MAJOCCHI, Maria (pseudonimo: Jolanda)
Nacque a Cento, nel Ferrarese, il 23 apr. 1864 da famiglia colta e benestante.
Il padre Antonio (1831-1907) era figlio del filologo e musicista Gaetano. Raffinato intellettuale, a sua volta eccellente musicista, rivestì numerose cariche pubbliche: fu sindaco di Cento, consigliere provinciale e presidente della locale Società operaia di mutuo soccorso.
La madre, Lavinia Agnoletti (1839-1911), era ferrarese, figlia di Francesco e di Clementina Cicognara di Venezia, cugina del grande erudito Leopoldo. Donna di raffinata cultura come il marito, amante delle lettere, della musica e dell'arte del ricevere, Lavinia fu una figura di assoluta rilevanza per la formazione della M.: da lei ereditò giovanissima l'amore per la musica e per la lettura, imparò le lingue straniere e a suonare il pianoforte incontrando grandi favori nelle serate a concerto organizzate nel salotto di casa Majocchi. Quella della M. fu un'istruzione tutta in famiglia, tra i gelsomini e gli oleandri di Cento, con pochi precettori - il maestro d'italiano tre giorni alla settimana e la maestra di lavoro - condivisa con le due sorelle Clementina Laura (in arte Bruna) e Gabriella, destinate a divenire entrambe letterate e musiciste di talento. Cuore della casa di Cento fu la preziosa biblioteca che era stata del nonno: accanto ai classici e ai preziosi incunaboli custoditi dal padre, sugli scaffali trovavano posto G. Carducci, G. D'Annunzio, A. Boito, L. Stecchetti, E. De Amicis, A. Fogazzaro, diversi scrittori stranieri e numerose scrittrici italiane, tra cui spiccava la Contessa Lara (Eva Cattermole).
La M. era di una generazione più giovane rispetto a quelle voci di donne ormai affermate, e giovanissima lesse le loro poesie, i primi romanzi della Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani) e di Neera (Anna Zuccari), le rubriche, le novelle e i bozzetti di mano femminile che arricchivano le tante riviste per giovinette dell'epoca. Alla fine degli anni Settanta la M. era abbonata alla Poupée modèle di Parigi, di cui traduceva in italiano i racconti, e al Giornale delle fanciulle. Tra le molte riviste italiane, una in particolare seminava speranze di promozione letteraria: era Cordelia, voluta, pensata e diretta fra il 1881 e il 1884 da A. De Gubernatis. Dal primo numero il giornale aveva invitato "le signorine lettrici" a inviare in redazione "una cosuccia fatta lì per lì" per essere pubblicata nella rubrica la "Palestra delle giovinette". La M. aveva risposto subito alla richiesta e, il 12 febbr. 1882, vide la luce il suo primo bozzetto poetico, Il fior della ventura, pubblicato con lo pseudonimo Margheritina di Cento. Non ancora ventenne iniziò da allora una collaborazione regolare con la rivista, con una retribuzione fissa di 5 lire a pagina e la sua firma in calce a ogni pezzo. I primi racconti pubblicati a puntate furono riuniti in una raccolta, Fiori secchi (Rocca San Casciano 1894); l'amore e la versatilità per la scrittura favorirono la professione giornalistica, ma fecero sì che la M. potesse divenire letterata di grande fortuna. Jolanda fu lo pseudonimo non casuale scelto dalla M. nel 1882 (in ricordo dell'eroina di G. Giacosa di Una partita a scacchi, 1873) per un inizio di carriera che si svolse in contemporanea con il matrimonio e la maternità.
