RYGIER, Maria Anna
RYGIER, Maria Anna. – Nacque a Cracovia il 5 dicembre 1885 dalla relazione tra Teodor, noto scultore polacco, con una modella, ma venne presentata come figlia legittima dell’uomo e della moglie Sabina Rozycka.
Vissuta a Firenze e a Roma al seguito della famiglia, nel 1904 si trasferì a Milano, dopo aver abbandonato la casa paterna per seguire Sabina, intenzionata a separarsi da Teodor. Presso l’Unione femminile nazionale e sotto la protezione di Ersilia Bronzini Majno, Rygier proseguì l’impegno emancipazionista iniziato a Roma a fianco di Sibilla Aleramo. A un socialismo che si coniugava con il nazionalismo aveva aderito giovanissima, nel 1898 a Cracovia, durante le manifestazioni per l’inaugurazione del monumento al poeta e scrittore Adam Mickiewicz costruito dal padre. Nel corso del 1904 si accostò agli ambienti sindacalisti rivoluzionari ispirati da Arturo Labriola, rompendo con clamore il sodalizio con casa Majno. Alla nuova militanza affiancò un processo di ‘proletarizzazione forzata’ per aderire con maggiore coerenza alle proprie idee politiche e per seguire uno dei principali obiettivi del sindacalismo: la guida operaia del movimento. Ne furono parte integrante la rinuncia al mantenimento paterno e il matrimonio con il tornitore Virginio Corradi, celebrato nel 1906, con il quale acquisì la cittadinanza italiana. Come molti giovani socialisti, Rygier si avvicinò all’antimilitarismo e all’antipatriottismo di Gustave Hervé e assieme a Filippo Corridoni fondò nel 1907 il giornale Rompete le file, ispirato al principio di guadagnare l’esercito alla rivoluzione. Fu influenzata, come molta di quella generazione di militanti, anche da L’apologia della violenza di George Sorel.
La dura repressione dell’antimilitarismo condusse Rygier ripetutamente alla sbarra per articoli apparsi su Rompete le file, di cui era gerente. La condotta tenuta nei dibattimenti la rese un’icona del libero pensiero: usò il tribunale non per difendersi, ma per dare maggiore eco alle proprie idee. In pochi mesi divenne un’eroina per il movimento operaio e un fenomeno curioso per l’opinione pubblica borghese. Le ‘autodifese’ furono stampate e diffuse. Circolarono anche le prime ‘accuse’ d’isteria, che l’accompagnarono per tutta la vita, assieme alle insinuazioni sulla trascuratezza personale, rivelatrici entrambe delle reazioni che provocava l’anomala presenza di un corpo femminile sulla scena politica. Nel 1908 la condanna arrivò per cumulo giuridico a oltre cinque anni. L’orgoglio con cui l’accettò e la fermezza con cui rifiutò la grazia invocata dal padre, la consacrarono definitivamente. La sua effige in abiti carcerari fu stampata e venduta in migliaia di copie in Italia e all’estero. Rygier contribuì in maniera sapiente alla costruzione di sé stessa come un’eroina attraverso le lettere inviate dal carcere al marito, che trovarono immediata pubblicazione sulla stampa. Credette nell’esemplarità delle anime superiori per una formazione che ebbe al centro le figure di Mickiewicz e di autori come Henryk Sienkiewicz, Maria Konopnicka e Stefan Żeromski.
Ritrovata la libertà nel marzo 1909 grazie a un’amnistia, a settembre fu di nuovo arrestata e processata a Mantova con un’enorme eco (Auto-difesa pronunciata davanti al Tribunale di Mantova il 27 ottobre 1909, Bologna 1909). Dopo il proscioglimento dovette affrontare un momento decisivo della propria vita. Perduta la dote per una speculazione del marito, si trasferì a Bologna, abbandonando Corradi e il sindacalismo, su cui scrisse un tagliente pamphlet (Il sindacalismo alla sbarra. Riflessioni d’una ex-sindacalista sul Congresso omonimo di Bologna, Bologna 1911), e aderendo al movimento anarchico. La scelta segnò il definitivo riavvicinamento tra Rygier e il padre. A Bologna lavorò a fianco di Luigi Fabbri e di Armando Borghi e fondò L’Agitatore. Su quelle pagine esaltò Augusto Masetti, il soldato che a Bologna il 30 ottobre 1911 fece fuoco sul proprio tenente mentre era in attesa di partire per la Libia. L’accusa più pesante cui dovette rispondere fu di associazione a delinquere. Il processo si svolse a Bologna negli stessi giorni di quello che vide imputati Benito Mussolini e Pietro Nenni, sempre per manifestazioni contro la guerra di Libia. Anche per loro, Rygier rappresentava una compagna e un mito. Nell’aprile del 1912 la Corte d’assise la condannò a tre anni di detenzione (Bentini, 1912), ma la vicenda giudiziaria si complicò ancora. Per un comizio già tenuto alla Casa del popolo di Roma, fu accusata di apologia di reato e d’istigazione all’odio tra le classi sociali (Maria Rygier davanti ai giudici di Roma. Resoconto stenografico con riassunto delle difese, La Spezia 1912), ma l’incriminazione più grave giunse a maggio: concorso in attentato al re, ovvero all’atto compiuto il 14 marzo 1912 da Antonio D’Alba contro Vittorio Emanuele III. Dopo due mesi di totale isolamento, D’Alba indicò un eterogeneo gruppo di mandanti, tra cui Rygier. La stampa socialista e anarchica denunciò l’esistenza di un complotto per stroncare il movimento antimilitarista, con un’agitazione in difesa delle «vittime politiche» che unì il Partito socialista italiano (PSI), passato sotto la guida di Mussolini, il Partito repubblicano italiano (PRI), spostatosi su posizioni rivoluzionarie e antimilitariste, e il movimento anarchico. Teodor inoltrò una domanda di grazia, temendo per la vita della figlia. Di nuovo Rygier la respinse preventivamente e nel dicembre del 1912 ritrovò la libertà grazie ancora a un’amnistia.
