MANCINI, Maria
Nacque a Roma il 28 ag. 1639 da Lorenzo e Geronima Mazzarino, sorella del futuro cardinale Giulio. A sette anni lasciò la casa paterna per il monastero delle benedettine di Campo Marzio, dove era badessa la zia Clelia Mazzarino, e vi completò la sua educazione.
Nel 1649, comunque, la M. fece rientro nella casa paterna, in attesa di conoscere i piani dello zio per il suo futuro.
Già nel 1648 Mazzarino aveva fatto venire in Francia alcuni nipoti, e cioè Anna Maria Martinozzi e tre fratelli della M., Laura Vittoria, Paolo e Olimpia. Esauritisi i torbidi della Fronda, alla fine del 1652 il cardinale invitò la madre della M., il figlio Filippo Giuliano, la M. e l'altra sorella, Laura Margherita Martinozzi, a recarsi in Francia.
L'arrivo delle ragazze alla corte di Francia fu accuratamente preparato. Giunte in Francia nel maggio 1653, le nipoti Mazzarino si trattennero ad Aix-en-Provence fino all'inizio del 1654, in modo da essere istruite nella lingua francese e nelle usanze di corte sotto la guida di Laura Vittoria Mancini, ora duchessa di Mercoeur. Passata a Parigi, la M. fu alloggiata nel convento della Visitazione a Faubourg Saint-Jacques, sotto la tutela di Marie-Elisabeth de Lamoignon. In seguito, nell'autunno del 1655, raggiunse la corte e fu affidata alle cure di Marie de Venel, dama d'onore di Laura Mancini.
A corte, la M. non assunse inizialmente un ruolo di spicco. Al contrario delle sorelle Olimpia e Ortensia, non era ritenuta particolarmente attraente, anche se le si riconosceva un certo esprit. Già in questa fase, Mazzarino avviò trattative per un matrimonio tra la M. e qualche esponente dell'alta aristocrazia francese. La scelta cadde su C.A. de la Porte, marchese di Meilleraye, ma questi si innamorò dell'ancora giovanissima Ortensia, e le trattative matrimoniali non proseguirono.
Pur frequentando la corte, almeno in un primo momento, la M. non condusse un'intensa vita sociale, anche a causa di una serie di eventi luttuosi che la colpirono: la morte della madre (19 dic. 1656) e quella della sorella Laura Vittoria (inizi del 1657).
Tra il 1657 e il 1658 il re Luigi XIV cominciò a manifestare una certa attenzione per la M., pur frequentando anche sua sorella Olimpia, contessa di Soissons. A settembre del 1658, durante un soggiorno della corte a Fontainebleau, la M. cominciò a passare buona parte delle giornate insieme con il sovrano.
In quell'anno l'idillio tra Luigi XIV e la M. divenne dunque manifesto alla corte. I due passavano molto tempo insieme e condividevano una serie di interessi, dalla lettura al ballo. Si trattava di un rapporto sostanzialmente platonico e fortemente impregnato della cultura raffinata e cavalleresca del Seicento francese, che tuttavia coinvolgeva profondamente i due giovani, al punto da diventare un problema politico. La stessa regina madre, Anna d'Austria, cominciò a preoccuparsene e manifestò apertamente a Mazzarino la sua irritazione per una simile mésalliance.
Alla fine dell'ottobre 1658 la corte si trasferì a Lione, per trattare un possibile matrimonio tra Luigi XIV e Margherita di Savoia. Ma anche in questa fase il sovrano continuò il corteggiamento della M., che corrispondeva alle sue attenzioni.
