MARIA MADDALENA de’ Pazzi, santa
Nacque a Firenze il 2 apr. 1566 da Camillo di Geri e da Maria Buondelmonti. Secondogenita, dopo Geri e prima di Alamanno e Braccio, fu battezzata come Caterina ma chiamata poi Lucrezia, dal nome della nonna paterna.
L’infanzia e l’adolescenza sono ricordate nel Breve ragguaglio della vita della s. madre, scritto nel 1598 da suor Maria Pacifica Del Tovaglia, che ebbe con M. lunga familiarità, avendo condiviso con lei gli anni della fanciullezza e che di M. sarà consorella. Alcuni aspetti rievocati nello scritto richiamano il tema del puer senex e appartengono ai topoi delle biografie religiose: così la gravità, la prudenza, l’assenza di atti e gesti puerili. A un’inclinazione personale sembrano invece più rispondenti la consuetudine di Lucrezia di fuggire, come lei stessa dichiara, «la conversatione delle creature» (I quaranta giorni, p. 74) e il precoce bisogno di ritirarsi in luoghi «secretissimi», dove attendeva «alla voce di Dio che gli parlava al cuore e ammaestrava internamente» (ibid., p. 75). Fin dall’infanzia il suo desiderio fu rivolto al chiostro: una scelta descritta nel Breve ragguaglio come frutto di una tenace determinazione, osteggiata dai genitori, secondo un modello tipicamente agiografico.
In due periodi, dal 25 febbr. 1574 al 1578 e dal 16 marzo 1580 al maggio-agosto 1581, fu educanda nel monastero di S. Giovannino delle Cavalieresse di Malta; nella seconda occasione la famiglia era a Cortona, dove il padre era stato inviato come commissario del governo granducale. A S. Giovannino Lucrezia seguì la direzione spirituale dei padri gesuiti, caratterizzata da un’assidua pratica eucaristica. Lucrezia si impegnò per indurre le monache a una rigorosa osservanza dei voti, e la cosa sollevò inquietudine nella comunità («è venuta qua per riformarci», lamentavano le monache, e «la chiamavon gesuita e teatina», Breve ragguaglio, p. 80), salvo poi chiederle di farsi religiosa nel loro monastero. Ma il confessore di Lucrezia, il gesuita Pietro Blanca, rettore della Compagnia di Gesù a Firenze, volle che «eleggessi una religione riformata e osservante, come via più sicura, sì come ancor lei si sentiva più tirata» (ibid., p. 85).
L’8 dic. 1582 fu accettata nel monastero carmelitano di S. Maria degli Angeli, in cui erano ancora vivi i fermenti del movimento savonaroliano, che tanto profondamente aveva segnato la vita religiosa e civile fiorentina. Santi di Tito la ritrasse in convento su commissione del padre, con indosso la veste bianca che la madre le aveva fatto fare quando ancora pensava di destinarla al secolo. Vestì l’abito alla fine del gennaio 1583 e ricevette il nome di Maria Maddalena; il 27 maggio 1584 fece la professione dei voti.
Negli anni Venti il monastero era passato dalla giurisdizione dell’Ordine a quella episcopale. Giacomo Laínez durante il suo soggiorno a Firenze (1547) ne aveva tenuto per qualche tempo la cura, introducendovi la comunione frequente, l’orazione mentale e l’esame di coscienza. La regola e gli statuti approvati nel 1564 erano frutto di un adeguamento delle antiche costituzioni allo spirito del concilio di Trento: prevedevano un lungo periodo di educazione, la comunione settimanale, la lettura devota, l’ufficio divino recitato in coro, la meditazione in comune, in stretta aderenza alla preghiera corale e alla vita liturgica. Ispiratrice della riforma fu Evangelista del Giocondo, visionaria e dotata di doni carismatici, più volte maestra delle novizie e priora del monastero. Accanto alle qualità del suo governo, a segnare il profilo religioso della comunità furono la cura spirituale svolta da Agostino Campi, confessore del monastero dal 1563 al 1591, e la predicazione, tra il 1567 e il 1581, del domenicano Alessandro Capocchi, entrambi seguaci dell’insegnamento savonaroliano. Nelle opere di M. sono tracce significative della predicazione del padre Capocchi, conosciuta probabilmente attraverso le trascrizioni delle sue omelie conservate nel monastero. In S. Maria degli Angeli era inoltre custodito, e operava «miracoli», il corpo di Maria Bartolomea Bagnesi, una terziaria domenicana morta in fama di santità nel 1577. Il suo insegnamento, tramandato nelle scritture del monastero, rappresentò un modello per M., in particolare nel tempo del noviziato e della sua prima esperienza mistica.
