MARGHERITA di Savoia-Acaia, marchesa di Monferrato
MARGHERITA di Savoia-Acaia, marchesa di Monferrato. – Figlia di Amedeo e di Caterina di Ginevra, nacque presumibilmente a Pinerolo nel 1390; visse i primi anni nel contesto del Principato d’Acaia, dominazione controllata da un ramo cadetto dei Savoia ma di fatto dotata di un’autonomia molto limitata.
Nella sua formazione ebbe forse un certo influsso il predicatore spagnolo Vincenzo Ferrer, attivo nella regione in quegli anni. La morte senza figli maschi di Amedeo, il 7 maggio 1402, pose M. e la sorella Matilde sotto la tutela dello zio Ludovico, succeduto al fratello nel controllo del Principato. Tuttavia le possibili tensioni relative alla successione e l’esigenza di pacificare i rapporti sempre tesi con i marchesi di Monferrato indussero ad allontanare M., appena tredicenne, dalla corte di Pinerolo, dandola in moglie a Teodoro II Paleologo, marchese di Monferrato: il matrimonio, stabilito nel trattato di Asti del 29 marzo 1403, fu celebrato a Torino il 18 ottobre dello stesso anno.
Dal 1403 al 1418 M. visse al fianco del marito, che accompagnò anche nel suo periodo di potere a Genova, città di cui Teodoro divenne signore con il titolo di capitano del Popolo nel 1409 e che controllò fino al 1413.
Nel 1418 la morte di Ludovico di Savoia-Acaia segnò la fine del Principato piemontese, riassorbito nei domini ducali sabaudi; quasi contemporaneamente la morte di Teodoro lasciò M. vedova e senza figli. M. tuttavia non rientrò in un nuovo accordo matrimoniale e scelse una forma di vita religiosa: rifiutata quindi una proposta di matrimonio di Filippo Maria Visconti, si ritirò nel palazzo marchionale di Alba con un gruppo di donne appartenenti alla sua corte, con le quali diede vita a una piccola comunità di terziarie domenicane. La comunità ottenne un tiepido appoggio dai marchesi di Monferrato e alcuni importanti interventi papali, che le permisero un salto di qualità: nel 1441 una bolla di Eugenio IV concesse l’annessione della vicina chiesa di S. Maria Maddalena, da cui venne quindi allontanata la comunità di umiliati che vi aveva sede; ebbe inizio un rapido processo di sviluppo verso un vero e proprio monastero di domenicane, con la professione del secondo ordine nel 1446 e la benedizione del nuovo monastero nel 1448. Le suore provenivano soprattutto da Alba e dalla regione circostante, e più in generale dai domini monferrini, mentre non sembrano attivi legami significativi con i Savoia e i territori sabaudi. Il rapporto preferenziale con gli ambiti monferrini appare peraltro confermato sia da alcune donazioni dei marchesi in favore della comunità sia dalla bolla di Niccolò V del 1448, con cui si concesse a M. di uscire dal monastero, in caso di necessità, per recarsi a Casale o dove fosse opportuno.
M. morì nel monastero di Alba il 23 nov. 1464, e da quel momento ebbe inizio una devozione di carattere locale, con il sostegno dei Monferrato, che nel 1481 ne promossero la traslazione in un sarcofago di marmo, sempre all’interno del monastero.
La prima sanzione di questa devozione fu l’atto con cui Pio V (che era stato priore del convento domenicano di Alba e aveva assunto la cura del monastero di S. Maria Maddalena) nel 1566 concesse alle suore del monastero di Alba di celebrare ogni anno la commemorazione della loro fondatrice. Ma fu solo nel secolo successivo che il culto di M. si sviluppò in modo rilevante. Punto di partenza sembra essere il matrimonio (celebrato il 19 febbr. 1608) di Margherita di Savoia, figlia di Carlo Emanuele I, con Francesco IV Gonzaga, duca di Mantova e di Monferrato: da qui nacquero prima un tentativo fallito di traslare il corpo di M. a Casale o a Mantova, poi le prime procedure per arrivare a una sua beatificazione. Quella che appare soprattutto un’iniziativa personale di Margherita assunse maggiore rilievo e divenne un obiettivo della dinastia ducale dopo che nel 1631 il trattato di Casale pose la città di Alba sotto il controllo dei Savoia. In questa fase i Savoia riscoprirono la memoria di M. e la devozione di cui era oggetto ad Alba e individuarono in questo un potenziale strumento per la propria legittimazione e il consolidamento dei propri rapporti con la società albese. Così i duchi visitarono il sepolcro, ottennero reliquie e soprattutto operarono per la canonizzazione di M., ottenendone la beatificazione nel 1669. In seguito il culto di M. fu promosso sia all’interno dell’Ordine domenicano (bolla di Clemente X del 1671) sia nell’insieme dei domini sabaudi (bolla di Clemente XIV del 1774), ma è sempre rimasto strettamente associato ad Alba e al locale monastero delle domenicane.
Fonti e Bibl.: G. Baresiano, Vita della b. M. di S. domenicana, d.ta la Grande, principessa di Piemonte etc., Torino 1638; P. Datta, Storia dei principi di Savoia del ramo d’Acaia signori del Piemonte dal 1294 al 1418, Torino 1832, I, pp. 306-309; G.B. Semeria, Vita civile e religiosa della b. Margarita di S. marchesa di Monferrato e monaca dominicana in Alba, Torino 1833; F.G. Allaria, Storia della b. M. di S., marchesa di Monferrato, fondatrice del monastero delle domenicane sotto il titolo di S. Maria Maddalena nella città di Alba, Alba 1877-78; F. Gabotto, Gli ultimi principi d’Acaia e la politica subalpina dal 1383 al 1407, Torino 1898, pp. 467-488; La ricognizione canonica della salma della b. M. di S., in Alba Pompeia, XXIII (2002), 2, pp. 23-52.