Il matrimonio sabaudo svanì presto dall'orizzonte di Luigi XIV, mentre prese consistenza un ambizioso progetto a cui Mazzarino lavorava da tempo: il matrimonio con l'infanta Maria Teresa d'Asburgo, figlia di Filippo IV di Spagna, che avrebbe sancito l'alleanza tra le due più grandi monarchie europee. Il 4 giugno 1659 Mazzarino firmò i preliminari del trattato di pace franco-spagnolo, che prevedevano esplicitamente l'avvio delle trattative matrimoniali. Luigi XIV cercò di opporsi e chiese al cardinale la mano della M., scontrandosi con un netto rifiuto. Se in passato Mazzarino aveva contrastato solo blandamente gli amori della M., ora era per lui necessario prendere una posizione più netta, anche perché la regina Anna d'Austria gli aveva minacciosamente manifestato la sua contrarietà rispetto a ogni contatto tra la M. e suo figlio. Il 22 giugno Luigi XIV dovette così dire addio alla M., che fu allontanata dalla corte insieme con le sue sorelle e Marie de Venel, per esplicito ordine dello zio.
La M. fu confinata a La Rochelle, una delle tante città governate da Mazzarino, ma presto si trasferì nella più solitaria Brouage. Le ferite della separazione erano però ancora troppo recenti e la M. trovò il modo di mantenere una corrispondenza amorosa con Luigi XIV, finché, nel luglio 1659, Mazzarino impose la fine dei contatti tra i due innamorati, minacciando, in caso contrario, le proprie dimissioni. Nell'estate la corte si trasferì a Bordeaux, in attesa della conclusione delle trattative relative al matrimonio spagnolo, e il 13 e 14 agosto Luigi XIV e la M. si salutarono di nuovo a Saint-Jean-d'Angély. A ciò seguirono una breve ripresa della corrispondenza amorosa, che però fu ben presto scoperta e interrotta, e un nuovo scontro tra Luigi XIV e Mazzarino, che minacciò nuovamente le sue dimissioni.
Nei primi mesi del 1660 la M. ottenne dallo zio di rientrare a Parigi, a patto di condurre vita ritirata. Nel frattempo, Luigi XIV era in viaggio verso Saint-Jean-de-Luz, alla frontiera franco-spagnola, dove, il 9 giugno 1660, fu celebrato il matrimonio con l'infanta Maria Teresa di Spagna. In luglio Luigi XIV fece ritorno con la corte a Fontainebleau e la M. dovette recarsi a omaggiare il sovrano e la sua sposa.
Mazzarino aveva intenzione di accasare la M. con un principe romano e, nel corso del 1660, proseguì le trattative già avviate con la famiglia Colonna, superando le iniziali resistenze della nipote. Il 21 febbr. 1661 il cardinal Mazzarino e il cardinal Girolamo Colonna poterono già firmare i patti matrimoniali, che prevedevano una cospicua dote di 600.000 livres, più altre 50.000 a libera disposizione della Mancini. Per i Colonna si trattava di un matrimonio che seguiva una strategia differente rispetto alle precedenti alleanze stipulate con famiglie dell'alta nobiltà italiana o spagnola. Per Mazzarino era evidente l'interesse politico del matrimonio, oltre l'eccellenza sociale dell'imparentamento. Poco dopo, il 9 marzo, il cardinale morì.
Il 15 apr. 1661 il marchese L. Angelelli sposò in nome di Lorenzo Onofrio Colonna connestabile del Regno la M. nella cappella reale del Louvre. Poco dopo, la M. salutò definitivamente Luigi XIV e si avviò verso l'Italia.
La M. giunse a Milano a giugno e incontrò finalmente il marito. Le diverse testimonianze dell'incontro non sono concordanti, ma sembra che la M. abbia manifestato una relativa freddezza che L.O. Colonna cercò di superare con la cortesia. Dopo un breve soggiorno, la coppia intraprese il viaggio verso Roma, ma la salute della M. peggiorò rapidamente ed ella dovette fermarsi a Loreto, dove fu sottoposta a intense cure. Solo alla fine di giugno la M., ancora non completamente guarita, poté raggiungere Roma.
Contrariamente alle aspettative di molti, la vita coniugale della M. iniziò in maniera serena e costanti furono le attenzioni tributatele dal marito e da altri membri della famiglia Colonna. Inoltre, la M. ebbe facoltà di continuare a vivere "alla francese", come allora si diceva, ovvero di mantenere una vita sociale intensa, anche autonomamente dal marito. Del resto, la coppia sembrava affiatata e spiccava nel mondo aristocratico romano, animando un'importante attività teatrale e musicale che rappresentava un polo di attrazione per la nobiltà laica ed ecclesiastica.
