SALVIATI, Maria.
– Nacque a Firenze il 17 luglio 1499, da Iacopo di Giovanni Salviati e da Lucrezia de’ Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico: un matrimonio voluto dalle due famiglie per rinsaldare i reciproci rapporti, compromessi dalla partecipazione di diversi esponenti dei Salviati alla congiura dei Pazzi del 1478.
Nel novembre del 1516 andò in sposa a Giovanni de’ Medici (passato poi alla storia come Giovanni dalle Bande Nere), che gli stessi Salviati avevano in tutela fin da piccolo per disposizione della di lui madre, Caterina Sforza. Al momento del matrimonio, Giovanni, benché giovanissimo, stava già iniziando la carriera di capitano di ventura che lo avrebbe tenuto per la maggior parte del tempo lontano dalla moglie e da Firenze, fino alla prematura morte in battaglia, nel 1526.
Dalle numerose lettere conservatesi emergono con evidenza il carattere e le attitudini di Maria, così come le vicende e le difficoltà che quale moglie di Giovanni de’ Medici si trovò a dover affrontare. Si intrecciano così nella sua corrispondenza il dispiacere per la lontananza del marito, la preoccupazione per i pericoli ai quali è esposto, ma anche lo sconcerto e il risentimento per essere trascurata e tenuta a lungo senza notizie. Neppure la nascita del figlio Cosimo (12 giugno 1519) muta sostanzialmente il quadro della latitanza epistolare di Giovanni, mentre Maria dà frequenti notizie sulla salute del figlio. Non venne mai meno tuttavia il suo impegno nella gestione della famiglia e della casa e nel cercare di far fronte alla disastrosa situazione finanziaria, aggravata dalla cattiva gestione del non ingente patrimonio di Giovanni e dal suo dispendioso costume di vita. Continue erano da parte di quest’ultimo le richieste di invio di denaro ai suoi amministratori fiorentini, mentre la stessa Maria, che già pochi mesi dopo il matrimonio era stata costretta a impegnare il suo più prezioso gioiello, fu coinvolta in prima persona in reiterati tentativi di avere dai papi della casata medicea nuove rendite.
Così, subito dopo l’elezione di Giulio de’ Medici (19 novembre 1523, Clemente VII), Giovanni ordinò alla moglie di recarsi dal cugino pontefice per ottenere concreti benefici finanziari. Pur ricevendo da Clemente VII solo vaghe promesse, Maria non perse l’occasione di presentargli il figlio Cosimo (lettera da Roma del 9 marzo 1524, in Lettere inedite..., a cura di C. Milanesi, 1859, pp. 26 s.); circostanza significativa di come, con lungimiranza e concretezza, si ponesse già fin da allora il problema della sua futura collocazione all’interno della galassia del potere mediceo, supplendo, anche in questo, alla latitanza del padre, verso il quale non mancava di indirizzare richiami affinché «existimassi più le cose da la banda di qua» – vale a dire quelle fiorentine – ed esortazioni a non lasciar andare le occasioni che si potevano presentare grazie alla presenza di un Medici sul soglio pontificio. Così, alla fine del dicembre 1523, si affrettò a far giungere a Giovanni la voce, appena rimbalzata a Firenze, che Clemente VII stava per mandare in città, come rappresentanti ufficiali della casata, «il filiol del signor Giuliano [Ippolito de’ Medici] et il filiol del signor Lorenzo [Alessandro de’ Medici, il futuro primo duca di Firenze]» (lettera del 31 dicembre 1523, p. 20), mostrandosi, come confermeranno di lì a poco gli avvenimenti, ben informata di quello che in corte papale si andava predisponendo.
