FASOLO, Margherita
Nacque a Torino il 21 genn. del 1905 da Oreste e da Giacinta Galliano. Iscritta alla facoltà di magistero di Firenze, si laureò in pedagogia col massimo dei voti nell'anno accademico 1933-34, con una tesi su "Metafisica e politica in Thomas Hobbes" svolta sotto la guida di E. Codignola, che la ricorderà poi come "alunna e amica carissima", come "collaboratrice intelligente" nell'università e nell'attività editoriale. Nel novembre del 1928 si era sposata, a Firenze, con Bruno Catarsi. Staccatasi per "maturazione spontanea" dal fascismo già negli anni 1936-37, si legò con altri coetanei in "una specie di società segreta per trovare, prestarsi vicendevolmente, e leggere libri proibiti", nella quale si venne formando un "primo nucleo di giovani antifascisti fiorentini" che si ispiravano al liberal socialismo di G. Calogero e di A. Capitini e vennero poi a collocarsi nell'area di Giustizia e libertà.
Durante la Resistenza fece parte dell'esecutivo di emergenza del Partito d'azione e la sua casa fiorentina di via della Robbia 92 divenne un centro di ritrovo degli organizzatori della lotta clandestina. Stretta collaboratrice di T. Codignola, si occupò, in particolare, di assistenza ai prigionieri alleati evasi dai campi di concentramento. Arrestata nella primavera del 1944 e condotta nel carcere di S. Teresa, resistette agli interrogatori e fu rilasciata due mesi dopo.
Su questa sua attività nel carcere ha scritto T. Codignola: "con un'abilità diabolica, aveva saputo confondere le cose in modo da bloccare ogni ricerca'poliziesca intorno a sé", e nello stesso carcere "aveva continuato imperterrita la sua azione di propaganda, che era organicamente commista con una permanente esigenza di educatrice, verso le recluse sue compagne; uscita dal carcere, contro ogni più elementare principio di prudenza riprendeva il giorno dopo... il suo abituale lavoro di resistente" (Scuola e città, p. 348).
Nel dopoguerra si dedicò completamente all'insegnamento (già iniziato negli anni Trenta e continuato fino alla morte) di pedagogia presso l'istituto magistrale fiorentino "Gino Capponi ". Intanto collaborava Intensamente alle iniziative di rinnovamento educativo di orientamento laico legate ai principî della "scuola attiva".
Già nel corso degli anni Trenta la F. si era occupata di pedagogia scolastica, interessandosi a La formazione dei maestri (in Problemi della scuola media, Firenze 1938), che rimarrà uno dei suoi fondamentali campi di ricerca e di attività. Significative anche le traduzioni di alcuni classici dell'attivismo pedagogico uscite a Firenze per La Nuova Italia, come La scuola su misura, di E. Claparède (1952) e L'autonomia degli scolari, di A. Ferrière (1953). Fu a fianco di E. Codignola nella redazione della rivista Scuola e città, fondata nel 1950. Fece parte di associazioni internazionali educative, come la NEF (New Education Fellowship), Fraternità mondiale, come l'MCE (Movimento di cooperazione educativa) e soprattutto i CEMEA (Centri esperienze metodi educazione attiva) della cui delegazione toscana era a capo. Intensa era nella F. la "vocazione di educatrice", alimentata da una "eccezionale tempra morale". Proprio nell'ambito di Scuola e città, tra Codignola e L. Borghi, A. Visalberghi e F. De Bartolomeis, nella prospettiva di dar vita ad una pedagogia capace di rinnovare in senso democratico la scuola e la società, ispirandosi soprattutto alla lezione di J. Dewey, la F. venne maturando una organica riflessione educativa, che espresse direttamente sulle pagine della rivista fiorentina. Vi trattò appunto di argomenti educativi più filosofici e generali, come ad esempio La finalità dell'educazione (III [1952], 12), o più tecnici e scolastici, come Il coordinamento tra la scuola dell'obbligo e l'istituto magistrale (VI [1955], 5). In essi emerge nettamente l'idea di una "Scuola di formazione civica e culturale" che operi "in rapporto alle esigenze di un costume democratico" e investa anche l'ambito extrascolastico, dalla famiglia all'educazione degli adulti, alle iniziative per il tempo libero giovanile. Idea di scuola che direttamente si saldava ai valori che la F. aveva difeso in ambito politico durante la guerra di Liberazione: "La responsabilità umana e civile, l'autogoverno, la libertà non retoricamente affermata ma calata nella sostanza dolorosa delle cose: la libertà che si fa socialità" (T. Codignola, ibid., VII [1956]).
L'importanza della F. come studiosa di pedagogia risulta affidata soprattutto ai due volumi usciti nella collana "Educatori antichi e moderni" della casa editrice fiorentina La Nuova Italia.
In Orientamenti sul problema educativo (Firenze 1953) la F. intende raccogliere "l'enunciazione dei principali problemi emersi nella pedagogia più recente e le soluzioni relative che, si accettino o si respingano, presentano indubbiamente grande interesse per la prassi d'insegnamento". Dopo aver definito "che cos'è l'educazione", ricollegandosi insieme alle tesi di Rousseau (l'educazione come "svolgimento naturale") e di Dewey (l'educazione come formazione sociale), la F. mostra l'importanza pedagogica della "scuola attiva" che di queste esigenze psicologiche e sociali dell'educazione si è fatta direttamente interprete. In essa le finalità dell'educazione si legano alle emergenze più profonde della storia contemporanea, come il bisogno di democrazia, del quale si permette una soddisfazione più completa, non solo politica, ma civile e perfino antropologica, dando vita ad un individuo attivo, responsabile, capace di partecipare alla vita collettiva in modo collaborativo e comunitario. Perché tale fine possa essere raggiunto, è necessario seguire la stessa natura infantile, valorizzarla nei caratteri della sua crescita, opponendosi ad ogni linea di autoritarismo educativo. La prima guida dell'insegnante deve quindi essere la conoscenza psicologica del bambino, attuata con mezzi scientifici, come i tests, e capace di rivelargli i veri interessi del bambino stesso, legati ai "bisogni profondi inerenti alla maturazione biopsichica nel suo insieme". Tali interessi vanno posti al centro della stessa attività scolastica, rinnovando radicalmente il modo di "far lezione" e valorizzando al massimo - al posto del ruolo del maestro - quello dell'"ambiente educativo". Il bambino sarà così al centro "della vita scolastica, che va sempre più nettamente orientata nella direzione dell'"autogoverno".
Nelle Linee di storia della pedagogia moderna (postumo, Firenze 1958) la F. viene a corroborare storicamente queste sue tesi di educazione puerocentrica e democratica, mostrando come il percorso della stessa pedagogia moderna conduca verso l'affermazione di questi principi educativi radicalmente innovatori.
Morì a Firenze il 18 ott. 1956.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Scuola e città, VII (1956), pp. 345-48; in Cooperazione educativa, IV (1956), p. 3; L. Borghi, Educazione e scuola nell'Italia d'oggi, Firenze 1958, passim; C. Francovich, La Resistenza a Firenze, Firenze 1961, passim; F. Cambi, La "scuola di Firenze" da Codignola a Laporta (1950-1975), Napoli 1982, ad Indicem.