PASQUINELLI, Maria
PASQUINELLI, Maria. – Nacque a Firenze il 16 marzo 1913 da Archimede e da Caterina Mazzoleni.
La famiglia, di origine lombarda, dopo la sua nascita tornò a Bergamo dove Pasquinelli si diplomò maestra elementare; si laureò successivamente in pedagogia a Urbino. Iscrittasi al Partito nazionale fascista nel 1933, frequentò a Milano la Scuola di mistica fascista.
All’entrata in guerra dell’Italia (1940) chiese e ottenne di essere inviata come crocerossina in Libia al seguito delle truppe italiane; nel novembre del 1941 lasciò l’ospedale di El Abiar, dove prestava servizio e, con documenti falsi e la testa rasata, si finse soldato e raggiunse la prima linea. Scoperta, fu espulsa dalla Croce Rossa e rimpatriata. Nel 1942 chiese di essere inviata a Spalato, nella Dalmazia allora annessa all’Italia, per insegnare italiano.
Dopo l’armistizio (8 settembre 1943) rimase a Spalato, occupata dai partigiani di Tito, e fu testimone del massacro dei soldati della divisione Bergamo e degli altri civili italiani; arrestata dagli jugoslavi, rischiò la fucilazione, ma fu salvata dall’arrivo delle truppe tedesche il 27 settembre 1943. Promosse la riesumazione dei corpi delle vittime italiane e ne fece recuperare oltre un centinaio, tra i quali quello del provveditore agli studi di Spalato, Giovanni Soglian, e di altri insegnanti. Nel novembre dello stesso anno Pasquinelli, dopo avere raccolto importante documentazione sulle stragi contro gli italiani operate sia dai partigiani di Tito, sia dai tedeschi, lasciò Spalato per stabilirsi a Trieste.
Iniziò a quel punto il periodo più complesso e più difficile da interpretare della vita di Pasquinelli. A Trieste entrò in contatto con il Comitato profughi dalmati e inviò diversi memoriali sulla condizione degli italiani in Istria e in Dalmazia. All’inizio del 1944 si trasferì a Milano per insegnare in una scuola della zona di Bicocca; da quel momento i suoi rapporti politici si fecero più significativi: entrò in contatto sia con il principe Junio Valerio Borghese, operando all’interno del Servizio Informazioni della Decima Flottiglia Mas, sia con elementi del Regno del Sud, nonché con strutture partigiane non comuniste come il Comitato di liberazione nazionale (CLN) istriano, la brigata Osoppo e la brigata partigiana Franchi comandata da Edgardo Sogno. L’obiettivo, come emerge dai tanti memoriali inviati alla Repubblica sociale italiana, al governo Bonomi e alla stessa Decima Mas, era quello di convincere queste realtà, divise dalla guerra civile, a collaborare per la difesa della italianità della Venezia Giulia.
Pasquinelli fu così partecipe non marginale di quel complesso intreccio di rapporti che anticipavano la guerra fredda in una zona che stava per diventare il confine tra il blocco occidentale e quello orientale.
La collaborazione tra le brigate Garibaldi comuniste e il IX Corpus jugoslavo aveva come obiettivo quello di rendere possibile il controllo della zona orientale dell’Italia da parte di Tito. Di fronte a tale prospettiva, nonostante fosse ancora in atto la guerra di liberazione, si accrebbero forti divisioni all’interno del movimento antifascista, come dimostrarono sia la liquidazione del CLN istriano e di quello triestino, fortemente legati alla presenza italiana in quelle terre, sia l’eliminazione fisica della brigata Osoppo da parte dei gappisti del Partito comunista italiano nel febbraio 1945. In quel contesto, come emerse successivamente, Pasquinelli ebbe contatti anche con i servizi segreti americani e britannici, fino alla firma del Trattato di pace del 1947.
L’attività d’informazione svolta da Pasquinelli prevedeva frequenti viaggi in Istria: la zona era già quasi completamente controllata dai partigiani titini e Pasquinelli fu tenuta sotto osservazione sia dagli jugoslavi, sia dai tedeschi, i quali, nel marzo 1945, la arrestarono; fu liberata dopo poche settimane soltanto grazie a un intervento diretto di Borghese.
Dopo la fine della guerra non smise di produrre documentazione alle autorità italiane sulle condizioni dei connazionali in Istria e Dalmazia.
Il 10 febbraio 1947, giorno della firma del Trattato di pace che assegnava Fiume, Zara, l’Istria alla Jugoslavia mentre Trieste e il litorale istriano settentrionale venivano divisi tra zona A e zona B, Pasquinelli uccise con tre colpi di pistola il comandante della guarnigione alleata di Pola, generale Robert W. De Winton, in occasione della cerimonia del passaggio dei poteri tra l’autorità alleata e la Jugoslavia. Il processo, durante il quale Pasquinelli si dichiarò colpevole, si concluse con la condanna a morte dell’imputata, commutata nel 1954 nell’ergastolo.
Le motivazioni del gesto si sono sempre fatte risalire alla reazione isolata di una persona fortemente condizionata dal nazionalismo. In realtà, da più parti si è sostenuto, basandosi su documentazione dei servizi americani, che il gesto clamoroso di Pasquinelli avrebbe dovuto preludere a un’insurrezione degli italiani d’Istria contro gli inglesi e contro gli jugoslavi (Vivoda, 2013). In questo caso, è possibile che gli stessi servizi fossero a conoscenza delle intenzioni di Pasquinelli (Cernigoi, 2013; Spirito, 2009), anche se non è affatto chiaro per quali motivi non abbiano impedito l’omicidio.
Diventata simbolo delle sofferenze delle popolazioni nel confine orientale, Maria Pasquinelli trascorse i primi tre anni di carcere a Perugia, fu trasferita per alcuni mesi a Venezia, quindi i rimanenti 17 anni e mezzo li passò a Firenze, a Santa Verdiana. Uscì dal carcere per la grazia concessale dal presidente supplente della Repubblica Cesare Merzagora, il 22 settembre 1964, per gravi motivi familiari. Visse il resto della sua vita a Bergamo fino alla morte, avvenuta il 3 luglio 2013, dopo avere compiuto i cento anni.
Fonti e Bibl.: Non esiste un fondo documentario di Maria Pasquinelli consultabile. Durante la detenzione affidò al vescovo di Trieste una serie di documenti che sono ancora conservati privatamente. Sulle questioni processuali si veda Processo di M. P.: il dramma della Venezia Giulia, Udine 1947.
Per i cenni biografici generali e per l’interpretazione del suo gesto si vedano: S. Zecchi, Maria, una storia italiana d’altri tempi, Trieste 2006; R. Turcinovich Giuricin, La giustizia secondo Maria. Pola 1947: la donna che sparò al generale brigadiere Robert De Winton, Udine 2008; P. Spirito, Caso Pasquinelli: gli Alleati sapevano dell’attentato, in Il Piccolo, 16 ottobre 2009; C. Carloni Mocavero, La donna che uccise il generale. Pola 10 febbraio 1947, Empoli 2012; C. Cernigoi, Dossier M. P., in La nuova Alabarda e la coda del diavolo, 2013, n. 306 (supplemento); L. Morettin, Il caso Pasquinelli tra mito e realtà, in Fiume. Rivista di studi adriatici, n.s., XXXIII (2013); L. Vivoda, In Istria prima dell’esodo. Autobiografia di un esule da Pola, Imperia 2013, pp. 190 ss.