Lo stesso giorno della professione, avvenuta durante una violenta malattia, M. ebbe la prima di numerose estasi destinate a caratterizzare la sua esperienza religiosa. Questi rapimenti si verificavano non solo durante la preghiera, ma anche in altri momenti, come affermarono i testimoni al processo di beatificazione, e talvolta si protraevano per intere giornate. Le estasi, ispirate ai testi liturgici del giorno, si manifestavano in forme molto diverse: «assorbimenti repentini, alienazioni totali dal mondo circostante, danze, corse, agitazioni convulsive o rigidità corporee; e soprattutto lunghissimi eloqui, svolti ad alta voce, con parole veloci o scandite, sommesse o urlate, ininterrotte o intercalate da silenzi contemplativi» (Maria Maddalena de’ Pazzi, Le parole dell’estasi).
La memoria e la descrizione delle estasi avvenute tra il 27 maggio e il 6 luglio 1584 furono raccolte ne I quaranta giorni. Dal 25 dic. 1584 al 4 giugno 1585 ulteriori esperienze mistiche furono trascritte nei Colloqui dalla madre Evangelista Del Giocondo, allora maestra delle novizie, e dalla camerlenga della comunità, Maria Maddalena Mori.
Le visioni di M. si innestano nella tradizione di santità femminile alimentata, tra Quattro e Cinquecento, dal movimento cateriniano. Nel clima dei primi decenni del XVI secolo, animato da aneliti di riforma e dalla tensione all’osservanza, si era riproposto con energia il tema della renovatio della Chiesa. Accanto a s. Paolo, ai Salmi, al Vangelo di Giovanni e ad Agostino, la vita e gli scritti di Caterina de’ Ricci furono fonte rilevante dell’esperienza spirituale di M. e della sua riflessione teologica. Nei Colloqui ricorrono i simboli cateriniani, ormai codificati dalla tradizione, riconducibili al loro valore di emblemi della sposa di Cristo: l’anello con cui M. si unì nel matrimonio mistico, lo scambio del cuore con quello di Gesù, la corona di spine e le stimmate impresse nell’anima. Oltre tali segni, ciò che con più pregnanza indica l’affinità di M. con Caterina de’ Ricci è la dottrina dell’Amore, che M. sviluppò con forte originalità speculativa e linguistica, improntando a Caterina, «che ne sapeva parlare» (I quaranta giorni, p. 145), il suo linguaggio mistico. Nei Colloqui è altresì molto presente la vocazione apostolica. La guerra condotta dagli eretici contro l’autorità del papa, contro l’eucarestia, i sacramenti e il valore delle opere evoca, nelle visioni di M., immagini demoniache, e con forte drammaticità ripropone il tema della giustizia contro coloro che all’interno della Chiesa sembravano non avvertire l’urgenza della renovatio. Tuttavia M. attribuì assoluta dignità e preminenza al sacramento del sacerdozio: nei suoi scritti si rivolge ai ministri di Dio con un’espressione che si richiamava al lessico cateriniano: «i tua Christi».
Nel giugno 1585 alla vigilia della Pentecoste e poi continuativamente per la durata di otto giorni, M. ricevette quelle Revelatione e Intelligentie che insieme con i Colloqui costituiscono la parte più originale dell’intero corpus dei suoi scritti: un insegnamento dottrinale e spirituale impartito spesso in forma di dialogo tra Dio e la sua discepola.
