ORTIZ, Maria
– Figlia di Giusto, patriota discendente da una nota famiglia sivigliana, e di Filomena Ruzzi, secondogenita di nove figli, nacque il 10 marzo 1881 a Chieti, dove il padre insegnava al Liceo ginnasio G.B. Vico.
Laureata in lettere a Napoli, vinse il concorso per sottobibliotecario bandito nell'ottobre del 1905 seguendo la sua vocazione per le biblioteche concepite come «luoghi di beatitudine paradisiaca» (L'acquisto dei libri nelle biblioteche governative italiane, in Il secondo Congresso dell’Associazione dei bibliotecari italiani: Modena-Firenze 12-15 giugno 1932, Roma 1933, p. 71). Si erano anche già delineati gli interessi filologico-letterari che l'avrebbero sempre accompagnata: nel 1901 aveva pubblicato sulla Rivista abruzzese uno studio su don Abbondio e sul Fanfulla della domenica la prima delle sue novelle (La laurea di Severina). Negli anni successivi pubblicò vari lavori di critica letteraria tra i quali, nel 1905, il saggio Per La Figlia di Iorio e il primo studio su Carlo Goldoni, seguito da altri contributi che le valsero il riconoscimento di Mario Fubini (1960, p. 323: «la Ortiz ha un posto suo nella storia della critica goldoniana»).
Nominata, nell'aprile 1906, alla Biblioteca universitaria di Catania anche grazie all'intervento di Francesco Torraca, di cui era stata allieva, ottenne subito il trasferimento alla Biblioteca universitaria di Genova, dove si occupò degli autografi del Risorgimento. L'ambiente genovese si rivelò però chiuso e inospitale per le sue aspirazioni, cosicché chiese insistentemente al ministero un avvicinamento alla sua città, per «non inebetire del tutto in un ambiente troppo anti-intellettuale» (pro memoria autografo non datato, ma riferibile ai primi mesi del 1907, in Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche, 1926-1948, b. 45). Nonostante gli interventi di autorevoli personalità a favore del suo ritorno a Napoli, la nuova destinazione, dal settembre 1908, fu Roma, dove lavorò alla Biblioteca Alessandrina per la catalogazione di manoscritti e incunaboli. In quegli anni approfondì i suoi interessi letterari, entrò in contatto con Cesare De Lollis e collaborò a La cultura e alla Nuova Antologia.
Dal marzo 1911 passò alla Biblioteca nazionale di Roma e solo nel maggio 1913 riuscì a ottenere il trasferimento alla Biblioteca nazionale di Napoli.
Il periodo napoletano rappresentò una fase molto importante per la sua realizzazione professionale: strinse con Benedetto Croce e la sua famiglia un'amicizia di lunga durata, creò nella sua casa, in Salita Arenella, un cenacolo di giovani studiosi (Luigi Russo, Francesco Flora, Roberto Pane, Raffaello Piccoli, Gino Doria, Giuseppe Citanna, Maria e Gina Algranati), collaborò con l'Istituto orientale per la sistemazione della Biblioteca Ripa e con l'Istituto francese come insegnante e bibliotecaria, riprese gli studi letterari, in particolare su Leopardi, tradusse La Certosa di Parma di Stendhal. Si cimentò anche nel concorso per un posto alla Biblioteca del Senato che non ottenne – come commentò Croce – a causa di «qualche pregiudiziale circa l'opportunità di introdurre donne nel personale del Senato» (Il carteggio di Benedetto Croce..., 1991, p. 150). Promossa bibliotecaria nel 1919, si occupò dal 1922, su incarico di Croce, del trasferimento alla Reggia della Biblioteca nazionale e di altre cinque biblioteche napoletane: un'impresa che mise in luce le sue capacità organizzative e professionali ma le procurò anche il risentimento di parte del personale che mal sopportava la sua direzione di fatto dei lavori. Invece della sperata nomina alla direzione della Biblioteca nazionale arrivò un nuovo trasferimento a Roma, nell'ottobre 1925, per dirigere la Biblioteca di archeologia e storia dell'arte: «Direzione un po' per modo di dire» commentò in una lettera a Croce del 14 ottobre (Napoli, Fondazione Benedetto Croce, Carteggio Croce-Ortiz), dato che la biblioteca dipendeva dall'Istituto presieduto da Corrado Ricci. In meno di cinque anni riuscì a completare l'ordinamento della biblioteca, facendone un prezioso punto di riferimento per gli specialisti, ma per incomprensioni sorte con il presidente fu nuovamente trasferita, nel luglio 1930, alla Biblioteca nazionale di Roma (e poi dal 1932 alla Casanatense) con l'incarico speciale della catalogazione dei codici delle biblioteche romane. Affrontò anche questo lavoro con slancio e capacità progettuale, proponendo alla Direzione generale l'istituzione di un apposito ufficio centrale per la catalogazione dei manoscritti, ma il suo piano, che si ispirava ai metodi della Biblioteca Vaticana, non ottenne il consenso ministeriale.