L'8 dic. 1884 la M. sposò il marchese Ferdinando Plattis, un giovane patrizio padovano educato all'amore per la musica e le arti, e si trasferì alla Giovannina, nello splendido castello di lui nella campagna di San Giovanni in Persiceto. Da quell'unione nacque Giovan Battista, detto Gino. Scrivendo a De Gubernatis, al quale fu legata sempre da amicizia e da stima profonda, lo assicurò che la sua collaborazione con Cordelia non si sarebbe comunque interrotta, e lo stesso decise per la sua attività di letterata. Il 5 maggio 1893 Ferdinando morì in seguito a una breve malattia e i problemi economici che ne seguirono costrinsero la M. a intensificare il lavoro: Gino fu affidato per qualche tempo a De Gubernatis perché proseguisse negli studi.
Per lei, come per molte altre donne della sua generazione, essere giornalista costituiva passaggio ineludibile per acquisire notorietà come letterata, stima e appoggio da parte di editori, stampatori, giornalisti, scrittori e intellettuali, e per assicurarsi un reddito sicuro per quanto modesto. In una manciata d'anni di lavoro ininterrotto la M. divenne scrittrice tra le più amate e popolari (secondo un'inchiesta condotta nel 1906 dalla Società bibliografica italiana i suoi libri erano stati i più richiesti dalle biblioteche circolanti cattoliche), e dette alle stampe più di trenta volumi tra saggi, studi, scritti brevi, novelle e romanzi. Le tre Marie (Rocca San Casciano 1894) raggiunse le 100.000 copie vendute e le dodici edizioni decretando a chiare lettere il suo grande successo, confermato - per ricordarne solo alcuni - da romanzi quali Sotto il paralume color di rosa (Firenze-Prato 1900), La maggiorana (Rocca San Casciano 1903), Suor Immacolata (ibid. 1904) e, infine, Eva regina: il libro delle signore. Consigli e norme di vita femminile contemporanea (Milano 1907), la sua opera più conosciuta, non un romanzo e non solo un galateo.
La M. tenne inoltre numerosissime rubriche sulle più importanti testate dell'epoca, poi raccolte, rispettivamente, in Dal mio verziere. Saggi critici (Rocca San Casciano 1896) e Le ignote (Bologna 1899).
Quello della M. era un pubblico ben preciso, e al femminile: donne in prevalenza appartenenti alla borghesia benestante e alla nobiltà, in possesso di una buona formazione culturale, cui la M. consigliava quale dovesse essere il giusto comportamento da seguire per rispondere alla delicata missione che era stata loro assegnata di mogli e di madri. Animata da un cauto e moraleggiante femminismo, "maestra, educatrice e guida spirituale" della generazione fin de siècle, coi suoi romanzi e le sue novelle suggerì alle donne un universo di femminilità intellettuale e virtuosa al cui centro porre gli affetti sinceri e le responsabilità famigliari, la religiosità e la carità verso il prossimo, e rammentò quali conseguenze potessero avere il mancato rispetto dei codici di comportamento e delle regole dell'apparire sul loro destino. Ogni romanticheria e frivolezza era da bandire (le stesse rubriche di moda che curò furono improntate sempre a criteri di decoro e semplicità), come doveva esserlo l'eccessiva fantasia, che avrebbe portato a vivere la vita come un romanzo. Amatissima dal suo pubblico, non appena si allontanò dalla letteratura al femminile per cimentarsi in lavori di diverso spessore incontrò non poche difficoltà, come nel caso de Le donne nei poemi di Wagner, terminato nel 1892 e dato alle stampe a Milano solo l'anno dopo, nel decimo anniversario della morte del compositore, grazie all'interessamento e al sostegno di C. Ricci, autore di numerosi saggi sulla vita musicale e teatrale bolognese.