Quando richiese la direzione de L’Agitatore, nacque una feroce polemica con Domenico Zavattero, che turbò profondamente l’ambiente anarchico e che evidenziò i pregiudizi di genere rispetto a una guida femminile del movimento. Si diresse allora in Inghilterra e in Francia, dove fu acclamata come un’eroina. Tornata in Italia si dedicò alla causa di Masetti, attorno al quale riuscì a convogliare esponenti di diversi partiti politici: tra le iniziative del Comitato pro Masetti, l’invito a organizzare comizi per il 7 giugno 1914, festa dello Statuto. Proibita dal governo ogni manifestazione pubblica, quella privata organizzata ad Ancona, con Nenni, Oddo Marinelli ed Errico Malatesta, rientrato l’anno precedente in Italia con la convinzione che i tempi fossero maturi per un atto rivoluzionario, diede il via alla ‘settimana rossa’ (7-14 giugno 1914). Rygier partecipò a comizi in Romagna e quando temette un nuovo arresto fuggì in Francia. Era a Parigi nei giorni dell’attentato di Sarajevo (28 giugno) e della mobilitazione francese per la Grande guerra. Rientrata in Italia, fece scalpore un articolo con cui celebrò la neutralità italiana ed esaltò le tradizioni garibaldine del Risorgimento (La bancarotta della politica monarchica in Italia, in Il Libertario, 13 agosto 1914). In realtà aveva sempre espresso parole di devozione e di ammirazione per Mazzini e Garibaldi. A quegli ideali la legava il culto per il poeta Mickiewicz e la convinzione che fossero necessarie figure esemplari per guidare il popolo. Con Corridoni, si schierò a fianco di Alceste De Ambris quando questi, nell’agosto 1914, ipotizzò un intervento a favore della Francia. Con Massimo Rocca organizzò una campagna stampa per spingere Mussolini a dichiararsi anch’esso pubblicamente favorevole. Nel settembre dello stesso anno redasse con Oberdan Gigli il manifesto Per la Francia e per la libertà, sostenne la fondazione dei Fasci di azione rivoluzionaria e collaborò con Il Popolo d’Italia. Sempre più vicina alle posizioni del PRI, diede alle stampe Sulla soglia di un’epoca. La nostra patria (Roma 1915), una sintesi delle posizioni interventiste rivoluzionarie e una rilettura in chiave generazionale della propria militanza. Fondatrice della Lega antitedesca, dopo la rivoluzione russa e il trasferimento a Roma si avvicinò agli ambienti liberali e monarchici, affiancando al patriottismo la difesa della borghesia, classe da cui proveniva e con cui si riconciliava. Nel 1917 fondò la Lega femminile patriottica, il Fascio romano per la difesa nazionale, partecipò al Comitato pro Romania e all’Unione popolare antibolscevica, poi divenuta Organizzazione civile del Lazio per la difesa sociale.
Sempre in chiave antibolscevica si iscrisse ai Fasci di combattimento di Roma nel gennaio del 1921, a sua detta per preservarvi i principi liberali e monarchici contro la ‘tendenzialità repubblicana’ espressa in quei mesi da Mussolini. Nel gennaio del 1923 diede alle stampe una petizione, già presentata alle Camere avvalendosi del diritto statutario, in cui denunciò il fascismo come «momento di confusione e di terrore che attraversa il nostro paese» (Petizione alla Camera dei Deputati ed al Senato del Regno presentata da Maria Rygier il 28 dicembre 1922, Roma 1923, p. 2). L’iniziativa prese le mosse da quello che più tardi denunciò come il primo assalto fascista subito da un’associazione liberale, cioè l’invasione dei locali dell’Organizzazione civile del Lazio, dove risiedeva. Nel frattempo aveva aderito alla massoneria mista Il Diritto umano, che fino alla sua soppressione mosse pesanti accuse al fascismo. Dopo una perquisizione del proprio domicilio, temendo di essere reclusa come Ida Dalser, nell’aprile 1926 decise di espatriare in Francia. Visse a Parigi, grazie anche al sostegno della massoneria francese, in polemica con la Concentrazione antifascista. Scrisse numerosi articoli contro il regime e cercò di promuovere una campagna per la liberazione del generale Luigi Capello, convinta che potesse provocare la caduta del fascismo. Con lo stesso scopo nel 1928 redasse il famoso pamphlet Mussolini indicateur de la police française ou les raisons occultes de sa “conversion” (Bruxelles 1928), con cui accusò il duce di essere stato nel 1904 una spia per la polizia francese. Gli anni trascorsi in Francia e quelli della guerra in particolare furono molto difficili, anche dal punto di vista economico. Pensò al suicidio, dal quale si trattenne per la speranza di tornare a ricoprire un ruolo politico.
