MARI
. Antica città del Vicino Oriente (v. siria, in App. II, 11, p. 836) la cui determinazione geografica precisa fu data nel 1933 da W. F. Albright e fu confermata subito dopo dal ritrovamento casuale d'una statua sul Tell Ḥarīri, 11 km a NNO di Abū Kemal e a 2,5 km dall'Eufrate. I Francesi, sotto la direzione di A. Parrot vi fecero dal 1933 al 1939 sei campagne di scavi, che, ripresi e continuati dopo la guerra, portarono alla scoperta sensazionale d'una città tra le più importanti, capitale di un regno e avamposto della penetrazione dei Semiti occidentali, nonché alla rivelazione d'un Periodo di storia e di cultura che era relativamente poco noto, nonostante la campeggiante figura di Hammurabi di Babilonia.
Gli scavi stratigrafici misero in luce le vicende della città dai periodi più recenti a quelli più antichi. Alla superficie, infatti, furono rinvenute soprattutto tombe del periodo parto e sasanide; sotto a queste, altre tombe del periodo neobabilonese e assiro (specialmente tombe a doppia campana: due giare accostate). Resti di abitazioni poverissime rispecchiavano un terzo periodo, quello dei re di Hana, dalla fine della I dinastia babilonese in avanti. Seguiva il quarto periodo, dei re di M., contemporanei di Hammurabi di Babilonia, il tempo di maggior potenza e splendore, e il più importante per la storia della città. Sotto si rinvennero resti del periodo degli ensi contemporanei della III dinastia di Ur, seguiti da resti del periodo sargonico (2350-2150). Ultimi venivano resti del periodo di Gemdet Naṣr. Per quanto riguarda i risultati archeologici, gli scavi portarono alla luce varî templi e il grande palazzo reale.
Dei templi è da ricordare quello di Ishtar, sul limite occidentale della città, quasi addossato alle mura, in cinque ricostruzioni, di cui tre risalenti all'epoca presargonica. I numerosissimi ex-voto raccolti nelle celle e nei cortili, le statuette depositate dai fedeli sulle panche laterali del tempio, i recipienti per libazioni, attestano un culto molto fiorente. Nel medesimo tempio si rinvenne anche la statua del re Lamgi-Mari, quella dell'intendente Ebiḫ-il (d'interesse artistico) e quella del mugnaio Idi-Nārum, nonché altre statue femminili. Un altro tempio, dedicato a Ninkhursag, era situato nel centro della città, con parecchi altri santuarî, il cui stadio più antico risaliva al periodo presargonico. Un terzo tempio, dedicato a Dagan, il dio principale, era stato costruito dall'ensi Ishtup-ilum: all'entrata stavano due leoni di bronzo con occhi di cristallo. Nelle vicinanze erano altri templi minori. M. possedeva anche una ziqqurat, ma essa, di forma rettangolare troppo accentuata e ricoprente un tempio di cui fu trovata la porta, presenta ancora parecchi problemi. Il palazzo reale era grandioso, sia nelle proporzioni (m 200 × 120), sia negli apprestamenti: comprendeva 260 tra ambienti e cortili; un muro di cinta lo chiudeva tutt'intorno, e l'accesso era dato da un unico portale a nord, munito di torri; un ampio cortile forniva le comunicazioni ai varî reparti: sala delle udienze, uffici amministrativi, appartamenti costituiti da blocchi di cortili e ambienti; notevolissime le pitture sui muri del cortile (106) e quelle della sala delle udienze (132); gli appartamenti reali si trovavano all'angolo NO. Naturalmente, un complesso così grandioso doveva conservare un copioso materiale archeologico: vi si raccolsero infatti la statua dell'ensi Ishtup-ilum, quella di una dea dal vaso zampillante, una statua di guerriero e molta ceramica. L'insieme del palazzo, per quanto rovinato dal fuoco, ma abbandonato e presto ricoperto dalle sabbie del deserto, fu ritrovato in sorprendente stato di conservdzione: muri ancora alti 5 m., porte intatte, gli impianti interni, cucine, bagni, ecc., ancora in condizione di funzionare. Tuttavia la scoperta più sensazionale, di straordinaria importanza storica, fu senza dubbio quella dell'archivio: più di 20.000 tavolette nel grande salone degli archivî (115) e centinaia di testi economici raccolti nelle sale 5, 108, 110, 134, 135. L'archivio, in gran parte costituito dalla corrispondenza diplomatica dei re di Mari, specie Zimrilim, ha permesso di ricostruire la storia del periodo dell'egemonia della I dinastia babilonese e tutta la situazione politica della Mesopotamia e della Siria settentrionale, chiarendo le scarse notizie che si possedevano e ampliandole straordinariamente. A tutt'oggi sono stati pubblicati 6 volumi di lettere e uno di testi economici, con uno di indici e glossario.
