PANIGAROLA, Margherita
PANIGAROLA, Margherita (in religione Arcangela). – Nacque nel 1468 a Milano da Gottardo, cancelliere del duca Gian Galeazzo Visconti, e da Costanza S. Pietro.
Battezzata col nome di Margherita, nel 1483 entrò nel monastero di S. Marta dove prese il nome di Arcangela e dove fu maestra delle novizie, vicaria e priora negli anni 1500-03, 1506-08 e dal 1512 sino alla morte.
«E sì quando a Dio piacque a 27 di luglio del 1483 in giorno di domenica in età intorno di 15 anni fu a gran pompa per compiacimento de’ suoi genitori al monisterio di santa Marta condotta; ove spogliata d’ogni vanità secolariesca fu con indicibile suo contento dell’abito religioso vestita, secondo l’uso di quel tempo da suor Benedetta Vimercati a quell’ora Madre e Priora del Monistero, la quale di man propria le rase i capelli. [...] Fu a Margherita nell’ingresso del Monistero cangiato il nome in Arcangela e così sarà addimandata in avvenire da noi; e fu in lei il nome un gran presagio di santità, sì che ancor nel nome esprimesse quelle virtù celesti che doveva rappresentar ne’ costumi» (Inviziati, 1677, pp. 17 s.).
Da novizia fu affidata alle cure di suor Taddea Bonlei da Ferrara e il suo primo confessore fu Taddeo Alciati. Il convento delle agostiniane di S. Marta (1345-1799) fu un luogo privilegiato di pratiche di devozione che accolse un numero importante di mistiche e contemplative, tra le quali bisogna ricordare almeno Colomba de Suardi, Liberata da Giussano, Benedetta da Vimercate, Taddea da Ferrara. Le più illustri furono, però, Veronica Negroni da Binasco e, più tardi, la stessa Arcangela Panigarola. Forse proprio in virtù di questa caratteristica peculiare, nello stesso convento era nata la confraternita cosiddetta dell’Eterna sapienza. È possibile che la monaca fosse tra gli animatori dell’Eterna sapienza, ma ciò non può essere stabilito con certezza poiché vi sono ipotesi discordanti sulla data di nascita della confraternita stessa: non esistono infatti documenti che permettano di sciogliere i dubbi sull’origine e la costituzione dell’Eterna sapienza al tempo della Panigarola.
Per Gaetano Bugati il gruppo costituì una confraternita fondata dal domenicano Isidoro Isolani, che certamente era legato al convento di S. Marta, sia perché compilatore della vita della beata Veronica Negroni da Binasco sia perché autore di profezie condivise dai membri che a quell’epoca frequentavano il monastero. Per Arthur Lawrence McMahon il nome deriva direttamente dall’opera di un celebre mistico tedesco, Enrico Suso, o Susone, del sec. XIV intitolata Horologium Aeternae Sapientiae (A. McMahon, The Catholic Encyclopedia, VII, New York 1910, ad vocem). Per Giovanni Ambrogio Mazenta l’Eterna sapienza fu fondata da Giovanna di Valois, figlia di Luigi XI che, ancora bambina, dovette sposare Luigi d’Orleans (Premoli, 1913, p. 408 e n. 2). Lo studio più attendibile sulla confraternita dell’Eterna sapienza rimane ancora quello di Orazio Maria Premoli (1913, pp. 407-419), secondo il quale il fondatore dell’Eterna sapienza fu Giovanni Antonio Bellotti che, probabilmente prima di venire in Italia, fu in relazione con Giovanna di Valois. Carlo VIII, fratello di Giovanna, aveva una simpatia particolare per l’Ordine di S. Antonio di Grenoble di cui Bellotti era abate commendatore. Per questo motivo, ma anche per gli indubbi legami con personaggi legati al mondo politico francese, alcune fonti, quali gli scritti del padre barnabita Giovanni Ambrogio Mazenta, sostengono che la confraternita fosse favorita dai re francesi. Era sicuramente un gruppo di persone non istituzionalizzato e perciò di non facile individuazione vista la scarsità di documentazione rimasta.