Dopo un anno in cui non si verificarono fenomeni mistici, nel luglio 1586 M. si sentì chiamata a provvedere in modo tangibile alla salute delle anime e tra luglio e agosto, in cinque giorni, scrisse le epistole che compongono la Renovatione della Chiesa. La «inutile ancilla de l’antica e nuova Verità, constretta da l’amoroso e svenato Agnello e umanato Verbo» (Renovatione, p. 62) si rivolse, con inusitata autorevolezza, a Sisto V, all’arcivescovo di Firenze Alessandro de’ Medici (futuro Leone XI), al Collegio cardinalizio, al padre Blanca e ad altri religiosi e religiose (gesuiti, domenicani, francescani) per annunciare loro l’irruzione nel presente del tempo della «renovatione della Chiesa», in cui si doveva dare inizio all’«opera del Verbo» (Renovatione, p. 62). Più impellente della predicazione nelle Indie, essa era intesa da M. come rinnovamento della missione degli apostoli, da condurre tutta «per amore e con amore» (ibid., p. 97) secondo l’insegnamento di s. Paolo.
Nella lettera al padre Blanca, senza dismettere il registro profetico, M. si apre a un colloquio più intimo, ripercorrendo i tempi della sua prima vocazione religiosa – «insino da piccolina hebbi questo lume e sempre è cresciuto, ancor che mai non gli ho voluto dare orecchio» (ibid., p. 82) – e riconoscendo la sua elezione a cui non poteva più fare resistenza. Scrivendo all’arcivescovo di Firenze, M. esprime il valore della propria parola a fronte del sapere ecclesiastico attraverso l’immagine del «lume della luna», metafora di un sapere femminile che non vuole farsi eguale al lume del sole, ma di cui talvolta Dio «si compiace di servirsi, massimo per hora in questo tempo che siamo nelle tenebre» (ibid., pp. 77 s.). A Caterina de’ Ricci, nel monastero domenicano di S. Vincenzo a Prato, che riconosceva per «maestra», M. chiese di farsi sua «coaiutrice» nell’opera di rinnovazione della Chiesa, in un sodalizio forte come una catena nel segno di s. Caterina. Ciò delinea una tradizione di magistero femminile, in cui l’opera intrapresa da M. trovava autorevole legittimazione.
Le lettere suscitarono profondo sconcerto nel monastero; la maggior parte di esse non varcò mai i confini della clausura e non furono presentate al processo di canonizzazione. Bisognerà attendere il 1884 per vedere pubblicate in modo integrale le dodici lettere, delle quali era circolata una edizione parziale «dicendosi in esse varie cose contro i costumi della Chiesa e del papa e della necessaria riforma» (Ancilli, cit. in Gotor, p. 396). Alla fine di settembre Alessandro de’ Medici si recò in S. Maria degli Angeli per presiedere all’elezione della nuova priora e, nel colloquio che ebbe con lui, M. dovette rivelargli le «molte illuminazione» (Renovatione, p. 53) che non aveva riferito nelle missive, rimettendone la verità al suo giudizio. L’arcivescovo corresse il rigore ascetico di M., che costituiva un turbamento negli usi comuni del monastero, ma riconobbe, secondo quanto scrive suor Maria Pacifica Del Tovaglia (Probatione, parte prima, p. 40), la bontà del suo procedere, riportando così la quiete nella comunità.
Le Vite di M., quella di Vincenzo Puccini, confessore del monastero, e quella del successore, Anton Maria Reconesi, rivolgono solo brevi cenni alla vicenda delle lettere, così come attenuano il rilievo del modello cateriniano nell’esperienza di Maria Maddalena. Esse traducono la tensione profetica di M. nella più riduttiva accezione dei doni della profezia, quali la conoscenza dei cuori e la predizione delle cose a venire, riferite a uno spazio quotidiano racchiuso entro il perimetro del monastero. Proposero invece altri aspetti di M., più rispondenti al modello di vita mistica e di concreto impegno per la riforma delle istituzioni monastiche, rappresentato in quegli anni da Teresa d’Avila.
