MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Ferrara, Modena e Reggio
MARGHERITA Gonzaga, duchessa di Ferrara, Modena e Reggio. – Nacque a Mantova il 17 maggio 1564 dal duca Guglielmo e da Eleonora d’Asburgo. Cresciuta nella severa corte paterna, dove i sovrani erano sovente dediti alle pratiche religiose, M. trascorse l’infanzia insieme con il fratello Vincenzo, di due anni più grande, al quale rimase anche in seguito molto legata, unita dall’affetto e dal comune carattere ambizioso e volitivo. In aggiunta alla rigorosa educazione religiosa, le furono impartite lezioni sugli autori classici, che lesse in latino, lingua nella quale amava anche comporre.
Giunta all’età di 14 anni, il duca Guglielmo volle rinnovare l’antica alleanza con Ferrara, concedendola in sposa al duca Alfonso II d’Este, da poco vedovo senza prole della seconda moglie Barbara d’Asburgo, zia materna di Margherita. Il matrimonio fu il frutto di un’attività diplomatica volta a coalizzare i Savoia, Parma, Mantova e Ferrara contro casa Medici, che il 26 genn. 1576 aveva ottenuto il diploma cesareo con il quale si confermava il titolo (già conferito dal papa) di granduca, destando il risentimento degli altri casati padani. Il 24 febbr. 1579 venne celebrato a Mantova il matrimonio per procura. Pochi giorni dopo, il 27, M., accompagnata da un fastoso seguito alla cui testa era il fratello Vincenzo, fece l’entrata solenne a Ferrara, per unirsi allo sposo, il quale, per quanto di trentuno anni più vecchio, si sentì fin da subito intimamente legato alla sua giovane sposa. Adottata l’impresa della fiamma ardente con il motto «Ardet aeternum», come promessa di amore perenne per Alfonso, M. assecondò fedelmente anche la politica di governo del duca di Ferrara, sebbene questa fosse contrassegnata dalla decadenza politica dello Stato, in contrapposizione alla magnificenza della corte, dove il duca aveva accolto poeti e filosofi. La stessa M. contribuì fin dai primi anni con proprie iniziative ad animare la vita culturale ferrarese.
Influenzata sin dall’infanzia dalla grande passione musicale del padre, esperto compositore, al punto che già a Mantova fra le sue attività preferite vi furono la musica, il canto e la danza (lei stessa creava balli figurati), ricevette un’ulteriore educazione musicale a Ferrara sotto la guida di Ippolito Fiorini, maestro di cappella di Alfonso. M. promosse la formazione di un gruppo musicale da camera, composto da alcune dame della corte estense, nel quale, oltre a cantare, venivano suonati l’arpa, la viola e il liuto. Il gusto per le arti non le era estraneo, in special modo per la pittura, dipingendo lei stessa anche se solo per diletto; finanche l’esercizio fisico veniva esercitato e praticato con buona sicurezza da M., in special modo il cavalcare, così come la caccia e la pesca che praticò spesso nei primi anni di vita ferrarese, partecipando alle attività ricreative del duca. Favorì inoltre il teatro, ospitando a corte numerose compagnie teatrali.
Caratteristica peculiare di M., che si rivela nella corrispondenza con i familiari, fu l’amore quasi eccessivo per i cani, allevati in più esemplari e cantati in suo onore da famosi poeti dell’epoca, tra i quali T. Tasso, che le dedicò anche numerosi altri componimenti. Il poeta, ricoverato nell’ospedale di S. Anna a causa della sua malattia mentale, riacquistò la libertà grazie ai buoni auspici di Vincenzo Gonzaga, che nel luglio 1586 volle condurlo con sé a Mantova dopo averne conosciuto le doti poetiche e letterarie nel corso delle sue frequenti scorrerie giovanili amorose condotte a Ferrara con la connivente complicità di Margherita. Nei diciotto anni trascorsi nella città estense ella compì anche alcune opere umanitarie, tra cui la fondazione di un pio albergo per le orfane, detto delle orfane di S. Margherita, per il mantenimento del quale fece imporre un’apposita tassa sull’olio venduto a Ferrara.
