessivo ripensamento dell’organizzazione della pagina e delle scene. Ormai abbandonata la decorazione a bianchi girari, M. si distingue per l’utilizzo di elementi desunti soprattutto dalla tradizione mantegnesca e ferrarese, miranti a un adeguamento del lessico in chiave naturalistica e monumentale. Diversa è soprattutto la sensibilità nell’elaborazione del rapporto tra la singola figura e l’ambiente, che vengono progressivamente a perdere l’elegante decoratività che li caratterizzava in precedenza a favore di una più spiccata aderenza al dato reale. Queste nuove linee di ricerca si ritrovano emblematicamente nella decorazione delle Ordinazioni degli Otto di guardia e balia, pagata a M. tra il 1478 e il 1479 (Garzelli). Tali miniature sono termini fondamentali nella ricostruzione del catalogo di M., in quanto le prime a essere inequivocabilmente riferibili con certezza alla sua mano.
A quest’opera è stata legata un’ulteriore serie di interventi in molteplici codici, realizzati a partire dagli anni immediatamente successivi, dove spesso però si riscontra un sempre maggiore coinvolgimento della bottega, con relativo scadimento qualitativo nella resa formale delle decorazioni, evidentemente per far fronte alle richieste di una clientela sempre più vasta.
Ininterrotta è la produzione in ambito umanistico, di cui vanno ricordate soprattutto le miniature per la quarta decade in volgare del Livio conservato presso la Biblioteca universitaria di Valencia (Mss., 386), recante la data del 1469 e le insegne di Ferdinando I d’Aragona, nonché quelle per gli Scriptores historiae Augustae presso la Biblioteca universitaria di Melbourne (Mss., 219) e il De moribus di G. Nesi (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut., 77.24) datato al 1484, destinati rispettivamente a Lorenzo il Magnifico e al figlio Piero (Garzelli, pp. 193, 199 s.).
A questi codici si devono aggiungere anche un Livio per il re d’Ungheria Mattia Corvino (New York, Public Library, Spencer Collection, 27), ma anche un nutrito gruppo di manoscritti commissionati sempre da Francesco Sassetti, con il quale M. sembra avesse stabilito un rapporto privilegiato. Tra essi spiccano una miscellanea di storici dell’antichità (Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 817) e un raffinato Virgilio (Plut., 39.6) della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (Garzelli, pp. 194 s.).
Nella sua fase più tarda nuovo spazio sembra assumere la realizzazione di libri devozianali, come le Ore per Maddalena de’ Medici del 1488 (Waddesdon Manor, The Rothschild Collection, ms. 16), un Offiziolo appartenuto a Giuliano Della Rovere (Rouen, Bibliothèque municipale, Mss., A.581 bis) e le cosiddette Ore Biliotti (Yates Thompson, 23) della British Library di Londra (Garzelli, pp. 208, 211-214).
M. morì molto probabilmente il 10 nov. 1504, come sembra dedursi da un’indicazione nel libro della Grascia dei morti dove viene riportata a tale data l’indicazione del decesso di tale «Mariano dipittore», sepolto presso il popolo di Sant’Ambrogio, dove M. risiedeva (Levi D’Ancona, p. 176).
Fonti e Bibl.: E. Colnaghi, A dictionary of Florentine painters from the 13th to the 17th centuries, London 1928, p. 60; M. Levi D’Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo. Documenti per la storia della miniatura, Firenze 1962, pp. 175-182; C. Chiarelli, Le attività artistiche e il patrimonio librario della certosa di Firenze. Dalle origini alla metà del XVI secolo, Salzburg 1984, ad ind.; A. Garzelli, Le immagini, gli autori, i destinatari, in Miniatura fiorentina del Rinascimento 1440-1525. Un primo censimento, Firenze 1985, I, pp. 190-215; A. Dillon Bussi, Miniature laurenziane rinascimentali. Nuove proposte attributive (catal.), Firenze 1991, pp. 30 s.; J.J. Alexander, in The painted page: Italian Renaissance book illumination. 1450-1550 (catal., Londra-New York), New York 1994, pp. 118 s., 150; C. de la Mare, in Biblioteca Trivulziana. Milano, a cura di A. Dillon Bussi - G.M. Piazza, Fiesole 1995, pp. 170 s.; I colori del divino (catal.), a cura di G. Lazzi, Firenze 2001, ad ind.; A. Dillon Bussi, La miniatura per Mattia Corvino: certezze e problematiche, con particolare attenzione a quella fiorentina, a Bartolomeo di Domenico di Guido, a M. del B., in Nel segno del corvo. Libri e miniature della biblioteca di Mattia Corvino re d’Ungheria (1443-1490) (catal.), Modena 2002, pp. 106-109.