Evangelista del Giocondo, prima come maestra delle novizie e poi come priora, accolse la singolare vocazione di M., assecondandone la forte tensione riformatrice e orientandone il percorso verso i valori della professione monastica. La condotta particolare di M. – il regime alimentare, l’estrema povertà dell’abito, i piedi scalzi, le pratiche di mortificazione cui si sottoponeva – rispondeva a una rilettura radicale della regola e delle costituzioni del monastero. Le monache seguirono i progressi di M. con stupore, ma anche con crescente adesione. Da questo impegno collettivo, come spesso è accaduto per le scritture monastiche femminili, nacque la raccolta di insegnamenti nella quale si venne organizzando, attraverso il sapiente sistema di memorizzazione inventato dalle monache, la trascrizione simultanea delle estasi, l’intreccio delle prime biografie, la raccolta di Ammaestramenti e di memorie che produsse, dopo la morte di M., la Vita di Puccini e soprattutto la deposizione corale al processo di beatificazione nella prima e più importante fase, quella informativa, iniziata nel 1611.
La priora Evangelista volle che gli Ammaestramenti fossero accostati alla regola e divenissero parte integrante degli usi del monastero, finché nelle Costituzioni del 1610 furono in larga parte recepiti nel testo normativo. La comunità religiosa vi rappresenta la comunità delle origini; chi vi entra non è condotto a percorrere itinerari individuali di relazione con Dio, ma piuttosto a vivere la regola, valorizzando più la soggezione e l’obbedienza che non la contemplazione. Nell’approfondimento della regola e delle virtù della vita religiosa M. aveva dismesso i panni profetici e aveva rivisitato i contenuti della sua vocazione. La regola ne divenne il fondamento e il procedere di M. il modello concreto: assimilate ai profeti e partecipi della stessa elezione degli apostoli inviati a portare la pace, le «spose di Cristo» riproducevano la vita evangelica, avendo per emblema la povertà.
Nell’ottobre 1586 M. lasciò il noviziato. Fu vicaria per l’accoglienza delle giovani che venivano in foresteria, dal 1589 maestra delle novizie, nel 1604-05 sottopriora per otto mesi, carica che lasciò per l’aggravarsi della tubercolosi.
Nel gennaio 1600 ricevette la visita di Maria de’ Medici, in procinto di partire per la Francia come sposa del re Enrico IV, e il 12 genn. 1601 M. scrisse alla regina di Francia ricordando la visita. Una lettera di Maria de’ Medici a M. datata 8 maggio 1596 testimonia rapporti precedenti a quell’occasione. Inoltre fu la stessa regina di Francia a promuovere l’edizione della vita di M. pubblicata da Puccini nel 1609. L’epistolario personale di M. contiene altre 26 lettere, scritte tra il 1588 e il 1606 e dirette, oltre che a religiosi e religiose, ai familiari: il fratello Geri, la nipote Maria de’ Pazzi, la cognata Ippolita Nasi.
M. morì a Firenze il 25 maggio 1607.
Nel 1629, in seguito al trasferimento del monastero, le spoglie furono traslate in Borgo Pinti, nella chiesa che sarebbe stata intitolata a M. dopo la santificazione. Nel 1888 furono spostate nel monastero di S. Maria Maddalena de’ Pazzi a Careggi, dove si trovano tuttora. Nel monastero sono conservati anche i manoscritti originali delle opere, cioè le trascrizioni redatte dalle consorelle e da lei rivedute e corrette. M. fu proclamata beata da Urbano VIII nel 1626: rispetto alla recente disciplina restrittiva in materia di beatificazione, voluta dallo stesso papa, per M. fu decisa un’eccezione, forse legata all’origine fiorentina in comune con Urbano VIII. Nel 1662 iniziò il processo di canonizzazione, che si concluse nel 1669 con la proclamazione della santità a opera di Clemente IX.
Opere. Tutte le opere di s. Maria Maddalena de’ Pazzi dai manoscritti originali, Firenze 1960-66 (7 voll.: I, Quaranta giorni; II-III, Colloqui; IV, Revelatione e Intelligentie; V-VI, Probatione; VII, Renovatione della Chiesa). Per una descrizione dei manoscritti E. Ancilli, I manoscritti originali di s. Maria Maddalena de’ Pazzi, in Ephemerides Carmeliticae, VII (1956), pp. 323-400; il corpus delle lettere è ora pubblicato in Id., «Constretta dalla dolce verità, io scrivo». Epistolario completo, a cura di C. Vasciaveo, Firenze 2007. Una scelta in Maria Maddalena de’ Pazzi, Le parole dell’estasi, a cura di G. Pozzi, Milano 1984.