Appena le giunse la notizia della morte di Giovanni (avvenuta nella notte tra il 29 e il 30 novembre 1526), Maria si preoccupò immediatamente della sicurezza del piccolo Cosimo, facendolo partire per Venezia accompagnato dal fedele precettore Pierfrancesco Riccio. Lei stessa li raggiunse nel maggio del 1527, dopo il sacco di Roma e la cacciata dei Medici da Firenze. Fu per Maria e il suo «unigenito» (Paoli, 2008, p. 73) un periodo di spostamenti attraverso l’Italia, alternati a ritorni alla residenza mugellana del Trebbio, sulla spinta della situazione politica generale e fiorentina, incerta e densa di pericoli. Con la sconfitta della Repubblica e l’introduzione a Firenze del regime ducale mediceo (1530-32) si prospettarono per la vedova di Giovanni de’ Medici tempi più tranquilli. Come risulta dalle sue lettere ai familiari e a Riccio, Maria – che era stata nominata nel testamento del marito «tutrice e legittima amministratrice» del figlio ed erede Cosimo (Lettere inedite..., cit., p. 146) – continuò a dedicarsi con grande cura all’educazione di questi, cercando intanto di far fronte alle perduranti difficoltà finanziarie. Nel frattempo, respingeva con decisione i tentativi dei Salviati di procurarle un nuovo matrimonio, non esitando a ricorrere, quando messa alle strette, all’aiuto del cugino papa (lettera del 3 maggio 1531, in Guasti, 1858, pp. 28-30).
Nel settembre del 1533, per volontà di Clemente VII, Maria fu tra le dame che accompagnarono a Marsiglia Caterina de’ Medici, sposa del principe Enrico di Francia.
Ammesso a far parte della corte dal primo duca di Firenze, Alessandro, Cosimo vi occupò però una posizione di secondo piano, né furono coronati da successo i disegni matrimoniali progettati per lui dalla madre (Giulia Varano, Maddalena Sanseverino, Elisabetta Guicciardini). Ebbe fine invece con successo la lunga causa con Lorenzo e Giuliano, figli di Pierfrancesco de’ Medici, per la divisione del patrimonio familiare in comune, nella quale Maria aveva speso negli anni molte energie.
Le prospettive mutarono in modo radicale con l’assassinio del duca Alessandro, a seguito del quale il giovane Cosimo fu inopinatamente chiamato alla successione (1537) e Maria assunse di conseguenza l’autorevole ruolo di duchessa madre (la «Signora», come viene comunemente appellata nei documenti). Tuttavia, anche se non le difettavano acume politico e influenza, che ebbe modo di esercitare a sostegno del figlio nei primi traballanti anni del suo potere, il carattere «prudente», i costumi «di vita esemplare», l’essere pienamente consapevole del proprio rango ma aliena dall’innalzarsi «sopra il grado suo» (Varchi, 1549), la portarono a tenersi in posizione non appariscente sul palcoscenico della nuova corte e della vita cittadina. Seppe comunque assicurarsi il benvolere dei fiorentini, facendosi portavoce delle loro esigenze presso il giovane duca e divenendo ai loro occhi, lei appartenente ad antica famiglia patrizia fiorentina, una sorta di contraltare alla ‘superbia’ spagnola della duchessa Eleonora di Toledo.
Dopo il matrimonio di Cosimo (1539), pur mantenendo, come attesta la corrispondenza, buoni rapporti con la nuova duchessa, aveva accentuato il suo già appartato costume di vita, dedicandosi soprattutto, con grande impegno, alla cura dei nipotini. Negli ultimi tempi, anche probabilmente a causa dell’aggravarsi della malattia che da tempo la minava, benché avesse a disposizione un suo appartamento in Palazzo Vecchio vicino a quelli ducali, visse ritirata quasi stabilmente nella villa suburbana di Castello, fuori da ogni ufficialità di corte.
Morì il 12 dicembre 1543, al termine dell’anno che aveva visto, con il recupero delle principali fortezze dello Stato, un passo decisivo per il consolidamento del giovane e malcerto potere del figlio.
Le furono tributate pubbliche esequie nella basilica medicea di S. Lorenzo, dove ebbe sepoltura, e pochi giorni dopo, il 16 dicembre, Benedetto Varchi recitò in sua memoria un’orazione funebre di fronte all’Accademia fiorentina, un onore del tutto straordinario per una donna nella Firenze dell’epoca. Di lei si conservano alcuni bei ritratti in austere vesti vedovili, attribuiti a Iacopo Carucci, detto il Pontormo, e a Giorgio Vasari.