In ogni caso è possibile ascrivere alla compagnia una cerchia di persone che sicuramente furono partecipi delle profezie e alle attese apocalittiche di Arcangela Panigarola. Il gruppo era composto dai fratelli Denis e Guillaume Briçonnet, che corrispondevano con la monaca, da Giovanni Antonio Bellotti, da Francesco Landini, che dopo il 1520 successe a Bellotti stesso nel governo della compagnia e nell’ufficio di confessore ordinario del monastero. Faceva parte di questo gruppo sicuramente anche Isidoro Isolani, che promuoveva e fomentava attese apocalittiche in favore di un ‘papa angelico’ proveniente dalla Francia. Infatti, nel 1517, un anno prima di scrivere la biografia di Veronica Negroni, Isolani aveva dedicato al vescovo Denis Briçonnet, presunto papa angelico, il De imperio militantis Ecclesiae (Milano 1517). I cugini Gaston de Foix, cioè Gaston V de Grailly e Odet de Grailly de Foix-Lautrec, avevano sicuramente rapporti con Bellotti e, più in generale, con il cenacolo che si riuniva in S. Marta. Infatti Odet, che aveva come confessore Bellotti, volle che il cugino Gaston venisse sepolto in S. Marta e papa Leone X, «che largiva frequenti favori alla società» (Premoli, 1913, p. 411 e n. 4), concesse ai membri dell’Eterna sapienza di poter dare onorata sepoltura alle spoglie di Gaston de Foix.
Nel manoscritto composto da Bellotti e contenente le rivelazioni di Arcangela Panigarola si può leggere: «El primo giorno de augusto el quale è dedicato alla eterna sapienza stando questa ancilla del Signore nel suo oratorio e pregando con grande fervore per li discepoli della sapientia... fu levata in spirito... et vide il signore in forma humana sedere in una bellissima et alta sedia... et stando cossì quest’anima l’angelo suo che la guidava le disse: sta attenta che al presente vedrai venire tutti li discepoli dell’eterna sapientia e subito vide venire grande moltitudine di homeni et de donne le queli lei cognosceva in questa vita mortale et erano tutti vestiti secondo l’abito che portavano chi di frate, chi di monaca, chi di religioso e chi di secolare» (Premoli, 1913, p. 410).
Altri riferimenti all’Eterna sapienza si possono rintracciare in una lettera di Arcangela a Jacopo Medici: «Caro figliolo in Cristo Gesù saluto. Abiant ogii la eterna sapientia [...] alora vene Jouan evangelista con una gran compagnia de bellissimi zovenili quali erano li discipoli dela eterna sapiencia li quali così cantavano uno belo verseto [...] questo dise la eterna sapiencia per dare ad intendere ali soi discipoli cioè soi servi che ano questato qualche gracie maxime» (Milano, Biblioteca Ambrosiana, O.248 sup., Lettera di Arcangela Panigarola a Jacobo Medego, c. 1v).
Dal 1512 al 1520 Arcangela Panigarola tenne un fitto epistolario con il vescovo di Tolone, Denis Briçonnet, figlio di Guillaume Briçonnet, il cardinale e vescovo di Saint-Malo che nel 1511 aveva partecipato al concilio scismatico pisano. Denis era fratello minore di Guillaume, vescovo di Lodève e poi di Meaux; Arcangela gli affidò, secondo le sue rivelazioni, il compito di riformare la Chiesa consigliandogli un prudente atteggiamento di mediazione. Quando Milano tornò sotto la dominazione francese S. Marta fu frequentata da importanti cortigiani come Thomas Bohier e il governatore Lautrec.
Nel 1515 i fratelli Guillaume e Denis, in qualità di ambasciatori del re Francesco I, si recarono a Roma con l’incarico di negoziare il concordato e, in seguito alle loro trattative diplomatiche, riuscirono a ottenere l’abolizione della Prammatica sanzione e a stipulare il concordato tra Leone X e la Francia, promulgato nel 1516.
Guillaume divenne figlio spirituale di Arcangela in un secondo tempo, nel 1516, dopo che la monaca lo ebbe conosciuto in seguito alla missione romana dei Briçonnet. Mentre da parte della Chiesa francese l’iniziativa dei fratelli Briçonnet suscitò dibattiti e resistenze di ogni tipo in vista della possibilità di un accordo, nel circolo milanese che si riuniva attorno alla Panigarola l’evento suscitò grandi speranze. L’attesa di un papa angelico che risolvesse una volta per tutte i problemi che affliggevano la Chiesa in quel periodo era fortissima. A partire dal 1514 i temi della riforma della Chiesa e della venuta di un papa angelico divennero prevalenti nelle visioni di suor Arcangela che, riferendosi al testo dell’Apocalypsis nova, in una lettera del 10 agosto 1514 scriveva: «O Dio mio, quando volo tu che questo sia aperto? E hodite la resposta: “Abia patientia fine sarà compita la malitia tosichata del mondo, azò più severamente li punischa”» (Milano, Biblioteca Ambrosiana, R.131 inf., Cose notate nella vita della Madre Arcangela e poi nelle sue rivelazioni, c. 2rv).