Nell'ottobre 1661 una prima gravidanza terminò con un aborto; solo il 7 apr. 1663 la M. diede alla luce il suo primo figlio, Filippo.
Rimasta di nuovo incinta, volle andare a trascorrere il carnevale a Venezia, ma le fatiche del viaggio le provocarono un nuovo aborto, alla fine del 1663. In questo caso la M. si riprese presto e proseguì insieme con il marito le sue attività sociali e culturali sia a Roma sia a Venezia, dove la M. frequentò altri esponenti del mondo aristocratico europeo particolarmente dediti al teatro e al gioco, come suo fratello Filippo Giuliano, duca di Nevers, Ernesto Augusto duca di Brunswick e Carlo II Gonzaga, duca di Mantova. Iniziò nel frattempo una nuova gravidanza, che si concluse il 17 nov. 1664 con la nascita di un altro figlio maschio, Marco Antonio (morto nel 1715). A questo seguì Carlo (1665-1739) che sarebbe diventato, in seguito, cardinale.
Dopo l'ultima gravidanza, che l'aveva gettata in uno stato di profonda prostrazione fisica, la M. prese una decisione radicale e comunicò al marito che non desiderava avere altri figli. Anche se alcuni biografi hanno attribuito tale decisione ai tradimenti di L.O. Colonna, non ci sono ragioni decisive per rifiutare la versione fornita dalle Memorie della M., che fanno derivare la divisione del letto coniugale da non infondati timori della M. per la sua salute. Stando a quanto ella stessa scrisse, L.O. Colonna accettò cavallerescamente la separazione, ma è evidente che la M. non poteva ragionevolmente ritenere che, a lungo andare, la cosa sarebbe rimasta senza conseguenze.
Nel 1666 la coppia andò a Venezia per il carnevale e, nell'autunno dello stesso anno, a Milano, per ricevere l'infanta Margherita d'Austria neosposa dell'imperatore Leopoldo I. I due fecero poi ritorno a Venezia, dove la M. provò i morsi della gelosia a causa della presenza dell'affascinante Christine Dudley, moglie del marchese Andrea Paleotti.
Al ritorno a Roma, la M. riprese la sua intensa vita sociale, mentre i suoi rapporti coniugali continuavano a logorarsi. Una nuova causa di conflitto fu anche l'arrivo in Italia, nell'estate del 1668, della sorella della M., Ortensia, in fuga dal marito, C.A. de la Porte marchese di Meilleraye. A Roma, Ortensia era accompagnata da un amante di basso lignaggio, tale Courbeville, scudiero del cavaliere di Rohan, del quale rimase incinta. Si trattava di un'avventura fortemente disapprovata dalla M., che ebbe un violento scontro verbale con Courbeville, a seguito del quale sua sorella abbandonò il palazzo Colonna per rifugiarsi presso sua zia, la contessa Laura Martinozzi, e poi nel monastero di Campo Marzio. Ben presto, però, le due sorelle si rappacificarono e fu proprio la M. a organizzare la fuga di Ortensia dal monastero nel 1669.
Ripartita Ortensia per la Francia, la M. diede qualche scandalo, frequentando assiduamente, nel corso del 1670, l'affascinante Philippe d'Harcourt, un gentiluomo lorenese già amante di Philippe d'Orléans, fratello di Luigi XIV, ed esiliato dalla Francia, e Charles de Lorraine, duca di Marsan. Non fu, questo, l'unico amante che, a torto o a ragione, fu attribuito alla M.: si parlò infatti, di suoi legami con il duca Ernesto di Brunswick, con il cardinale Flavio Chigi e perfino con alcuni musicisti che ruotavano intorno al palazzo Colonna.