Fonti e Bibl.: Molta corrispondenza è nell’Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato (ora consultabile on-line in formato digitale: http://www.archiviodistato.firenze.it/map/); quella del periodo successivo al 1532, fino alla morte, si trova nel Mediceo del principato. Un censimento delle sue lettere nei fondi dello stesso archivio è stato effettuato da G. Arrivo, in Carte di donne, a cura di A. Contini - A. Scattigno, III, Roma 2007, pp. 361-376. Molte di queste lettere sono state pubblicate, già a partire dall’Ottocento: Lettere inedite e testamento di Giovanni de’ Medici detto delle Bande Nere con altre di Maria e di Jacopo Salviati di principi, cardinali, capitani, familiari e soldati raccolte dal cav. Filippo Moisè, a cura di C. Milanesi, in Archivio storico italiano, n.s., 1858, t. 7, parte 2, pp. 3-48; t. 8, parte 1, pp. 3-40; 1859, t. 9, parte 1, pp. 3-29, parte 2, pp. 109-147; C. Guasti, Alcuni fatti della prima giovinezza di Cosimo I de’ Medici granduca di Toscana illustrati con documenti contemporanei, in Giornale storico degli archivi toscani, 1858, vol. 2, pp. 13-64, 295-320; P. Gauthiez, Nuovi documenti intorno a Giovanni de’ Medici detto delle Bande Nere, in Archivio storico italiano, XXX (1902), pp. 71-107; XXXI (1903), pp. 97-126.
G. Franceschi, Vita della signora Maria Salviata de Medici, Roma, A. Blado, 1545; B. Varchi, Orazione funerale fatta già e recitata nell’Accademia fiorentina [...] sopra la morte dell’Ill.ma et Ecc.ma Signora madonna Maria Salviata de’ Medici..., Firenze [Torrentino] 1549; B. Felice, Donne medicee avanti il principato. M. S., moglie di Giovanni delle Bande Nere, in Rassegna nazionale, CLII (1906), pp. 620-645; G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo, I, Firenze 1947, pp. 367-395 (Giovanni dalle Bande Nere), 465-488 (Maria Salviati); E. Micheletti, Le donne dei Medici, Firenze 1983, pp. 103-115; E. Fasano, Cosimo I de’ Medici, in Dizionario biografico degli Italiani, XXX, Roma 1984, pp. 30-48 (in partic. pp. 30 s.); M. Sbrilli, Alcune lettere inedite di M. S. Medici a Bernardo della Tassinara, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, cl. di lettere e filosofia, s. 3, XXV (1995), 4, pp. 1459-1473; M. Fubini Leuzzi, Tra biografia ed elogio funebre. Le principesse medicee (sec. XVI), in Alle origini della biografia femminile. Dal modello alla storia, a cura di C. Brice - G. Zarri, in Mélanges de l’École française de Rome: Italie et Méditerranée, 2001, n. 113/1, pp. 221-225; N. Tomas, The Medici women: gender and power in Renaissance Florence, Burlington 2003, pp. 124-151; M. Fubini Leuzzi, L’oratoria funeraria nel Cinquecento. Le composizioni di Benedetto Varchi nei loro aspetti culturali e politici, in Rivista storica italiana, CXVIII (2006), 2, pp. 369-374; M.P. Paoli, Di madre in figlio: per una storia dell’educazione alla corte dei Medici, in Annali di storia di Firenze, 2008, n. 3, pp. 65-145 (in partic. pp. 72-78), http://www.fupress.net/index. php/asf/article/view/9849 (19 giugno 2017); N. Tomas, Commemorating a mortal goddess: M. S. de’ Medici and the cultural politics of duke Cosimo I, in Practices of gender in late medieval and early modern Europe, Turnhout 2008, pp. 261-278, https://www.academia.edu/1117404/ (19 giugno 2017); M. Arfaioli, Medici, Giovanni de’, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXIII, Roma 2009, pp. 67-70.