MARCOLINI, Maria (Marietta)
Secondo tutti i dizionari musicali la M., una delle cantanti più apprezzate nei teatri italiani dei primi due decenni dell'Ottocento, sarebbe nata a Firenze intorno al 1780.
Invero il periodico bolognese Il Redattore del Reno del 17 nov. 1810 la definisce "veronese": e in effetti in area veneta si svolse il primo anno di carriera documentato.
Sposata all'impresario teatrale Fedele Marcolini Caniggia (cfr. Miggiani; G. Pacini lo cita come "don Fedele" in Le mie memorie artistiche, Firenze 1875, p. 25), non è noto se fu lui a dare il cognome alla moglie o, in modo più irrituale, accadde l'inverso (in quanto marito d'una celebrità). Ebbe un figlio, Carlo, che fu un basso di buon livello.
G. Rossini - cui il nome della M. resta legato - scrisse cinque opere giovanili per la sua splendida voce di contralto. In tutte recitò da protagonista assoluta: fu Ernestina ne L'equivoco stravagante (Bologna, teatro del Corso, 26 ott. 1811); Ciro in Ciro in Babilonia o sia La caduta di Baldassarre (Ferrara, teatro Comunale, 14 marzo 1812); Clarice ne La pietra del paragone (Milano, teatro alla Scala, 26 sett. 1812); Isabella ne L'italiana in Algeri (Venezia, teatro di S. Benedetto, 22 maggio 1813); e infine Sigismondo in Sigismondo (Venezia, teatro La Fenice, 26 dic. 1814). Negli anni successivi la M. le cantò - eccetto la prima e l'ultima - nei più importanti teatri d'Italia. La pietra del paragone e, ancor più, L'italiana in Algeri furono due trionfi, che consacrarono la carriera tanto della cantante quanto del giovane compositore.
Quando incontrò Rossini nel 1811 a Bologna la M. aveva già una decina d'anni di carriera alle spalle, invero molto meno documentati dei successivi. Il suo nome compare nelle fonti teatrali a partire dal carnevale 1799-1800, quando cantò nel teatro S. Benedetto di Venezia La pazza giornata ovvero Il matrimonio di Figaro di M. Portogallo. Si trattava d'un rifacimento d'un libretto illustrissimo (Le nozze di Figaro di W.A. Mozart), secondo una prassi frequente all'epoca. La M. interpretò Cecchina (cioè Barbarina nelle Nozze mozartiane). Sempre nel 1800 s'esibì a Vicenza e Udine in opere di F. Paer e J.S. Mayr (La locandiera, da C. Goldoni), sempre in parti da comprimaria, propria d'una debuttante. Nel 1803-1804 la ritroviamo a Napoli, al teatro Nuovo, dove cantò opere di V. Fioravanti, P. Guglielmi, G. Elia e un pasticcio (cioè un assemblaggio di musiche precedenti) di D. Cimarosa. Nel 1806 si esibì in teatri toscani: a Livorno cantò in Chi la dura la vince (La locandiera) di G. Farinelli (G.F. Finco) nei panni, questa volta, della protagonista Mirandolina, a dimostrazione dell'ormai raggiunto rango di primadonna. A Pisa cantò in una ripresa delle Convenienze teatrali di P.C. Guglielmi, in cui si legge - caso curioso - una quartina che poi finirà quasi alla lettera in bocca a Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini: "Bravo, bravissimo,| elegantissimo,| son di buon gusto,| per verità".
Importante fu la partecipazione al carnevale 1807 presso il teatro Argentina di Roma, dove cantò Andromaca e Pirro di G. Tritto, impersonando la protagonista con al suo fianco G.B. Velluti, ultimo grande castrato a calcare i palcoscenici melodrammatici, nonché il grande tenore N. Tacchinardi, indi Traiano in Dacia di G. Nicolini. In primavera e poi nel 1808 cantò opere comiche nel teatro romano rivale, il Valle. Nella primavera del 1809, a riprova di una carriera ormai ai massimi livelli, debuttò alla Scala di Milano con L'amante prigioniero di C. Bigatti. In autunno fu a Napoli, ora nel teatro principale, il S. Carlo, con I misteri eleusini di Mayr. Nel 1810 cantò a Livorno Il trionfo di Quinto Fabio di D. Puccini (nonno di Giacomo), opera che aveva già cantato l'anno prima a Parma, ma con musica d'altro autore, V. Fiodo. La M. in entrambe le versioni interpretò la parte en travesti del protagonista eponimo.
Qui troviamo scenicamente realizzato quanto detto, in tono d'iperbole scherzosa, da Stendhal circa il "cantare a cavallo": la M. esordisce infatti con una scena di trionfo con coro, durante la quale "scende da cavallo", come indicato nel libretto.
La M. cantò l'opera di Puccini anche a Bologna l'autunno 1811, nella quale Rossini, maestro al cembalo in quella stagione, aggiunse una sua aria, come testimonia il Redattore del Reno del 12 nov. 1811: "La signora Marcolini egregiamente sostiene il personaggio [di Quinto Fabio] con quella nobiltà di carattere e disinvoltura di azione, in che appare sempre singolarissima. Nella sua sortita a cavallo l'aria scritta a bella posta dal Sig. Maestro Rossini produce un bell'effetto".