Fonti e Bibl.: Breve ragguaglio della vita della s. madre fatto dalla madre suor Maria Pacifica Del Tovaglia, in Maria Maddalena de’ Pazzi, Tutte le opere, I, Firenze 1960; V. Puccini, Vita della madre suor M.M. de’ P. fiorentina, monaca dell’Ordine carmelitano nel monastero di S. Maria degli Angeli di Borgo S. Fridiano…, Firenze 1609; Id., Vita della venerabile madre suor M.M. de’ P. fiorentina… Con l’aggiunta della terza, quarta, quinta, e sesta parte… La qual contiene le mirabili Intelligenze, che in diversi tempi da Dio le furono comunicate…, Firenze 1611; A.M. Reconesi, Vita della beata M.M. de’ P.… raccolta e descritta dal sig. d. Vincenzo Puccini… Ridotta in miglior’ordine, con aggiunta, di molte azzioni virtuose, e mirabile, cavate da i processi formati per la sua canonizzazione, Roma 1629; V. Cepari, Vita della serafica vergine s. M.M. de’ P. fiorentina… con l’aggiunta cavata da’ processi formati per la sua beatificazione e canonizazione dal padre Giuseppe Fozi, Roma 1669; La santa di Firenze presentata principalmente a’ suoi concittadini nel III centenario della sua morte da una religiosa del suo monastero, Firenze 1906; C. Catena, S. M.M. de’ P. carmelitana: orientamenti spirituali e ambiente in cui visse, Roma 1966; Id., Le carmelitane. Storia e spiritualità, Roma 1969; B. Secondin, S. M.M. de’ P.: esperienza e dottrina, Roma 1974; G. Agresti, S. M.M. de’ P. L’amore non amato. Un’antologia delle sue opere, Roma 1974, pp. 9-88; B. Papasogli - B. Secondin, La parabola delle due spose. Vita di s. M.M. de’ P., Torino 1976; G. Pozzi, Patire e non potere nel discorso dei santi, in Studi medievali, XXVI (1985), pp. 1-52; Id., L’identico del diverso in s. Maddalena de’ Pazzi, in Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie, XXXIII (1986), pp. 517-551; Id., L’alfabeto delle sante, in G. Pozzi - C. Leonardi, Scrittrici mistiche italiane, Torino 1988, pp. 21-42; T. Zaninelli, Influssi culturali nell’esperienza mistica di s. M.M. de’ P., in Riv. di ascetica e mistica, I (1992), pp. 53-55; P. Moschetti - B. Secondin, M.M. de’ P., mistica dell’amore, Milano 1992; S.F. Matthews Grieco, Modelli di santità femminile nell’Italia del Rinascimento e della Controriforma, in Donne e fede, a cura di L. Scaraffia - G. Zarri, Bari 1994, pp. 320-322; A. Scattigno, M.M. de’ P. tra esperienza e modello, in Donna, disciplina e creanza cristiana dal XVI al XVII secolo. Studi e testi a stampa, a cura di G. Zarri, Roma 1996, pp. 85-101; Id., Un commento alla regola carmelitana. Gli Ammaestramenti di M.M. de’ P., in Il monachesimo femminile in Italia dall’Alto Medioevo al secolo XVII, a cura di G. Zarri, Verona 1997, pp. 283-302; F. Brezzi, La passione di pensare. Angela da Foligno, M.M. de’ P., Jeanne Guyon, Roma 1998; M. Gotor, I beati del papa. Santità, Inquisizione e obbedienza in Età moderna, Firenze 2002, pp. 30-33; A. Scattigno, Una comunità testimone. Il monastero di S. Maria degli Angeli e la costruzione di un modello di professione religiosa, in I monasteri femminili come centri di cultura tra Rinascimento e Barocco. Atti del Convegno ..., Bologna ..., 2000, a cura di G. Pomata - G. Zarri, Roma 2005, pp. 175-204; M.M. de’ P. santa dell’amore non amato (catal.), a cura di P. Pacini, Firenze 2007.