NEGRI, Maria Caterina
– Figlia di Antonio e di Teresa Maranelli, nacque a Bologna il 28 settembre 1704 nella parrocchia di S. Biagio.
Non è noto sotto quale guida intraprese gli studi musicali (Fétis [1875, p. 295] la vorrebbe allieva del soprano Antonio Pasi, ma l’ipotesi non è suffragata da prove documentarie).
Ricostruire la sua carriera operistica sulla base dei soli libretti presenta aspetti problematici, in quanto la presenza di più cantanti con nome e cognome simile o eguale attive negli stessi anni ne ostacola talvolta l’individuazione: è stata sovente confusa col soprano modenese Caterina Bassi Negri e con un’altra Maria Negri attestata in Italia negli anni Venti e Trenta. Peraltro è spesso menzionata col solo primo nome di battesimo, preferenza testimoniata in diversi libretti a stampa di spettacoli nei quali si esibì con certezza, nonché nelle Memorie di Giuseppe Maria Nelvi, compositore col quale collaborò nel 1731-32.
Debuttò men che quindicenne nel teatro Formagliari di Bologna, carnevale 1719, nei drammi per musica La fede in cimento o sia La Camilla regina de’ Volsci e La Partenope (musica di Luca Antonio Predieri). È poi attestata in diverse città: nel 1720 a Modena (Il Conte di Altamura) e in agosto a Lugo (Apollo geloso, Giuseppe Maria Buini), nel 1721 a Firenze per carnevale (Il Conte di Cutro), nel 1722 a Genova in primavera (L’amor generoso) e a Livorno (Ginevra principessa di Scozia, Domenico Sarro et al.; Griselda), nel 1723 a Milano per carnevale (Alessandro Severo, Giuseppe Maria Orlandini; Ariodante, Carlo Francesco Pollarolo) e a Faenza in estate (La fede ne’ tradimenti, Buini); nel carnevale 1724 a Ferrara (L’amor tirannico o sia Il Farasmane, Fortunato Chelleri e Giovanni Porta; Il vincitor generoso, Antonio Lotti et al.). Per tre anni fece poi parte della compagnia diretta dal veneziano Antonio Denzio, che a Praga gestì il teatro del conte Franz Anton von Sporck: cantò in Orlando furioso (Antonio Bioni et al.), autunno 1724; L’innocenza giustificata (Stefano Andrea Fiorè et al.) e Lucio Vero (Tomaso Albinoni et al.), carnevale 1725; La fortunata sventura, primavera 1725; Armida abbandonata (Bioni), autunno 1725; Venceslao (Giuseppe Boniventi, Giovanni Antonio Guerra) e La tirannia gastigata (‘pasticcio’ con musiche di Antonio Vivaldi arrangiate da Guerra), carnevale 1726; La reità fortunata (Guerra et al.), primavera 1726; Il contrasto di due gaudio è del terzo e Arrenione, autunno 1726; Tullo Ostilio e Il confronto dell’amor coniugale (altri ‘pasticci’ di musiche vivaldiane), carnevale 1727; Achille in Sciro e L’amor tirannico (Francesco Feo et al.), primavera 1727. Nell’autunno 1727 e nel carnevale 1728 fu impegnata come seconda donna in tre opere composte da Antonio Vivaldi, direttore del teatro di S. Angelo a Venezia: Farnace, Orlando e Rosilena e Oronta. Negli anni successivi è attestata in L’Ernelinda (Leonardo Vinci et al.; Livorno, autunno 1729), Siroe re di Persia (Genova, primavera 1730), Costantino (Giacomo Maria Schiassi; Mantova 1731), Siface re di Numidia (Giuseppe Maria Nelvi; Francoforte, gennaio 1732).
Dall’ottobre 1733 al maggio 1737 fu impegnata come seconda donna a Londra nella compagnia di Georg Friedrich Händel al King’s Theatre di Haymarket (fino a maggio1734), poi al Covent Garden (da novembre). Cantò perlopiù parti en travesti in opere, serenate, oratorii e pasticci dello stesso Händel: Semiramis riconosciuta (pasticcio da Leonardo Vinci et al.), Ottone re di Germania e Caio Fabbricio (da Johann Adolf Hasse et al.), autunno 1733; Arbace (dall’Artaserse di Vinci et al.), Arianna in Creta e Il Parnasso in festa, inverno 1734; Deborah, Sosarme re di Media e Il pastor fido, primavera 1734; di nuovo Il pastor fido, l’Arianna ritoccata e Oreste, autunno 1734; Ariodante ed Esther, inverno 1735; Alcina, primavera 1735. E ancora – dopo un soggiorno a Dublino tra l’autunno 1735 e l’inverno 1736 (avrebbe cantato in un non identificato Aminta e forse in altre opere; cfr. Walsh, 1973) – Atalanta, primavera 1736; Alcina e forse Poro, autunno 1736; Arminio, Partenope, Giustino e Il Parnasso in festa, inverno 1737; Il trionfo del Tempo e della Verità, Didone abbandonata (Vinci et al.) e Berenice regina d’Egitto, primavera 1737.