Dopo un breve periodo trascorso a San Basilio, seguito alla morte del marito, fra fine e principio di secolo la M. fece ritorno a Cento, dove divenne punto di riferimento importante per scrittori e scrittrici, e intrattenne rapporti con i maggiori intellettuali della sua epoca. Tra i tanti, particolare importanza rivestirono l'amicizia e poi, per qualche tempo, l'amore per Angiolo Orvieto (editore e direttore della Vita nuova e Il Marzocco). Sul finire del secolo la sua notorietà era ormai consolidata. Da allora fu un susseguirsi di riconoscimenti, di nuove edizioni dei suoi volumi e di ristampe, accompagnate dalla sua costante collaborazione a riviste e giornali, da conferenze, discorsi pubblici, partecipazioni ad attività umanitarie e nuove esperienze editoriali. Nel 1898 fondò con Luigi Federzoni la rivista Rassegna moderna di letteratura e arte. Oltre agli amici più cari (Orvieto e Ricci) accettarono di collaborare al suo progetto numerosi intellettuali di spicco (fra cui il carducciano G. Lipparini, L. Capuana, Vittoria Aganoor), anche se la rivista visse un solo anno. Migliore sorte ebbe la Vittoria Colonna. Periodico letterario scientifico artistico per le donne italiane, di cui la M. assunse la direzione nel 1901. Al suo continuo e incessante pubblicare in riviste e giornali (il suo nome cominciò a comparire anche in testate la cui notorietà non era limitata al pubblico femminile, come nel caso della Nuova Parola di A. Cervesato), nel fermento di iniziative editoriali di quegli anni G. Petrucci, musicologo, scrittore e giornalista, l'avrebbe invitata a prefare per lui gli epistolari di R. Wagner e di F. Chopin.
L'esperienza che più riassunse la sua forte vocazione di educatrice restò, tuttavia, quella di Cordelia. Da sempre sua collaboratrice, alla morte di I. Baccini nel 1911 ne ereditò la direzione (che passò poi alla sorella Bruna nel 1917), puntando subito a un ruolo ancora più attivo per le lettrici, da riunire in associazioni di "cordeliane" cui affidare attività filantropiche. Nacque così l'Associazione Cordelia pro-reclusi, al fine di raccogliere libri per le carceri, e il successo dell'iniziativa fece fiorire altre associazioni e altre attività: ricopiatura della rivista in braille per le non vedenti (Associazione Cordelia pro-ciechi), varie sottoscrizioni e conferenze. Nel 1913 le cordeliane abbonate arrivarono a circa diecimila, nascoste sotto melanconici noms de plume floreali.
Alla loro educazione la M. continuò a dedicarsi sino alla morte, avvenuta a Cento l'8 ag. 1917.
Fonti e Bibl.: Una rassegna critica degli scritti della M. è in Jolanda: le idee e l'opera, a cura di C. Mazzotta, Bologna-Cento 1999. Si vedano inoltre: E. Grasso, La morte di Jolanda (marchesa M. Plattis M.), in La Donna, XIII (1917), 297, pp. 15-18; G. Marescalchi, Jolanda: M. Plattis M. (23 apr. 1864 - 8 ag. 1917), Bologna-Rocca S. Casciano 1931; M. Ramperti, Jolanda: 23 apr. 1864 - 8 ag. 1917, Bologna 1931; U. Montanari, L'opera di Jolanda e l'ideologia contemporanea, in Studi del Liceo-ginnasio statale di Cento, Cento 1972, ad ind.; M. De Giorgio, Le italiane dall'Unità a oggi, Roma-Bari 1992, pp. 386, 388; M.G. Tavoni, Sulle ali di Ariele: Jolanda (1864-1917), Cento 1997; Id., Fortuna e personalità di un "nom de plume": Jolanda, in Storie di donne. Contessa Lara, Anna Vertua Gentile, Ida Baccini, Jolanda: scrittura per l'infanzia e letteratura popolare fra Otto e Novecento, a cura di P. Boero, Genova 2002, pp. 89-129; Donne e giornalismo: percorsi e presenze di una storia di genere, a cura di S. Franchini - S. Soldani, Milano 2002, ad ind.; T. Rovito, Letterati e giornalisti italiani contemporanei. Diz. bio-bibliografico, Napoli 1922, p. 345; Enc biogr. e bibliogr. "Italiana", M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, I, pp. 358-360.