Nel frattempo, al primo congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, del 1929, aveva presentato ben tre relazioni, sul trasferimento delle biblioteche napoletane, sulla costituzione di una biblioteca-deposito centrale dei duplicati delle biblioteche governative – che rilanciò al primo congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani nel 1931 – e sulla creazione di una scuola per gli impiegati delle biblioteche dello Stato (Atti del Primo congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia (Roma - Venezia, 15-30 giugno 1929), III, Roma 1931, pp. 277-280; pp. 349-370; V, ibid. 1932, pp. 84-90). In quest'ultima relazione, come in quella su L'acquisto dei libri del 1932 e nel saggio Attivo e passivo nelle biblioteche governative italiane (La bibliofilia, XXXIV [1932], pp. 61-67), la trattazione tecnico-professionale lascia emergere allo scoperto il conflitto interiore – che sarà il suo per tutta la vita – del bibliotecario studioso che pur avendo operato su di sé «la dolorosa ma grandemente meritoria conversione psicologica per cui si passa dall'egoismo sia pur sacro dello studioso all'altruismo del Bibliotecario» (ibid., p. 65), sente il pericolo che l'abbandono degli studi personali in favore della semplice routine organizzativa si risolva a danno del prestigio delle biblioteche italiane. In quegli anni collaborò all'attività dell'AIB intervenendo in vari congressi, soprattutto sui problemi delle biblioteche universitarie; fu la prima donna a entrare nel Consiglio direttivo (1933) e partecipò anche ad attività internazionali come il Congresso mondiale della documentazione universale (Parigi 1937).
Gli interessi letterari, in quel periodo dominati da un appassionato studio su Marcel Proust (in La cultura, 1932-33) compensarono in parte la delusione per l'incertezza della sua carriera, alla quale nuocevano l'amicizia con Croce e i suoi sentimenti non favorevoli al regime fascista.
Dal 1° luglio 1933, grazie anche all'interessamento di Giovanni Gentile presso il ministro dell'Educazione nazionale Francesco Ercole, fu finalmente nominata direttrice della Biblioteca universitaria alessandrina, dove fervevano i preparativi per il trasferimento dal palazzo della Sapienza, poi divenuto sede dell'Archivio di Stato di Roma, alla nuova città universitaria in costruzione. Organizzò quindi ll'allestimento della Biblioteca nella nuova sede, con la confluenza delle biblioteche delle facoltà di lettere, giurisprudenza e scienze politiche: un lavoro molto impegnativo che si protrasse per tre anni oltre l'inaugurazione ufficiale (31 ottobre 1935) ma che mise in luce di nuovo le sue doti direttive e organizzative. La «più intelligente e colta bibliotecaria italiana», come la definì Barberi (1984, 67), ottenne, contro il parere dei colleghi, il trasloco alla città universitaria del Fondo Urbinate, originariamente collocato alla Sapienza nella scaffalatura borrominiana.
Nel dicembre del 1935 risultò seconda al concorso di lingua e letteratura francese bandito dall'Università di Milano, ma preferì rinunciare alla carriera universitaria per rimanere nelle biblioteche.
In quegli anni si intensificarono i rapporti di collaborazione con l'Enciclopedia italiana, prima per la redazione di alcune voci e più tardi per il Dizionario biografico degli Italiani.
Nel 1942, quando fu diffuso l'elenco degli Autori le cui opere non sono gradite in Italia, ottenne dal ministro una circolare correttiva che lasciava al «prudente criterio discrezionale» dei direttori di biblioteca la possibilità di derogare, per esigenze di studio, al divieto di lettura e di prestito (G. Fabre, L'elenco, Torino 1998, pp. 355-358). Dopo l'8 settembre 1943, sotto l'occupazione tedesca, coraggiosamente ospitò all'interno della Biblioteca sei perseguitati politici, fra cui Gabriele Pepe e Vittore Colorni; l'Alessandrina rappresentò un rifugio sicuro anche per altri intellettuali antifascisti, come Franco Lombardi e Vincenzo Ussani.
Dal 1° gennaio 1947 fu collocata a riposo, ma contemporaneamente riassunta in servizio in considerazione «dell'opera efficacissima» svolta (Minuta di lettera del Ministro Guido Gonella a M.O., 11 gennaio 1947 (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche, 1950-1980, b. 31), fino al 25 giugno 1948.
Numerose furono le edizioni critiche e le traduzioni di classici francesi da lei pubblicate, da Molière, Corneille e Racine a Fénelon, Prévost, Constant, Balzac, Musset, Flaubert, Maupassant, Sainte-Beuve, Verlaine e Radiguet.Nel 1957 le fu conferita dal Presidente della Repubblica la medaglia d'oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.
Morì a Roma il 20 giugno 1959.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche, 1926-1948, b. 45; ibid., 1950-1980, b. 31; Roma, Archivio dell'AIB, Carteggio De Gregori-Ortiz e Carteggio Barberi-Ortiz; Roma, Fondazione Giovanni Gentile, Carteggio Gentile-Ortiz; Napoli, Fondazione Benedetto Croce, Carteggio Croce-Ortiz; S. Crise, M. O., in Il bibliotecario curioso, Venezia 1959, pp. 27-32; M. Spaziani, Ricordo di M. O., in Studi francesi, III (1959), 9, p. 527 (che indica come data di morte il 21 giugno); M. Fubini, M. O., in Giornale storico della letteratura italiana, LXXVII (1960), p. 323; L. Russo, Commemorazione di M. O. e della Napoli ultima, in Belfagor, XV (1960), pp. 356-360; E. Apollonj, Un decennio di attività e care figure scomparse, in Almanacco dei bibliotecari italiani, 1961, pp. 215-222; R. Papò, Una lettera di M. O., in Lettere venete, VI/VII (1970), pp. 206 s.; G. Guerrieri, La Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, Milano-Napoli 1974, pp. 58-61, 114, 119; F. Barberi, Schede di un bibliotecario (1933-1975), Roma 1984, pp. 61, 67; Il carteggio di Benedetto Croce con la biblioteca del Senato (1910-1952), a cura di G. Spadolini, Roma 1991, p. 150; S. Buttò, La storia della professione nel quadro della storia bibliotecaria italiana, in La storia delle biblioteche…, a cura di A. Petrucciani - P. Traniello, Roma 2003, pp. 47-65; A. Petrucciani, Libri e libertà: biblioteche e bibliotecari nell'Italia contemporanea, Manziana 2012, pp. 161, 365 s. e passim.