Nel carnevale 1738 cantò alla Pergola di Firenze in Ormisda e nell’Olimpiade. Nel gennaio 1740 fu 'primo uomo' a Lisbona, teatro Novo a la Rua dos Condes, in Ciro riconosciuto. Di nuovo in Italia, cantò a Parma (Ezio, carnevale 1743), a Rimini (Siroe e Demetrio, Hasse et al.; carnevale 1744), a Bologna (Gli sponsali di Enea (Lorenzo Gibelli et al.; agosto 1744). Non andrà invece identificata con lei la Maria Negri che nell’inverno 1733-34 cantò a Napoli Ottavio di Gaetano Latilla e Lo frate ’nnamorato di Giovanni Battista Pergolesi, in quanto nella stessa stagione era a Londra.
Le notizie sulla sua vita privata scarseggiano, abbondano invece le attestazioni della sua attività artistica, ivi comprese parecchie partiture delle opere in cui si produsse. Cantò molto spesso in ruoli maschili non protagonistici (più di rado femminili, e anche questi spesso en travesti); tra le parti notabili da lei create si ricordano le Bradamanti nell’Orlando (Vivaldi) e nell’Alcina (Händel), e Polinesso nell’Ariodante (Händel). Dalle fonti si evince che tra il 1727 (Orlando di Vivaldi) e il 1737 (Giustino di Händel) possedette una voce di contralto particolarmente versata nel canto d’agilità, estesa dal Sol grave al Mi acuto. Il poeta svedese Gottfried Benjamin Hancke, al servizio del conte Sporck a Praga, la ascoltò nell’Orlando furioso di Bioni e in una lettera del 26 ottobre 1724 ne lodò l’estensione vocale, esprimendo tuttavia delle riserve su tutte le altre qualità di interprete (Freeman, 1991, p. 66). L’erudito Francesco Saverio Quadrio la ricorda come «cantatrice di vaglia» (1744, p. 537).
Il disegno di una cantante in abito di scena maschile con la didascalia «La Negri» nell’album di caricature di Anton Maria Zanetti conservato alla Fondazione Cini di Venezia (foglio 6/i) rappresenta con ogni probabilità Maria Caterina Negri e non il soprano Antonia Negri Tomii detta la Mestrina, come invece ipotizza il curatore del catalogo Caricature di Anton Maria Zanetti , riferendosi a due diverse caricature dello stesso album, identificate dalla scritta «La Mestrina» (altre due caricature di questa stessa cantante, del tutto affini, sono in collezioni conservate a Windsor e a Toronto). L’individuazione è avvalorata dal fatto che a Venezia, nel 1727-28, Negri si esibì in parti sia maschili (Arsace) sia di donne bellicose (Bradamante, Selinda), mentre Antonia Negri Tomii (documentata a Venezia dal 1728 al 1742) comparve sempre soltanto in ruoli femminili, inclini al patetico.
Dopo il 1744 se ne perdono le tracce: ignota la data di morte.
La sorella Rosa nacque a San Pietro di Sebeto, nei pressi di Napoli, il 18 marzo 1698 e ricevette il battesimo a Bologna il 10 maggio 1699, dopo che la famiglia si fu stabilita nella parrocchia di S. Michele Arcangelo. Non si hanno notizie dei suoi studi musicali, ma l’esordio e la carriera teatrale dovettero dipendere dalla fortuna incontrata dalla sorella minore, a fianco della quale quasi sempre si esibì, in ruoli minori.
La sua presenza è testimoniata per la prima volta a Francoforte nel 1732, nel citato Siface re di Numidia (Nelvi), poi a Londra – nella compagnia di Händel, accanto alla sorella – in Semiramis riconosciuta, Caio Fabbricio, Arbace, Il Parnasso in festa, Deborah, Sosarme re di Media, Il pastor fido (primavera1734), la ripresa dell’Arianna in Creta (autunno 1734), le riprese di Ariodante (maggio 1736) e Alcina (novembre 1736) e a Dublino, sempre con Maria Caterina (cfr. Walsh, 1973). Nei primi anni Quaranta è attestata in Italia: ad Asti cantò Scipione nelle Spagne (Giuseppe Sordella; primavera 1740), a San Giovanni in Persiceto La costanza vincitrice (Giovanni Battista Casali; settembre 1740), a Ferrara i pasticci Sirbace e Adriano in Siria (carnevale 1741), a Cesena La costanza vincitrice (ossia Dalisa, di Johann Adolf Hasse; agosto 1741), a Parma Ezio (carnevale 1743), a Reggio Demofoonte (Christoph Willibald Gluck e Francesco Maggiore; primavera 1743).
