FERRAZZI (Ferracci, Ferazzi, Ferazzo), Maria (in religione Maria Angela Ventura del Ss. Sacramento)
Nata a Venezia il 12 maggio 1623, era la più giovane dei numerosi figli di Alvise di Martiri da Bassano e Maddalena Polis.
Rimasta orfana quando i genitori ed i fratelli morirono di peste del 1630, fu accolta insieme con la sorella Cecilia da uno zio e in seguito dalla nobildonna Adriana Cuccina, che chiese al carmelitano B. Pinzoni di diventare il loro direttore spirituale. Colpito dalla grazia e dalla devozione della piccola Marietta, il Pinzoni la collocò presso una delle sue penitenti, la vedova Modesta Salandi, che dirigeva un "conservatorio" per giovinette. Qui la F. imparò a leggere, scrivere, ricamare e far di conto, e ben presto diventò l'assistente della Salandi nel governo della casa e si curò delle preghiere di molte nobildonne poste sotto la direzione spirituale del Pinzoni.
Per assicurare la sopravvivenza di questo gruppo di pie donne, la F. e il Pinzoni nel gennaio del 1643 firmarono un contratto per l'acquisto di un convento situato sul canale di fronte alla chiesa dell'Angelo Raffaele nella parrocchia di S. Nicolò dei Mendicoli, appartenuto in precedenza ai francescani riformati, dove le donne si ritirarono dopo le necessarie riparazioni. Il 23 dicembre dello stesso anno la F. e le sue compagne avevano raccolto abbastanza denaro per pagare l'edificio e per costituire una dotazione di 18.000 ducati; un mese più tardi sia il Senato sia il patriarca di Venezia accettavano la loro proposta di cederlo alla Repubblica e di porsi sotto il patronato del Senato, in cambio del permesso di celebrare la messa e dell'appoggio per realizzare il progetto di vedere riconosciuta la loro casa come convento di carmelitane. Il Pinzoni restava il loro direttore spirituale.
Benché fin dalla fine del sec. XIII esistesse già una comunità di pinzochere carmelitane vicino alla chiesa di S. Barnaba, la fondazione della F., chiamata S. Teresa (popolarmente le terese), sarebbe stata la prima vera casa di carmelitane in territorio veneto. Nella primavera del 1652, la F. si recò a Roma e ottenne l'appoggio di Innocenzo X. Rivelatasi troppo rigorosa per la fragile salute sua e delle sue compagne la regola delle carmelitane scalze, nel maggio del 1653 esse vestirono l'abito e adottarono le costituzioni delle carmelitane dell'antica osservanza, promulgate dal priore generale dei carmelitani, G. A. Filippini. La regola, basata su quella redatta da Maria Maddalena de' Pazzi per S. Maria degli Angeli di Firenze, intendeva uniformare tutti i conventi carmelitani femminili italiani, ma solo le comunità della F. vi aderono. Finalmente, nel luglio del 1667, con l'autorizzazione del nunzio papale S. Brancaccio, la F. e le sue compagne si rinchiusero nella clausura. A questo punto la direzione del convento passava dal patriarca di Venezia al priore generale dell'Ordine carmelitano, e l'anno seguente il patriarca di Aquileia, Daniele Dolfin, veniva designato delegato apostolico per sovrintendere alle terese.
Non molto tempo dopo la fondazione della casa, la F. aveva adottato il nome in religione di Maria Angela Ventura del Ss. Sacramento, ma continuò ad usare il cognome del padre o della madre nell'amministrazione di ciò che divenne un vasto portafoglio di investimenti e nel dirigere operazioni speculative sui beni immobili (in particolare l'acquisto di proprietà di Ordini religiosi soppressi verso la fine degli anni Sessanta per finanziare la guerra di Candia), che divennero l'ossatura economica delle terese e delle fondazioni successive. Non si sa con esattezza chi avesse fornito il capitale iniziale; forse, in parte, il suo banchiere B. Carminati e tre procuratori di S. Teresa (G. Basadonna, I. Fantini, L. Minotto), mentre tre donatori che le diedero 30.000 ducati per comprare proprietà di Ordini soppressi al Sabbione, presso Cologno nel Vicentino, e a Corso e Lesina nel Veronese agli inizi degli anni Settanta, preferirono restare anonimi.
Sotto la guida della F. il convento di S.Teresa di Venezia non incontrò le difficoltà consuete per le nuove fondazioni, guadagnandosi quasi immediatamente il favore dei nobili veneziani, che collocarono nel convento le figlie (a volte più di una per famiglia) con doti che ammontavano, in media, a 2.000 ducati. Negli anni '50 la F. poteva commissionare al pittore Nicolas Regnier la decorazione della chiesa del convento. Nel 1676 i provveditori sopra Monasteri, notando che l'edificio era insufficiente per i suoi 80 abitanti, autorizzarono la sua espansione. Ricchi nobili e non nobili fecero donativi in denaro e cibo, lasciti in denaro, titoli e proprietà; umili devoti diedero ciò che potevano - un quadro con la Flagellazione per ricordare le sofferenze del testatore, qualche capo di abbigliamento e qualche quadro come grato riconoscimento del cibo e dell'alloggio procurati ad una povera vedova - e, come coloro che stavano più in alto nella scala sociale, chiedevano di essere sepolti nella chiesa del convento.