Fece rientro in Italia nel 1945, presentandosi alla sede del Partito liberale, dove inizialmente non fu riconosciuta e fu accolta come una mendicante. Ripresa la militanza nel partito, si batté per la monarchia nel referendum del 1946, portando il PLI a esprimersi in suo favore. Su La polemica e La destra scrisse articoli tesi a distinguere le responsabilità di casa Savoia da quelle del fascismo. Nel 1948 percorse di nuovo l’Italia per comizi, nei quali fu spesso pesantemente insultata dai suoi ex compagni di militanza. Animatrice dell’Associazione nazionale donne elettrici, nel 1950 promosse un progetto di legge per modificare la cittadinanza a tutela delle donne e un altro per ammetterle nelle giurie popolari.
Morì a Roma il 10 febbraio 1953, sola.
Opere. Per gli articoli di Rygier comparsi sui numerosi giornali cui collaborò e per gli scritti coevi su di lei si rinvia a B. Montesi, Un’“anarchica monarchica”. Vita di Maria Rygier, Napoli-Roma 2013. Oltre a quelli già citati, gli opuscoli e volumi editi a sua firma sono: Storia cronologica della Unione fra impiegati e commessi di aziende private di Milano, sezione della Camera del lavoro e Fed. italiana, dall’anno 1890 al 1905, s.l. s. d.; Contro il voto e per l’azione diretta, La Spezia 1913; Cesare Battisti. Commemorazione tenuta a Recco da Maria Rygier (20 agosto 1916), Recco 1916; L’assassinio di Miss Cavell. Vittima della barbarie tedesca, Napoli 1917; La donna italiana, Perugia 1917; La franc-maçonnerie italienne devant la guerre et devant le fascisme, Paris 1930 (rist. anast., saggio introduttivo di A.A. Mola, Sala Bolognese 1990); Problèmes d’Italie. Démagogie rouge et démagogie fasciste, Saint-Armand 1935; Rivelazioni sul fuoruscitismo italiano in Francia, Roma 1946; Il diritto elettorale del cittadino attraverso i secoli e i continenti, Roma 1949.
Sulla massoneria Il Diritto umano e sulle accuse che mosse al fascismo si veda Report of the V. Ills. S. Maria Rygier 30 ∴, delivered at the National Congress of the Italian Federation of co-masonry, Human rights, held at Naples, on the 1st, 2nd and 3rd of November, 1924, in Bulletin de la franc-maçon ∴ mixte “Le droite humaine”, 1925, n. 1.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 4505, f. Rygier Maria Anna; Fointainebleau, Archives nationales de France (AnF), Site de Fointainebleau (SF), Fonds de Moscou (FM), dossier 19940472, art. 341 dos 30493, Rygier Maria; AnF, SF, FM, fiche (cotée 19940508, art. 1824), Rygier Maria; Amsterdam, International Institute of social history, Ugo Fedeli Papers, Documents on persons, 1034 (Rygier Maria) e Jules Guesde Papers, Pièces datées 1914.
G. Bentini, M. R. alla sbarra, Bologna 1912; Almanacco italiano, 1954, p. 396; P.C. Masini, Gli anarchici italiani tra ‘interventismo’ e ‘disfattismo rivoluzionario’, in Rivista storica del socialismo, 1959, n. 1, pp. 200-221; C. Rossi, Personaggi di ieri e di oggi, Milano 1960, pp. 118-123; A. Drago, Rygier Maria, in Il Borghese, 19 luglio 1962, p. 468; A. Lolli, I processi per le dimostrazioni antitripoline e Maria Rygier, la passionaria dell’anarchismo e dell’interventismo, Forlì 1962; G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico italiano nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968; Benito Mussolini. Quattro testimonianze, a cura di R. De Felice, Firenze 1976; E. Santarelli, Rygier Maria, in Il movimento operaio italiano. Dizionario bibliografico. 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 428-430; B. Di Porto, Maria Rygier o della passionalità, in Il pensiero mazziniano, luglio-settembre 1991, pp. 81-83; H. Cekalska-Zborowska, Rygier, Teodor, in Polski Słownik Biograficzny, XXXIII, Wrocław-Warsawa-Krokow 1991-1992, pp. 468-471; M. Antonioli, R. M. A., in Dizionario biografico degli anarchici italiani, a cura di G. Berti - S. Fedele - P. Iuso, II, Pisa 2004, pp. 466-468; F. Cordova, Le spie del “regime”: il caso Maria Rygier, in La Nuova Antologia, 2008, n. 2245, pp. 208-235.