AYALA, Mariano d'
Nacque a Messina il 14 giugno 1808 da Raimondo, tenente colonnello d'artiglieria al servizio dei Borboni, e da Rosaria Ragusi. Rimasto orfano a nove anni e messo dalla madre a studiare, nel 1819, presso l'Accademia militare di Napoli, entrò come alfiere nel 1829 nel reggimento "Re Artiglieria" di stanza a Gaeta, e, dopo essersi distinto in vari incarichi, nel 1835 fu chiamato dal generale C. Filangieri presso la Direzione generale dell'Officio dei corpi facoltativi e con lui collaborò all'ammodernamento dell'esercito.
Al 1835 risale anche la pubblicazione, a Napoli, delle Memorie storico-militari dal 1734 al 1815, accolte con lodi. Sono di questo periodo i primi contatti dell'A. con i circoli e la cultura liberale di Napoli: frequentò G. Costa, A. Begani, F. Ricciardi, F. Pepe, E. Taddei, C. Troya, sicché, quando nel 1837 fu chiamato ad insegnare balistica e geometria descrittiva alla Nunziatella, il colonnello Nocerino ne denunciò al re i pericolosi sentimenti rivoluzionari. Nel 1839 partecipò a Pisa al I congresso degli scienziati. Al ritorno, dopo un viaggio che lo aveva messo a contatto con la più avanzata cultura italiana, completò il Dizionario militare francese-italiano (Napoli 1841; 2 ediz., Genova 1853). I legami dell'A. con gli ambienti dell'opposizione murattiana e liberale venivano intanto confermati dalle nozze con Giulia Costa, figlia di un superstite dell'esercito di Murat e rivoluzionario del 1820; dalla pubblicazione di Un ricordo intorno al colonnello F. Giulietti (Napoli 1841), fedele soldato della Repubblica partenopea e della Cisalpina; infine dall'articolo apparso sulla Strenna dell'Iride del 1843 (Un viaggio da Napoli a Pizzo), rievocante l'ultima impresa di Murat e le tragiche circostanze della morte. Quando Ferdinando II decise perciò di allontanarlo dal collegio militare, l'A. preferì mantenere la propria indipendenza dimettendosi per dedicarsi agli studi. Nello stesso 1843 pubblicava a Napoli Le vite dei più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino ai dì nostri.
Nelle Vite l'attenzione è rivolta agli aspetti più forti delle singole personalità, al "genio", e la rassegna del passato si orienta verso un appassionato richiamo al presente. Alla condanna della remissività verso lo straniero, che aveva caratterizzato il governo borbonico e la Repubblica partenopea, si unisce un giudizio nel complesso negativo sull'età napoleonica, per le tante energie italiane disperse. Del regno di Murat sono notate l'abolizione del feudalismo e la costituzione di un esercito esclusivamente napoletano. Se contingenti necessità costringono l'A. a rendere omaggio alla monarchia borbonica e a condannare i moti del 1820, a ciò si contrappone la scelta dei personaggi, la cui maggioranza appartiene alla corrente antiborbonica, e l'esaltazione di alcuni protagonisti della recente rivoluzione.L'A., che il 17 marzo 1844 era stato incarcerato in seguito ai moti di Cosenza, nel 1846 partecipò al congresso degli scienziati di Genova; al ritorno fu fermato dalla polizia borbonica perché in possesso di alcune opere di d'Azeglio, Balbo e Gioberti. Nel 1847 pubblicava Napoli militare, monografia sulle forze armate del Regno. Nel settembre dello stesso anno era nuovamente incarcerato, durante le repressioni seguite ai moti di Messina e di Reggio; liberato nel dicembre, fu insieme con F. P. Bozzelli e C. Poerio l'animatore del movimento che portò alla concessione dello Statuto. Inviato a reggere l'intendenza dell'Aquila, riportò l'ordine nella provincia spegnendo sul nascere, pur senza eccessivo rigore, i conati anticostituzionali di Capestrano, Pratola ed Amatrice; ma rimase lontano dalla scena politica napoletana. Dopo i fatti del 15 maggio 1848, in occasione delle nuove elezioni generali (15 giugno), e dopo aver denunciato con una protesta l'involuzione politica del Bozzelli e la sua collaborazione col clero e gli elementi più conservatori, fuggì riparando prima a Rieti e quindi in Toscana. Il Montanelli lo chiamò, nell'ottobre, a far parte del nuovo ministero, toscano assegnandogli il dicastero della Guerra; l'A. fondò il liceo militare, il Corpo dei veliti, preparò e promulgò la costituzione militare (codice militare), e si distinse nell'opera di ricostruzione dell'esercito. Pur non condividendo certo le posizioni avanzate di Montanelli e di Guerrazzi, fu tra i sostenitori della ripresa della guerra contro l'Austria. Dimessosi dopo la fuga dei granduca, si ritirò a vita privata.