La mancanza di un erede, dovuta all’incapacità di Alfonso di procreare, sopravvenuta secondo i cronisti in seguito a un grave infortunio giovanile provocato da una caduta di cavallo, pose il problema della successione, che si complicò in seguito all’emanazione, il 23 maggio 1567, della bolla Prohibitio alienandi et infeudandi civitates et loca Sanctae Romanae Ecclesiae, in base alla quale, in caso di morte del duca senza eredi legittimi, il Ducato di Ferrara sarebbe stato devoluto alla Chiesa. Una circostanza che divenne realtà il 27 ott. 1597 quando, con la morte di Alfonso, terminava il dominio estense a Ferrara. Deciso a far rispettare la bolla di Pio V, Clemente VIII intimò al successore Cesare d’Este, del ramo collaterale dei marchesi di Montecchio, di riconsegnare i territori ferraresi alla Chiesa e ritirarsi nei feudi imperiali di Modena, Reggio e Carpi. Tale ordine venne eseguito il 28 genn. 1598 non senza tentativi di resistenza, condotti coinvolgendo invano le Cancellerie di tutte le potenze europee.
M., alla quale Alfonso aveva lasciato una donazione di 200.000 scudi e una rendita annua di 4000, il 20 dic. 1597 aveva già abbandonato Ferrara per fare ritorno a Mantova, scortata da un numeroso seguito di gentiluomini e dame appositamente inviati dal fratello, Vincenzo, divenuto duca, il quale l’accolse in città, ossequiandola con il titolo di «Madama Serenissima di Ferrara». L’inclinazione religiosa di M., già mostrata a Ferrara, trovò modo di esprimersi anche a Mantova. Nel 1599 fece istituire in contrada Borre un monastero di suore del Terz’Ordine francescano, nel quale accolse inizialmente dodici fanciulle povere.
Nella sua nuova condizione vedovile affiancò il fratello duca nella conduzione politica, particolarmente durante le assenze di questo dallo Stato; per esempio, nel giugno 1601, quando Vincenzo dovette partire per la sua terza campagna in Ungheria contro il Turco, M., pare non senza suo dissimulato sollecito, fu nominata governatrice del Monferrato. Da Casale ebbe cura di avviare a nome del fratello segrete trattative per unire in matrimonio il nipote Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia, primogenita del duca Carlo Emanuele, nozze poi celebrate nel 1608. La saggia amministrazione condotta nei sei mesi di governo del Monferrato, terminato alla fine del 1601 con il ritorno a Mantova di M., convinse Vincenzo nel giugno successivo a rinnovarle l’incarico che si concluse a ottobre.
Adoperatasi in quello stesso anno affinché fossero introdotti a Mantova i chierici teatini, M. nel corso del 1603 dispose il trasferimento del monastero delle suore del Terz’Ordine nella nuova sede di contrada Pradella, assegnandogli una rendita di 25.000 ducati annui. Per la costruzione del nuovo edificio si avvalse dell’opera dell’architetto ducale Antonio Maria Viani, il quale eresse anche la chiesa annessa, dedicata come il monastero a S. Orsola. Meditando già da tempo di ritirarsi fra quelle mura, M. mise in atto il suo proposito il 21 ott. 1603, senza tuttavia pronunciare i voti. Sotto la sua autorevole guida il monastero di S. Orsola divenne il luogo preposto all’educazione delle principesse di casa Gonzaga, oltre che di molte altre giovani della nobiltà locale. Dal suo interno, che M. volle arricchire con pregevoli opere d’arte dello stesso Viani, di Ludovico Carracci, di F. Mazzola il Parmigianino, Francesco Francia, Domenico Fetti e numerosi altri artisti, «Madama Serenissima di Ferrara» oltre a dedicarsi alla vita di preghiera e meditazione, continuò a seguire con interesse le vicende politiche del Ducato, intervenendo con la propria opera e autorevolezza in più di un’occasione; la più grave alla fine di dicembre del 1612 quando, in seguito alla prematura morte del nipote Francesco IV, da poco succeduto al duca Vincenzo, resse di fatto il Ducato in attesa dell’arrivo da Roma del successore, il cardinale Ferdinando Gonzaga. Questi, giunto a Mantova, le affidò la cura della piccola Maria Gonzaga, unica figlia superstite del defunto duca e detentrice dei diritti di successione sul Monferrato, rivendicato anche dal duca di Savoia, nonno della fanciulla.
L’8 genn. 1618, dopo una breve malattia, M. morì nel suo monastero di S. Orsola, dove fu sepolta.
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