Il 1671 fu un anno decisivo per la Mancini. I rapporti con il marito peggioravano e la M. cominciò a meditare una fuga da Roma. Dopo aver ottenuto segretamente un lasciapassare da Luigi XIV, la M. e Ortensia, tornata nel maggio 1671, abbandonarono Roma con uno stratagemma; il 29 maggio 1672 si imbarcarono nei paraggi di Civitavecchia e raggiunsero La Ciotat, in Provenza, sfuggendo a un tardivo tentativo di inseguimento. La fuga era riuscita talmente bene che per diversi giorni non si ebbe alcuna idea di che direzione avessero preso le due Mancini, tanto che il cardinal nipote Paluzzo Altieri interessò il nunzio a Colonia, Francesco Buonvisi, a un'eventuale ricerca delle fuggitive in terra tedesca.
I primi giorni in territorio francese furono ricchi di disillusioni per la Mancini. Dopo aver trascorso alcuni giorni ad Aix-en-Provence, raggiunse Grenoble e si separò dalla sorella Ortensia che trovò asilo a Chambéry, in territorio sabaudo. E proprio a Grenoble la raggiunse una lettera della regina Maria Teresa, che la pregava, anche a nome di Luigi XIV, di non proseguire verso Parigi.
La questione matrimoniale della M. cominciava a diventare un problema spinoso per il monarca francese che, poco dopo, le inoltrò una lettera per consigliarle di ritirarsi in convento al fine di tacitare le maldicenze che si erano diffuse a proposito della fuga da Roma. La M. si aspettava un atteggiamento ben diverso e reagì con uno di quei colpi di testa che indussero Saint-Simon a definirla "la plus folle et toutefois la meilleure de ces Mazarines" (Mémoires, p. 104): lasciò Grenoble e si precipitò a Parigi. Il viaggio si interruppe per una serie di incidenti e la M. fu raggiunta da un ordine del re che le poneva la secca alternativa di tornare dal marito o entrare in convento.
Dopo alcune trattative, nell'agosto del 1672, la M. accettò di entrare nell'abbazia di Lys, ad alcune decine di chilometri da Parigi, dove fu più volte visitata dai suoi parenti. La M. non rimase molto neanche in questa sistemazione. Irritata delle limitazioni alla sua libertà che le venivano imposte, scrisse al ministro J.B Colbert una lettera con cui si lamentava del comportamento di Luigi XIV. Il sovrano reagì con durezza e nell'autunno del 1672 impose alla M. di trasferirsi nella più remota abbazia di Avenay, presso Reims. La M. vi rimase solo un paio di mesi, al termine dei quali ottenne di trasferirsi a Lione. I continui spostamenti tradivano l'incertezza della M., che si aspettava di ricevere in Francia ben altre accoglienze e che faticava ad accettare la prospettiva di una vita lontana da quella società aristocratica a cui sentiva di appartenere. Le inquietudini della M. vanno messe anche in relazione alle forti pressioni che su di lei furono esercitate. Alla freddezza di Luigi XIV facevano riscontro gli sforzi dei familiari, e in particolare del fratello Filippo, per indurre la M. ad accettare un accordo con il marito e a rientrare a Roma. D'accordo con Luigi XIV, e probabilmente anche con L.O. Colonna, Filippo accompagnò la M. da Avenay a Lione, con il segreto intento di condurla fuori dalla Francia. La M., che forse aveva compreso le mire del fratello, non era minimamente disposta a tornare a Roma, ma, delusa della Francia, accettò di valicare le Alpi e, all'inizio del 1673, ottenne ospitalità a Torino, presso il duca Carlo Emanuele II di Savoia, che già ospitava a Chambéry sua sorella Ortensia.
Il soggiorno piemontese si rivelò piacevole. Nonostante le pressioni di L.O. Colonna perché fosse imposta alla moglie una stretta clausura, la M. poté godere di una magnifica ospitalità, che lasciava intravedere una particolare affezione del duca nei suoi confronti, e poté muoversi liberamente. Colonna ottenne tuttavia di porre accanto alla M. uno dei suoi gentiluomini, tale Maurizio Bologna, ufficialmente per accudirla, ma in realtà per spiare i suoi movimenti, cui si aggiunse in seguito anche un altro inviato di L.O. Colonna, Carlo d'Este, marchese di Borgomanero.