Ebbe una carriera discontinua: spesso accompagnò Maria Caterina nei suoi viaggi, qualche volta condivise con lei il palco, magari come rimpiazzo dell’ultimo minuto. Durante i preparativi per il Siface, studiò non solo la propria, ma anche la parte della cantante Margherita Perini, pronta a sostituirla nel caso costei non fosse giunta in tempo a Francoforte (Nelvi, c. 11v). A Londra, la sua partecipazione alla compagnia di Händel fu talvolta motivata dall’assenza di altri cantanti: per una ripresa dell’Arianna in Creta fu ingaggiata a causa del ritiro del soprano Margherita Durastanti, mentre nelle riprese dell’Ariodante e dell’Alcina prese il posto del soprano Cecilia Young, interprete originale dei ruoli di Dalinda e Morgana (le parti furono modificate e ridimensionate per la nuova interprete).
Nel 1742, a Bologna, convolò a nozze con Uberto Risack, «dottore» di origine belga (il contratto dotale, datato 19 novembre 1742, attesta che corrispose la somma di 3000 lire bolognesi). Nel 1743 si esibì per l’ultima volta in compagnia della sorella; dopo tale data se ne perdono le tracce.
Nella storiografia operistica è stata spesso confusa col soprano veneziano Rosa Negri Pavona, figlia di Francesco Maria, seconda donna nella compagnia del teatro di corte a Dresda (nata verso il 1715, morì nella capitale sassone il 4 agosto 1760; Stockigt, 2010, p. 227). L’identificazione tra le due interpreti è contraddetta non solo dall’evidenza biografica ma anche dalle fonti musicali: nelle partiture händeliane l’ambito vocale di Rosa Negri risulta modesto (dal Do centrale al Fa diesis acuto), mentre lo stile di canto è sillabico e poco fiorito; la sua omonima veneziana invece, stando alle opere di Hasse che cantò tra il 1734 e il 1750, aveva voce di soprano estesa dal Do centrale al Si sopra il rigo, assai versata nel registro acuto e nel canto d’agilità. Negri Pavona non sembra peraltro essersi mai esibita in Italia o nei medesimi contesti di Rosa Negri, né le rispettive famiglie sembrano aver avuto relazioni. L’intreccio delle omonimie è recepito in termini corretti in Schmidt-Hensel (2009).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Domenico Francesco Gabuti, 5/13, ad diem 19 novembre 1742; Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri battesimali della Cattedrale: 1699, t. 152, c. 99v; 1704, t. 157, c. 168r; Parrocchie soppresse, S. Biagio, Stati delle anime, 5/22, ad annos 1704-05; S. Michele Arcangelo del Ponticello, Stati delle anime, 31/3, ad annos 1699-1702; Ibid., Museo della Musica, k.37.2: G.M. Nelvi, Memorie di suoi viaggi, II, cc. 1r, 6r, 10r-v, 11r-v, 12v, 20v, 25r, 27v; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, III, Bologna-Milano 1744, p. 537; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, Paris 1875, p. 295; O.E. Deutsch, Handel. A documentary biography, New York 1955, ad ind. (ried. aggiornata: Händel-Handbuch, IV, Leipzig 1985, ad ind.; cfr. anche i voll. I-III, ibid. 1978-86, ad ind.); Caricature di Anton Maria Zanetti (catal. della mostra), a cura di A. Bettagno, s.l. 1969, p. 36 s.; T.J. Walsh, Opera in Dublin 1705-1797, Dublin 1973, pp. 53 s., 56 s.; An album of eighteenth-century Venetian operatic caricatures, formerly in the collection of Count Algarotti, a cura di E. Croft-Murray, Toronto 1980, p. 70; R. Strohm, Handel’s pasticci, in Id., Essays on Handel and Italian Opera, Cambridge 1985, ad ind.; M.C. de Brito, Opera in Portugal in the eighteenth century, Cambridge 1989, pp. 18 s.; D.E. Freeman, The Opera theater of Count Franz Anton von Sporck in Prague (1724-35), Ann Arbor 1991, pp. 66, 129-133; P. Mücke, Johann Adolf Hasses Dresdner Opern im Kontext der Hofkultur, Laaber 2003, pp. 196-201 (su Rosa Negri Pavona); W. Dean, Handel’s operas, 1726-1741, Woodbridge 2006, ad ind.; R. Strohm, The operas of Antonio Vivaldi, Firenze 2008, ad ind.; R.D. Schmidt-Hensel, «La musica è del Signor Hasse detto il Sassone…». Johann Adolph Hasses ‘Opere serie’ der Jahre 1730 bis 1745. Quellen, Fassungen, Aufführungen, I-II, Göttingen 2009, ad ind.; J. Stockigt, Handel borrowed: Handel’s operatic aria «Son confusa pastorella» refashioned as a sacred motet «Huc pastores properate» by Jan Dismas Zelenka, in Händel-Jahrbuch, 2010, pp. 227 s.; The new Grove dictionary of Opera, III, 1992, pp. 567 s.; C. Sartori, I libretti a stampa dall’origine al 1800, VII, Cuneo 1994, p. 419; The new Grove dictionary of music and musicians (2001), XVII, pp. 740 s.