Nello stesso anno cantò a Lucca, e poi in altri teatri, la cantata Saffo in Leucade di F. Morlacchi. Indicativo della versatilità della M. quanto rilevò Il Corriere delle dame, in un articolo poi riportato nel Redattore del Reno del 30 luglio 1811: "La valente Marcolini seppe vestire gli atti ed i modi di quella sventurata fanciulla [Saffo], che appena era credibile fosse la medesima attrice che sì facetamente sorrideva e scherzava poco prima [nell'opera comica]. La fiducia d'un'appassionata donzella, lo spavento d'un'atterrita fanciulla e il furore d'una perduta amante così seppe rappresentare al vivo, che ben si meritò gli applausi, di cui fu coronata".
Nella primavera 1811 tornò alla Scala, ottenendo grande successo: Con amore non si scherza di G. Mosca ebbe 33 rappresentazioni, Chi non risica non rosica di P. Generali 39. Ancor più memorabile il ritorno alla Scala nell'agosto 1812, con Le bestie in uomini di Mosca (33 rappresentazioni), e poi, come detto, La pietra del paragone, trionfo assoluto, che ebbe 53 recite. In autunno sul medesimo palcoscenico cantò Ser Marcantonio di S. Pavesi, uno fra i pochi titoli in grado di reggere il confronto al botteghino con i successi rossiniani degli anni Dieci, e forse l'opera che la M. cantò più spesso.
Il 1819 è l'ultimo anno documentato: si produsse a Milano, Verona, Torino, Trento.
Dopo questa data non si hanno ulteriori notizie: luogo e data di morte della M. sono ignoti.
La M. eccelse non solo in parti femminili nell'opera comica, ma anche in parti maschili en travesti nell'opera seria, come in Ciro e in Sigismondo: abolita da Napoleone la pratica dell'evirazione, nei primi decenni dell'Ottocento il contralto rimpiazzò il ruolo tradizionale del castrato (eroe maschile intrepido, innamorato della primadonna), essendo il timbro e l'estensione contraltili i più prossimi a quelli degli evirati cantori, ormai quasi del tutto scomparsi. La M. comunque ostentava tratti virili anche nelle opere comiche: non sarà un caso che nelle tre rossiniane citate le grandi arie situate a ridosso della conclusione (i cosiddetti "rondò") siano scene militaresche, in cui la primadonna, alla testa d'un coro maschile, inneggia alla vita militare: nell'Equivoco stravagante e nella Pietra del paragone la M. comparve addirittura in abiti da soldato.
Tenendo conto che all'epoca i melodrammi venivano composti per lo più in funzione delle prerogative drammatico-musicali dei cantanti, appare verosimile quanto affermato da Stendhal "La Marcolini volle comparire [nel rondò della Pietra del paragone] in abiti maschili e Rossini si accordò col poeta per travestire Clarice da capitano degli ussari […]. Se la Marcolini l'avesse richiesto, Rossini l'avrebbe fatta cantare a cavallo" (p. 61). Sulle qualità specificamente vocali, Stendhal rileva che "l'aria finale - "Pensa alla patria" - è una prova di prodigiosa abilità offertaci dalla signora Marcolini; dove trovare una "prima donna" con un petto così robusto da cantare una grande aria con gorgheggi alla fine di un'opera così faticosa?" (ibid., p. 54). Giudizio confermato da Il Giornale dipartimentale del 24 maggio 1813: piacquero "la cavatina della Sig. Marcolini, ma superiormente poi il suo rondeau, pezzo di getto da questa egregia cantante e valentissima attrice eseguito con una tal finitezza, con sì maestrevol maneggio delle penetranti estese sue corde, che l'estasi promosse; e solo basterebbe a renderla sublime". In una delle tante riprese successive (alla Scala nell'estate 1815, allorquando si diedero ben 49 recite), un altro recensore scrisse che la M. era "tale sotto ogni aspetto da far perdere la testa a tutti i Bey" (Corriere milanese, 11 ag. 1815).
Fonti e Bibl.: Stendhal, Vita di Rossini (1823), a cura di M. Bongiovanni Bertini, Torino 1992, pp. 50, 54, 61; G. Rossini, L'italiana in Algeri. Commento critico, a cura di A. Corghi, Pesaro 1981, pp. XXI-XXXI (Prefazione); M.G. Miggiani, Il teatro di S. Moisè (1793-1818), in Boll. del Centro rossiniano di studi, XXX (1990), p. 165; G. Appolonia, Le voci di Rossini, Torino 1992, pp. 71-79; K.J. Kutsch - L. Riemens, Grosses Sängerlexicon, II, Bern-Stuttgart 1987, coll. 1844 s.; E. Rescigno, Diz. rossiniano, Milano 2002, p. 285; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, II, p. 36; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 111 s.; Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 645; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 831; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), col. 1058.