Nel 1850, a Firenze, l'A. pubblicava lo scritto Degli eserciti nazionali,affrontando il problema delle forze armate nei regimi costituzionali; sempre a Firenze, l'anno seguente, pubblicava l'opuscolo Dell'arte militare in Italia dopo il risorgimento.
Le recenti esperienze avevano mostrato nell'esercito lo strumento più efficace della restaurazione; era dunque necessario estendere lo spirito di libertà degli Statuti all'organizzazione militare, e affermare, rimovendo il privilegio e lo spirito di casta, il concetto del soldato cittadino. L'A., che a Firenze aveva rifiutato l'impiego delle truppe nella repressione dei moti popolari, espone nel primo scritto il concetto di esercito nazionale, tutore dell'ordine e della libertà, e non più strumento nelle mani del potere, e insieme afferma il ripudio dell'uso della forza, l'opportunità di ridurre il numero dei soldati, di abbreviare la durata della ferma e di sostituire alla coscrizione obbligatoria quella volontaria.
Col secondo, i progressi della scienza e della tecnica bellica sono riportati alle iniziative di militari o studiosi italiani. La tematica di fondo (l'esaltazione della libertà dei Comuni, della Repubblica fiorentina e di Machiavelli, fautore di una milizia nazionale; il rifiuto dell'età dell'assolutismo; la polemica contro la mentalità astratta ed utilitaristica del '700; la decadenza guerriera degli Italiani ricondotta al difetto di un regime di libertà) non si allontana da esigenze polemiche.
Nel 1852, anche per le insistenze di Cesare Saluzzo, l'A. si trasferì a Torino; alla morte di Ferdinando di Savoia duca di Genova, fu dalla vedova nominato direttore della biblioteca che il duca aveva lasciata. In occasione del quinto anniversario dello Statuto pubblicò un opuscolo Non ti scordar di loro (Torino 1853), con brevi notizie sugli ufficiali morti durante le battaglie del 1848-1849; nel 1854, le biografie di parecchi illustri napoletani per il Pantheon dei martiri della libertà italiana e l'utile Bibliografia militare antica e moderna. Nel 1858 era nominato insegnante di storia e geografia nel Collegio nazionale di Torino e assumeva la direzione della Rivista Militare e della Gazzetta Militare. Nello stesso anno, per la Storia delle Lettere e delle Arti in Italia (Milano 1858) di G. Rovani, pubblicava la vita di A. Poerio.
Mentre era fermissima l'opposizione a Ferdinando II (Vita del re di Napoli, Torino 1856), l'A. partecipava alle perplessità degli altri esuli meridionali, variamente divisi tra la crescente suggestione della politica cavouriana e l'ambizione di programmi napoletani. Ma, per la spedizione di Crimea, consentiva con la linea del governo (I Piemontesi in Crimea,Firenze 1858), e successivamente entrava nella Società Nazionale, aderendo esplicitamente al programma monarchico unitario. Alla fine del 1859 fu chiamato dal governo provvisorio toscano alla cattedra di storia ed arte militare dell'Istituto superiore di Firenze; nella prolusione (La milizia e la civiltà, 16 febbr. 1860), la figura del soldato-cittadino traeva conferma dalla recente guerra, interpretata come un conflitto fra diversi regimi e diverse concezioni dello stato.
L'A. ritornò a Napoli il 23 luglio 1860, valendosi della amnistia di Francesco II; nel clima incerto e confuso della capitale, si adoperò a rafforzare l'ala non conciliante dell'opposizione e a convincere gli ufficiali ad abbandonare i Borboni, secondo le idee già espresse nell'opuscolo Garibaldi e l'esercito napoletano (Firenze 1860). Decretata la costituzione della Guardia nazionale, l'A. si adoperò nella organizzazione; entrato Garibaldi nella città il 7 sett. 1860, ricevette la nomina a comandante, ma l'8 novembre il prodittatore G. Pallavicino lo esonerò dall'incarico.
L'A. intanto si era distaccato dagli altri compagni d'esilio, allineati sulle direttive del governo di Torino, schierandosi con l'opposizione di sinistra e concentrando la polemica contro una politica eccessivamente conciliante nei confronti degli uomini e degli interessi del passato regime.
In questo obiettivo si inquadra la vasta opera diretta a conservare le memorie dei martiri (Primo officio delle storie di guerra. I Toscani morti nelle battaglie del 1859,Firenze 1860; I nostri morti in Napoli e Sicilia. Statistica politica, Napoli 1860; Vite di Vincenzo Coco e di Vincenzo Russo,Napoli 1861; I primi quattro martiri della libertà italiana dell'anno 1821, Napoli 1861; Vite degl'ltaliani benemeriti della libertà e della patria morti combattendo, Firenze 1868; le postume Vite degl'ltaliani... uccisi dal carnefice, Torino Roma Firenze 1883);ma l'intento esclusivamente celebrativo, e non critico, fu causa della scarsa fortuna di questi lavori.