Con un breve del 30 dicembre 1514 Leone X autorizzò Giovanni Antonio Bellotti alla redazione del testo delle rivelazioni, una vera e propria raccolta delle profezie della priora Arcangela. Di questo testo si avvalse il gesuita Ottavio Inviziati per scriverne la biografia Vita, virtù e rivelazioni della venerabile madre Arcangela Panigarola priora dell’insigne nobilissimo monistero di Santa Marta di Milano (1677).
Bellotti, sacerdote e confessore di Arcangela Panigarola, era originario di Ravenna e commendatario dell’abbazia di Grenoble. In una delle sue visioni Arcangela lo indica come figlio spirituale del frate amadeita Lorenzo Bagnocavallo, guardiano del codice dell’Apocalypsis nova nel 1497 e ascritto al convento di S. Maria della Pace di Milano. Il testo, dettato dalla monaca al proprio confessore, era legato inconfutabilmente all’Apocalypsis nova del beato Amedeo con la sua profezia del papa angelico mandato da Dio per la consolazione dei fedeli e per la conversione dei gentili.
L’Apocalypsis nova del beato Amedeo aveva subito una rielaborazione da parte di un francescano conventuale di origine bosniaca: Juraj Dragišić meglio conosciuto con il nome Benigno Salviati e che redasse anch’egli una Leggenda della veneranda vergine suor Arcangela Panigarola. Benigno Salviati, nativo di Srebrenica, era un teologo scotista che conosceva personalmente i fratelli Briçonnet con i quali aveva stretto amicizia proprio grazie alla condivisione di aspettative comuni derivate dalla lettura del testo dell’Apocalypsis nova e dalla credenza in un pastor angelicus. Arcangela Panigarola, nelle lettere che indirizzava a Denis Briçonnet, menzionò Salviati nelle sue visioni come arcivescovo di Nazaret. Salviati fu in contatto con i fratelli Briçonnet specialmente durante la loro missione romana. In questo periodo l’atteggiamento di Arcangela nei suoi confronti mutò: la monaca iniziò a nutrire dei sospetti sull’ambizione personale di Salviati, ormai convinto di aver raggiunto l’impeccabilità e la perfezione.
Dopo la morte di Benigno Salviati nel 1520 e la sconfitta dei francesi nel 1525 l’esperienza che contraddistingueva la compagnia che si riuniva attorno alle profezie filofrancesi di Arcangela Panigarola si concluse con l’epidemia di peste del 1524 che colpì il monastero uccidendo 27 monache tra cui Arcangela Panigarola stessa, che morì il 17 gennaio del 1525.
«Nell’anno 1524 tumultuando in Lombardia francesi e spagnoli alli 8 di Luglio entra la peste nel monastero di Santa Marta et in breve tempo muoiono da tal morbo 27 monache conforme alla predittione della madre Archangela la quale poi anco lei dopo lunga malattia terminata finalmente in una febbre acutissima la notte precedente al giorno festivo dei S. Antonio Abbate se ne muore alli 17 gennaio 1525 [...]» (Cose notate nella vita della Madre Arcangela e poi nelle sue rivelazioni, c. 2rv).
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Ambrosiana, R.131 inf., Cose notate nella vita della Madre Arcangela e poi nelle sue rivelazioni; I.131 inf., Leggenda della venerabile vergine Arcangela P. priora et matre nel sacro monasterio di S. Marta in Milano dell’Ordine di S. Agostino; O.165 inf.: Vita della venerabile vergine Arcangela P. priora del monastero di S. Marta in Milano dell’Ordine di S. Agostino; O. Inviziati, Vita virtù e rivelazioni della venerabile madre Arcangela P. priora dell’insigne nobilissimo monistero di S. Marta in Milano dell’Ordine di S. Agostino, tratta dagli antichi manoscritti di esso monistero, Milano 1677; O.M. Premoli, Storia dei Barnabiti nel Cinquecento, Roma 1913, passim; C. Vasoli, L’Apochalypsis nova: Giorgio Benigno, Pietro Galatino e Guillaume Postel, in Id., Filosofia e religione nella cultura del Rinascimento, Napoli 1988, pp. 211-232; E. Bonora, I conflitti della Controriforma, Firenze 1998; R. Bacchiddu, «Hanno per capo et maestra una monaca giovane»: l’ascesa e il declino di Paola Antonia Negri, in Religioni e società, XX (2005), pp. 58-77.