Dalla sua base veneziana la F., con l'approvazione ufficiale dei governo e nonostante fosse sempre malaticcia, si adoperò per allargare la rete dei conventi in tutto il Veneto: nel 1654 aprì a Verona un convento S. Teresa (le teresine); nel 1662 venne fondato un convento a Padova (anche questo chiamato S. Teresa) in un antico monastero già dei crociferi, più o meno nello stesso periodo in cui la sorella Cecilia, che aveva eccellenti rapporti con i patrizi veneziani titolari di proprietà a Padova, vi apriva una casa per "putte pericolanti"; nel 1671, con suor Maria Gioconda, fondò a Vicenza il convento dei Ss. Rocco e Teresa. L'unico insuccesso fu a Treviso: nel 1653 il Senato veneziano aveva autorizzato la fondazione di un istituto di carmelitane che però non si realizzò mai.
Fino a poco tempo prima della sua morte, avvenuta nel suo convento veneziano il 19 ag. 1688, la F. mantenne uno stretto controllo su tutti i dettagli delle operazioni e delle finanze delle case da lei fondate, sia la casa madre di Venezia (che dopo la soppressione nel 1810 fu resa famosa dalle Confessioni d'un italiano di Ippolito Nievo) sia quelle fondate successivamente.
Molte delle sue suore godettero fama di santità, la F. sembra essere stata più un'imprenditrice che una "santa viva". Dotata di una tenace volontà e di un carisma superiori, probabilmente, a quelli della sorella, in apparenza si mantenne ad una prudente distanza dall'eccentrica e sfortunata Cecilia. Tranne all'inizio delle rispettive carriere, quando erano ambedue protette da fra' B. Pinzoni, A. Cuccina e M. Salandi, la loro cerchia di amici e sostenitori non coincideva, e la F. non venne mai interrogata - anzi fu appena menzionata - durante il processo di Cecilia. Tuttavia esistevano dei contatti fra di loro, come dimostrano il testamento di Cecilia, il fatto che probabilmente questa attinse alle fonti carmelitane per quanto riguardava le regole delle sue case per "putte pericolanti", ed infine la sua tendenza ad imitare s. Teresa.
Fonti e Bibl.: Le biografie più complete sono G. M. Fornari, Anno memorabile de carmelitani, II, Milano 1690, pp. 814-818 e G. M. Sardi, Storia d. vita... e fondazione... della m. Angela Maria Ventura, Venezia 1748. La data di nascita è quella fornita dal Fornari, essendo perduto il Libro di battesimi della parrocchia di S. Marina per gli anni 1619-1635; alla sua morte, il 19 ag. 1688, la F. risultava avere 66 anni anzichè 65: Archivio di Stato di Venezia, Provveditori alla Sanità, busta 896. La principale fonte documentaria sulla sua attività nel convento di S. Teresa di Venezia (e anche nelle altre città) è Ibid., fondo S. Teresa. Per l'azione dei governo veneziano relativa alle sue fondazioni cfr. Ibid., Senato. Terra il parere legale fornito al governo dal servita Francesco Emo sulla concessione della clausura alle terese: e Ibid., Consultori in iure, filza 113, cc. 261-263. Altre informazioni sull'istituto de "Le Terese" e un documento sulla morte della F. sono in Venezia, Biblioteca del Civ. Museo Correr, ms. Cicogna 3238, fasc. Terese, e ms. Gradenigo 179, cc. 208r-218v; il ms. Cicogna 3235, fasc. S. Giacomo di Palude contiene una notizia sulla sua precoce direzione spirituale di pie donne. Notizie sulle vite delle monache nei monasteri fondati dalla F. sono in Roma, Archivio generale dell'Ordine carmelitano dell'antica osservanza, mss. II. Post. 103, cc. 9r-28r, 112r-113r, 161v-166r; IV. Post. 43, cc. 401r-430r; II. Ven. 1, fasc. Convento di Venezia: G. Tomada, Notanda super provinciam Venetiarum anno 1675. Per le bolle papali relative alle sue fondazioni cfr. Bullarium carmelitanum, Romae 1715-1768, II, pp. 546 ss., 550 s. Cfr. anche F. Sansovino, Venezia città nobilissima et singolare, a cura di G. Martinioni, Venezia 1663, p. 277; F. Mondini, Carmelo il favorito, Venezia 1675, p. 66; [G. A. Filippini], Regola del sacro Ordine della beatissima Vergine delCarmelo e Costituzioni delle religiose sorelle monache della sant'osservanza dell'Ordine carmelitano ordinate, a cura di G. Tomada, Venezia 1680; D. Martinelli, Il ritratto di Venezia, Venezia 1684, pp. 368 ss.; F. Comer, Ecclesiae Venetae antiquis monumentis illustratae, V, Venezia 1749, pp. 353-364; L. Ferrari, I carmelitani scalzi e Venezia: Cenni storici, Venezia 1882, pp. 67 s.; A. M. Martino, Monasteri femminili del Carmelo..., in Carmelus, X (1963), pp. 263-313; C. Catena, Lecarmelitane..., Roma 1969, pp. 84-89, 141 s., 194; G. Moroni, Diz. di erudizione stor-ecclesiastica, XCI, pp. 228 s.