Eletto deputato di Avezzano nel 1861, firmò l'ordine del giorno col quale la Sinistra invitava il governo a provvedere all'armamento nazionale e all'amministrazione delle province meridionali; appoggiò il ministero Rattazzi e nel 1864 votò in favore del trasferimento della capitale a Firenze. Alle elezioni del '65 fu eletto al V collegio di Napoli. Sostenne l'opportunità che la Sinistra si organizzasse attorno a Rattazzi per spuntare le accuse di estremismo anticostituzionale, votò più volte perché fosse tolto a Mazzini il divieto di tornare in patria e di entrare alla Camera, e il 15 luglio 1867 approvò la proposta Mancini-Crispi sulla difesa delle prerogative dello Stato in materia ecclesiastica. Rari e su questioni di dettaglio furono i suoi interventi, eccettuati quelli del maggio 1870, durante la discussione dei bilanci della Marina e della Guerra.
Nel 1870, dopo la presa di Roma, l'A. si fece promotore a Napoli di una associazione politica, il "Plebiscito", coi seguenti punti programmatici: invito al re perché riaprisse da Roma il ciclo delle legislature col titolo di Vittorio I; indipendenza del governo dai partiti; decentramento amministrativo; parziale ampliamento del diritto elettorale; adozione dello scrutinio di lista come strumento di eversione del clientelismo; indennità ai deputati. L'iniziativa non ebbe successo e alle elezioni del 1874 l'A. non fu nemmeno rieletto. La carriera militare era intanto finita. Nominato generale dei volontari, era stato nel 1862 accolto nell'esercito regio col grado di maggiore generale, prima come membro del Consiglio superiore degli istituti militari, poi come comandante della brigata di fanteria "Reggio"; nel 1863 fu inviato a Caltanissetta, dove rimase fino al 1865, a capo della sottodivisione militare. Dietro sua richiesta, era stato messo a riposo nel 1867: lo assorbivano le cure del Comune di Napoli, del quale fu a più riprese consigliere, vice-sindaco ed assessore. Nel 1876, salita al potere la Sinistra, fu nominato senatore. Morì a Napoli il 26 marzo 1877.
Fonti e Bibl.: Manca uno studio sull'Ayala. Per un elenco, pressoché completo degli scritti, si vedano le pp. 679-681 delle Memorie di M. d'A. e del suo tempo (Torino Roma Firenze 1886), scritte dal figlio Michelangelo; per una puntualizzazione dell'attività e degli orientamenti, oltre le opere ricordate, si vedano gli scritti sulla stampa periodica (a Napoli: L'Iride; a Firenze: Arch. stor. ital.; L'Eco d'Europa; Giorn. milit. ital.; a Torino: Il Cimento; Il Piemonte; Il Parlamento; ecc.) e gli Atti Parlamentari. In particolare, si vedano le carte del Fondo d'A. (quindici volumi e fasci di documenti, carteggi, appunti vari) nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria. Riferimenti di varia importanza in G. Massari, I casi di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi, Torino 1849, p. 184; Epistolario di Giuseppe La Farina, raccolto e pubblicato da A. Franchi, Milano 1869, I, p. 567; C. Minieri Riccio, Necrologio di M. d'A., in Arch. Stor. per le prov. napol., III (1878), pp. 838-843; N. Nisco, Storia civile del regno d'Italia, Napoli 1885, I, pp. 76, 209, 537 s., 544; A. Gelli, Ricordi di illustri italiani, Firenze 1886, pp. 105-142; A. D'Ancona, Ricordi ed affetti, Milano 1908, pp. 227-239; G. Sticca, M. d'A., in Riv. milit. ital., LIII (1908), pp. 1223-1230; G. Pierantoni Mancini, Impressioni e ricordi, Milano 1908, p. 61; M. Mazziotti, Costabile Carducci ed i moti del Cilento nel 1848, Roma-Milano 1909, I, pp. 18, 52 s., 55; G. Sticca, Gli scrittori militari italiani, Torino 1912, pp. 221, 225, 273, 279 ss.; T. Battaglini, L'organizzazione militare del regno delle Due Sicilie, Modena 1940, pp. 20, 30, 145; E. Piscitelli, Gli Abruzzi e il Molise nel 1848, in Arch. stor. per le prov. Napol., n. s., XXXI (1950), pp. 341-376; E. Morelli, Tre profili, Roma 1955, pp. 76, 91; P. Pieri, Guerra e politica negli scrittori italiani, Milano-Napoli 1955, p. 260; L. Bulferetti, La storiografia italiana dal romanticismo a oggi, Milano 1957, pp. 30, 173; F. Bartoccini, Il Murattismo, Milano 1959, pp. 21, 145 s.; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, III, Milano 1960, pp. 74 ss., 129, 132 s., 307 ss; P. Pieri, Storia milit. del Risorg., Torino 1962, v. Indice.