L'idillio tra il duca Carlo Emanuele II e la M. non durò a lungo. Nell'estate del 1673, ritenendosi offesa da alcuni consigli di riconciliazione con il marito, la M. decise di lasciare il Piemonte.
Informata di essere persona non gradita in Francia, la M. decise di recarsi nei Paesi Bassi spagnoli, forse consigliata dal marchese di Borgomanero. Giunta in Belgio, si rese immediatamente conto che in quel paese era molto più facile per suo marito, grande feudatario di Spagna, influire sulla sua vita. Nel gennaio-febbraio 1674 fu confinata nella cittadella di Anversa, poi a Bruxelles, per ordine del governatore delle Fiandre Juan Domingo de Haro, conte di Monterrey. Per uscire da questa situazione, la M. finì per accordarsi con il marito e accettò di ritirarsi in qualche casa religiosa in Spagna.
Nel maggio 1674 la M. lasciò Ostenda, accompagnata dal fratellastro del marito, don Ferdinando Colonna, e raggiunse Madrid. Qui fu inizialmente alloggiata presso Juan Gaspar Enríquez de Cabrera, grande ammiraglio di Castiglia e parente dei Colonna, ma alcune sue passeggiate per la città suscitarono scandalo, e già ad agosto fu costretta a ritirarsi in una casa attigua al convento di S. Domingo. Da questa data in poi, la vita della M. a Madrid fu contrassegnata da frequenti tentativi per uscire dalla sua relegazione, che le consentirono di godere di qualche momento di libertà, ma non mutarono significativamente la sua sorte.
Nel 1676 apparvero le memorie apocrife della M. (Mémoires de M.L.P.M.M. Colonne, Cologne), ricche di dettagli pettegoli sulle vicende matrimoniali della donna. La M. compose allora un libro di memorie, la Verdad en su luz (Saragozza 1677), che uscì anche come Apologie ou Les véritables mémoires de Madame Marie Mancini, écrits par elle-même (Leida 1678), con una serie di rimaneggiamenti di S. Brémond. Il testo, che conteneva un resoconto abbastanza minuzioso e preciso della vita della M., corrispondeva a un duplice intento. Da un lato, la M. intendeva proporre all'opinione pubblica, specialmente francese, un'immagine della propria vita meno scandalistica di quella che emergeva dalle memorie apocrife. Dall'altro, cercava di dimostrare al marito di aver mantenuto dopo la separazione uno stile di vita impeccabile, senza venire meno ai suoi obblighi verso la famiglia Colonna. In tal modo, la M. riteneva che avrebbe potuto ottenere con più facilità una mitigazione della sua relegazione.
Questi temi tornavano del resto nel fitto carteggio che la M. mantenne con L.O. Colonna. Documento importante per la storia delle relazioni familiari, le lettere della M. mescolavano manifestazioni di affetto e fedeltà, richieste di sovvenzioni economiche, alle quali spesso Colonna rispose positivamente, e complesse strategie per ottenere condizioni di vita migliori, restituendoci l'immagine di una personalità talora incapace di analizzare lucidamente la sua situazione, ma comunque ben decisa a difendere l'onorabilità delle proprie scelte di vita. Le vicende della M., come hanno dimostrato gli studi più recenti, disegnano un profilo di donna aristocratica non più coerente con il modello di moglie e madre devota, dedita al patronage ecclesiastico e alla beneficenza che la Controriforma aveva imposto particolarmente in ambiente romano, ma ansiosa, nella sua irrequietezza anche fisica, di perseguire una autonoma e sincera realizzazione nelle scelte affettive.
Dopo il "colpo di Stato" di don Giovanni Giuseppe d'Austria del 1677, L.O. Colonna fu nominato viceré di Aragona e si trasferì in Spagna. Il 5 nov. 1678 ebbe con la M. un colloquio che i contemporanei descrissero come cordiale. Ma si trattava di una cordialità forzata, che derivava dal fatto che ognuno dei due sposi aveva necessità di ottenere qualcosa dall'altro: la M. un miglioramento delle sue condizioni di vita e Colonna la facoltà di disporre della dote della M. per il prossimo matrimonio del figlio Filippo. Non deve dunque stupire se l'incontro non produsse modifiche significative nei rapporti tra i due.