Prima degli scavi, per la storia di M. si sapeva solo che era stata una città presargonica, e le liste reali la nominavano come sede della X dinastia postdiluviana. Eannatum di Lagash la elenca tra le città conquistate, e altrettanto fanno Sargon e Narām-Sīn di Agade. Ishbī-erra nelle sue campagne contro Ibbī-su'en, che portarono al crollo della III dinastia di Ur, deve aver preso le mosse da Mari, perché di Mari sono le divinità del suo pantheon. Da questo punto ci soccorrono i nuovi testi. Essi hanno corretto la cronologia relativa tra Shamshi-Adad di Assiria e Hammurabi di Babilonia, che prima venivano separati di 60 (secondo alcuni) o di 175 anni (secondo altri), dimostrandoli invece contemporanei. Si conoscono quattro re di Mari. Il primo, Yagidlim, è noto quasi solo per nome. Il suo successore, Yakhdunlim, fu un uomo intraprendente ed energico, che riuscì a conquistare per M. un posto politico eminente. Le formule di datazione menzionano le sue campagne militari, la conquista d'una serie di città, il freno imposto alle bande dei beduini e ai loro capi (dāwidū), il suo dominio sopra sette principati. Egli però acuì le ostilità già in atto tra suo padre Yagidlim e Ilukabkabu, padre di Shamshi-Adad di Assiria. Shamshi-Adad, esule da Terqa, era frattanto riuscito a impadronirsi di Assur, e quando Yakhdunlim, dopo otto anni di regno, "fu ucciso dai suoi servi", Shamshi-Adad poté impadronirsi di Terqa e di Mari. Zimrilim, figlio di Yakhdunlim, riuscì a porsi in salvo ad Aleppo, ma le figlie di costui furono fatte prigioniere. A reggere M., Shamshi-Adad pose più tardi il suo figlio minore Yasmakh-Adad, mentre al maggiore, Ishme-Dagan, aveva affidato il punto più delicato, Ekāllatum, a oriente del Tigri. Solo alla morte di Shamshi-Adad (1717-1716) Zimrilim riuscì a tornare a M. e, probabilmente con poca fatica, a cacciare Yasmakh-Adad dal trono riconquistando il regno perduto. Continuando le opere iniziate da suo padre, in ventidue anni di governo (1717-1695) egli diede a M. un periodo di potenza e di splendore, portando a termine il palazzo rea-. le, che i principi siriani chiederanno come favore di poter visitare. Circa trenta città entrano in relazioni di commercio con M., facilitate, pare, da una nuova via carovaniera tra M., Palmira e Qatna, nonché dal controllo sulle tribù nomadi (Sutei e Beniaminiti). Un servizio ben organizzato di ambasciatori e esploratori nelle varie città della Siria e Babilonia, e un sistema di segnalazioni con fuochi, permettevano di conoscere celermente quanto capitava, anche in luoghi distanti dalla capitale, d'interesse politico, militare e commerciale. Sull'orizzonte politico e militare era però apparso Hammurabi (1728-1686). Dapprima egli mantiene buone relazioni con M. e stringe anzi un'alleanza con essa; ma appena gli riesce di avere il sopravvento su tutti i rivali e gli avversarî in Mesopotamia, sorgono differenze con Zimrilim che conducono alla guerra. Nel 330 anno di regno Hammurabi sconfigge il suo alleato d'un tempo, pur riconoscendogli ancora il titolo di vassallo. Qualche anno dopo però (1695), una rivolta interna in M. gli dà nuovo motivo d'intervenire e conquistare M. definitivamente. La città, con tutti i danni subiti, sopravvive ancora per qualche tempo, forse fino all'incursione di Murshilish I (1531), che pone fine all'esaurita prima dinastia di Babilonia. All'epoca assira M. sussiste come piccola città in cui i re assiri tengono una guarnigione, e nel periodo neobabilonese non è più che un villaggio che verrà coperto dalle sabbie del deserto. La posizione di avamposto verso l'occidente sarà assunta da Dura-Europo.
Nel campo della religione, un fatto che emerge dai testi è l'assenza dal pantheon di M. degli dèi babilonesi e assiri, eccettuati la triade astrale (Shamash, Sīn, Ishtar) e Adad, divinità atmosferica. Qualche occorrenza del nome di Anum e Enlil è dovuta a formule fisse che vengono citate tali e quali. Enlil è pure citato nel rituale di Ishtar, ma manca completamente nell'onomastica. Il dio supremo del pantheon locale è invece Dagan, ignoto ancora in Babilonia, e probabilmente divinità antico-accadica. Accanto a lui stanno Itūr-Mer e Ikrub-il in Terqa. Adad ricorre di frequente nei nomi proprî: egli possedeva un tempio importante in Khalab (Aleppo), dove Zimrilim gli dedicò una statua, e un altro ad Arrapkha (regione di Kerkūk). Alle divinità locali si prestava in M. un culto molto vivo, come è dimostrato dalle lettere. Riti, sacrifici, feste, ricorrenze (per esempio quella dell'anno nuovo, akītum), pratiche religiose e magiche di vario genere venivano celebrate puntualmente e scrupolosamente. Individui specializzati praticavano l'arte della divinazione, dando oracoli su questioni religiose e su affari profani, e seguivano l'esercito in tutte le spedizioni. Un rito speciale, probabilmente di origine beduina, era quello dell'uccisione d'un asino come garanzia religiosa in un contratto. Il venir meno ai patti fissati in questo modo era giudicato un delitto di particolare gravità. Vedi tav. f. t.
Bibl.: A. Moortgat, Aegypten und Vorderasien im Altertum, Monaco 1950, p. 290 e segg.; H. Schmökel, Geschichte des alten Vorderasien, in Handbuch der Orientalistik, II, 3, Leida 1957, pp. 85-105; A. Parrot, Mari, une ville perdue, Parigi 1945; id., Mari (Coll. des idées photographiques, 7). Neuchâtel 1953; varî, Studia Mariana, Leida 1950; Archives Royales de Mari, I-VIII, XV (indici I-V), Parigi 1949 e segg. Per le notizie di aggiornamento sugli scavi e sulle pubblicazioni v. le annate corrispondenti di Syria, di Revue d'assyriologie e di les Annales archéologiques de Syrie. Pubblicazione ufficiale degli scavi; A. Parrot, Mission archéologique de Mari, Parigi. I. Le temple d'Ishtar, 1956; II. Le palais: tomo I. Architecture, 1958; tomo II. Peintures murales, 1959; tomo III. Documents et monuments, 1959.