Nel gennaio del 1680 la M. uscì di nuovo per qualche tempo dalla sua reclusione, in occasione dell'arrivo della sposa di re Carlo II, la regina di Spagna Maria Luisa d'Orléans, e si rifugiò presso l'ambasciatore francese, P. de Villars. Il tentativo di fuga non condusse però a nulla perché Villars si rifiutò di dare asilo alla M. nella legazione francese, avendo ricevuto da Luigi XIV un esplicito divieto di interessarsi alle sue traversie coniugali. Come punizione, la M. fu confinata in una casa religiosa fuori Madrid, nel villaggio di Ciempozuelos. Ma il peggio doveva ancora venire. L.O. Colonna era sempre più irritato, anche perché era probabilmente a conoscenza del fatto che la moglie aveva un amante, e il 22 ottobre la M. fu rinchiusa, sostanzialmente in stato di detenzione, nell'Alcázar di Segovia.
La reclusione della M. indignò i suoi familiari, che usarono la loro influenza per indurre L.O. Colonna e il governo spagnolo a ritornare sui loro passi. Colonna reagì con una nuova proposta, chiedendo che la M. prendesse gli ordini e assicurando che lui stesso sarebbe entrato nell'Ordine di Malta. Il 15 febbr. 1681 la M. prese l'abito delle girolamine nel convento dell'Immacolata Concezione di Madrid, ma non pronunciò mai i voti. Lo stesso nunzio a Madrid, Savo Mellini, sconsigliò un passo del genere, ritenendo che si sarebbe trattato di un vilipendio del sacramento. In tal modo la M. finì per restare nel convento dell'Immacolata Concezione nella condizione di ospite, con un'ampia libertà di ricevere, della quale approfittò largamente.
Dopo alcuni anni di tranquillità, nel 1686 le schermaglie tra la M. e il marito ripresero. Contro le richieste di quest'ultimo la M. ottenne di trasferirsi presso una casa religiosa dell'Ordine di Calatrava, con il permesso di uscire due volte la settimana. Pur nella condizione di semireclusa, finì per mantenere una rete di contatti sociali, non solo epistolari, frequentando vari personaggi del mondo aristocratico spagnolo e francese, come sua sorella Olimpia, esule dalla Francia, che fu a Madrid, tra il 1688 e il 1689.
Il 15 apr. 1689 L.O. Colonna morì. La M. riacquistò piena libertà di movimento. Nel 1691 si recò a Roma, su invito dei figli, ma non vi si trovò bene; tra l'altro, molte delle sue vecchie conoscenze erano ormai defunte. Decise quindi di rientrare a Madrid e occupò un ruolo importante nella corte di Maria Anna Palatinato Neuburg, seconda moglie di Carlo II.
Nel 1700 la morte di Carlo II e l'inizio della guerra di successione spagnola crearono non pochi problemi alla Mancini. Legata al partito della regina, sin dal 1698 la M. si era compromessa politicamente e fu vista con diffidenza dall'entourage di Filippo V, che la riteneva legata al partito filoasburgico. La M., da parte sua, collezionò una serie di errori. Quando il nuovo monarca giunse in Spagna, alla fine del 1700, la M. si trovava a Barcellona, dove aveva l'abitudine di soggiornare durante l'inverno, e non si recò a Madrid per omaggiarlo. Nella primavera del 1701, poi, la M. si trasferì a Toledo, presso la corte della regina vedova. A questo passo compromettente ne seguirono altri, non meno malaccorti. La M. cercò infatti di intercedere presso l'ambasciatore francese, C. de Louville, affinché fosse riservato un miglior trattamento a Maria Anna Palatinato Neuburg. Louville non poteva certo dare seguito a una simile richiesta e si limitò a consigliare alla M. una maggiore circospezione.
Finalmente nell'inverno del 1701 Filippo V si trasferì per alcuni mesi a Barcellona. La M. fu ammessa alla sua corte, ma finì per irritare, con il suo eccessivo presenzialismo, i nuovi favoriti, e in particolare la potente Marie-Anne de La Trémoille, principessa Orsini, che nella sua qualità di "camarera mayor" dominava la giovane regina Maria Luisa di Savoia. Così, nell'aprile 1702 si fece discretamente sapere alla M. che la sua presenza in Spagna non era più gradita.
Ormai anziana, la M. riprese la sua vita raminga, muovendosi prevalentemente tra diverse città dell'Italia settentrionale, in particolare Firenze e Venezia. Nel 1702-03 era nella Francia meridionale e dovette mobilitare le sue antiche conoscenze per uscire da una scabrosa situazione in cui si trovò a causa delle sue frequentazioni - forse anche amorose - con un avventuriero fiammingo, il padre Florent de Brandebourg che fu arrestato in Francia nel 1702 e rimase alla Bastiglia fino al 1713.
Di nuovo in Francia nel settembre 1705, la M. fu autorizzata a recarsi a Parigi. Nonostante gli inviti di Luigi XIV, rifiutò di andare a Versailles e visse per un paio di mesi a Passy, ospite di suo fratello, ricevendo numerose visite.
Al 1707 risale invece una serie di interventi della M. a favore del figlio Filippo, successo al padre come capo della famiglia Colonna, che si era schierato a favore dei diritti di Carlo d'Asburgo sulla Corona di Spagna e aveva subito ritorsioni da parte di Filippo V. Tali interventi conseguirono peraltro risultati assai modesti. Il governo borbonico, infatti, era ben consapevole che la famiglia Colonna era sostanzialmente schierata nel campo imperiale e, per questo motivo, si oppose lungamente all'elevazione al cardinalato di un altro figlio della M., Carlo. Le preoccupazioni familiari della M. non riguardavano tuttavia solo la grande politica, ma anche problemi più intimi, come la sistemazione di una figlia illegittima del suo defunto marito, tale Mariuccia. La donna era stata allevata in convento, ma sin dal 1702 manifestò il desiderio di abbandonare la vita religiosa e sposarsi. Le sue richieste alla famiglia Colonna perché le fornisse una dote caddero a lungo nel vuoto, ma, di fronte alla minaccia di rivelare il nome della propria madre, Mariuccia ottenne nel 1711 dalla M. e dai suo figli una sovvenzione.
Nel 1707 morì il fratello della M., Filippo, seguito, dopo alcuni mesi, da sua sorella Olimpia. Nel 1714 morirono anche Maria Anna Mancini, la più giovane delle sorelle, e, in novembre, il figlio primogenito Filippo. In questa occasione la M. fu a Roma, per un breve periodo, e assistette il figlio negli ultimi giorni.
La M. morì a Pisa nella notte tra il 7 e l'8 maggio 1715.
Fonti e Bibl.: La bibliografia sulla M. è ampia e di vario valore. Ulteriori precisazioni potranno venire dalla documentazione conservata presso l'Archivio Colonna (Subiaco), finora utilizzato parzialmente. Su di lei si dispone tuttavia di un buono studio complessivo, C. Dulong, Marie M., Paris 2002, al quale si rimanda per ulteriore bibliografia. Non sono da trascurare più antiche biografie e in particolare L. Perey [L. Herpin], Le roman du grand roi. Louis XIV et Marie M., Paris 1894; Id., Une princesse romaine au XVIIe siècle: Marie M. Colonna, Paris 1896. I Mémoires della M. non sono stati oggetto di edizione critica e di studi filologici accurati. Tra le varie edizioni a disposizione cfr. M. Mancini, Mémoires, a cura di G. Doscot, Paris 1965 e, in italiano, l'edizione pubblicata sotto il titolo I dispiaceri del cardinale, a cura di D. Galateria, Palermo 1987. Cfr. inoltre R. de Bussy Rabutin, Histoire amoureuse des Gaules, II, Paris 1857, pp. 1-24; A.-M.-L. Montpensier, duchesse d'Orléans, Mémoires, a cura di A. Chéruel, Paris 1858-59, ad ind.; M. Gigault de Bellefonds, marquise de Villars, Lettres, a cura di A. de Courtois, Paris 1868, ad ind.; P. de Villars, Mémoires de la cour d'Espagne de 1679 à 1681, a cura di M.A. Morel-Fatio, Paris 1893, ad ind.; L. de Rouvroy, duc de Saint-Simon, Mémoires, XIII, a cura di A. Boislisle, Paris 1897, pp. 104 s.; M. de Rabutin-Chantal, marquise de Sevigné, Lettres, a cura di G. Gailly, Paris 1953-57, ad ind.; F. Buonvisi, Nunziatura a Colonia, a cura di F. Diaz, Roma 1959, p. 229; M.M. de La Fayette, Histoire de madame Henriette d'Angleterre, a cura di G. Sigaux, Paris 1988, ad ind.; A. Renée, Les nièces de Mazarin, Paris 1856, pp. 234-290; D. Perrero, La duchessa Ortensia Mazzarino e la principessa M. Colonna sorelle Mancini ed il duca Carlo Emanuele II di Savoia (1672-1675), in Curiosità e ricerche di storia subalpina, II (1876), pp. 1-94, 381-443; R. Chantelauze, Louis XIV et Marie M. d'après de nouveaux documents, Paris 1880 (in larga parte superato); G. Bayle, Marie M. à Avignon, in Mémoires de l'Académie de Vaucluse, II (1883), pp. 15-37; Ch.-L. Livet, Portraits du grand siècle, Paris 1885, pp. 85-132; G. Claretta, La principessa M. Colonna-M. nelle particolari sue relazioni col duca di Savoia Carlo Emanuele II, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XX (1897), pp. 95-175; E. Masi, Una principessa romana del secolo XVII, in Nuova Antologia, 1( genn. 1897, pp. 46-72; Id., Donne di storia e di romanzo, Bologna 1903, pp. 55-113; P. Robiquet, Le coeur d'une reine. Anne d'Autriche, Louis XIII et Mazarin, Paris 1912, pp. 131-270; P. Rival, Marie M., Paris 1938 (romanzesco); H. Bordeaux, Marie M.: le premier amour de Louis XIV, Paris 1944; M. Sutherland, Louis XIV and Marie M., London 1956; G. Benzoni, Colonna, Lorenzo Onofrio, in Diz. biogr. degli Italiani, XXVII, Roma 1982, pp. 352-361; C. Dulong, Les dernières années de Marie M. et son inventaire après décès, in Bibliothèque de l'École des chartes, CLII (1994), pp. 149-157; E.C. Goldsmith - A. Zanger, The politics and poetics of the Mancini romance: visions and revisions of the life of Louis XIV, in The rhetorics of life writing in early modern Europe, a cura di Th.F. Mayer - D. Woolf, Ann Arbor, MI, 1995, pp. 341-372; E. Tamburini, Due teatri per il principe. Studi sulla committenza teatrale di Lorenzo Onofrio Colonna (1659-1689), Roma 1997, ad ind.; E. Graziosi, Lettere da un matrimonio fallito: M. M. al marito Lorenzo Onofrio Colonna, in Per lettera: la scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVIII, a cura di G. Zarri, Roma 1999, pp. 536-584; P.F. Cholakian, Marie and Hortense Mancini, in Women and the politics of self-representation in seventeenth century France, a cura di P.F. Cholakian, Newark-London 2000, pp. 85-121; B. Borello, Annodare e sciogliere. Reti di relazioni femminili e separazioni a Roma, in Quaderni storici, XXXVII (2002), 3, pp. 617-648; Id., Trame sovrapposte. La socialità aristocratica e le reti di relazioni femminili a Roma (XVII-XVIII secolo), Napoli 2003, ad ind.; K. Beckmann, Inszenierter Skandal als Apologie? Die Memoiren der Hortense und Marie Mancini, dissertazione, Universität Trier, 2004 (con ulteriore bibl.); N. Gozzano, La quadreria di Lorenzo Onofrio Colonna. Prestigio nobiliare e collezionismo nella Roma barocca, Roma 2004, ad ind.; B. Craveri, Amanti e regine. Il potere delle donne, Milano 2005, ad indicem.